Category Archives: Annunci-Eventi

Herne, Germania: [NoHoGeSa] Acido butirrico a Kalle

hogesaRedatto da Autonome Antifa, il 12 ottobre 2015

Nel fine settimana abbiamo visitato lo studio tatoo di Andreas “Kalle” Kraul. Nella Bochumer Strasse 178 a Herne,  oltre a un’officina per moto Kraul gestisce il negozio “Tattoo by Kalle”. Dove nei prossimi giorni non si farà più alcun tatoo nazi.

L’anziano hooligan di Herne è uno dei principali promotori della rete HoGeSa (Hooligans gegen – contro i – Salafisten). Nella marcia HoGeSa del 26 ottobre 2014 a Colonia. Kraul fungeva da dirigente della riunione. Quel giorno, circa 5000 hooligan nazi hanno attraversato schiamazzando il centro città.

Il 25 ottobre, Kraul con altri hooligan di destra e neonazi vorrebbe ripetere il “successo di Colonia”. La parola d’ordine “Lostesso luogo, lostesso orario, lostesso iscrittore” (errore ortografico come da originale) chiarisce senza ombra di dubbio qual è l’obiettivo dell’iniziativa. La ripetizione degli avvenimenti dell’anno passato.

Ma quest’anno c’è una forte mobilitazione antifa. Facciamo della marcia un disastro. Il 24/25 ottobre tuttx ed ognunx a Colonia!

Siate flessibili – attaccare HoGeSa!

Traduzione dal tedesco mc, galera Menzingen, CH, ott. 2015

Lipsia, Germania: Attaccare le reti di destra

Antifaschistische_AktionRedatto da Han Solo & Friends, il 09/10/2015

Nella notte del 09 ottobre 2015 il “Sunstar Studio”, che serve da punto prevendita di biglietti per l'”Imperium Fight Championship”, è stato attaccato. L'”Imperium Fight Championship” è un evento di sport di combattimento della rete di destra vicina a Thomas Persdrof e Benjamin Brinsa. Sponsor dell’evento insieme ad attori problematici come la “Pro GSL Security” e la “Metropolis Tabledancebar” è tra l’altro la marca d’abbigliamento “Eastrebel” del fascista Michael Woitag.

Anche i nazi sono parte della società borghese e devono organizzare la propria esistenza al suo interno. Eventi del genere fanno entrare soldi a palate nelle tasche dei neonazi, servono da pubblicità ai loro progetti commerciali e di conseguenza devono essere anch’essi obiettivo dell’intervento antifascista.

Segue una lista di sei punti prevendita IFC:

Tattoo Royal
Kantstr.07
04808 Wurzen

Sunstar  Sonnenstudio
Gorkistr. 63
04347 Leipzig

Kampfsportschule Felix Schmidt
Posaer Str. 11a
06712 Zeitz

Haifischbar Leipzig
Fleischergasse 4
04105 Leipzig

Planet 44
Grunaer Str.26
01069 Dresden

Strandhotel Eilenburg
Rinckartstr. 7
04838 Eilenburg

traduzione dal tedesco Mc, galera Menzingen, CH, ottobre 2015

Heilbronn, Germania: Vernice a ufficio della CDU (Unione Democratica Cristiana)

Heilbronn, 9 ottobre 2015

Nella notte di venerdì 9 ottobre abbiamo abbellito la sede di partito della CDU di Heilbronn con sacchetti di vernice nei colori dell’arcobaleno.

Negli ultimi mesi la CDU di Heilbronn colpisce sgradevolmente per il suo sostegno alla manifestazione reazionaria “Manifestazione per Tutti” a Stoccarda. Già per l’ottava volta,  i conservatori di destra, i fondamentalisti religiosi, i populisti di destra e altri reazionari impazziti vogliono portare in strada domenica prossima il loro odio per lx omosessuali e il progresso sociale. Quel che iniziò con il pretesto della protesta dei genitori preoccupati contro il piano di formazione del governo verde-rosso del Land, ora si è sviluppato fino a diventare una delle maggiori manifestazioni regolari di destra nella Germania del Sud.

Con l’approvazione del capo di destra della CDU del Land Thomas Strobl di Heilbronn, ora anche l’associazione distrettuale incita al sostegno delle marce omofobiche. Inoltre, con il pastore evangelicale Christoph Scharnweber del “Circolo di Lavoro Evangelico nella CDU” (EAK) dell’ associazione distrettuale, un funzionario della CDU di Heilbronn partecipò alla mobilitazione di destra anche come oratore.

Ma non è la prima volta che la CDU di Heilbronn colpisce per la sua tendenza al pensiero di destra. Già nel 2012, EAK insieme agli “Anziani CDU di Heilbronn” organizzò un’iniziativa con la pubblicista cattolicissima, omofobica e antifemminista Gabriele Kubyper la giornata delle donne. Sotto il titolo “Gender Mainstreamning – Sovversione dell’ordine dei valori – Rivoluzione segreta(mente spaventosa)”, la Kuby allora aizzava contro l’emancipazione della donna.
Già nel 2011, EAK progettava pure insieme agli “Anziani CDU di Heilbronn” una conferenza con Conny Axel Meier. Questi è amministratore del movimento populista di destra “Movimento cittadino Pax Europa” e avrebbe dovuto riferire sul tema “Islamizzazione dell’Europa”. Causa proteste, l’iniziativa fu disdetta ma una presa di distanza politica non arrivò mai.

Con l’aperto sostegno di un movimento di massa di destra in strada, l’aderenza sui contenuti della CDU di Heilbronn con i movimenti di massa reazionari e religiosi-fondamentalisti ha ora raggiunto una nuova qualità.

Questa situazione necessita dell’intervento antifascista!
Niente pace alla propaganda reazionaria!
La CDU di Heilbronn deve diventare più colorata!

traduzione dal tedesco Mc, galera Menzingen, CH, ottobre 2015

Parigi: Qualche considerazione su un progetto di lotta per la distruzione delle frontiere

Parigi 13 settembre 2015

Assistiamo ogni giorno a un’intensificazione del massacro perpetuato dalle frontiere degli Stati. Migliaia di uomini e donne che fuggono dalle guerre, la miseria e le catastrofi ecologiche, conseguenze dirette dello sfruttamento delle materie prime, e persone ridotte allo stato di materie prime. Assistiamo quotidianamente a ciò che somiglia sempre di più a un’ecatombe, alle porte dei luoghi dove viviamo, e ci abituiamo a essere spettatori dell’orrore di questa normalità.

Di fronte a questa massa di esseri umani che, rischiando la loro vita, sfidano le frontiere e affrontano i cani da guardia dell’Europa, gli uomini di Stato si riempiono la bocca di discorsi sui valori democratici e proclamano la necessità di regolarizzare una parte di loro, stabilendo i criteri necessari per smistarli, selezionare la buona mercanzia e respingere quella avariata. Si stabiliscono delle politiche comuni, si costruiscono grandi centri di smistamento, si rinforzano gli apparati burocratici e militari e la sorveglianza delle frontiere. Frontiere che oggi non sono solamente dei limiti territoriali tra Stati, ma che si materializzano anche nei controlli e nelle retate, nei trasporti pubblici e nelle stazioni, sui posti di lavoro e nei rapporti di sfruttamento, agli sportelli di banche ed amministrazioni, nei centri di detenzione amministrativa e nel lavoro dei gestori umanitari.

In questi ultimi mesi, nelle strade di Parigi, centinaia di uomini e donne hanno vissuto sulla loro pelle l’accoglienza dello Stato francese. Cacciat* da ogni piazza, da ogni strada, da ogni parco, da ogni ponte sotto cui cercavano di trovare rifugio, picchiat* e intossicat* con il gas dagli sbirri perché continuavano a restare insieme. Questa situazione ha portato alla creazione di “gruppi di sostegno” da parte di cittadin*, vicin* e militant* di diverse estrazioni. Tra loro, alcuni individui sinceri per i quali l’aiuto è un fine in sé, animati dalla rabbia o l’indignazione, ed altri, rappresentanti di partiti o di organizzazioni umanitarie, per i quali i migranti costituiscono un mezzo per accrescere la propria visibilità nelle strade e nei media, aumentare il proprio potere politico e così ottenere maggiori finanziamenti pubblici e privati. Nel complesso, questi gruppi hanno cercato di fornire sostegno materiale e appoggiare politicamente le rivendicazioni portate dalla maggior parte di questi uomini e donne: le loro richieste di asilo e di alloggio. Rivendicazioni che invocano i diritti dell’uomo e considerano come interlocutore lo Stato. Quello stesso Stato che, più o meno direttamente, è implicato in sanguinosi affari nei loro paesi di origine, che li massacra alle frontiere e che li bracca perché dormono per strada, accogliendoli con gas e manganello per sbarazzare la vetrina turistica che è Parigi da questa gentaglia.

Probabilmente, molt* di loro riusciranno a ottenere i documenti e a farsi scannare per le vie legali dello sfruttamento del sistema economico francese, grazie a mobilitazioni più o meno cittadine. Molt* altr* continueranno a morire alle frontiere o resteranno nella massa di indesiderabili agli occhi del mercato e dello Stato, condannati alla miseria e la repressione.

Fino a quando esisteranno gli Stati e le loro frontiere, ci saranno dei/lle sans-papiers indesiderabil*, fino a quando ci saranno guerre e lo sfruttamento capitalista continuerà, milioni di persone non avranno altra scelta che esiliarsi per sopravvivere. Fino a quando esisteranno i documenti, la cui sola ragione di esistere è il controllo del bestiame umano, la gestione degli inclusi e degli esclusi, certi avranno i “buoni” documenti e altri i “cattivi”, e altri ancora non li avranno affatto, essendo gli Stati a gerarchizzare le vite umane secondo i propri criteri. È per questa ragione che allo slogan “documenti per tutti e tutte”, noi preferiamo questo slogan irragionevole, “né documenti né frontiere”, che non chiede nulla agli Stati, auspicando piuttosto la loro distruzione, poiché non saremo mai liberi fino a quando ognuno e ognuna non potrà vivere come preferisce e andare laddove le sue scelte lo portano.

D’altra parte, nessuno scappa alle grinfie del capitalismo. Gli sfruttati e le sfruttate si confrontano ovunque alla violenza dell’economia e dello Stato, ed è la stessa logica di sopravvivenza che uccide a fuoco lento i nostri corpi e nostri spiriti. È la ragione per cui vogliamo far saltare le barriere (e il linguaggio stesso forma la parte più visibile dell’iceberg) erette tra un “noi” immaginario e i “migranti”. Uscire definitivamente dalla logica del “sostegno” che apporta assistenza a un soggetto creato sulla base di una discriminazione positiva, incarnando la figura dell’oppresso per eccellenza. È proprio facendo di una molteplicità di uomini e donne un tutto omogeneo che si dimentica che hanno traiettorie e idee differenti. Ed è proprio sulla base di tali differenze che possiamo condividere momenti di complicità e di lotta, poiché come ogni oppresso, un “migrante” può rivoltarsi contro la sua condizione o servire fedelmente i suoi oppressori per ottenerne dei vantaggi.

Noi apprezziamo e valorizziamo l’aiuto reciproco che comprendiamo come uno slancio del cuore ma, in una prospettiva liberatrice, questa forma di solidarietà non può sostituirsi alla necessità dello scontro con gli uomini e le strutture dello Stato, la polizia e il controllo. Non può insomma accontentarsi degli ingranaggi democratici, mettendo da parte con il pretesto dell’urgenza, l’insieme multiplo e variegato degli atti di rottura – o almeno che tentano di crearne una – con l’ordine esistente. In caso contrario, ciò equivale ad aiutare lo Stato nel suo lavoro di gestione, ad assicurare dei servizi in sua assenza, a impedire che la situazione diventi realmente incontrollabile. Poiché è questo ciò che teme – e a ragione – lo Stato.

***

Ciò che ci muove è l’idea di un mondo senza Stato né dominazione, dunque concretamente la loro distruzione, così come l’idea di un mondo libero dal capitalismo, dunque concretamente la sovversione dell’insieme dei rapporti esistenti. Queste idee, a priori minoritarie, non sono un fagotto da aprire di tanto in tanto per rassicurarci o darci una speranza nel marasma quotidiano, ma costituiscono la nostra bussola. Per quello che riguarda la rivolta, la rabbia, la ribellione, l’insubordinazione, nelle diverse forme in cui esse si esprimono, sappiamo che sono reazioni diffuse e numerose,  proprie dei diversi antagonismi che attraversano la società. Queste due parti di noi sono inseparabili: non siamo disposti a mettere da parte le nostre idee per aggregarci, per esempio, a un momento di lotta collettiva; e allo stesso modo non storciamo sempre il naso di fronte a una lotta di cui non condividiamo necessariamente l’insieme dei mezzi e dei contenuti. “Io cerco una forza, poiché l’idea fa solo il suo compito. E se l’idea propone, la forza dispone”, diceva una volta un rivoluzionario. Secondo noi, questa – mal nominata – forza è la conflittualità sociale stessa, e si pone dunque la questione del nostro intervento all’interno di questa conflittualità.

Non cerchiamo alcuna legittimità, poiché anche quando avviene indirettamente, è il  potere che differenzia ciò che è legittimo da ciò che non lo è. La legittimità è dunque il riflesso di una sottomissione all’autorità, e quella della maggioranza (la cosiddetta “opinione pubblica”) non è meno temibile. Poiché la legittimità è per l’opinione pubblica ciò che la legalità è per lo Stato, cioè la negazione dell’auto-determinazione delle nostre vite. Una rivolta legittima è incapace di sabotare i fondamenti della società, propone solamente una ridefinizione della società fondata sul mito di uno stato e di leggi più “umane”, di una giustizia più “giusta”, di un’economia più “ugualitaria” e attende un riconoscimento dall’”opinione”.
Lontani da ogni opportunismo politico, il nostro intervento in una lotta sociale deve farsi sulle nostre proprie basi: noi non lottiamo per “aiutare i migranti ad ottenere i documenti”, ma contro la dominazione degli Stati su tutti e tutte. Avere una presenza nelle strade non per esserne in testa, e nemmeno per offrire un servizio a chicchessia, senza chiarezza sulle nostre idee, diluendole o concentrandole secondo il nostro comodo, ma per diffondere idee e pratiche insurrezionali, per avanzare nella prospettiva di una rivoluzione sociale.

Per poter governare, ogni potere ha bisogno di creare delle categorie e di produrre delle divisioni che gli sono utili, assegnando a ciascuno dei ruoli che costituiscono altrettante catene destinate a favorire la servitù e l’assoggettamento. Come abbiamo già detto, noi vogliamo far saltare le barriere instaurate dal potere ed è per questo che non è l’appartenenza per default di tale individuo a tali supposte comunità – siano nazionali, culturali o etniche – o categorie (immigrati, clandestini, sans-papiers, devianti, fuorilegge, lavoratori, disoccupati, diplomati…) a condizionare i nostri rapporti con loro, bensì  il modo in cui essi si relazionano a tali appartenenze. Ciò che conta per noi è l’impegno, le posizioni, le scelte e i rifiuti che degli individui reali adottano in situazioni particolari, così come le ragioni che li animano.

***

Qualche anno fa, in Francia, la “lotta contro la macchina delle espulsioni” aveva un vantaggio che la lucidità ci fa riconoscere oggi con amarezza come obsoleto: quello della chiarezza. Gli incendi volontari dei centri di detenzione amministrativa (quelli di Vincennes, Mesnil-Amelot, Nantes, Plaisir, Bordeaux, Tolosa), le evasioni, le manifestazioni, l’appoggio agli accusati dell’incendio di Vincennes, i volantini, i manifesti e i molteplici attacchi, tutto questo – leggiamo oggi su un bollettino dell’epoca – non lasciava spazio ad equivoci: “o lottiamo contro i centri di detenzione e niente di meno che per la loro soppressione, come lo hanno sperimentato una parte dei sans-papiers a partire dalla loro situazione concreta, o desideriamo mantenerli”. La distruzione volontaria del centro di Vincennes ha “portato via con sé la sua vernice umanitaria: i reclusi hanno lottato praticamente per una rimessa in libertà pura e semplice, e non per un miglioramento di questa gabbia situata tra una scuola di polizia e un ippodromo”.
La questione della solidarietà poteva non solamente superare la semplice affermazione, ma anche proporre un altro percorso rispetto a quello del sostegno. Mirando all’insieme della macchina delle espulsioni e non ai soli centri di detenzione, ed esprimendo un contenuto chiaro che non si poneva in esteriorità, le azioni inserite nell’antagonismo diffuso potevano aprire un cammino a una solidarietà risolutamente offensiva.

Attualmente, almeno negli ultimi mesi, le nostre idee non hanno avuto abbastanza eco e non abbiamo contribuito sufficientemente con i nostri atti  a sovvertire una situazione che era potenzialmente ricca di possibilità. Non siamo riusciti a influire abbastanza affinché la rivolta prenda il sopravvento sulla logica del sostegno. D’altra parte – contrariamente agli anni riassunti qui sopra – gli atti di rivolta ai quali vogliamo esprimere una solidarietà offensiva sono stati rari.

Ma la rivolta è latente, a volte scoppia e non conosce frontiere come mostrano gli avvenimenti recenti: il 22 agosto dei migranti venuti dalla Grecia si scontrano con la polizia macedone alla frontiera tra i due paesi. Mentre due giorni prima era stato dichiarato lo stato di emergenza, l’esercito e le forze speciali di polizia inviate sul posto non sono in grado di arginare la situazione. Coloro che riescono a passare prendono d’assalto la stazione di Gevgelija per recarsi in treno in Serbia. A Calais (Francia), la notte del 31 agosto, dopo l’arrivo del primo ministro, 200 persone corrono sull’autostrada d’accesso al sito dell’Eurotunnel e la bloccano. Il 3 settembre delle persone bloccano l’entrata del centro Jules-Ferry  (gestito dall’associazione La Vie Active) dove ha luogo la distribuzione dei pasti, protestando contro l’aiuto umanitario e le condizioni di vita nelle quali sono mantenute. Qualche giorno più tardi, al centro di detenzione di Saint-Exupéry vicino all’aeroporto di Lione, dei detenuti ammassano materassi e lenzuola e accendono un fuoco. Respingono le guardie, distruggono mobili e vetrate, mentre due persone salgono sul tetto per evadere. Nello stesso periodo a Roszke, in Ungheria, un migliaio di migranti forza un cordone della polizia rifiutando di essere condotti a un centro di accoglienza e identificazione nelle vicinanze. Una parte di loro scavalca una barriera per accedere all’autostrada che porta a Budapest e continuare il tragitto a piedi. A Bicske (Ungheria), dei migranti saliti su treni pensando che si dirigessero in Germania rifiutano di essere deportati quando comprendono che questi treni hanno per destinazione dei centri di identificazione e di smistamento. Il 5 settembre, sull’isola di Lesbos, in Grecia, per il secondo giorno consecutivo dei migranti si scontrano con la polizia. Qualche ora prima, un migliaio di loro era uscito da un centro di accoglienza temporanea e aveva bloccato una strada dell’isola. Sempre a Lesbos, un migliaio di migranti si è raggruppato e ha tentato con la forza di salire un una barca in direzione di Atene. Il 6 settembre a Valencia (Spagna), una quarantina di prigionieri del centro di detenzione si  ribella contro gli sbirri e riesce a impadronirsi delle chiavi. Un gruppo cerca di evadere mentre all’interno vengono incendiati dei materassi, del materiale viene distrutto e cinque sbirri feriti. Il 7 a Bedford, in Inghilterra, delle donne detenute nel centro di detenzione  Yarl’s Woos occupa il cortile e dichiara “Siamo in cortile e protestiamo (…). Esigiamo la nostra libertà. Cantiamo per la nostra libertà. Gridiamo (…). Non vogliamo il loro cibo. Non vogliamo le loro attività. Vogliamo semplicemente la nostra libertà”.

Ogni settimana porta con sé la sua quota di morti che ci torce le budella e ci spacca il cuore.  Di fronte a quest’orrore in cui sono immerse  centinaia di migliaia di persone, di fronte a questa guerra di tutti i giorni che costituisce il capitalismo, è la nostra rabbia contro questo mondo e la vita al ribasso che ci promette che si acuisce di giorno in giorno. Ma, come è stato già detto in passato, noi non siamo solidali della miseria, bensì del vigore con il quale gli uomini e le donne non la sopportano: alla solidarietà nell’oppressione noi opponiamo la complicità nella rivolta. Allora, pur faticando a trovare delle prospettive offensive concrete a cui esprimere una solidarietà particolare, vogliamo comunque credere che sia possibile pensare a tali prospettive per esprimere un rabbia – che d’altra parte non ha bisogno di tali prospettive per esprimersi – che noi sappiamo essere diffusa, e che per questa ragione potrebbe aprire la via a dei momenti di scontro e rottura con l’ordine esistente. E durante questo percorso, una volta sbarazzati del racket politico, della vernice umanitaria, di questa putrida indignazione del cittadino “che si lamenta ma che vuole il mantenimento del sistema” – vera chiave di volta della servitù democratica – si creeranno occasioni in cui la solidarietà potrà acquisire una maggiore portata.

“Dire che nulla può cambiare, che non possiamo deviare la marcia del destino, è l’incentivo accordato a tutte le nostre debolezze”.

“Non esistono cose fatte, vie preparate, non esiste modo o lavoro finito, grazie al quale tu possa pervenire alla vita. Non esistono parole che possano darti la libertà: poiché la via consiste precisamente a creare tutto a partire da sé stessi, a non adattarsi ad alcuna via. La lingua non esiste ma tu devi crearla, devi creare il suo modo, devi creare ogni cosa: affinché la vita sia la tua”.

Non c’è alcuna buona ragione di attendere per compiere ciò che il nostro cuore e la nostra ragione suggeriscono, né movimento sociale, né appuntamento con la storia. Se rifiutiamo di rinviare la diffusione delle nostre idee e delle pratiche che ne derivano a ipotetici domani più propizi, sentiamo allo stesso tempo la necessità di contribuire a creare le condizioni che rendono possibile un capovolgimento dell’ordine sociale, un fatto sociale ancora sconosciuto, imprevedibile ma devastante.

Parigi: E uno, e due, e tre…

Nella notte da domenica 30 a lunedì 31 agosto le finestre del centro Emmaüs-Solidarité al numero 47 di via Raymond-Losserand nel XIV° Arrondissement di Parigi sono state ridecorate con la scritta “Emmaüs collaborazionista“. Collaborazionista con la polizia, perché durante l’occupazione del centro nel giorno di mercoledì 11 agosto da parte di migranti che chiedevano condizioni di vita migliori, il personale di Emmaüs chiamò la polizia con il risultato della detenzione di quattro persone che a inizio ottobre affronteranno un processo con l’accusa di sequestro.

Due passi più in là, una succursale della banca LCL finiva con la vetrina e il bancomat copiosamente distrutti mentre sulla parete a lato il giorno dopo i/le passanti potevano leggere il seguente messaggio: “Il capitalismo uccide – Abbasso tutte le frontiere”.

Inoltre le vetrine della sede del Partito Socialista al numero 2 divia Ernest Lefévre nel XX° arrondissment di Parigi sono finite a pezzi e sulla parete vicina appariva la scritta “Abbasso tutte le frontiere”.

È sempre l’ora di ribellarsi.
Abbasso lo Stato, il capitalismo e gli amministratori umanitari.
Libertà per tuttx.

traduzione dal castigliano mc, galera Menzingen, CH, ottobre 2015

in spagnolo

Pirmasens, Germania: imbrattata auto di un nazi

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Redatto da: Antifa Pfalz, il 24/09/2015

Secondo vari comunicati sui social network, la vettura altoparlanti della NPD (Nationaldemokratische Partei Deutschlands – Partito nazionaldemocratico della Germania) Westpfalz è stata abbondantemente imbrattata da ignoti. Queste le lamentele della truppa vicina a Ricarda Riefling e Markus Walter su facebook:

“Nella notte dal 21 al 22 Settembre 2015 qualcuno si è dato da fare attorno al noto veicolo la ‘leggenda gialla’, uno scarabocchione è stato immortalato con della vernice rossa sulla vettura operativa della NPD.”

Approviamo tali azioni, particolarmente davanti al retroscena della crescita delle attività e degli attacchi di nazi contro i/le profughx. Nemmeno nei territori remoti come Pirmasens i nazi devono trovare luoghi sicuri di ripiego.

Il 21-22/11.15 la NPD vuole celebrare il proprio congresso federale a Weinheim. Incitiamo a procurare un autunno caldo alla NPD ed a far diventare un disastro il congresso di partito a Weinheim.

traduzione mc, galera Menzingen, CH ottobre 2015

Cile: Propaganda solidale con Juan Aliste, Freddy Fuentevilla e Marcelo Villarroel

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A 8 anni dall’inizio della caccia… Oltrepassando i contesti, sempre nemici dello stato. Orgogliosi di essere in guerra! Juan, Freddy e Marcelo liberi!

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A 8 anni dall’inizio della caccia…

Salutiamo iconoclasticamente i compagni Juan Aliste, Freddy Fuentevilla e Marcelo Villarroel al compiersi degli 8 anni della caccia giornalistico-poliziesca e giuridica dopo la morte del Cabo Luis Moyano durante uno scontro armato in seguito a un’espropriazione bancaria.

Riconosciamo l’aiuto dei compagni, sempre attivi nell’intensificazione della Guerra Sociale, riprendiamoci l’orgoglio e la dignità che tanto per strada come in prigione sa marcare le distanze col nemico… Nessuna rinuncia, nessun passo indietro.

SIAMO AMORE IN GUERRA!!!
CON SOLIDARIETÀ IRRIDUCIBILE!!!
VIVA L’ANARCHIA!!!

18 ottobre 2015

in spagnolo, portoghese

Madrid: Presidio solidale con gli/le arrestat* durante l’ultima operazione antianarchica

[29/10/2015]

Domani 30 ottobre i/le compagn* arrestat* a Barcelona con l’accusa di appartenenza a organizzazione terrorista, facendo nuovamente riferimento ai “Gruppi Anarchici Coordinati”, compariranno davanti al giudice.

Un prolungamento di quella che è stata l’“Operazione Pandora” effettuata nel dicembre 2014, preceduta dall’“Operazione Columna” svoltasi nel novembre 2013 e continuata dall’“Operazione Piñata” nel Marzo 2015.

Una successione di colpi alle idee anarchiche che si conclude con più di 40 arresti nello Stato Spagnolo nel tempo record di due anni.

I compagni arrestati durante l’“Operazione Columna”, Mónica e Francisco, furono condotti in custodia cautelare senza giudizio fin dal primo momento, situazione che è stata prolungata fino a sfruttare completamente il primo strumento di cui dispongono per continuare a privarli della libertà senza aver celebrato alcun processo.

Ieri abbiamo informato del fatto che la Audiencia Nacional ha prolungato di altri due anni la custodia cautelare di Mónica e Francisco, per cui, se non ci saranno novità prima, potranno restare sequestrati per 4 anni in tutto fino allo svolgimento del processo.

E di nuovo i meccanismi dello Stato si mettono in marcia per cercare di far scomparire le idee, le pratiche e gli obiettivi che più gli sono avversi, volendo colpire quell* che, dopo questa ondata repressiva, restano in maniera solidale accanto a tutt* quell* che sono stat* arrestat* e quell* che potrebbero esserlo in qualsiasi momento.

Senza paura e con determinazione, resisteremo di nuovo a questa offensiva e risponderemo agli attacchi dello Stato con l’unica forma che capisce: Con l’azione diretta, uno dei pilastri fondamentali delle idee che cercano di far scomparire.

LANCIAMO UN APPELLO PER MANIFESTARE IL NOSTRO APOGGIO AI/LLE COMPAGN* ARRESTAT* VENERDÌ A PARTIRE DELLE 9H IN VIA GÉNOVA ESQUINA ANGOLO VIA GARCÍA GUTIERREZ, dove si trova il nuovo edificio dell’Audiencia Nacional. Ci metteremo sul marciapiede di fronte per rendere visibile il conflitto esistente (con striscioni, cartelli, testi, megafoni o quello che ognuno preferisce portare) per manifestar loro la nostra solidarietà, perché sappiano che non sono sol*.

Allo stesso modo, sappiamo che ieri si son svolti presidi e manifestazioni spontanei a Madrid, Barcelona, Manresa, Zaragoza… e che nei prossimi giorni ce ne saranno altri in altre località. In questi giorni sono gesti necessari e algo e mostrano che il conflitto contro lo Stato non riguarda soltanto chi è stato colpito. Facciamo in modo che la solidarietà, nella forma che ciascuno ritiene più appropriato, sia efficace.

VOGLIAMO I/LE NOSTR* COMPAGN* LIBER*

LIBERTÀ PER TUTT*

MORTE ALLO STATO E VIVA L’ANARCHIA

in spagnolo

Francia, Rennes: Tag sulla prigione femminile

Nella notte di lunedì 19 ottobre, il muro di cinta della prigione femminile di Rennes è stato taggato con un estintore pieno di vernice: “LIBERTÀ”

Questa è la più grande prigione in Europa che rinchiude delle donne.

Su una delle arterie principali della città, nel cuore di questo quartiere in piena riqualificazione per poter accogliere sempre più ricchi e potenti, questo grido di LIBERTÀ ha senso tanto all’interno che all’esterno di queste mura.

CONTRO TUTTE LE RECLUSIONI
CONTRO LA RIQUALIFICAZIONE DEL QUARTIERE ATTRAVERSO IL PROGETTO €URORENNES

SOLIDARIETÀ CON LA COMPAGNA LUCILE, IN CARCERE A PARIGI DA UNA SETTIMANA PER OLTRAGGIO E RESISTENZA.

MORTE ALLO STATO! LIBERTÀ PER TUTTE!

Atene: Solidarietà con lo squat C.O.S.A in Portogallo, minacciato di espulsione

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Lo squat C.O.S.A, nella città di Setúbal, che questo mese ha compiuto 15 anni, ha ricevuto una minaccia di espulsione. (Vedi l’annuncio di Alcune voci ribelli in portoghese, greco, italiano e spagnolo.)

Nella notte del 20 ottobre 2015, e come prima risposta a questa pessima notizia, abbiamo appeso al Politecnico di Atene, in via Patission, in pieno centro, uno striscione di solidarietà che dice:

Solidarietà con lo squat C.O.S.A a Setúbal, Portogallo, minacciato di espulsione – Coraggio, compagni (A)

Non dimentichiamo che i/le compagn* del C.O.S.A ci hanno sostenuto nel nostro sforzo di far conoscere i casi dei/lle prigionier* anarchic* in Grecia, e non dimentichiamo che uno degli obiettivi comuni che condividiamo nelle nostre lotte senza confini è l’abolizione di quella cosa ridicola chiamata proprietà.

Tutto il nostro affetto ai fratelli e le sorelle che continuano a resistere a Setúbal. Giù le mani dalle strutture anarchiche in Portogallo e ogni altro luogo del mondo!

FUOCO ALLE FRONTIERE
MORTE AL POTERE

Iniziativa della rete di contro-informazione e traduzione Contra Info

in greco, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco

Setúbal, Portogallo: Il C.O.S.A a rischio d’espulsione

Due giorni dopo il 15º compleanno del C.O.S.A. (Casa Okupada Setúbal Autogestionada) abbiamo ricevuto l’avviso che è stato avviato un procedimento giudiziario da parte dei proprietari per ottenere la nostra espulsione.

Molti anni fa il proprietario, avendo fallito, ha lasciato in eredità diversi immobili a cinque persone, suoi parenti, che oggi si sono messi in testa di rivendicare la nostra casa, benché posseggano altri edifici abbandonati. Ci han dato 30 giorni (a partire dal recapito della lettera) per rispondere, cosa che faremo.

Dal 2000 (data dell’occupazione) il C.O.S.A. e le persone ad esso legate, direttamente o indirettamente, hanno subito la repressione delle forze municipali e statali. In Portogallo e in tutta Europa il movimento okupa viene attaccato e neutralizzato. In questo momento e contesto, 15 anni dopo, continuare ad agire e resistere ha ancora senso.

Contro il Capitale che favorisce la speculazione immobiliare, lotteremo in maniera non solo da conservare la nostra casa, ma anche da essere segno e ispirazione di rivolta per altr* compagn*.

Delle voci ribelli
Setúbal 16/10/2015

Berlino: Striscione in solidarietà con Evi Statiri, Mónica Caballero e Francisco Solar

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Lo striscione dice: “In solidarietà con tutt* i/le prigionier* anarchic* – Un salute a Evi, Monica e Francisco – Lunga Vita all’Anarchia”

Il 13 ottobre 2015 abbiamo appeso uno striscione al ponte Oberbaum, a Berlino. Vogliamo dimostrare la nostra solidarietà con Evi Statiri, che è stata finalmente rilasciata – ma con pesanti misure cautelari – in Grecia. Mandiamo calorosi saluti anche a Mónica e Francisco, che sono trattenuti in custodia preventiva dallo stato spagnolo dal 13 Novembre 2013.

Si tratta soltanto di un piccolo gesto simbolico per salutare tutt* i/le ribelli che sono in prigione, tutt* quell* che da dentro scommettono ancora su una vita in conflitto con questo sistema democratico e marcio.

Ci rivedremo nelle strade; la lotta continua!

Morte allo Stato, per l’Anarchia!

Alcun* anarchic* a Berlino

in tedesco, inglese, spagnolo, greco

Atene: Messaggio di Evi Statiri – rilasciata dopo uno sciopero della fame, ora a casa

Ricevuto il 7 ottobre 2015:

Una volta scarcerata, la prima cosa di cui ti rendi conto è che il tuo sguardo non inciampa più in muri, sbarre o divisori. Può vagare e guardare il cielo, senza vederlo attraverso il filo spinato. E i tuoi passi non sono più contati — venti verso il muro del cortile della prigione e venti tornando alla cella. Certo, nel mio caso le mura del cortile della prigione si sono allargate fino a un chilometro da casa mia, senza nemmeno poter comunicare col mio compagno…

Ma in ogni modo, per me il rilascio ha il gusto di una prima vittoria contro la paura e l’ingiustizia che ci vogliono imporre come  condizione di vita restrittiva…

Niente di tutto questo sarebbe accaduto se non fosse stato per un movimento dinamico e multiforme di solidarietà che mi ha trasmesso da ogni angolo della Grecia la forza e l’ottimismo che la storia non è scritta soltanto dai potenti ma anche dai ribelli…

Un enorme grazie a tutt* i/le compagn* conosciut* e no che hanno spezzato il terrore dell’onnipotenza del Potere.

Un enorme grazie anche ai dottori dell’Ospedale Generale di Nikaia, e soprattutto ai medici Spyros Sakkas e Olga Kosmopoulou, che mi hanno sostenuto con calore e abnegazione fin dal primo momento.

Naturalmente non dimentico quell* che sono rimasti là, in prigioni e celle gelide… Sarò sempre al loro fianco e mi aggrapperò ai momenti che abbiamo condiviso finché non ci incontreremo di nuovo…

Perché finché ci saranno prigioni, nessun* sarà liber*…

Libertà per i/le prigionier* politic*
Libertà per chi è in cella

Evi Statiri

in inglese, greco, portoghese

[Italia] Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo

Aggiornamento: L’udienza d’appello a Firenze del 5 ottobre ha visto un rinvio alla già fissata udienza del 19 ottobre per la mancanza di un perito del pubblico ministero e di un ispettore della digos di Pisa che ha seguito tutta l’indagine.

Comunicati di alcunx imputatx:

Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo

Nel 2005 a Molina di Quosa (Pisa) un traliccio Terna dell’alta tensione della linea La Spezia-Acciaiolo viene sabotato con due cariche di dinamite, azione che lo ha danneggiato seriamente ma senza farlo cadere.

Nei giorni successivi una lettera anonima, arrivata ad agenzie di stampa e alla redazione pisana del giornale ecologista radicale Terra Selvaggia, motivava il gesto contro i nuovi progetti di ripresa dell’energia nucleare.

Questi progetti non sono stati mai veramente dismessi con il referendum dopo Chernobyl, ma continuano ad essere portati avanti in numerose ricerche e centri sperimentali, come nella facoltà di ingegneria nucleare di Pisa che rappresenta un’eccellenza a livello nazionale. Sempre sullo stesso territorio nel parco naturale di S. Rossore spicca anche il CISAM: reattore nucleare sperimentale e centro di ricerche militari. Recentemente questo impianto ha fatto parlare di se per lo sversamento di acque radioattive nel canale dei navicelli che porta da Pisa al mare. Acque tossiche definite prive di pericoli dalle solite servitù locali Arpat e Asl. Questi veleni intramontabili ricordano invece che dal nucleare non si esce: quello che è stato prodotto, o che è rimasto come scoria, rappresenta l’eredità di una visione di mondo in cui la produzione energetica e il controllo militare si situano sopra qualsiasi cosa, anche se il prezzo è un lascito di un mondo discarica.

In quegli anni, soprattutto in Italia, non esisteva un vero dibattito sull’energia nucleare neanche nei contesti ambientalisti, dove sicuramente su certe questioni l’attenzione era più alta. Sembrava che con il referendum, ma soprattutto con il disastro di Chernobyl, si fossero creati gli anticorpi per difendersi dagli ingegneri dell’atomo. La realtà invece si è posta subito in maniera diversa: se in Bielorussia gli ecosistemi e tutti gli esseri viventi continuano a subire le terribili conseguenze delle radiazioni, qui si è persa la memoria di quello che è avvenuto e continua ad avvenire. Però per i paladini dell’atomo questo non è stato ancora abbastanza, hanno pensato loro di scrivere una nuova memoria instillando prima la paura per un collasso ecologico e quindi sociale, ormai più che evidente; successivamente ha preso piede la creazione di una cieca fiducia nella tecno-scienza e nelle sue soluzioni. In questo nuovo paradigma il così detto disastro nucleare non è più un qualcosa di eccezionale e soprattutto di imprevedibile, ma fa parte di una dimensione in cui la servitù è spacciata per responsabilità. Quella responsabilità che avrebbe dovuto farci capire che, in tempi di perenni crisi e quindi di rischi, certi irrazionali pensieri contro il tecno mondo non solo, non sono accettabili, ma sono terroristici, anzi eco terroristici. Del resto non esiste forse la Green Economy per pensare a quello che resta della natura? E se ancora ci fosse qualche dubbio basta tenere presente che le tecno scienze troveranno una soluzione, perché si tratta sempre ed esclusivamente di problemi tecnici risolvibili con tecnologie appropriate. A Fukushima del resto è la stata la stessa società responsabile degli impianti che si è adoperata per metterli in sicurezza, essendo l’unica ad avere le tecnologie opportune. È stato trattenuto ufficialmente il mostro radioattivo, ma solo perché la radioattività è invisibile e ha conseguenze non immediate. Questo ha permesso ai tecno scienziati nipponici sostenuti dalle potenti lobby dell’atomo internazionali di mostrare una situazione sotto controllo quando invece il mostro radioattivo già era ben lontano per mare, terra e aria a portare in giro le sue conseguenze mortifere.

Se nel 2005 non vi era attenzione e interesse sul nucleare da parte del pubblico, in sordina si stava già muovendo da diverso tempo la lobby nuclearista capitanata in Italia da Enel che stava investendo fortissimo in tutta una serie di nuovi impianti in Francia e nell’Europa dell’Est, peraltro utilizzando negli impianti le stesse tecnologie di Chernobyl. Il progetto di fondo era quello di riportare l’atomo ancora una volta in Italia con la costruzione di nuove centrali o rimettendo in sesto quelle precedenti.

Per chi vive in queste zone della Toscana, lungo la linea che va dai monti pisani alle alpi Apuane, non è una cosa nuova sentire questi boati di rivolta. La linea La Spezia – Acciaiolo è contestata da più di trent’anni, non solo per il trasporto dell’energia nucleare francese, ma anche per l’inquinamento elettromagnetico. Solo su questa linea si contano negli anni decine di attacchi dinamitardi che hanno scosso il sonno a chi questo sistema di morte alimenta e riproduce. E hanno rallegrato coloro che hanno ben presente qual è il linguaggio che gli sfruttatori di ogni sorta tengono di conto prima e dopo aver intrapreso i loro progetti nocivi.

Anche la repressione negli anni non è mancata: l’arresto negli anni ’90 dell’anarchico ecologista Marco Camenisch accusato anche del sabotaggio dei tralicci di questa linea non ha però fermato gli attacchi e al contrario negli anni successivi sono diventati anche espressione di solidarietà nei suoi confronti e delle sue lotte all’interno delle carceri italiane e svizzere.

La repressione si è accanita particolarmente sul circolo ecologista anarchico di Pisa il Silvestre, riferimento per il giornale Terra Selvaggia e per numerose campagne di lotta, sia locali che sul territorio nazionale, a carattere ecologista e di liberazione animale. Diverse procure hanno cercato di imbavagliare le attività del Silvestre imbastendo svariate inchieste per associazione sovversiva. La procura di Firenze, che sicuramente conta il maggior numero di procedimenti messi in atto, dopo il sabotaggio al traliccio a Molina Di Quosa procederà contro il Silvestre, oltre che per l’imputazione del fatto specifico, anche per l’ennesima associazione sovversiva. L’uso del reato associativo, quasi sempre strumentale per instillare un clima emergenziale e giustificare qualsiasi misura repressiva, ha portato all’arresto di sette persone con misure cautelari preventive in carcere che si sono protratte fino a due anni e anche oltre considerando le varie restrizioni.

Con l’inizio del processo cade l’associazione sovversiva in pochi minuti, anche se era stato il vero motivo che aveva giustificato anni di carcere preventivo in sezioni EIV (Elevato Indice di Vigilanza) sparse per l’Italia.

Per il fatto specifico del sabotaggio al traliccio vengono fuori cose interessanti sulle modalità investigative della digos, le richieste alla procura di decreti si trasformano in pura formalità: qualsiasi luogo e spazio è idoneo per le loro cimici e le loro riprese, di fatto se parlano di abitazioni sono già dentro le auto. Queste modalità hanno fatto inceppare il processo per anni fino ad un appello traballante che ancora una volta e con successo è riuscito a giustificare tutto quell’apparato spionistico in nome dell’emergenza dell’associazione sovversiva che per anni ha aleggiato per Pisa.

Il 5 e il 19 Ottobre 2015 si terranno le prime udienze del processo d’Appello per cinque compagne/i accusate/i del sabotaggio al traliccio.

Come anni fa abbiamo dato voce sulle pagine di Terra Selvaggia a questo atto di rivolta, e a tutti quelli di cui ci arrivava notizia, ribadiamo ancora una volta la necessità di opporsi a questo sistema fondato sullo sfruttamento tra esseri umani, sugli altri animali e sulla natura.

Come scrivevano gli anonimi sabotatori nella lettera alla nostra redazione: “è giunta l’ora di staccare la spina a questo sistema di morte che sta devastando la natura e mettendo a rischio la stessa vita sulla Terra. I progetti di morte di questi criminali dell’atomo non passeranno sotto silenzio”.

Silvia e Costa

*

Dal 5 ottobre al 19 si terranno a Firenze le udienze del processo d’Appello per i reati specifici contestati nell’ambito delle inchieste “gruppi d’affinità” e “anticorpi” del 2006. A distanza di molto tempo, dopo anni di galera, arresti domiciliari, restrizioni varie, la caduta del reato di associazione sovversiva e nuove inchieste, il processo si riapre.

Uno dei reati contestati è il sabotaggio di un traliccio dell’alta tensione. L’altro un attacco contro un’agenzia di lavoro interinale.

Nel 2005 un traliccio Terna della linea La Spezia-Acciaiolo è stato colpito e nei giorni seguenti una lettera arrivata a vari giornali e alla redazione di Terra Selvaggia motivava il gesto contro l’energia nucleare e suoi effetti nefasti.

In occasione del processo mi piacerebbe fare alcune riflessioni. Durante gli ultimi dieci anni sono state attaccate sempre più raramente strutture e circuiti di produzione e distribuzione di energia che rappresentano lo scheletro e la base su cui poggiano il mantenimento del potere, la proliferazione del capitale, la mercificazione nelle società avanzate e lo sfruttamento di quelle colonizzate. Al contrario, un sempre maggiore impulso hanno avuto la produzione e la distribuzione dell’energia grazie a più sofisticati ritrovati tecnologici, al boom delle cosiddette energie rinnovabili che contribuiscono ad abbellire il volto ecologista del capitale e accrescere le quotazioni di aziende come Terna, all’aumento della partecipazione e della dipendenza delle persone da tutto ciò che è utilizzabile attraverso l’energia, aldilà dei costi, non strettamente monetari, che questo comporta.

Nel mondo esistono ancora numerosissime centrali e i progetti di ricerca militare e civile nel settore non si sono mai fermati, ma è evidente che negli anni la percezione del problema delle scorie e dei rischi connessi a guerre atomiche o a disastri dovuti ad incidenti, è cambiato.

Sui rischi del nucleare e sulla necessità di limitarne o evitarne l’uso, sembrano oramai essere tutti d’accordo. Molti scienziati pongono le cosiddette questioni etiche rispetto alla ricerca indiscriminata, la Chiesa già da decenni ha preso posizione contro il nucleare e certe aberrazioni del progresso scientifico in nome di un conservatorismo non meno dannoso della maschera filantropica della scienza. Su queste posizioni sembrano essere la maggior parte dei politici come dimostra, ad esempio, il recente accordo sul nucleare ratificato con l’Iran che oltre a costituire una scelta geopolitica significativa e aprire nuovi mercati per garantire una maggiore circolazione delle merci e delle risorse energetiche, intende far si che solo quei Paesi tradizionalmente più influenti all’interno della comunità internazionale possano disporre di armi nucleari. I rischi connessi all’energia nucleare sembrano far paura a tutti. Anche alla cosiddetta opinione pubblica: fra la gente si è diffuso un forte senso di opposizione e, talvolta, di condanna per paura dei rischi, oramai noti, delle possibili conseguenze catastrofiche di uno scontro nucleare. Ma, aldilà di più o meno strumentali allarmismi su aspetti specifici, sappiamo bene come lo sviluppo energetico, sia esso alimentato dal nucleare o da vecchie e nuove risorse e tecniche, rimanga uno dei perni fondamentali su cui si regge il funzionamento del dominio.

Coloro che hanno sempre sostenuto la produzione e l’utilizzo dell’energia nucleare, per scopi militari e/o civili, e i contesti che hanno reso possibile il loro lavoro, hanno col tempo intrapreso nuove strade. Attraverso vecchi guadagni e nuove retoriche vengono finanziati nuovi e più accettabili progetti, nel terreno reso fertile da decenni di propaganda vengono seminati nuovi inganni.

È necessario osservare bene ciò che accade attorno a noi, cogliere i cambiamenti in atto e i loro effetti sulle società in cui viviamo, le direzioni, molteplici e complesse, verso cui vanno le lobby industriali, i centri di ricerca, le scelte economiche e quelle finanziarie, i meccanismi di potere, di controllo e di recupero. Ogni aspetto della realtà che ci è nemica è strettamente connesso con gli altri. Le questioni relative al nucleare, mai definitivamente tramontate, lo sviluppo delle scienze convergenti, le evoluzioni dell’informatica, la devastazione dell’ambiente, l’economia, le carceri, il lavoro, le disuguaglianze sono tutti aspetti legati attraverso un unico filo conduttore al processo continuo di ristrutturazione capitalistica. Non c’è niente da salvare e quindi tutto va distrutto, senza remore, né speranze, né alternative, né terre promesse, né rivendicazioni parziali.

Il potere non è un’idra mitologica a cui tagliar la testa o una minaccia incorporea che domina incontrastabile. Si realizza piuttosto attraverso elementi concreti. Chi, anni fa, ha individuato un traliccio ha trovato di fronte a sé un obiettivo concreto e attaccabile. E ogni danno fatto contro la sacralità della scienza, il valore della proprietà e la giustizia delle leggi, la bellezza dei media o la soluzione comoda della rassegnazione è un danno benvenuto.

Mariangela

Atene: Comunicato dell’assemblea di Solidarietà a Evi Statiri

Dopo la decisione del consiglio giudiziario competente che ha approvato la scarcerazione di Evi Statiri, abbiamo deciso di annullare la manifestazione prevista martedì 6 ottobre, e chiamiamo a un’assemblea per quello stesso giorno alle 19 al Politecnico (palazzo Gini) per organizzare una mobilizzazione domenica 11 ottobre sulle forti misure cautelari imposte a Evi.

Le misure cautelari che accompagnano la decisione di scarcerazione di Evi Statiri, dopo 19 giorni di sciopero della fame, consistono in un regime di cattività speciale cui ci opponiamo. Malgrado la prospettiva della scarcerazione, non abbassiamo la guardia e non lasciamo nessuno solo davanti a questa condizione, ma ci confrontiamo a essa in maniera collettiva. Non dimentichiamo che le persecuzioni dei familiari e di chi è vicino ai/lle prigionier* continuano, e continuiamo a lottare perché finiscano.

CONTRO L’IMPOSIZIONE DI MISURE CAUTELARI

FINE IMMEDIATA DELLE PERSECUZIONI CONTRO I FAMILIARI E GLI/LE AMIC* DEI/LLE PRIGIONIER*

CHE NESSUN* SIA SOL* NELLE MANI DELLO STATO

Assemblea di Solidarietà con Evi Statiri

Azioni internazionali coordinate in solidarietà con Evi Statiri

Dal 12 al 17 settembre 2015, alcun* participant* alla rete di Contra Info hanno effettuato una serie di azioni in solidarietà con Evi Statiri, prigioniera in lotta in Grecia, che il 14 settembre ha cominciato uno sciopero della fame esigendo la sospensione della misura di custodia cautelare impostale 6 mesi fa.

Evi Statiri si trova in galera a causa della mania vendicativa scatenata dagli apparati repressivi della democrazia greca dopo il fallito piano di evasione dei/lle compagn* prigionier* della Cospirazione delle Cellule del Fuoco all’inizio del 2015, che ha messo nel mirino i/le familiar* e amic* dei membri dell’organizzazione. Quando il Potere non riesce a piegare i/le prigionier* sovversiv*, mette le mani su amic* e parenti, cercando di seminare il panico e punire quello che non rientra nelle grosse bibbie della legislatura, quello che supera i muri del carcere, quello che è più lontano dalla dicotomia innocenza-colpevolezza: la solidarietà.

Dopo la decisione di Evi Statiri di scegliere come strumento di lotta lo sciopero della fame, facciamo appello ai/lle compagn* di tutto il mondo per rinforzare questo grido di libertà attraverso l’azione anarchica multiforme. Che nelle strade risuoni: EVI STATIRI LIBERA!

Qui sotto vi proponiamo alcune delle foto delle azioni realizzate nei territori controllati dagli Stati di Bolivia, Francia, Grecia, Portogallo, Cile, Spagna… e aspettiamo i vostri contributi a: contrainfo(chiocciola)espiv.net

Uno striscione è stato esposto a La Paz (Bolivia): “Compagna Evi Statiri, sequestrata dallo Stato greco, ti salutiamo dalla Bolivia”; sono anche stati distribuiti dei volantini: “Dalla Bolivia alla Grecia, libertà per Evi Statiri – La tua lotta dall’interno della prigione è un segno d’indomabile ferocia di fronte al Potere e la repressione”.

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Volantini a Tolosa, Francia: “Solidarietà con Evi Statiri, prigioniera politica in Grecia. Evi Statiri si trova in custodia cautelare nella prigione di Koridallos, in Grecia, dal 2 marzo 2015, arrestata perché compagna di Gerasimos Tsakalos, membro incarcerato della Cospirazione delle Cellule di Fuoco (organizzazione anarchica rivoluzionaria internazionale). Dopo essersi vista rifiutare ancora una volta la scarcerazione, il 14 settembre comincia uno sciopero della fame. Fuoco alle frontiere. Fuoco alle prigioni”

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toulouse3-768x1024Due striscioni sulla cancellata del Politecnico, a Exarchia, Atene: “Né innocenti, né colpevoli – Solidarietà con Evi Statiri” // “Evi Statiri tieni duro // Siamo tutti parenti delle Cellule del Fuoco // Morte ai giudici!”

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Uno striscione è stato esposto in una delle località più centrali e turistiche di Lisbona, Portogallo: “Libertà per Evi Statiri”; sono anche stati distribuiti dei volantini firmati da alcun* anarchic* con un aggiornamento sulla situazione di Evi: “Solidarietà internazionalista e anarchica con Evi Statiri – Dopo 6 mesi di custodia cautelare, un atto arbitrario di pura vendetta del Potere, Evi Statiri ha cominciato uno sciopero della fame il 14 settembre 2015, nelle prigioni della democrazia greca, fino al suo rilascio incondizionato. (…) Libertà per chi si trova nelle celle della prigione – Rilascio immediato per Evi Statiri – Revoca delle misure restrittive contro Athena Tsakalou!”

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Striscione a Santiago, Cile: “La paura può governare, ma non regnerà nei cuori e le menti degli esseri umani liberi” – Evi Statiri libera!”

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Degli slogan sono stati scritti nelle vie di  Iruña/Pamplona, Navarra (Spagna) — Evi askatu! (“Liberate Evi!” in Basco) e altri…

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Fino alla distruzione totale di tutte le prigioni. Evi libera
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Libertà per Evi Statiri
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Libertà per Evi Statiri, compagna greca

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Bruxelles: 29 settembre – 3 ottobre. Abbasso la maxi-prigione

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Cinque giorni di incontri e discussioni
dal 29 settembre al 3 ottobre 2015 a Bruxelles

Il programma lo trovate qui.

Se lo Stato contava costruire in tutta tranquillità il più grande complesso carcerario della storia belga a Bruxelles si è sbagliato di grosso. Contro questo progetto di maxi-prigione è nata e si è rafforzata una lotta. Una lotta senza concessioni che ha saputo prendere l’iniziativa, che si fa strada senza partiti politici né organizzazioni officiali e che si lancia nell’auto-organizzazione e l’azione diretta contro quello che renderà possibile la maxi-prigione.

Il progetto di costruire una maxi-prigione rientra in un contesto economico e politico ben più vasto. In questo periodo di nuova instabilità poitica ed economica, lo Stato belga, come gli altri Stati, scommette sul rafforzamento della repressione. Da un lato tutto ciò si traduce in leggi più severe,  controlli rafforzati a tutti i livelli, telecamere ovunque, militarizzazione delle frontiere, soldati nelle strade, ristrutturazione urbana per « ripristinare l’ordine », ma esistono anche enormi programmi di costruzione di prigioni di ogni tipo. Perché la prigione sarà sempre una delle minacce utilizzate per cercare di farci rientrare nei ranghi e uno strumento potente dello Stato per tenere in piedi il suo mondo diviso in ricchi e poveri, in potenti ed esclusi, in oppressori e oppressi.

Se l’idea e l’azione devono andare di pari passo, se il pensiero e l’esperienza possono intensificare le lotte che conduciamo, se la costruzione della maxi-prigione non è solo una questione di quattro mura ma forse soprattutto una questione sociale che tocca l’insieme di questa società, allora cinque giorni di incontri sulla lotta contro la maxi-prigione potrebbero essere una preziosa occasione.

Durante questi incontri, dei/lle compagn* di vari angoli del mondo verranno a parlare delle loro esperienze di lotta, portare le loro riflessioni sulla lotta insurrezionalista ed esplorare delle piste per approfondire al lotta contro la maxi-prigione, ma non solo.

in francese, inglese

Grecia: Testo di Evi Statiri per l’ inizio dello sciopero della fame del 14 settembre

Sono passati sei mesi dal giorno in cui mi hanno costretta a guardare il cielo da dietro il filo spinato e a misurare il tempo tra una chiusura e l’altra della porta della mia cella. Il nuovo rifiuto espresso dal consiglio giudiziario riguardo la mia liberazione ha confermato quello che già sapevo fin dai primi giorni in cui mi sono trovata nelle celle della forza antiterroristica. La mia detenzione non è stata semplicemente una questione personale: è il riflesso di una strategia oppressiva totale che ha come scopo la creazione di uno stato di terrore e la soddisfazione di una mania vendicativa dell’apparato persecutivo contro i detenuti politici e i refrattari ai valori della cultura del potere.

Continuo a trovarmi in carcere con come unica prova di “colpevolezza” l’essere la moglie del detenuto politico, membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, Gerasimos Tsakalos.

Continuo a trovarmi in carcere perché non ho “firmato” un certificato di coscienza sociale (*) e non ho rinnegato il mio compagno e il nostro rapporto.

So che il rifiuto fascista del consiglio giudiziario di ridarmi la libertà di cui mi hanno privato è il risultato degli ordini dell’autorità e di procedure poliziesco-giudiziarie che hanno lo scopo di trasmettere un chiaro messaggio intimidatorio.

Chiunque stia vicino ai detenuti politici rischia di trovarsi nella cella a fianco… Chiunque non chini il capo, non abbassi lo sguardo, non zittisca la propria voce di fronte agli idoli autoritari, viene trascinato in manette in guardina, nelle stanze degli interrogatori, nei tribunali…

Però le iniziative di solidarietà dell’ultima settimana mi hanno provato che la paura governa, ma non regna nel cuore e nella mente degli uomini liberi.

Un grande grazie a tutt* quell* che con le loro azioni esorcizzano la dittatura della bugia e dell’ipocrisia della giustizia che si ostina a mantenermi rinchiusa nelle sue celle. Adesso inizia una nuova battaglia…

All’ulteriore sentenza negativa dei giudici non mi resta che rispondere con l’arma ultima della persona prigioniera, lo sciopero della fame per la mia liberazione.

La mia intenzione era di iniziare da domani (8 settembre), visto che vi avevo già fatto riferimento in una lettera precedente nel caso di un nuovo rifiuto alla mia richiesta. Nei giorni successivi all’annuncio della mia decisione tanti compagni, principalmente dalla provincia, mi hanno chiesto di posticiparlo per permettere anche ad altri compagni di ritornare per poter meglio organizzare la lotta solidale. Capendo le difficoltà che ci sono in un periodo pre-elezioni e poiché concepisco la solidarietà come una condivisione di tensioni, desideri e lotte comuni e non come uno strumento da sfruttare, rispettando e in accordo con il pensiero dei compagni per far sì che si possano moltiplicare le possibilità di solidarietà, ho deciso di posporre l’inizio del mio sciopero di una settimana.

LUNEDÌ 14 SETTEMBRE INIZIO LO SCIOPERO DELLA FAME contro la paura e l’ingiustizia.

È una decisione il cui peso può schiacciarmi, però non esistono altre opzioni… Mi rifiuto di accettare il golpe della bugia e dell’ipocrisia di una giustizia che realizza contratti di sterminio della libertà in nome dell’autorità.

Lo sciopero della fame oltre a una lotta per la mia liberazione è un omaggio a tutt* coloro che hanno lottato prima di me contro la bruttezza dell’autorità e una barricata di resistenza per chiunque il sistema tenterà di incarcerare dopo di me perché vicini ai detenuti politici, perché urleranno per la giustizia e oseranno vivere liberi e non come schiavi.

LOTTA FINO ALLA LIBERAZIONE
LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA

Evi Statiri
Carcere di Koridallos 07/09/2015

(*) Certificato di coscienza sociale : dichiarazione in uso nella polizia e nell’esercito greco tra gli anni 1938-1981, istituita dal dittatore Metaxas, che veniva fatta sottoscrivere ai cittadini, in cui garantivano di non avere a che fare con gruppi comunisti e che non ne condividevano le idee. Fu usata ampiamente durante la guerra civile greca, bollando ed escludendo dalla vita pubblica chi non la firmava, impedendo ad esempio l’accesso ad impieghi pubblici come l’insegnamento.

in greco, spagnolo, portoghese

Basilea, Svizzera: Appello alla manifestazione “NoBorder – NoNation – NoConex”

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Venerdì 18 Settembre 2015
19:00, Claraplatz / Basilea, Svizzera

Né frontiere né nazioni. Sabotiamo Conex15.

Dal 16 al 25 settembre 2015 a Basilea e nel nord-ovest della Svizzera si svolgerà un’esercitazione militare federale denominata “CONEX15”. Durante quest’esercitazione, in alcuni punti nevralgici della città come la stazione, le frontiere o il porto, sarà messo in atto un controllo militare reale. Lo scenario su cui si basa questa esercitazione è quello di una situazione di un’Europa post-crash in cui la Svizzera, unica isola sfuggita alla crisi mondiale, deve proteggersi contro e da tutti e tutte, specialmente contro le/i migranti e le/i nemiche/ci intern*.

In settembre venite a Basilea e partecipate alle azioni!
Oppure auto-organizzatevi, fate azioni, poco importa dove e come, contro quell* che si arricchiscono con le espulsioni e la reclusione, contro le istituzioni e le ditte che costruiscono la fortezza Europa, che collaborano con gli eserciti, ecc.

Venerdì 18 settembre, nell’ambito della resistenza contro questa esercitazione militare, si svolgerà la manifestazione “No Border – No Nation – No Conex”, il concentramento è alle 19.00 a Claraplatz a Basilea.

Di seguito l’appello del corteo:

L’esercitazione delle truppe dell’esercito svizzero, “CONEX15”, che si terrà dal 16 al 25 settembre nel nord-ovest della Svizzera, descrive lo scenario di minaccia in questo modo:

“In una fittizia Europa del futuro, con terre e frontiere diverse, domina la crisi economica. Le conseguenze si ripercuotono anche sulla Svizzera: riduzione delle riserve, commercio clandestino, organizzazioni criminali. Delle grosse provviste di olio, di gas e di cereali diventano gli obiettivi di sabotaggi e saccheggi. Inoltre, le tensioni etniche portano ad un aumento dei flussi di rifugiati in Svizzera.”

Nell’ Europa attuale, la crisi economica spinge un numero crescente di persone nella povertà ed i bisogni vitali più essenziali in parte non possono più esser soddisfatti. Per milioni di persone, esiste solo una realtà: dei portafogli vuoti e delle battaglie quotidiane per poter mantenere in un modo o nell’altro la testa fuori dall’acqua.
Nell’Europa attuale come anche in Svizzera, la frontiere sono già militarizzate. Le/i migranti, che fuggono dalla guerra, dall’oppressione e dalla miseria per cercare una vita migliore in Europa, devono far fronte ai sistemi di protezione delle frontiere, si vedono la via sbarrata da aerei, droni, navi e sorveglianza satellitare. Il tutto è ancora più grottesco non appena ci si rende conto del modo in cui gli stati europei sono implicati nello sfruttamento e la “destabilizzazione” di altri paesi.

Quello che aspetta le persone che riescono ad oltrepassare la pericolosa entrata sono i lager (centri di detenzione) e le prigioni dell’ Europa delle democrazie: una vita sotto sorveglianza e sotto controllo, alla merce degli ingranaggi della legge sull’asilo e esposte alla minaccia continua di essere di nuovo espulse.

Allo stesso tempo, la legge del profitto colpisce le persone che vengono sfruttate come mano d’opera a basso costo oppure private di una vita autodeterminata.
Anche in Svizzera un gran numero di aziende come ad esempio ORS, SECURITAS, ecc.. lucrano sulla gestione dei campi, del controllo delle/dei migranti, ecc…

Le domande, gli scenari in soggetto delle quali sono attese delle risposte nel quadro di questa esercitazione militare, sono secondo noi i punti interrogativi dei governanti e di chi possiede il potere in questo sistema capitalista e/o che opera per la sua permanenza: è porsi delle domande sul modo in cui si possano mantenere le posizioni sociali e politiche del potere nel mondo e i guadagni del capitale possano essere assicurati; il modo in cui convincere la gente a farsi sfruttare sempre più; il modo in cui si impedisce ai/le migranti di venire in Europa e in Svizzera; e infine, il modo per zittire chi lotta contro tutto questo o aspira anche solo semplicemente all’auto-emancipazione.
Le loro risposte sono sempre le stesse: rafforzamento delle leggi, sviluppo dell’apparato repressivo con i suoi sbirri e le sue prigioni e quando gli sembrerà necessario, l’utilizzo dell’esercito.

L’esercitazione militare CONEX15 è una panoramica delle strategie e degli obiettivi dei dominanti ed è un esempio di come rispondono ai loro interrogativi.

In più, si tratta di sapere quale effetto psicologico questa esercitazione avrebbe sulla popolazione: è stata evocata come se la minaccia venisse dall’ “esterno” e allo stesso tempo studiata come “dobbiamo difendere la democrazia e la sua economia”. La militarizzazione e la repressione verrebbero quindi legittimate: la gente deve abituarsi alla presenza di soldati per strada e quindi al fatto che delle persone vengano rinchiuse nei campi.

Noi non chiediamo una democrazia più diretta o un capitalismo più giusto. Perché la democrazia stessa è soltanto una forma di governo che serve a controllare, a gestire le persone nel sistema capitalista, a scoraggiare il pensiero individuale e ad agire mentre ci si fa ingannare dalla co-gestione. La democrazia, lo Stato-Nazione, il capitalismo seguono la stessa identica logica: il servilismo ed il controllo delle persone. Continuando con questa logica, le frontiere, i campi, le prigioni e le espulsioni continueranno ad esistere…

Noi non abbiamo alcuna risposta riguardo a queste domande all’interno di quest’ordine e questo sistema. La nostra unica risposta è la rabbia verso questo mondo con i suoi muri e le sue frontiere, e la solidarietà verso tutti coloro che spariscono nei campi e nelle prigioni di questo sistema, il quale non prevede un posto per loro.

Per un mondo senza frontiere né nazioni!
Per un mondo senza lager né prigioni!
Blocchiamo e sabotiamo CONEX15 e il regime migratorio nel suo insieme!

Per maggiori informazioni: NoConex

in inglese, tedesco

Grecia: Lettera di Andrea ed Errol, compagni arrestati nella penisola Calcidica il 23 agosto

AGGIORNAMENTI DA SKOURIES, CALCIDICA : QUANDO PER LO STATO NON VA TUTTO LISCIO…

In questo momento in cui i territori vengono dissanguati sempre più, in nome del profitto di chi si trova ai piani alti della società capitalistica, diverse lotte autoorganizzate e dal basso sono nate e cresciute in contrasto a questi progetti devastatori.

La lotta contro la miniera d’oro a Skouries è stata da anni caratterizzata dalla sperimentazione di nuove tecniche di controllo e repressione, come il prelievo del DNA, a volte con l’uso della violenza, le restrizioni come quella di stare ad almeno a 4 km di distanza dal cantiere o come il rastrellamento dei MAT nel villaggio di Ierissos nella primavera 2013.

Il 23 Agosto si è avuta una manifestazione nelle montagne di Skouries con una presenza massiccia e numerosa che ha portato a lunghi tentativi di avvicinarsi al cantiere difeso da centinaia di divise. Al termine del corteo, un pullman che era appena partito per tornare al campeggio di Ierissos è stato bloccato dalle forze dell’ordine, che ancora una volta hanno confermato il loro ruolo sbattendo per tera una manifestante e rompendole una gamba a manganellate. Dopodichè ci hanno sottoposto a tutt* e 78 present* allo stato di fermo, portandoci tutt* in questura e rilasciando un* ad un* i 74 dopo aver scattato foto segnaletiche, dopo aver preso le impronte digitali e dopo aver notificato la denuncia per aver partecipato a un corteo violento.

Avendo rifiutato di dare le impronte digitali in 4 tra i fermati e in 2 anche le generalità, siamo stat* tratt* definitivamente in arresto, in attesa della direttissima del giorno seguente.

La giornata di resistenza del 23 Agosto sulle montagne di Skouries sono momenti di lotta che mettono in discussione i piani capitalistici di multinazionali e padroni che arricchiscono le loro tasche distruggendo i territori; questo tipo di progetti hanno un’importanza così vitale per il capitalismo che chiunque oppone resistenza dal basso viene punito in maniera forte e decisa.

Allo stesso modo lo stato ha pugno duro contro chi si ribella alla società di controllo, come quando per esempio ci si rifuta a dare le impronte digitali e il DNA.

È in questo contesto che rientra la sentenza di oggi, 24 Agosto, per direttissima dove il giudice ci ha dato 17 mesi di reclusione con pena sospesa e le due detenute 18 mesi di reclusione, al quale poi si è aggiunta la richiesta della polizia di applicarci la deportazione e interdizione di territorio per tutti e 4.

Abbiamo deciso di non dare le nostre impronte digitali perché rifiutiamo la schedatura che il sistema vorrebbe applicarci e non vogliamo sottometterci ai loro procedimenti di controllo.

Combattiamo contro questo sistema che espelle tanto coloro che non sono utili per il raggiungimento dei suoi scopi, quanto chi non sottomette la sua vita al capitale e alle sue regole.

Solidarietà a tutti quelli lottano, che sono rinchiusi al confine o in qualsiasi luogo in attesa di espulsione.

Che i momenti di ribellione e di resistenza possano moltiplicarsi ovunque.

Due compagni anarchici, stazione di polizia di Polygyros, 24 agosto 2015

 

Aggiornamento:
I compagni Andrea ed Errol sono stati scarcerati il 2 settembre sera. Tuttavia il tribunale di prima istanza di Salonicco ha ordinato l’espulsione dal paese in un lasso di tempo di 30 giorni. La lotta continua fino all’annullamento di questo ordine di espulsione.

in greco

A proposito delle automobili incendiate nelle ultime settimane a Berlino…

siemens

wisag
Per Mónica Caballero, Nikos Romanos, Francisco Solar, Nikos Maziotis e tutt* i/le prigionier* ribelli, per chi brucia i veicoli dell’impresa costruttrice di prigioni Vinci nelle vie di Parigi e ha celebrato la festa del 14 luglio a modo suo, per gli intoccabili che hanno ancora una volta lanciato μολότοφ [Molotov] e pietre nelle vie di Atene e non si sono lasciati ingannare da Syriza… e per noi stessi.

Ecco perché abbiamo dato alle fiamme un veicolo della società di sorveglianza Deutsche Telekom nel quartiere di Wedding a Berlino l’11 giugno 2015 ; abbiamo bruciato un furgone del produttore d’armi Siemens sulla penisola Stralau il 13 luglio 2015 e ridotto in ceneri un veicolo dell’azienda di sicurezza WISAG in Paul-Junius-Straße il 17 luglio 2015.

La Fortezza Europa crollerà soltanto quando la tempesta che infuria ai suoi confini esterni si unirà alle sovversioni interne e locali, e quando queste lotte saranno in correlazione le une con le altre.

in francese, greco, inglese, portoghese

Messico: Solidarietà esplosiva con lo sciopero della fame della Coordinazione Informale di Prigionieri in Resistenza

Comunicato ricevuto il 27 luglio.

A 30 giorni dall’inizio dello sciopero della fame della Coordinazione Informale di Prigionieri in Resistenza

Salutiamo col fuoco l’iniziativa di lotta dei compagni della Coordinazione Informale di Prigionieri in Resistenza, a 30 giorni dall’inizio del loro sciopero della fame, che ci dimostrano che la lotta frontale contro lo Stato-Capitale continua anche all’interno della prigione, e che non fa che assumere un’altra forma.

Domenica 26 luglio un pacco esplosivo è scoppiato nella succursale della Banamex sull’avenida Revolucion, tra le vie Mixcoac e Barranco del muerto, e con quest’azione rivendichiamo la lotta dei nostri compagni. La critica-pratica del capitale nel suo insieme riveste forme diverse, dalla lotta all’interno della prigione, al sabotaggio diffuso, alle barricate che dei/lle compagn* innalzano in diverse regione del territorio controllato dallo Stato messicano per difendere la Terra, la vita stessa e le molteplici forme che conosce l’associazionismo proletario nella lotta di strada, la solidarietà e la lotta in tutte le sue forme.

Mandiamo un forte abbraccio di combattimento ai compagni Julian Barron Lopez, Jose Santiago Hernandez e Fernando Barcenas. Ci ricordiamo anche del compagno Luis Fernando Sotelo, le azioni di solidarietà dovranno continuare su tutti i fronti.

Fino alla distruzione totale delle prigioni!
Per l’appropriazione della vita umana!
Guerra allo Stato-Capitale!

Prole
27/07/15

in francese, spagnolo

Amburgo: dal 3 al 9 agosto 2015 – Settimana di mobilizzazione e propaganda

breitestrasseDal 3 al 9 agosto 2015: Settimana di mobilizzazione e propaganda in solidarietà con gli/le imputat* del “Caso Breite Straße”.

Infrangiamo la legge!

Il 27 agosto 2014 una casa venne occupata in Breite Straße ad Amburgo. Quando arrivò la polizia per liberare l’edificio, vennero accolti da una resistenza forte e degna, facendosi attaccare dagli/lle occupant* con fuochi artificiali, vernici, e molti altri oggetti. Nel momento in cui la polizia riuscì a entrare nella casa non c’era più nessuno. Diverse ore dopo sei persone vennero arrestate fuori dalla casa con l’accusa di aver partecipato all’azione, sono state messe in custodia cautelare e sono uscit* un mese dopo.

A fine agosto di quest’anno comincia il processo contro di loro. Sono accusat* di tentato omicidio a causa degli attacchi contro la polizia al momento dell’espulsione. Tutto è orchestrato dal potere, i mezzi di comunicazione e la polizia furiosa che cercano di spaventare, zittire e sradicare qualsiasi seme di ribellione.

Noi non resteremo a guardare mentre il potere dispone sadicamente delle loro vite. Sappiamo che una settimana di solidarietà serve solo perché esista una forte propaganda, agitazione e una forma de comunicazione tra chi si oppone a qualsiasi forma di autorità.

La solidarietà non conosce orari, settimane, calendari né frontiere!

NESSUN RIBELLE NELLE MANI DELLO STATO!

Contro ogni dominazione e ogni autorità!

Per la liberazione totale!

in inglese, spagnolo, tedesco, portoghese

[America Latina] Giornata internazionale di lotta per la chiusura di tutti gli zoo

La necessità di intensificare le lotte per chiudere definitivamente gli zoo del mondo intero ci porta a fare questa chiamata: una giornata internazionale di lotta nella quale ogni collettivo/gruppo/coordinamento/individui portino avanti una mobilitazione in base alle proprie possibilità e alla necessità di ogni regione.

Allo stesso tempo, consideriamo estremamente necessario stringere i legami tra le lotte a livello internazionale per rinforzare l’appoggio e la solidarietà.

Da ogni regione ci focalizziamo sull’obiettivo specifico dello zoo della rispettiva zona mediante le azioni che formano parte delle lotte che portiamo avanti costantemente, se fosse per un solo giorno non avrebbe senso. Scegliamo il 24, il 25 e il 26 luglio per collegare le lotte che da ogni luogo cercano di porre fine a questi monumenti al dominio e la mercificazione della vita.

Se nella tua regione si porta avanti una lotta per frenare la reclusione in alcuni zoo e volete partecipare a questa giornata internazionale, non aspettare a scriverci: jornada_internacional@mail.com

Collettivo Animalista “Alza Tu Voz” (Santiago, regione cilena).

Coordinamento per la Liberazione Animale (San José, regione costaricana).

Autoconvocatx per la chiusura dello Zoo (Buenos Aires, regione argentina).

Coordinamento per la chiusura definitiva dello zoo “Villa Dolores” (Montevideo, regione uruguayana).

espagnol // greco

Grecia, Salonicco: espropriazione in un supermercato

thessalonikiVinciamo la paura. Prendiamo le redini delle nostre vite.

Da anni ormai sperimentiamo un quotidiano dominato sempre di più dalla miseria e l’estremo sfruttamento. A causa della nostra impotenza a sovvenire alle nostre necessità, una conclusione intemporale diventa evidente: la nostra vita non è determinata da noi stess*, ma dalle regole del mercato e della produzione di profitto dei padroni greci e stranieri. Da anni vediamo come il sistema ha sferrato un attacco frontale per proteggere i propri interessi. La polizia si è trasformata in esercito di occupazione delle città, mentre la paura e il terrore si sono trasformati nella propaganda principale dei mezzi di comunicazione di massa. Sotto un regime di minaccia permanente, i padroni invitano alla tregua e alla passività, che sia per mezzo di decisioni prestabilite, o con metodi più sporchi che ci offrono l’illusione di poter scegliere, come per esempio col referendum.

Vinciamo l’inerzia e la paura, al di là dei dilemmi del Potere.

Non deleghiamo la soluzione dei nostri problemi a chi li crea.

Noi oppress* dobbiamo prendere in mano le redini delle nostre vite.

Davanti al dilemma del memorandum dei creditori o quello di SYRIZA, rispondiamo con l’auto-organizzazione e la rottura, sia con i patroni stranieri, sia con i padroni greci e i suoi eserciti.

Davanti alla legalità degli sfruttatori che ci mantengono schiav*, rispondiamo con l’AZIONE DIRETTA degli/lle oppress* e l’auto-organizzazione delle vite e della lotta.

Rifiuto di obbedire agli ordini dei padroni.

Rifiuto di pagare (biglietti, fatture, debiti alle banche, tasse).

Creazione di strutture per soddisfare collettivamente le nostre necessità (occupazioni, cucine collettive).

Solidarietà tra gli/le oppress* e creazione di comunità.

Recuperiamo ai padroni tutto quello che abbiamo prodotto con sudore e sangue.

Espropriazione della ricchezza accumulata.

Armare le nostre comunità per organizzare l’autodifesa e l’attacco contro i nostri oppressori.

Sabato 11 luglio un gruppo di compagn* ha espropriato un negozio della catena di supermercati Afroditi nella circoscrizione di Martiou, nella parte est di Salonicco. I prodotti di prima necessità (olio, pasta, verdura) espropriati sono stati in seguito distribuiti nel mercato popolare vicino. La gente ha reagito positivamente, prendendo i prodotti e applaudendo l’azione.

in spagnolo