Tag Archives: persecuzioni politiche

Torino: Da qui non ce ne andiamo!

da macerie

I dodici divieti di dimora arrivati il 25 maggio pesano non solo sulla testa dei compagni direttamente colpiti. Oramai è chiaro che quando la repressione riesce a togliere di mezzo così facilmente chi lotta, a essere minata alla base è la possibilità stessa di portar avanti alcune pratiche – ahinoi a volte persin piccole – indispensabili in qualsiasi percorso che voglia combattere i programmi di governanti e padroni.

Di fronte a questo scenario l’unica alternativa è quella tra stare zitti e subire, o puntare i piedi.

La nostra scelta è chiara: da qui non ce ne andiamo!
Vogliamo che i nostri compagni e amici rimangano qui a vivere e a LOTTARE!

Mercoledì 8 giugno alle ore 21 ci vediamo alla sede di Radio Blackout in via Cecchi 21/A per un’assemblea per lanciare le iniziative in solidarietà ai compagni banditi.

Sabato 18 giugno alle ore 16 in Piazza Castello ci troviamo per partire in corteo contro questi ennesimi dettami tribunalizi.

Qui un contributo andato in onda durante la trasmissione Bello come una prigione che brucia su Radio Blackout.

traduzioni del testo Puntare i piedi in francese & inglese

Stato spagnolo: Manifesti in solidarietà con i/le perseguitat* del 28 ottobre

cartel11Solidarietà con gli/le anarchic* arrestat*
Libertà per Quique, Mónica  e Francisco

All’alba del 28 ottobre, un nuovo attacco repressivo ha scosso l’ambiente anarchico. Un prolungamento dell’Operazione Pandora effettuata a Barcelona e Manresa si è conclusa con un compagno sequestrato dallo Stato e altr* in libertà in attesa di giudizio. Questo nuovo attacco cerca di indebolirci, ma non capiscono che la nostra solidarietà non conosce limiti e che, in quanto anarchic*, riteniamo la repressione inseparabile dalla nostra opposizione a ogni autorità. Che i/le nostr* compagn* sentano il calore della solidarietà. Né innocenti né colpevoli, semplicemente anarchic*!

Se ci cercano porta a porta, resisteremo gomito a gomito!

cartel2SE CI CERCANO PORTA A PORTA, RESISTIREMO GOMITO A GOMITO!

Solidarietà con gli/le anarchic* arrestat*!
Quique, Mónica e Francisco liber*!

in spagnolo, greco, portoghese

[Italia] Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo

Aggiornamento: L’udienza d’appello a Firenze del 5 ottobre ha visto un rinvio alla già fissata udienza del 19 ottobre per la mancanza di un perito del pubblico ministero e di un ispettore della digos di Pisa che ha seguito tutta l’indagine.

Comunicati di alcunx imputatx:

Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo

Nel 2005 a Molina di Quosa (Pisa) un traliccio Terna dell’alta tensione della linea La Spezia-Acciaiolo viene sabotato con due cariche di dinamite, azione che lo ha danneggiato seriamente ma senza farlo cadere.

Nei giorni successivi una lettera anonima, arrivata ad agenzie di stampa e alla redazione pisana del giornale ecologista radicale Terra Selvaggia, motivava il gesto contro i nuovi progetti di ripresa dell’energia nucleare.

Questi progetti non sono stati mai veramente dismessi con il referendum dopo Chernobyl, ma continuano ad essere portati avanti in numerose ricerche e centri sperimentali, come nella facoltà di ingegneria nucleare di Pisa che rappresenta un’eccellenza a livello nazionale. Sempre sullo stesso territorio nel parco naturale di S. Rossore spicca anche il CISAM: reattore nucleare sperimentale e centro di ricerche militari. Recentemente questo impianto ha fatto parlare di se per lo sversamento di acque radioattive nel canale dei navicelli che porta da Pisa al mare. Acque tossiche definite prive di pericoli dalle solite servitù locali Arpat e Asl. Questi veleni intramontabili ricordano invece che dal nucleare non si esce: quello che è stato prodotto, o che è rimasto come scoria, rappresenta l’eredità di una visione di mondo in cui la produzione energetica e il controllo militare si situano sopra qualsiasi cosa, anche se il prezzo è un lascito di un mondo discarica.

In quegli anni, soprattutto in Italia, non esisteva un vero dibattito sull’energia nucleare neanche nei contesti ambientalisti, dove sicuramente su certe questioni l’attenzione era più alta. Sembrava che con il referendum, ma soprattutto con il disastro di Chernobyl, si fossero creati gli anticorpi per difendersi dagli ingegneri dell’atomo. La realtà invece si è posta subito in maniera diversa: se in Bielorussia gli ecosistemi e tutti gli esseri viventi continuano a subire le terribili conseguenze delle radiazioni, qui si è persa la memoria di quello che è avvenuto e continua ad avvenire. Però per i paladini dell’atomo questo non è stato ancora abbastanza, hanno pensato loro di scrivere una nuova memoria instillando prima la paura per un collasso ecologico e quindi sociale, ormai più che evidente; successivamente ha preso piede la creazione di una cieca fiducia nella tecno-scienza e nelle sue soluzioni. In questo nuovo paradigma il così detto disastro nucleare non è più un qualcosa di eccezionale e soprattutto di imprevedibile, ma fa parte di una dimensione in cui la servitù è spacciata per responsabilità. Quella responsabilità che avrebbe dovuto farci capire che, in tempi di perenni crisi e quindi di rischi, certi irrazionali pensieri contro il tecno mondo non solo, non sono accettabili, ma sono terroristici, anzi eco terroristici. Del resto non esiste forse la Green Economy per pensare a quello che resta della natura? E se ancora ci fosse qualche dubbio basta tenere presente che le tecno scienze troveranno una soluzione, perché si tratta sempre ed esclusivamente di problemi tecnici risolvibili con tecnologie appropriate. A Fukushima del resto è la stata la stessa società responsabile degli impianti che si è adoperata per metterli in sicurezza, essendo l’unica ad avere le tecnologie opportune. È stato trattenuto ufficialmente il mostro radioattivo, ma solo perché la radioattività è invisibile e ha conseguenze non immediate. Questo ha permesso ai tecno scienziati nipponici sostenuti dalle potenti lobby dell’atomo internazionali di mostrare una situazione sotto controllo quando invece il mostro radioattivo già era ben lontano per mare, terra e aria a portare in giro le sue conseguenze mortifere.

Se nel 2005 non vi era attenzione e interesse sul nucleare da parte del pubblico, in sordina si stava già muovendo da diverso tempo la lobby nuclearista capitanata in Italia da Enel che stava investendo fortissimo in tutta una serie di nuovi impianti in Francia e nell’Europa dell’Est, peraltro utilizzando negli impianti le stesse tecnologie di Chernobyl. Il progetto di fondo era quello di riportare l’atomo ancora una volta in Italia con la costruzione di nuove centrali o rimettendo in sesto quelle precedenti.

Per chi vive in queste zone della Toscana, lungo la linea che va dai monti pisani alle alpi Apuane, non è una cosa nuova sentire questi boati di rivolta. La linea La Spezia – Acciaiolo è contestata da più di trent’anni, non solo per il trasporto dell’energia nucleare francese, ma anche per l’inquinamento elettromagnetico. Solo su questa linea si contano negli anni decine di attacchi dinamitardi che hanno scosso il sonno a chi questo sistema di morte alimenta e riproduce. E hanno rallegrato coloro che hanno ben presente qual è il linguaggio che gli sfruttatori di ogni sorta tengono di conto prima e dopo aver intrapreso i loro progetti nocivi.

Anche la repressione negli anni non è mancata: l’arresto negli anni ’90 dell’anarchico ecologista Marco Camenisch accusato anche del sabotaggio dei tralicci di questa linea non ha però fermato gli attacchi e al contrario negli anni successivi sono diventati anche espressione di solidarietà nei suoi confronti e delle sue lotte all’interno delle carceri italiane e svizzere.

La repressione si è accanita particolarmente sul circolo ecologista anarchico di Pisa il Silvestre, riferimento per il giornale Terra Selvaggia e per numerose campagne di lotta, sia locali che sul territorio nazionale, a carattere ecologista e di liberazione animale. Diverse procure hanno cercato di imbavagliare le attività del Silvestre imbastendo svariate inchieste per associazione sovversiva. La procura di Firenze, che sicuramente conta il maggior numero di procedimenti messi in atto, dopo il sabotaggio al traliccio a Molina Di Quosa procederà contro il Silvestre, oltre che per l’imputazione del fatto specifico, anche per l’ennesima associazione sovversiva. L’uso del reato associativo, quasi sempre strumentale per instillare un clima emergenziale e giustificare qualsiasi misura repressiva, ha portato all’arresto di sette persone con misure cautelari preventive in carcere che si sono protratte fino a due anni e anche oltre considerando le varie restrizioni.

Con l’inizio del processo cade l’associazione sovversiva in pochi minuti, anche se era stato il vero motivo che aveva giustificato anni di carcere preventivo in sezioni EIV (Elevato Indice di Vigilanza) sparse per l’Italia.

Per il fatto specifico del sabotaggio al traliccio vengono fuori cose interessanti sulle modalità investigative della digos, le richieste alla procura di decreti si trasformano in pura formalità: qualsiasi luogo e spazio è idoneo per le loro cimici e le loro riprese, di fatto se parlano di abitazioni sono già dentro le auto. Queste modalità hanno fatto inceppare il processo per anni fino ad un appello traballante che ancora una volta e con successo è riuscito a giustificare tutto quell’apparato spionistico in nome dell’emergenza dell’associazione sovversiva che per anni ha aleggiato per Pisa.

Il 5 e il 19 Ottobre 2015 si terranno le prime udienze del processo d’Appello per cinque compagne/i accusate/i del sabotaggio al traliccio.

Come anni fa abbiamo dato voce sulle pagine di Terra Selvaggia a questo atto di rivolta, e a tutti quelli di cui ci arrivava notizia, ribadiamo ancora una volta la necessità di opporsi a questo sistema fondato sullo sfruttamento tra esseri umani, sugli altri animali e sulla natura.

Come scrivevano gli anonimi sabotatori nella lettera alla nostra redazione: “è giunta l’ora di staccare la spina a questo sistema di morte che sta devastando la natura e mettendo a rischio la stessa vita sulla Terra. I progetti di morte di questi criminali dell’atomo non passeranno sotto silenzio”.

Silvia e Costa

*

Dal 5 ottobre al 19 si terranno a Firenze le udienze del processo d’Appello per i reati specifici contestati nell’ambito delle inchieste “gruppi d’affinità” e “anticorpi” del 2006. A distanza di molto tempo, dopo anni di galera, arresti domiciliari, restrizioni varie, la caduta del reato di associazione sovversiva e nuove inchieste, il processo si riapre.

Uno dei reati contestati è il sabotaggio di un traliccio dell’alta tensione. L’altro un attacco contro un’agenzia di lavoro interinale.

Nel 2005 un traliccio Terna della linea La Spezia-Acciaiolo è stato colpito e nei giorni seguenti una lettera arrivata a vari giornali e alla redazione di Terra Selvaggia motivava il gesto contro l’energia nucleare e suoi effetti nefasti.

In occasione del processo mi piacerebbe fare alcune riflessioni. Durante gli ultimi dieci anni sono state attaccate sempre più raramente strutture e circuiti di produzione e distribuzione di energia che rappresentano lo scheletro e la base su cui poggiano il mantenimento del potere, la proliferazione del capitale, la mercificazione nelle società avanzate e lo sfruttamento di quelle colonizzate. Al contrario, un sempre maggiore impulso hanno avuto la produzione e la distribuzione dell’energia grazie a più sofisticati ritrovati tecnologici, al boom delle cosiddette energie rinnovabili che contribuiscono ad abbellire il volto ecologista del capitale e accrescere le quotazioni di aziende come Terna, all’aumento della partecipazione e della dipendenza delle persone da tutto ciò che è utilizzabile attraverso l’energia, aldilà dei costi, non strettamente monetari, che questo comporta.

Nel mondo esistono ancora numerosissime centrali e i progetti di ricerca militare e civile nel settore non si sono mai fermati, ma è evidente che negli anni la percezione del problema delle scorie e dei rischi connessi a guerre atomiche o a disastri dovuti ad incidenti, è cambiato.

Sui rischi del nucleare e sulla necessità di limitarne o evitarne l’uso, sembrano oramai essere tutti d’accordo. Molti scienziati pongono le cosiddette questioni etiche rispetto alla ricerca indiscriminata, la Chiesa già da decenni ha preso posizione contro il nucleare e certe aberrazioni del progresso scientifico in nome di un conservatorismo non meno dannoso della maschera filantropica della scienza. Su queste posizioni sembrano essere la maggior parte dei politici come dimostra, ad esempio, il recente accordo sul nucleare ratificato con l’Iran che oltre a costituire una scelta geopolitica significativa e aprire nuovi mercati per garantire una maggiore circolazione delle merci e delle risorse energetiche, intende far si che solo quei Paesi tradizionalmente più influenti all’interno della comunità internazionale possano disporre di armi nucleari. I rischi connessi all’energia nucleare sembrano far paura a tutti. Anche alla cosiddetta opinione pubblica: fra la gente si è diffuso un forte senso di opposizione e, talvolta, di condanna per paura dei rischi, oramai noti, delle possibili conseguenze catastrofiche di uno scontro nucleare. Ma, aldilà di più o meno strumentali allarmismi su aspetti specifici, sappiamo bene come lo sviluppo energetico, sia esso alimentato dal nucleare o da vecchie e nuove risorse e tecniche, rimanga uno dei perni fondamentali su cui si regge il funzionamento del dominio.

Coloro che hanno sempre sostenuto la produzione e l’utilizzo dell’energia nucleare, per scopi militari e/o civili, e i contesti che hanno reso possibile il loro lavoro, hanno col tempo intrapreso nuove strade. Attraverso vecchi guadagni e nuove retoriche vengono finanziati nuovi e più accettabili progetti, nel terreno reso fertile da decenni di propaganda vengono seminati nuovi inganni.

È necessario osservare bene ciò che accade attorno a noi, cogliere i cambiamenti in atto e i loro effetti sulle società in cui viviamo, le direzioni, molteplici e complesse, verso cui vanno le lobby industriali, i centri di ricerca, le scelte economiche e quelle finanziarie, i meccanismi di potere, di controllo e di recupero. Ogni aspetto della realtà che ci è nemica è strettamente connesso con gli altri. Le questioni relative al nucleare, mai definitivamente tramontate, lo sviluppo delle scienze convergenti, le evoluzioni dell’informatica, la devastazione dell’ambiente, l’economia, le carceri, il lavoro, le disuguaglianze sono tutti aspetti legati attraverso un unico filo conduttore al processo continuo di ristrutturazione capitalistica. Non c’è niente da salvare e quindi tutto va distrutto, senza remore, né speranze, né alternative, né terre promesse, né rivendicazioni parziali.

Il potere non è un’idra mitologica a cui tagliar la testa o una minaccia incorporea che domina incontrastabile. Si realizza piuttosto attraverso elementi concreti. Chi, anni fa, ha individuato un traliccio ha trovato di fronte a sé un obiettivo concreto e attaccabile. E ogni danno fatto contro la sacralità della scienza, il valore della proprietà e la giustizia delle leggi, la bellezza dei media o la soluzione comoda della rassegnazione è un danno benvenuto.

Mariangela

Città del Messico: Molestie poliziesche nei confronti dei membri della Croce Nera Anarchica – Messico

Negli ultimi anni abbiamo assistito all’intensificarsi della repressione nei confronti del movimento libertario e anarchico tramite le strategie utilizzate qui a Città del Messico: stabilire cifre altissime per le cauzioni, e applicare lo stesso pacchetto di accuse, con le stesse aggravanti, senza prestare importanza alla situazione specifica ma piuttosto alle prescrizioni dello Stato; persecuzione e segnalazione nei media come elemento fondamentale del loro piano: registrare nomi di gruppi (esistenti davvero o no) di persone o di luoghi, inventando legami che non sussistono in realtà, confrontando tutt* e tutto da un punto di vista verticale, cercando di farci rientrare in uno schema di leadership e dimostrando con questo una profonda ignoranza e/o un profondo disprezzo per le idee anarchiche, che non hanno niente a che fare con questo tipo di logica gerarchica.

D’altra parte abbiamo gli sforzi del governo per qualificare l’anarchismo o il “comportamento anarchico” secondo la classificazione giudiziaria di terrorismo, applicando accuse gravi e operando secondo parametri di massima sicurezza, solo per poi ritirare le accuse con l’argomento dell’insufficienza di prove – ma lasciando in sospeso la minaccia che le “investigazioni continuano.” Investigazioni insensate, afflitte da referenze arbitrarie a gruppi e individui che esistono in spazi  diversi.

Tutto questo in parallelo con il controllo e la sorveglianza di alcuni individui nel tentativo di intimidirli, come anche di provocare certi spazi autonomi.

Circondato da questa strategia, e insieme a molt* altr* compagn*, gruppi, e collettivi, il nome della Croce Nera Anarchica – Messico ha cominciato a spiccare nelle note, “investigazioni” e dichiarazioni politiche o poliziesche.

Crediamo che sia importante rendere noto che nelle ultime settimane degli individui che sembrano essere elementi di “investigazione” della polizia di Città del Messico si sono presentati fuori dalle case e i posti di lavoro di alcun* di noi, minacciando i/le nostr* vicin* e familiari e affermando di svolgere un lavoro di sicurezza e sorveglianza.

Oltre a esigere la fine di questa persecuzione, diffondiamo questa denuncia pubblica come campanello d’allarme; sappiamo che la repressione è intrinseca allo stato di cui ci dichiariamo nemici, sappiamo che le sue prigioni e la sua polizia sono la base del suo potere e della sua dominazione. E sappiamo che il nostro lavoro sul pensiero anticarcerale, di sostegno e accompagnamento dei/lle compagn* imprigionat* è in diretta contraddizione col suo potere e la sua dominazione.

Ma sappiamo anche la SOLIDARIETÀ TRA ANARCHICI NON SONO SOLO PAROLE SULLA CARTA!

In questo contesto, chiediamo agli individui, ai collettivi, ai gruppi affini e ai/lle compagn* con cui abbiamo lavorato negli ultimi anni, di stare attent* e di continuare a mostrare la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto finora.

Abbasso le mura delle prigioni!

Liberi tutti!

Croce Nera Anarchica – Messico

in spagnolo (16/6) | inglese, greco

Udine: Un altro foglio di via contro un anarchico

In seguito alle recenti perquisizioni (con sequestro di cellulari, computer, dischi rigidi, opuscoli, poster, vestiti, ecc.) nelle case di tre compagni, a Udine, a uno dei tre è stato notificato qualche giorno fa un foglio di via dalla città.

Si tratta del secondo foglio di via contro anarchici emanato dal questore Cracovia nel giro di poco più di un mese.

Seguiranno maggiori informazioni.

Udine: Di che colore è la tua bandiera quando brucia?

Venerdì 8 maggio a Udine sono state perquisite tre abitazioni con il pretesto di un tricolore bruciato da mani fortunatamente ignote il 24 aprile.

Come spesso accade il mostro da sbattere in prima pagina sono stati gli anarchici.

Molte anime belle si sono precipitate a condannare l’episodio poiché in quei giorni l’italica bandiera assurge a feticcio per celebrare una liberazione tradita, chiedendo punizioni celeri e l’immancabile incremento di sorveglianza e telecamere. A loro rispondiamo con il motto di molti che misero a rischio o persero la vita durante la resistenza: “Non per la patria, ma per la Libertà”.

Detto questo, appare chiaro l’intento intimidatorio dell’operazione, sia per il dispiegamento di forze (in un caso in 10 per un’abitazione), sia per l’arroganza con cui si sono comportati (che per altro constatiamo senza troppo stupore).

L’occasione è servita per appropriarsi di computer, telefoni, volantini, opuscoli, manifesti… e fare le solite domande inopportune per sapere qualcosa in più sulle nostre vite.

Nell’esprimere la nostra solidarietà e vicinanza ai compagni perquisiti, ribadiamo che non ci faremo intimidire poiché chi agisce in nome dello Stato e della Patria ben poco può ottenere reprimendo chi vive per la Libertà.

“in the white flames of burning flags we found a world worth dying for”
– tra le bianche fiamme delle bandiere che ardono abbiamo trovato un mondo per cui vale la pena morire –
(Rise Against)

Anarchiche, anarchici e solidali di Udine e del Friuli

Stato spagnolo: Parole di alcune compagne arrestate nell’Operazione Pandora

LA TEMPESTA SCATENATA DI PANDORA

Alla nostra gente, a tutti i compagni conosciuti e sconosciuti che abbracciano le idee anarchiche e a tutti i solidali e interessati.

La mattina del 16 dicembre, un grande dispiegamento di polizia ha fatto irruzione nei quartieri Sant Andreu, Poble Sec e Gracia di Barcellona, Manresa, Sabadell e Carabanchel di Madrid, entrando nelle nostre case al grido di “Polizia!” e dopo meticolose perquisizioni ci hanno arrestati in 11. Allo stesso tempo sono stati perquisiti l’Ateneu Llibertari di Sant Andreu, l’Ateneu anarchico di Poble Sec, Kasa de la Muntanya e le abitazioni di alcuni amici, senza che ci fossero altri arresti.

Quando i poliziotti si sono stancati di frugare, registrare e raccogliere supposti indizi, noi arrestati in Catalunya siamo stati portati separatamente in diverse stazioni di polizia fuori Barcellona, con l’obiettivo di ostacolare qualsiasi gesto di solidarietà, e 48 ore più tardi siamo stati trasferiti di 600 km fino alla Audiencia Nacional a Madrid. Dopo lunghe ore di attesa nelle quali la reciproca ostilità si tagliava col coltello, 4 compagni sono stati rilasciati con altre misure cautelari e a noi 7 ci hanno messo in carcere preventivo senza cauzione con l’accusa di creazione, promozione, gestione e appartenenza a un’organizzazione terroristica, devastazione e possesso di esplosivi e ordigni incendiari.

All’inizio ci hanno portato tutti al carcere Soto del Real (Madrid) e ci hanno applicato il regime FIES 3, riservato ai reati di banda armata. A tutta la nostra corrispondenza viene applicata la censura e anche se non abbiamo alcun limite per il numero di lettere che riceviamo, ne possiamo inviare solo 2 a settimana. Il nostro arresto e la nostra detenzione si inquadrano nell’ “Operazione Pandora” orchestrata dalla Audiencia Nacional e dai Mossos d’Esquadra, contro un’organizzazione terroristica fittizia a cui attribuiscono la responsabilità di azioni che a noi sono ancora sconosciute.

Quest’ultimo colpo repressivo lo percepiamo come un attacco alle idee e alle pratiche anarchiche, in un momento in cui lo Stato ha bisogno di nemici interni per giustificare una serie di misure sempre più oppressive e coercitive per rafforzare le attuali forme di totalitarismo. Con il discorso della crisi e dell’insicurezza come sfondo, abbiamo assistito all’intensificazione del controllo delle frontiere, delle retate razziste, degli sfratti, della violenza etero-patriarcale e dello sfruttamento del lavoro e di un lungo eccetera che si traduce in condizioni sempre più infelici per la maggior parte della gente.

Queste pareti fredde dove oggi siamo rinchiusi hanno nascosto i sorrisi che si disegnano sui nostri volti quando veniamo a sapere che familiari, amici e compagni hanno trascorso ore e ore di fronte alle questure e alla Audiencia Nacional, prendendosi cura di noi nonostante il freddo e la distanza. Allo stesso modo, ci riempie di gioia sapere che c’è stata una grande manifestazione solidale e combattiva a Barcellona e anche altrove, gesti che ci colmano di forza e di coraggio per affrontare nel modo più dignitoso questa situazione.

Mandiamo un saluto sempre combattivo, sempre fraterno a Francisco Solar, Monica Caballero, Gabriel Pombo Da Silva e a tutti gli e le indomabili che oltre i confini imposti e nonostante la prigionia, l’oppressione e le difficoltà, non abbassano la testa e continuano a scommettere sulla lotta.

Il nostro cuore è con voi.

Ora e sempre morte allo Stato e viva l’Anarchia.

Alcuni anarchici sotto rappresaglia dall’Operazione Pandora.
Madrid, fine 2014.

Bologna: Presidio solidale per i fatti di Piazza Verdi del 2007

Gli/le indomabili hanno sempre combattuto la normalizzazione.

La normalizzazione ha molti aspetti, alcuni impliciti- come la televisione, gli spot pubblicitari, i ‘mi piace’, i modelli culturali- ed altri espliciti, taluni addirittura estremamente fisici: il carcere, gli ospedali psichiatrici, i riformatori… In queste strutture i ‘deviati’ vengono rinchiusi e nascosti all’occhio perbenista, imbottiti di psicofarmaci per essere riportati alla normalità.

I manicomi non esistono più, ma essi sopravvivono in strutture gemelle: gli ospedali psichiatrici. E hanno dispositivi loro diretta diramazione: i TSO.

I TSO (Trattamenti Sanitari Obbligatori) sono programmi di sanità mentale atti a far rimanere il manicomio nelle nostre vite. Loro obiettivo è normalizzare i pazzi, i deviati, i non allineati, le ribelli, le indomabili. Attraverso le pillole della felicità, normalizzare significa creare zombi, burattini, marionette e soldati. Nonchè creare profitto dalla vendita dei medicinali e dal mantenimento delle strutture sanitarie.

La normalizzazione, quindi, genera controllo e denaro. E’ figlia del capitalismo e della forma più completa e sottile del controllo sociale, quella che divide in sani e in malati, da curare e normalizzare. Ecco perchè gli/le indomabili la hanno sempre combattuta.

Nel 2007 a Bologna alcuni/e indomabili si sono opposti/e alla normalizzazione cercando di impedire un TSO. In seguito sono stat* arrestat* e incarcerat*.

Oggi, 7 anni dopo, stanno ancora fronteggiando il processo che non ha raggiunto nemmeno il primo grado di giudizio.

Le richieste di condanna del pm, emesse nel luglio scorso, sono altissime: vanno dai sei anni e mezzo ai sette anni e mezzo di reclusione.

Non ci stupiamo che il potere cerchi sempre di reprimere gli animi dei/lle ribelli e in questo caso, infatti, alle normali accuse di resistenza, violenza e oltraggio a pubblico ufficiale è stata aggiunta una tipica montatura di stato: i/le compagn* sono stati/e accusat* di rapina di un paio di manette.

Quello che inizialmente sembrava un mero desiderio di vendetta contro i/le compagn*, ora ha assunto le fattezze di quello che potrebbe diventare un precedente atto a legittimare una repressione assurda e gravosa contro coloro che non vogliono normalizzarsi.

Alla loro normalità preferiamo la follia!

Ecco perchè venerdì 17 ottobre, a Bologna al Piazzale Maggiore alle 16.00, saremo in piazza, a fianco dei/lle nostr* compagn* colpit* dalla repressione di stato.

Madda, Sirio, Juan, Fede, Fako liber*!

VENERDI’ 17 OTTOBRE 014
Presidio Solidale – ore 16.00 Piazza Maggiore, Bologna

Il 17 Ottobre si terrà l’ennesima udienza, che potrebbe essere quella definitiva, per quanto riguarda il primo grado di giudizio, sui fatti di Piazza Verdi 2007.

Questo processo vede coinvolti/e quattro compagni e una compagna. Il pm Simone Purgato ha chiesto per i 5, che all’epoca erano stat* arrestat* per aver ostacolato un T.S.O., pene elevate che vanno dai 6 anni e mezzo ai 7 anni e mezzo di reclusione.

Anarchiche e Anarchici.

ALLA LORO NORMALITA’ PREFERIAMO LA FOLLIA.
I VERI PAZZI STANNO FUORI!

Massima solidarietà e complicità
con Sirio, Madda, Fede, Juan e Fako!

Nessuna condanna
Nessuna sentenza
Nessun tribunale
NO T.S.O.

[Bologna] Manifesto sul processo per i fatti di Piazza Verdi del 2007

Alla loro normalità preferisco la follia

Il 15 luglio scorso si è conclusa l’istruttoria del processo per i fatti di Piazza Verdi a Bologna del 2007, processo di cui non si è ancora arrivati nemmeno al Primo Grado di giudizio e che vede coinvolti quattro compagni e una compagna.

In questa occasione il pm Simone Purgato ha chiesto per i cinque, che all’epoca erano stati arrestati e incarcerati per aver ostacolato un TSO, pene elevate, dai 6 anni e mezzo ai 7 e mezzo di reclusione.

Queste richieste di condanna sono evidentemente un tentativo di creare un precedente e di intimorire i compagni. Allo stesso modo, per fermare e reprimere i cinque, sono state inventate delle accuse nei loro confronti in una tipica montatura di stato.

Il 17 ottobre prossimo, alle 10.00, si terrà un’altra udienza, in cui potrebbe venire emessa la sentenza.

Consapevoli che i veri pazzi stanno fuori, non facciamo un passo indietro.

Massima solidarietà e complicità con Madda, Sirio, Fede, Juan, Fako!

Anarchici e Anarchiche

[Atene] Aggiornamenti sul caso di Ilya Eduardovich Romanov dalla Russia, che ha perso una mano dopo l’esplosione di un congegno esplosivo

Segue il testo distribuito durante l’evento svolto al Centro Sociale Occupato VOX, a Exarchia (Atene) il 15 novembre 2013, riguardante il compagno Ilya Romanov:

Libertà per l’anarchico Ilya Romanov

Domenica 27 ottobre 2013 di buon mattino, è esploso un congegno esplosivo dietro all’edificio dell’ufficio di reclutamento nella città russa di Nižnij Novgorod amputando la mano sinistra del compagno che ha tentato l’azione. Sanguinante, il compagno si è diretto da solo all’ospedale più vicino, e poco dopo è stato arrestato dalla polizia.

Appena dopo l’arresto all’ospedale, la polizia ha irrotto in casa sua, confiscando vari libri, computer, tutte le lettere degli anni passati in carcere e “residui chimici sconosciuti”. Il compagno si è ferito anche al volto e all’occhio sinistro, ma per fortuna sono ferite lievi. Per quanto riguarda la mano, i dottori non sono riusciti a salvare nemmeno un dito, ed è stato necessario amputargli tutta la mano. Giorni dopo, è uscito dal reparto intensivo ed è entrato, nella stessa clinica, in un altro reparto, attentamente sorvegliato dalla polizia fino ad oggi. Per ora, pendono le accuse di “rifornimento, traffico e possesso illegale di armi esplosive” sebbene sia stato poi cambiato in “fabbricazione di congegni esplosivi”.

Questo è il caso dell’anarchico di 46 anni Ilya Romanov, che i giornalisti descrivono come “una tragica figura che sembra essere uscita da Dostoevskij” e, per le autorità, non è che un “sospetto conosciuto”, ma per noi è un COMPAGNO. La nostra storia si scrive con il sudore freddo dell’azione e, spesso, con il sangue, ma mai con il fetore ammuffito del rinvio eterno. E, tenendo presente che niente nasce dal niente e le nostre vite si sviluppano in circostanze specifiche e basate su sclte concrete, non possiamo omettere una breve cronaca del compagno.

Ilya Romanov ha partecipò agli spazi anarchici dalla fine degli anni 80, organizzando i primi circoli e gruppi anarchici (degli ultimi tempi) nella sua città (che allora si chiamava Gorkij), ma era anche attivo nei movimenti di occupazioni. Nel 1998, diventò membro della Confederazione degli Anarcosindacalisti, fece conferenze sull’anarchismo, faceva circolare una rivista, oltre a partecipare attivamente alle proteste contro le centrali nucleari. Tra il 1991 e il 1992, creò la campagna di solidarietà con due anarchici detenuti per aver attaccato la polizia dei servizi segreti e, poi, si interessò sempre di creare iniziative solidali per i/le prigionierx anarchicx. Inoltre si dedicava alla propaganda delle idee anarchiche a Mosca e, fu rappresentante del sindacato di base dei/delle giovanx disoccupatx. Nel dicembre del 1998, lo arrestarono con l’accusa di “possesso di droga”, e con i metodi ben conosciuti dell’era sovietica, lo mandarono in una clinica psichiatrica, diagnosticando la sua “pazzia”, poi spedito in prigione per due anni e mezzo.

Nel luglio del 2002, lo arrestarono di nuovo a Mosca e lo mandarono a Penza, dove lo accusarono di “possesso e trasporto di esplosivi”, per quello che successe nel 1997. Bisogna specificare che la sua compagna, Larissa, con cui ha avuto due figli, è stata in carcere per cinque anni e mezzo, accusata insieme ad altre persone all’inizio del 2000, di far parte del gruppo Nuova Alternativa Rivoluzionaria, un’organizzazione di sinistra libertaria che tra il 1996 e il 1999, mise a segno vari attacchi esplosivi, come la bomba che ha distrutto il muro dell’ufficio centrale del FSB (Servizio Federale di Sicurezza della Federazione Russa, la vecchia KGB). Ilya Romanov rifiutò le accuse e negò di dichiarare, si tagliò le vene e la polizia locale lo lasciò libero. Una volta di ritorno a Mosca, venne emesso un ordine di cattura nei suoi confronti, anche se invano, perchè Ilya se ne andò in Ucraina. Il 7 dicembre del 2002, in una piccola cittadina nel sud dell’Ucraina, lo arrestarono perchè in possesso di una pistola, di una cartuccia di dinamite con detonatore elettronico e alcuni proiettili. Da qui seguirono una serie di torture e bastonate al commissariato di polizia locale e poi la prigione. All’inizio l’accusarono di un’esplosione avvenuta nella sede dei servizi segreti di Kiev nei due mesi precedenti. L’azione era stata rivendicata dall’esercito Popolare dei Vendicatori, un’organizzazione di sinistra che decise di “cominciare una guerriglia contro il sistema capitalista imperante in Ucraina”. Allostesso tempo, arrestarono altre 10 persone, che per lo più, erano del Partito Comunista Ucraino giovanile. Agli 11 arrestati si imputavano non solo l’esplosione, ma anche una serie di rapine a mano armata in gioiellerie oltre al possesso di numerose armi. Tuttx gli/le accusatx subirono torture metodiche; durante un interrogatorio unx di loro morì. Romanov dichiarò che la metà dei suoi coimputati non li conosceva, comunque non collaborò con le autorità, partecipò con gli/le altrx agli scioperi della fame, si coalizzò con gli altri carcerati, e questo lo portò ad affrontare l’isolamento. Quando nel luglio del 2004 finalmente iniziò il processo, si tagliò le vene davanti alla corte, non per suicidarsi ma per protestare. Inoltre disse che tutte le dichiarazioni fatte durante gli interrogatori erano false perchè sotto tortura e usando sostanze psicotrope. Romanov fu condannato a 10 anni di prigione, rimanendo fiero e integro fino all’ultimo giorno della sua condanna. Fu scarcerato il 7 dicembre del 2012 e tornò al suo popolo, dove lavorava come operaio in una fabbrica di pasticceria.

Solidarizziamo con il compagno Ilya, che ha dato vita alla progettualità della lotta polimorfa partecipando a molte lotte politiche. Dalle lotte sindacaliste di base alla pubblicazione di materiale, fino alle assemblee in solidarietà con i/le prigionierx politicx, attacchi incendiari ed esplosivi, utilizzando tutti i metodi per un solo obiettivo: la RIVOLUZIONE.

“Se nella storia dell’umanità, la gente avesse mantenuto il silenzio, continueremmo a vivere in un sistema feudale lavorando per i proprietari terrieri, e, inoltre, riverendoli. E’ buono che ci siano persone che non vogliono vivere tenendo la bocca chiusa.”
(da un vecchio scritto del compagno)

Chi volesse sostenere economicamente il compagno, può farlo con paypal scrivendo alla mail abc-msk@riseup.net – c’è anche una cassa di aiuto finanziario per lo stesso caso al CSO VOX (Arachovis con Themistokleous, piazza Exarchia, Atene).

Iniziativa dex compagnx, CSO VOX.

Barcellona: Presidio in solidarietà con i/le prigionierx anarchici/che

Il Venerdì 22 Novembre 2013, alle 08:30, siamo andati a mettere manifesti e distribuire volantini alla sede del giornale borghese El País, nella via Casp di Barcellona, per segnalare a questo mezzo come uno dei responsabili  della creazione della allarma sociale che ha contribuito a imprigionare ai/le nostrx compagnx anarchici/che. Si è realizzato anche una manifestazione spontanea intorno a piazza Urquinaona.

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Agli avvoltoi che si nutrono di toglierci dei nostri sogni e la nostra libertà, tutto il nostro odio!
Jorge A. Rodriguez Arroyo. Capo della Sezione Politica/Spagna di El País. Specializzato in terrorismo di Stato. Responsabile della diffamazione di tuttx quellx che decidono di resistere all’oppressione e all’autorità.

Il governo fa la segnalazione, ” El País” punta e la polizia arresta

Siamo venuti  alla sede del “El País” per denunciare lo schifoso ruolo che questo mezzo d’informazione ha giocato nella recente detenzione di cinque compagnx anarchici/che e la successiva detenzione di due di loro. Tuttx sono rimasti con carichi associati al terrorismo ei due incarcelatx si trovano in isolamento in regime FIES II, in attesa di processo. Che la giustizia li consideri colpevoli o innocenti, non ci importa, sappiamo già da che parte sono loro e da che parte siamo noi. Ai/le compagnx va tutto il nostro sostegno, forza e solidarietà incondizionata !

Sapiamo già quale sia il ruolo dei media in questa società, per molto progressisti che si dipingono come “El País”… tanto quelli considerati di sinistra come di destra, nel fondo difendono ferocemente l’ordine su cui si siede la società capitalista. Così, mediante la creazione dell’opinione pubblica e la diffusione dei valori e delle idee della classe dominante, cercano di estendere nella popolazione la sottomissione che cercano di estendere la presentazione e l’accettazione della vita che ci viene imposta dall’alto. Ovviamente, i democratici complici dello stato come “El País” sono nemici dichiarati di tuttx quellx che si oppongono al sistema e le sue istituzioni, soprattutto se inoltre passa dalle parole ai fatti.

Anche se non ci sorprende la forma di procedere da questx mercenarx della penna, si vogliamo segnalare ed evidenziare estxs se focalizziamo l’attenzione e evindenciar alcune cose: Fin dal primo momento, “El País” ha funzionato come cinghia di trasmissione del Ministero degli Interni e si è fatto il portavoce più diretto della Polizia Nazionale, riproducendo e ripetendo informazioni distorte e false per creare deliberatamente il clima giusto per incarcerare. D’altro canto, hanno aumentati il già generalizzato linciaggio mediatico diffondendo i nomi e le fotografie degli/le arrestatx, cosa considerata illegale ( pur essendo così democratici, si saltano le loro leggi). E in nessun momento, hanno lasciato di intossicare costantemente con il legame tra anarchismo e terrore, tra l’anarchismo e la violenza, arrivando ad affermare che il movimento anarchico coppia di Al Qaeda la sua forma organizzativa, cosa ridicola e assurda per chiunque conosca minimamente il funzionamento senza gerarchie e in rete che sostiene l’ideale anarchico da oltre più di un secolo.

La creazione del nemico interno( gli anarchici, in questo caso) è stata una strategia storica del potere politico per criminalizzare e reprimere il dissenso e garantire una governance sociale. In questo clima sociale e politico sempre più teso per la mal chiamata crisi, è chiaro che temono che le pratiche e le idee anarchiche si estendano sempre di più tra le persone e settori, come del resto è già in corso da un po’.

Che gli sbirri del Potere e complici della repressione, come “El País” sappiano che noi anche abbiamo i mezzi e le capacità per puntargli e che non perderemo nessuna occasione per farlo. Che non venga dimenticato!

Contro tutte le autorità !
La repressione non ci fermerà!
Solidarietà e forza per gli/le anarchici/che detenutx!

fonte

Messico: Scritto della compagna di Mario González

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Mario: Le griglie non arreterano il tuo spiritu

Nonostante la confusione che c’è stata per l’informazione data in alcuni mezzi di comunicazione vi confermo che la decisione di Mario dopo il costretto ricovero nel ospedale di Tepepan è di continuare lo sciopero della fame che lui sostiene chiedendo la sua libertà dal 8 Ottobre scorso, lui sta perdendo peso e siamo in allerta costante riguardo la sua salute, ma è tranquillo; la difficoltà supplementare che lui si ha trovato è che finora in ospedale dicono che non c’è diritto di fare telefonate, e in più il personale del ospedale-prigione continua ad affermare che non conoscere il motivo perché a lui l’hanno ricoverato lì, invece nessuno dà una spiegazione del perché continuara internato, e di nuovo Mario è messo in questione di frequenza sulle ragioni per cui egli è in sciopero della fame; il trattamento del personale di polizia di questo posto è stato estremamente violento anche per me, il Venerdì 22 di notte prima di poter entrare a vedere Mario sono stata aggredita da diversi poliziotti chi mi hanno impedito l’accesso colpendomi con forza. Esigo l’alto alla persecuzione, criminalizzazione  e prigionia contro il mio compagno, così ceme il suo immediato rilascio, basta già di umiliazioni e violenza di stato.

Nuria
compagna di Mario
(23 novembre 2013)

Prigioni greche: Sciopero della fame del prigionero anarchico Rami Syrianos, in solidarietà con lo scioperante della fame Spyros Stratoulis, detenuto a Larissa

L’11 novembre 2013 il fratello Spyros Stratoulis ha iniziato uno sciopero della fame chiedendo la fine delle sue accuse riguardanti il caso “organizzazione criminale squat di Salonicco”.

A questo punto potrei scrivere chi è Spyros, parlare delle sue lotte quotidiane in venti anni di carcere, del suo spirito indomabile, della sua integrità e umanità nonostante tutte le brutalità delle celle democratiche, ma tutto ciò catturerebbe solo un frammento dei motivi per i quali definisco questo umano come compagno e fratello. Per essere capaci di trasmettere l’essenza, dovrei trovare le parole che concretamente possono esprimere il periodo lungo più di un anno che abbiamo passato insieme nel carcere di Larissa; parole che possono illustrare l’esperienza densa di essere a contatto con un altro essere umano per 24 ore al giorno; condividere ogni momento, gioia, dolore, difficoltà, speranza; pensieri, idee, sogni. Dovrei trovare le parole che esprimono in modo conciso il significato unico di riuscire, anche nel particolare spazio e tempo della prigione, a dire: Io non sono solo.

Spyros ha iniziato lo sciopero giorno 11 Novembre. Oggi, giorno 21 Novembre, è il decimo giorno della sua lotta.

Da oggi, inizio lo sciopero come atto solidale con Spyros; come atto che riflette nient’altro che la sua umanità merita, e si collega alle esperienze che abbiamo vissuto e che condividiamo ancora adesso anche se rinchiusi in posti diversi.

Solidarietà è chiamare compagno un altro umano, volendo dire con ciò: insieme nei momenti favorevoli, nelle lotte, nei momenti duri, fino alla fine.

Fratello, tieni i momenti buoni, il coraggio, e continua ad avanzare…

Fino alla vittoria.

Rami Syrianos
Prigione di Domokos

Grecia: Testo di Kostas Gournas, membro prigioniero di Lotta Rivoluzionaria

SOLIDARIETÀ A SPYROS STRATOULIS

Certe volte è sufficiente guardare qualcuno negli occhi per vedere se si è “sicuri”. Soprattutto in prigione dove gli sguardi limpidi sono pochi.

Spyros Stratoulis è l’incarnazione della passione per la libertà. È in sciopero della fame dal 11 novembre 2013 perché dopo 21 anni di carcere, gli hanno tolto il beneficio dei giorni di permesso ottenuti solo un anno fa, a causa di costruite accuse che lo implicherebbero con un caso riguardante gli squat a Salonicco.

Spyros fino ad ora è stato obiettivo delle autorità a causa della sua attitudine combattiva in carcere. Questo metodo mostra l’aspetto vendicativo dell’autorità che vuole imprigionarlo a vita.

Non lasciamo il combattente Spyros Stratoulis ostaggio nelle mani dei meccanismi giudiziari-polizieschi.

Kostas Gournas
Prigione di Koridallos

Solidarietà con i/le 5 anarchic@ arrestati in Barcelona per l’attacco contro la Basilica del Pilar di Saragoza

Il 13 novembre alle 2:45 del mattino, a Barcellona, la Polizia Nazionale ha irrotto in casa di 4 compagn@ anarchic@, arrestandone un’altra nelle vicinanze di casa sua, in mattinata, con la accusa di aver collocato un ordigno scoppiato il 2 ottobre nella Basilica del Pilar a Saragozza. Tutt@ loro sono stati detenuti mediante la legge antiterrorista e deporranno nei prossimi giorni a Madrid, all’Audiencia Nacional, dove passeranno a diposzione giudiziale del giudice Eloy de Velasco.

Già dalle prime ore del mattino si mette in moto il dispositivo mediatico. La Polizia Nazionale fornisce le immagini del loro arresto e della perquisizione del loro domicilio. Automaticamente vengono diffuse le loro identità. Il ministro degli Interni, Fernandez Dias, appare trionfante in tutti media, orgoglioso degli arresti e dando per scontato il trionfo della legge dello stato spagnolo, che prova a incarcerare dentro le mura del carcere i/le nostr@ compagn@, sforzandosi di portare a termine la vendetta che lo stato $ileno non aveva potuto concludere attraverso la sua logica di giustizia e diritto.

L’apparato giuridico e mediatico da mesi prepara il terreno per sferrare un attacco repressivo a coloro che considera i/le più pericolos@ dentro i movimenti sociali.

In questo modo si additano gli/le antisistema e le/gli anarchic@ como i/le sol@ responsabil@ della rabbia di una manifestazione, in un tentativo di circoscrivere quella rabbia che a tratti esce dagli schemi.

Costruito il contesto, di nuovo si giocano le vecchie carte: il famoso “triangolo anarchico” dette di che parlare nella stampa galiziana, così come l’ordigno esplosivoche teoricamente sarebbe stato collocato in una sede bancaria italiana a Barcellona e a Valencia. Di nuovo riaffiorano le teorie cospiranoiche che tanto piacciono alla stampa e a molt@ lettor@. Qualche mese fa perquisirono una sede della CNT di Sabadell e arrestarono 5 anarchc@ per ipotetiche rivendicazioni su internet e possesso di materiale incendiario. Dopo 4 mesi rinchiusi in regime di alta sorveglianza (FIES-3), sono stati rilasciati con carichi pendenti. Questi ultimi arresti a Barcellona lasciano totalmente chiaro la volontà di attacco contro il movimento anarchico.

A noi non interessa giudicare se i/le nostr@ compagn@ sono colpevoli o innocenti, perchè questo è il linguaggio del potere, il linguaggio della democrazia. Non entreremo nel gioco del silenzio, né del vittimismo, nè in quello della sconfitta. Ci rattrista profondamente che i/le nostr@ compagn@ si trovino in questa situazione, ma tutt@ noi sappiamo che, prima o poi, quando si fanno concreti il nostro pensare e il nostro agire, dovremo scontrarci con la parte più reale del sistema.

Contro la collaborazione tra gli Stati, solidarietà senza frontiere con l@ compagn@!

Abbasso i muri dello Stato!
Salute e Anarchia!
Li rivogliamo tra di noi!

fonte

Grecia: Lettera dei compagni prigionieri per il caso di Nea Filadelfia

windowPensiamo sia necessario divulgare alcune informazioni riguardo alla nostra sorveglianza e al conseguente arresto fatto dagli agenti dell’antiterrorismo il 30/4/13 a Nea Filadelfia. La maggioranza delle notizie sono “ufficiali” e prese dalle accuse a nostro carico. Tramite ciò siamo giunti ad alcune conclusioni in merito alla conoscenza degli agenti dei nostri “movimenti” e sui metodi di sorveglianza diretta. Aggiungiamo anche alcune parole sulle conoscenze degli agenti che abbiamo “scoperto”, ma anche sulle loro tattiche. Il ritardo è dovuto all’esitazione e alla valutazione sul pubblicare queste informazioni col rischio di aiutare il futuro lavoro della polizia. L’abbiamo valutato e abbiamo deciso che è più importante, anche se con ritardo di qualche mese, condividere queste informazioni perché è più coscienziosamente “corretto” per noi che i compagni interessati sappiano un minimo come si muove la polizia, piuttosto che restarne ignoranti.

Per molti queste cose suoneranno ovvie, ma siamo convinti che non sarà cosi per tutti. Ovviamente non possiamo fare controproposte qui, solo avvertimenti. In nessun modo vogliamo spaventare qualcuno con l’ampiezza di informazioni e la dinamica del nemico, ma dire a chi sta “cercando” ciò di cui bisogna essere a conoscenza in strada per soddisfare i propri desideri d’attacco. L’”ombra” che molte volte copre i metodi e i movimenti dell’antiterrorismo porta la gente a sopravvalutarlo, quando è vero che oltre certe cose che vengono divulgate, molte altre restano nell’oscurità. Gli agenti stessi quasi mai rivelano i loro metodi. Dall’altro lato, sebbene abbiamo preso delle contromisure, un rischio a livello individuale o collettivo rimarrà sempre in un campo soggettivo. Non importa quanti errori si fanno e continueranno ad essere fatti nella battaglia contro i forti meccanismi d’oppressione. Gli errori che sempre “costeranno” di più vanno comparati agli errori degli agenti che sono “assorbiti”. Le situazioni devono essere valutare di nuovo e gli errori già successi, semplicemente, non dovrebbero ripresentarsi. L’esperienza accumulata in tanti anni va studiata e capita e visto che c’è la tendenza a prepararsi per le battaglie già avvenute e non per quelle che verranno, bisogna essere preparati e molto fortunati…

Per iniziare, diciamo che la nostra sorveglianza è iniziata alle 11:20 con la localizzazione di Grigoris (Sarafoudis) e finita alle ore 16:00 con il nostro arresto a Nea Filadelfia. Abbiamo motivo di credere che la nostra sorveglianza è iniziata in un momento specifico. Poco prima che il nostro compagno entrasse nell’internet cafe Palladium al 48 di Solomou street al confine del quartiere di Exarchia col centro di Atene. Crediamo che tale bar fosse/è sotto sorveglianza, dato che abbiamo saputo che altri compagni in passato sono stati pedinati da agenti in borghese all’uscita dal posto. Un altro motivo che più o meno definisce l’inizio è il fatto che nella prima mattinata il compagno ha fatto un “controllo” per assicurarsi di non essere seguito. Un controllo usuale che facevamo molto spesso e sempre prima di incontrare compagni ricercati o sconosciuti alla polizia, al fine di essere “puliti”. In altre parole, pensiamo che il “brutto momento” sia arrivato quando una persona “pulita” è entrata in un posto “sporco” e dato che era conosciuta dall’antiterrorismo a causa di passate sorveglianze, è stata riconosciuta e sottoposta a sorveglianza discreta. L’incontro di qualche ora dopo con i due compagni ricercati Argiris (Dalios) e Fivos (Harisis) è suonato come un allarme all’antiterrorismo e ha causato un immediato ordine d’arresto. Gli agenti come sempre, al fine di giustificare la sorveglianza, hanno detto nell’accusa che una “chiamata anonima” a loro fatta aveva rivelato che Grigoris ed un altro compagno avevano preso parte alla rapina a Velvedo e spesso transitavano nel quartiere di Exarchia. Cosi, hanno anche cercato di sviare sulla cooperazione dell’internet cafe al fine di non renderlo un obiettivo, infatti hanno scritto di aver trovato Grigoris per caso all’incrocio tra Patision e Solomou, 30 metri più in giù della strada! Sebbene sappiamo che questa storia ridicola della chiamata anonima non è vera, non escludiamo che Grigoris, per qualche motivo, poteva essere già stato tra i sospettati e poi diventato obiettivo dell’antiterrorismo. La storia, più o meno, dopo la visita di Grigoris all’internet cafe “sporco”, continua quando poco dopo in un’altra parte della città incontra il compagno Giannis (Naxakis), che aveva già fatto un “controllo”. I due compagni hanno poi frequentato zone diverse, per rivedersi dopo a Nea Fildelfia al punto di incontro con altri compagni, li la storia finisce poco dopo con l’arrivo dell’antiterrorismo. Durante quelle poche ore, i compagni sotto sorveglianza hanno fatto alcune mosse che da un punto di vista legale potrebbero essere indifferenti, ma comunque, sono riusciti a “nascondere” alcune caratteristiche cospirative di come ci muoviamo.

Dunque:

1)   Dopo circa quattro ore di sorveglianza ci hanno visti andare in quattro diversi internet cafe. Il primo è stato il “Paladium” dove è andato Grigoris. Poi il Patision 382 vicino la stazione ferroviaria di Ano Patissia, vicino al negozio “Everest” dove Grigoris e Giannis si sono incontrati. I due poi sono andati al “Gnet” a Marousi (Tsaldari e Aristidou street), mentre l’ultimo è stato il “Bits&Bites” a Nea Filadelfia (Dekelias 138) dove hanno incontrato Argiris e Fivos. Con questi fatti gli agenti hanno creduto che usavamo internet per comunicare tra di noi. Hanno saputo che “scaricavamo” e usavamo Tor (un testo esaustivo verrà diffuso riguardo al funzionamento e alla sicurezza di Tor) un programma per far perdere le tracce dell’indirizzo IP, in modo da navigare più “sicuri”, visto che l’indirizzo IP (che svela la provenienza geografica dell’utente) appare come se fosse localizzato in un’altra parte del mondo. Anche con ciò, gli hacker della polizia greca non hanno l’abilità di “decriptare” la nostra navigazione su Tor perché non è una questione di decifrare ma di vagliare un grande insieme di indirizzi IP. E trovarlo è veramente dispendioso a livello di tempo ed è una procedura complessa che nel nostro caso va fatta a ritroso. Generalmente, con Tor ci siamo sentiti sicuri fino a quando recentemente (il 6 Agosto) gli hacker del FBI hanno “craccato” per la prima volta molte pagine Tor, riuscendo a tracciare ed arrestare una vasta rete di pedofili, fatto che ha creato timori riguardo alla sicurezza. Un errore che abbiamo sicuramente fatto è aver “scaricato” Tor sul pc dell’internet cafe dove eravamo, piuttosto che averlo in una chiavette usb, cosa che può essere vista dal pc centrale del negozio, che teoricamente può avvisare subito i poliziotti, tramite un programma, se c’è un accordo apposito. Riguardo agli internet cafe, ci sono arrivate brutte notizie dato che della gente è stata pedinata da agenti in borghese dopo aver lasciato diversi internet cafe ad Atene (Exarchia, Monastiraki, Neos Kosmos, Kallithea) cosa che ci fa pensare che molti negozi ad Atene sono sotto sorveglianza. Non dimentichiamo che le abilità degli agenti sono sufficienti se consideriamo che solo il DAEEB (antiterrorismo) ha 600 impiegati, come è stato detto da loro stessi durante un processo.

2)   Ci hanno visto al parco Sygrou a Kifissia. Due di noi (Grigoris-Giannis) prima di andare verso Nea Filadelfia hanno fatto sosta al parco, andando verso il campo da calcio, per poi sedersi su una panchina vicino al campo e parlare a lungo.

Da notare che in tutte queste ore siamo stati seguiti, sebbene effettuavamo controlli e teoricamente credevamo di essere puliti, guardandoci le spalle, per abitudine, non abbiamo notato nulla di preoccupante mentre ci muovevamo con diversi mezzi (treno,bus,taxi).

Altre cose che abbiamo imparato e capito dal giorno dell’arresto in merito all’agire della polizia.

Ci hanno veramente sorpreso quando a 80 metri dalla strada del bar a Nea Filadelfia mentre due di noi (Grigoris-Giannis) camminavano, gli agenti del DIAS ci hanno fatto segno per un controllo. Se qualcosa era da aspettarsela di certo non era la presenza del DIAS in un incrocio centrale del quartiere, ma un altro tipo di “assalto”. Dopo il segnale, e dopo essersi avvicinati a piedi, abbiamo visto, qualche secondo dopo, l’arrivo di molti altri agenti che ci circondavano fino a metterci in trappola, qualcosa che ci ha fatto capire che se anche fossimo stati armati avremmo avuto veramente poche possibilità di fuggire. Dall’altro lato, come si sa già, nel bar dove è avvenuta l’operazione qualche minuto dopo, la loro tattica di usare la DIAS come esca non ha dato risultati visto che una persona è fuggita.

Inoltre, qualcosa di cui non eravamo certi, che ora sappiamo, è l’abilità degli agenti di qualsiasi caserma nel paese di confrontare subito i dati di una carta di identità falsa con quelli del vero possessore tramite la fotografia. Giannis, che inizialmente è stato portato alla caserma di Nea Filadelfia, è riuscito a vedere gli agenti digitare i dati del documento falso nel computer e vedere la foto del vero possessore apparire sullo schermo.

E’ importante sottolineare le differenze di base delle tattiche dell’antiterrorismo nel caso dei nostri arresti, a confronto di passate operazioni a danno dei gruppi armati (CCF, LR, gli arresti a Pireo, Nea Smirni, Vironas-Tavros). In tutti questi casi passati la tattica è stata: analizzare prima il profilo e le interazioni dei compagni ricercati con quelli “legali”, poi mettere questi sotto sorveglianza per scovare gli illegali. Ovviamente, l’antiterrorismo non svolge indagini “in un solo senso”, né restano fermi ad uno schema, tramite l’esperienza degli ultimi tre anni abbiamo visto che nonostante differenze occasionali, il nucleo dell’indagine e del suo successo stanno in un modello “semplice”.

Nei precedenti casi, quando il DAEEB “ha scoperto” i compagni ricercati non ha cercato di arrestarli subito, al contrario li ha sorvegliati molti giorni mirando alla ricerca dei “covi” e delle armi dei compagni e in secondo luogo i loro contatti. Gli esempi sono evidenti: nel caso dei compagni arrestati a N. Smirni-Pireo, la sorveglianza, secondo i documenti ufficiali, è durata 17 giorni. Secondo le fonti, l’antiterrorismo ha osservato le abitazioni dei compagni a Salonicco e a Vironas – Tavros cosi come quelle a Volos dove vivano i membri della O.R. CCF… al contrario nel nostro caso l’antiterrorismo ha scelto di arrestarci subito e non di seguirci, per due motivi. Il primo e più importante è che nel passato diversi compagni (tra i quali alcuni di noi) sono sfuggiti ad operazioni dell’antiterrorismo grazie ai metodi di contro sorveglianza applicati. Gli agenti o li hanno persi, o al fine di non far scoprire l’intera operazione, li hanno lasciati andare. Il secondo motivo è che a causa dei moderni strumenti di oppressione (vedi DNA) gli agenti sono più sicuri che in passato e noi saremo imprigionati e condannati anche senza “covi”, “armi” ecc.

Alla fine la conclusione che traiamo è che il nemico si conforma velocemente alle condizioni ed evolve di continuo, ma molte volte il nemico stesso crea le condizioni nelle quali ha l’iniziativa delle azioni. Dal nostro lato non è sufficiente restare nei modi testati e vincenti del passato ma bisogna guardare sempre avanti, essere come dicono loro un passo avanti. Aspettandoci il peggio non possiamo che migliorare sempre. Attraverso questo testo, cerchiamo l’evoluzione dell’azione tramite la condivisione di questa esperienza. Crediamo che tali comunicazioni siano necessarie, anche se in questo modo (il contatto immediato tra interessati è impossibile e pericoloso) e generalmente è essenziale che gli accusati e i prigionieri diffondano tali notizie. Le cose che il nemico sa non dovrebbero essere un segreto nei nostri giri, visto che possono tornare utili. C’è ovviamente il caso in cui alcune informazioni restano segrete per via di una strategia, un piano, o un nuovo attacco a sorpresa ai danni del nemico.

I prigionieri per il caso di Nea Filadelfia:
Argyris Ntalios
Fivos Harisis
Giannis Naxakis
Grigoris Sarafoudis

dal inglese, originale in greco

Bolivia: Nuovo rinvio del processo in cui è convolto Henry Zegarrundo

burdenIl 16 Ottobre l’udienza fissata per il caso nel quale è coinvolto il nostro compagno Henry è stata nuovamente rinviata. Non tutti/e gli/le imputati/e erano presenti, e il giudice ha rinviato ancora una volta l’udienza, stavolta al 5 Novembre.

Tralasciando i discorsi giuridici, sottolineiamo ciò che questo comporta per chi si ritrova sequestrato/a o sottoposto a misure restrittive.

L’indiscutibile ritardo della “giustizia” provoca una situazione difficile per chi affronta il sistema carcerario. Qualsiasi aspettativa di cambio della situazione, di caduta della montatura, svanisce lentamente a causa di tali meccanismi burocratici. Anche a livello economico, questi processi comportano la presenza costante di un avvocato e questo è impossibile per alcuni/e. Cosi la difesa perde efficacia e tutto il sistema giudiziario si sostenta a spese dell’accusato/a. Queste sono le strategie del potere, fastidiose e ingiustificabili per chi mantiene una condotta e una vita anarchica.

In sostanza per noi il sistema giudiziario è totalmente disprezzabile. Cosi come lo è chi lo forma da dentro e da fuori. Questa è una lotta lenta e tesa, e che abbiamo iniziato con la solidarietà costante e combattiva, l’informazione permanente, e soprattutto l’appoggio anarchico al nostro compagno.

Come gruppo solidale vogliamo inviare coraggio a Henry per affrontare tutto ciò che comporta questa montatura che cercano di tenere su con questi strategemmi. E salutare con grande dignità i/le prigionieri/e antiautoritari/e del pianeta che affrontano situazioni di sequestro o persecuzione per la lotta contro il dominio.

Forza compagno Henry, ti aspettiamo presto libero!
Fino alla liberazione totale!
Per la distruzione dei carceri!

Solidaridad Negra

Belgio: Seconda ondata dell’operazione “Ceneri”

Sabato 28 Settembre 2013

Come ricorderete, nella mattinata del 22 Maggio 2013, la sezione antiterrorista della polizia federale belga ha condotto una prima ondata di perquisizioni di domicili dove vivevano anarchici e compagni antiautoritari insieme ad altre persone; venne perquisita anche la libreria anarchica Acrata. Undici persone vennero arrestate e condotte negli uffici della polizia federale. Vennero rilasciati senza presentarsi davanti a un giudice.

Come parte di questa indagine, condotta dal giudice Isabelle Panou e denominata “Opération Cendres” (Operazione Ceneri), le accuse sono: appartenenza ad una organizzazione terrorista, cospirazione e atti incendiari.

Durante le udienze, è emerso che l’indagine si focalizza sulle lotte, rivolte e attività dal 2008 ad oggi, sui temi del carcere, della costruzione del nuovo centro detentivo per migranti a Steenokkerzeel, i trasporti pubblici (STIB/MTVB), le istituzioni europee e gli eurocrati, lo sviluppo della ferrovia regionale, la NATO, i meccanismi di deportazioni, gli ufficiali giudiziari e infine la costruzione della nuova maxi prigione a Bruxelles. Pubblicazioni come Hors-Service (“Fuori Servizio”) vengono prese di mira, e più in generale scritti, manifesti e quant’altro, distribuiti da anarchici e antiautoritari.

Questo mercoledi, 25 Settembre 2013, il giudice ha ordinato altre 5 perquisizoni tra Bruxelles, Lovanio e Gand. Intorno alle 6, l’unità antiterrorista ha sequestrato computer, hard disk, chiavette usb, portatili, volantini, locandine e documenti personali. In tre dei cinque domicili gli interessati della perquisizione erano assenti, e altre tre persone sono state arrestate per essere interrogate. Poi rilasciate qualche ora dopo l’essersi rifiutate di collaborare.

Anonimato

«Allora io standogli accanto dissi al Ciclope tenendo con le mani una ciotola di nero: “su, bevi il vino, Ciclope, dopo aver mangiato la carne umana, perché tu sappia che bevanda è questa che alla nostra nave serbava. Te lo avevo portato in offerta, se mai impietosito mi mandassi a casa. Ma tu sei insopportabilmente furioso. Sciagurato, chi altro dei molti uomini potrebbe venire in futuro da te perché non agisci in modo giusto?”. Dissi così, lui lo prese e lo tracannò: gioì terribilmente a bere la dolce bevanda e me ne chiese ancora dell’altro: “dammene ancora, da bravo, e dimmi il tuo nome, ora subito, che ti do un dono ospitale di cui rallegrarti. Certo la terra che dona le biade produce ai Ciclopi vino di ottimi grappoli, e la pioggia di Zeus glielo fa crescere. Ma questo è una goccia di ambrosia e di nettare!”. Disse così, ed io di nuovo gli porsi il vino scuro. Gliene diedi tre volte, tre volte lo tracannò stoltamente. Ma quando il vino raggiunse il Ciclope ai precordi, allora gli parlai con dolci parole: “Ciclope, mi chiedi il nome famoso, ed io ti dirò: tu dammi, come hai promesso, il dono ospitale. Nessuno è il mio nome: Nessuno mi chiamano mia madre e mio padre e tutti gli altri compagni”. Dissi così, lui subito mi rispose con cuore spietato: “per ultimo io mangerò Nessuno, dopo i compagni, gli altri prima: per te sarà questo il dono ospitale”. Disse, e arrovesciatosi cadde supino, e poi giacque piegando il grosso collo: il sonno, che tutto doma, lo colse; dalla strozza gli uscì fuori vino e pezzi di carne umana; ruttava ubriaco. E allora io spinsi sotto la gran cenere il palo finché si scaldò: a tutti i compagni feci coraggio, perché nessuno si ritraesse atterrito. E appena il palo d’ulivo stava per avvampare nel fuoco benché fosse verde era terribilmente rovente, allora lo trassi dal fuoco. I compagni stavano intorno: un dio ci ispirò gran coraggio. Essi, afferrato il palo d’ulivo, aguzzo all’estremità, lo ficcarono dentro il suo occhio; io, sollevatomi, lo giravo di sopra, come quando uno fora un legno di nave col trapano, che altri di sotto muovono con una cinghia tenendola dalle due parti, e sempre, senza sosta, essa avanzava; così giravamo nell’occhio il palo infuocato, reggendolo, ed intorno alla punta calda il sangue scorreva. Tutte le palpebre e le sopracciglia gli riarse la vampa, quando il bulbo bruciò: le radici gli sfrigolavano al fuoco. Come quando un fabbro immerge una grande scure o un’ascia nell’acqua fredda con acuto stridio per temprarla — ed è questa la forza del ferro — così sfrigolava il suo occhio attorno al palo d’ulivo. Lanciò un grande urlo pauroso: rimbombò intorno alla roccia. Noi atterriti scappammo. Dall’occhio si svelse il palo, sporco di molto sangue. Lo scagliò con le mani lontano da sé, smaniando: poi chiamò a gran voce i Ciclopi, che lì intorno in spelonche abitavano, per le cime ventose. Quelli, udendo il suo grido, arrivarono chi di qua chi di là e, fermatisi presso il suo antro, chiedevano cosa lo molestasse: “Perché, Polifemo, sei così afflitto e hai gridato così nella notte divina, e ci fai senza sonno? Forse un mortale porta via le tue greggi, e non vuoi? Forse qualcuno ti uccide con l’inganno e con la forza?”. Ad essi il forte Polifemo rispose dall’antro: “Nessuno, amici, mi uccide con l’inganno, non con la forza”. Ed essi rispondendo dissero alate parole: “Se dunque Nessuno ti fa violenza e sei solo, non puoi certo evitare il morbo del grande Zeus: allora tu prega tuo padre, Posidone signore”. Dicevano così, e rise il mio cuore, perché il nome mio e l’astuzia perfetta l’aveva ingannato».

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Repressione 15O: Lettera di Francesco dai domiciliari

129275799-786385_0x410 (1)Ciao a tutti,

Sono Francesco mi trovo agli arresti domiciliari da ormai 9 mesi per i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre 2011, durante le più o meno lunghe giornate trascorse tra le mura di casa ho potuto fare molti ragionamenti sulla repressione e comprendere maggiormente quanto sia importante la solidarietà e  quanto basti poco per attuarla.

Anche solo due righe su un foglietto da parte di un amico o di uno sconosciuto o un saluto dal vicolo sotto casa riempiono il cuore e danno la forza di andare avanti e resistere, per questo voglio ringraziare tutti coloro che  mi sono stati e sono vicini senza i quali non so davvero come avrei potuto fare.

Sono già parecchie le condanne inflitte per quella giornata e a settembre ripartirà il processo, derivante dal terzo filone d’indagini, nel quale con altre 17 persone siamo imputati con l’accusa di devastazione e saccheggio per tutti,  resistenza e tentato omicidio per alcuni.

Con pene che vanno dagli 8 ai 15 anni di reclusione, lo stato vuol renderci dei veri e propri spaventa passeri, degli esempi di cosa succede a chi osa alzare la testa e ribellarsi in questo sistema marcio e infame. Così  succede anche in Val Susa con perquisizioni, fogli di via e arresti mirati a  valligiani e  compagni più presenti e attivi, operazioni che tendono  a smorzare la forza d’animo di un movimento popolare che vive da più di vent’anni.

Ebbene io non voglio essere uno spaventa passeri per nessuno, anzi…convinto del fatto che la miglior difesa sia l’attacco e che bisogna rispondere colpo su colpo alla repressione la giusta reazione  è continuare a lottare con più determinazione e rabbia ad ogni arresto, e pensare ai prigionieri come compagni da liberare e non come esempi di quello che può succedere lottando…essere consapevoli dei rischi vuol dire accettarli,con timore magari, ma non averne paura!

Questa mia situazione attuale di detenzione la vivo come una fase, un periodo di rafforzamento interiore contro il sistema  a cui mi oppongo cercando di continuare a combattere come posso, non sono certo il rimorso o il pentimento  che mi pervadono, anzi la rabbia e la determinazione a continuare a lottare.

Un pensiero particolare va al mio amico e compagno Albe anche lui costretto agli arresti domiciliari per essersi opposto alla devastazione, al saccheggio e alla militarizzazione della Val Susa, speriamo di rivederci presto tra i vicoli e i sentieri!!

tutta la mia solidarietà va ai prigionieri nelle case, nelle carceri e nei cie, ai detenuti in lotta, e a chi continua a ribellarsi nelle strade, valli e città…
non c’è miglior solidarietà dell’azione diretta.

Ogni giorno 15 ottobre.
Fra

Santiago, Cile: Manifesto solidale con i/le compagni/e perseguiti/e

DIFENDIAMO I/LE COMPAGNI/E DAGLI ARTIGLI DELLA REPRESSIONE

La logica del potere si basa nel definire legalità o illegalità, che si tratti di azioni, idee, gesti e anche persone. Lontano da questi parametri che consolidano soltanto il dominio, cioè che veramente vale sono le decisioni di lotta prese dalle persone reali. Per questo difendiamo i/le compagni/e e le diverse pratiche di attacco al potere.

*Da 4 anni il potere ha deciso che la vita di Diego Rios è illegale, vista l’accusa di possesso di materiale per la fabbricazione di esplosivi. Emesso il mandato di cattura, il compagno anarchico ha deciso di andar via e non abbassare la testa, restando clandestino fino ad oggi.

*Nel 2013 nel contesto di lotta e opposizione di piazza, con azioni di lotta contro i potenti in aumento, la polizia ha filmato una giovane incappucciata che attaccava gli agenti con una molotov. Poi c’è stato l’inseguimento per identificarla, queste immagini e la sua identità sono state diffuse copiosamente dai mezzi di comunicazione.

Entrambe le situazioni mostrano il monopolio della violenza da parte dello Stato. Quando ci si scontra con il dominio, la repressione colpisce con tutti i suoi apparati polizieschi, politici, giornalistici e giuridici.

Davanti all’attacco dello Stato ci resta solo un percorso: La difesa ostinata di tutte le forme di lotta contro il potere e dei compagni e delle compagne che decidono di agire.

APPOGGIO E SOLIDARIETA’ CON I/LE NOSTRI/E COMPAGNI/ PERSEGUITI/E

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Grecia: Lettera di un compagno accusato per i fatti del 5 Maggio 2010

Giugno 2013

29 Aprile 2011 : la storia inizia con degli arresti inaspettati; il mio e di altri due compagni. Inaspettati perché non basati su prove o testimonianze oculari, ma piuttosto su “resoconti anonimi” molto “convenientemente” consegnati nelle mani della polizia greca, i quali fanno il mio nome e quello di altri due compagni, citando i nostri numeri di telefono e indirizzi.

Pertanto siamo stati arrestati in un clima di terrore creato dalle forze di sicurezza statali e dai mass media. Perquisizioni domiciliari per presunte “prove” sono arrivate poco dopo, cosi come il mio arresto, e poi ammanettato per diverse ore nella stazione di polizia di Atene. Nel frattempo, per due giorni, siamo stati dati in pasto ai media, i pappagalli della sicurezza statale, che falsamente hanno parlato di “arresto degli incendiari della banca Marfin”. Poi le autorità mi hanno preso e fatto fare una “visita guidata” per i piani della stazione di polizia, fino a portarmi in una stanza designata per l’identificazione dei sospetti, dove vari “testimoni” sono passati uno dopo l’altro, presumibilmente per identificarmi. Dopo quella sera, siamo stati convocati – casualmente il 5 Maggio 2011! – per testimoniare presso la sede del servizio di sicurezza statale – senza fare giuramenti o dare impronte, ecc – riguardo al tragico incidente della filiale della banca Marfin e l’attacco alla libreria Ianos [entrambe in Stadiou street, nel centro di Atene] avvenuto un anno prima, durante lo sciopero del 5 Maggio 2010. Continue reading Grecia: Lettera di un compagno accusato per i fatti del 5 Maggio 2010

Buenos Aires, Argentina: Solidarietà con Henry e Krudo

nuevos-llllll-396Il 29 maggio, diversi individui ci siamo concentrati davanti al consolato della Bolivia nella città di Buenos Aires, per esprimere la nostra solidarietà con Henry e Krudo.

Nel corso della mattinata, alcune persone sono entrate nel recinto e hanno lasciato centinaia di volantini presso gli uffici del consolato e per la tarde si hanno fatto delle scritte sui muri con slogan anarchici ed anticarcelari, mentre altri  volantini sono stati distribuiti e sono state appesi striscioni e bandiere nella finestra dell’ambasciata.

Detenutx  alla strada e le strade per lottare!

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Cile: Propaganda per le strade di Santiago per le prigioniere di Temuco

29 marzoGuardate lo poco che siamo e invece diventano singhiozzi i suoi insulti contro di noi, le loro argomentazioni diventano piccole, avendo tutto il potere nelle loro mani, hanno paura anche del solo e ultimo dei nostri gesti solari, guardate lo poco che siamo e vedrai che da un giono all’altro saranno milioni uguali a noi….Avranno ragione allora per averci temuto così tanto… (Domingo Murua)

Prigionierx del 28-M, solidarietà

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