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Messico: Azione contro la tomba del presidente Gustavo Diaz Ordaz

Il primo ottobre abbiamo realizzato un attacco alla tomba di Gustavo Diaz Ordaz, presidente del Messico (1964-1970).

Abbiamo lasciato un tag sulla sua tomba per vendicare il massacro di Tlatelolco del 2 ottobre 1968.
Per tutto il mese di ottobre faremo diverse azioni contro tutti i simboli delle autorità che assassinarono studenti e studentesse 50 anni fa.

Per un 2 ottobre combattivo!
Azione Diretta!
Viva l’anarchia!
Libertà per Luis Fernando Sotelo!
Né perdono né oblio. VENDETTA!

(A)

in spagnolo

[Oaxaca] Miguel Peralta : Dichiarazione solidale con i/le prigionier* anarchic* di lunga durata

11 juin : Giornata internazionale di solidarietà con tutt* i/le prigionier* anarchic* di lunga durata

Dichiarazione solidale di Miguel Peralta Betanzos (Prigioniero dell’Assemblea Comunitaria di Eloxochitlán di Flores Magón, Oaxaca, Messico)

Saluti a tutt* i/le compas che permettono di trasmettere queste parole sincere.

Non è per niente facile accennare a queste due parole, LUNGA PENA, quando sappiamo già che i loro sistemi di giustizia e penitenziario non servono a nulla; il sistema giudiziario e le persone pericolose che nascondono il viso dietro la bilancia, avidi di carne da rinchiudere, prendono tempo e fabbricano espedienti polverosi per la giustizia, basandosi ogni volta su criteri personali, morali e su comando, per condannare i/le compagn* che sono in lotta contro l’ordine costituito.

Allo stesso modo, è abbastanza complicato assimilare il tempo quando ci si trova in isolamento, e non possiamo soltanto smettere di vivere guardando i giorni, i mesi, gli anni scorrere sul calendario, e sopportare l’umiliazione, combattere le paure generate dalla prigione, le malattie che contraiamo col passare dei giorni, e cercare alternative, improvvisare la resistenza per non ritrovarsi a farsi mettere«i piedi in testa» tutti i giorni, anche questo è un compito difficile.

La risposta a quello che ci viene imposto potrebbe essere una maggiore resistenza, una lunga lotta, anche se a volte non abbiamo più forze. Credo che il nostro spirito resisterà e resterà combattivo, comme battono i nostri cuori rabbiosi, desiderosi di camminare, liberi! Un giorno riusciremo a strappar loro le notti e giorni che ci hanno rubato, compañer@s.

I/Le prigionier* in strada!
Abbasso i muri di tutte le prigioni!

San Juan Bautista Cuicatlan, Oaxaca

Traduzione dell’Audio di Miguel, qui in spagnolo.

Miguel Ángel Peralta Betanzos è un giovane indigeno mazateco, anarchico e membro dell’Assemblea Comunitaria di Eloxochitlán di Flores Magón, Oaxaca. Giovedì 30 aprile 2015, verso le 17h30, Miguel Ángel Peralta Betanzos è stato arrestato nel centro di Messico.

Eloxochitlán di Flores Magón è la culla dell’anarchico messicano Ricardo Flores Magón. Si tratta di un comune di circa cinquemila abitanti che si trova nella regione chiamata Cañada, nello stato d’Oaxaca. Come i due terzi dei comuni dello stato d’Oaxaca, è gestita dal sistemi di usi e costumi o sistema normativo delle comunità indigene. A differenza di altri comuni dello stato d’Oaxaca, a Eloxochitlán anche le donne partecipano al processo decisionale.

[Messico] Fernando Barcenas rilasciato!

Fernando è uscito dal carcere l’ 11giugno 2018 verso le 21h. Una volta fuori ha bruciato l’uniforme beige che ha dovuto portare per quattro anni e mezzo

Lunedì 11 giugno 2018, il compagno anarchico Fernando Barcenas Castillo è uscito di prigione.

Arrestato il 13 dicembre 2013, durante le proteste contro l’aumento del prezzo dei biglietti del metrò, Fer era stato accusato di aver appiccato il fuoco all’albero di Natale della Coca-Cola, e da allora si trovava nella prigione Nord, detta ReNo, a Città del Messico.

Nel dicembre 2014 era stato condannato a 5 anni e 9 mesi di detenzione per i reati di disturbo della quiete pubblica e associazione a delinquere. Poco dopo la sua incarcerazione Fernando ha cominciato a organizzare diversi progetti: atelier di musica, di scrittura, di diffusione e informazione come delle fanzine e il giornale indipendente, anti-carcerario e di lotta: «El Canero», che vuol dire «colui che è in carcere». Si tratta di un media libero prodotto da prigionier* che si trovano dietro le sbarre di diverse prigioni della capitale messicana e di altre località

Per Fernando «Il Canero è un progetto che vuole spiegare la realtà vissuta all’interno delle prigioni e metterla in relazione con un contesto sociale più ampio, di cui siamo tutt* prigionier* a diversi livelli. Questo giornale contribuisce a diffondere la lotta anti-carceraria tessendo legami di comunicazione tra i/le prigionier* e l’esterno». Per lui si tratta «Di dimostrare che la lotta si conduce qualunque sia il luogo e con i mezzi a disposizione, senza aspettare che tutte le condizioni siano riunite».

Il primo Canero è uscito nel giugno 2014, e fino ad oggi sono stati scritti cinque numeri: col passare del tempo, il contenuto evolve. Il giornale è il risultato di numerosi riunioni di prigionier*, di scambi e riflessioni, di azioni congiunte, scioperi della fame… Lungo il suo percorso, il Canero vede nascere organizzazioni informali de prigionier* in resistenza, azioni coordinate, comunicati che denunciano la bestia penitenziaria, l’autorità e l’isolamento dentro e fuori le mura.

A partire dal mese di novembre 2017, Fernando lancia una nuova idea: organizzare una biblioteca autonoma gestita dagli stessi prigionieri, e dopo parecchi mesi di lavoro e di costruzione, la biblioteca viene inaugurata il 28 aprile 2018 col nome di Xosé Tarrío González *, e continua a crescere. Ad oggi conta numerosi documenti, tra libri, riviste e opuscoli… la biblioteca continua per la sua strada.

Per tutti questi anni Fer ha anche incoraggiato e lanciato l’organizzazione de* prigionier* in resistenza, dapprima incoraggiando la formazione del C.C.P.R (Coordinazione Combattiva dei Prigionieri in Resistenza), più tardi parteciperà alla coordinazione degli scioperi della fame, con altri prigionieri anarchici di Città del Messico. In seguito, Fer lancia e incoraggia la formazione della C.I.P.RE (Coordinazione Informale dei Prigionieri in Resistenza) come forma e spazio di organizzazione per tutt* quell* che sono stati oppress* e torturat* dal macchinario penitenziario. La CIPRE era un’organizzazione informale ormai sciolta e oggi sbiadisce non senza lasciare dietro di sé tutta un’esperienza organizzativa. Fer lancia una nuova proposizione che darà vita al collettivo di prigionieri CIMARRON, che fa riferimento al significato di «scappare, fuggire», sottrarsi alla proprietà di un padrone.

Un forte abbraccio Fer, un abrazo compañero!
Finalemente nelle strade.

Fino alla libertà totale!

*NOTA: Xosé Tarrío González è nato nel 1968 a la Coruña. A 11 anni viene rinchiuso il est enfermé dans un internat, poi en maison de redressement per ritrovarsi in prigione a 17 anni dove contrae l’AIDS. In prigione, mette in pratica l’anarchismo e la rivolta, guidando diversi tentativi di evasione, praticando una reale solidarietà tra prigionieri, lottando fermament contro la prigione e i secondini; questi suoi comportamenti gli sono costati umiliazioni, periodi in isolamento e viene torturato parecchie volte. Nel 2004 la sua salute peggiora nuovamente a causa della sua malattia e alla fine muore il 2 gennaio 2005, vittima dell’istituzione carceraria e della società che la sostiene. Xosé era uno dei prigionieri del regime speciale FIES (Ficheros de Internos de Especial Seguimiento / Casellari dei Reclusi di Trattamento Speciale) e autore del libro « Huye, hombre, huye »

[Messico]: Lettera di Fernando, 20 luglio 2017

Dopo essere stato rinchiuso in una cella dela zona 7 C.O.C (Centro d’osservazione e di Classificazione), ho assistito, mercoledì 19 luglio 2017, all’audienza del Consiglio tecnico interdisciplinare, che ha deciso che non potevo tornare con i detenuti comuni a causa del conflitto scoppiato la settimana scorso, e sono quindi stato condotto nell’Unità di Massima Sicurezza (M.M.S.), e attualmente, per motivi di sicurezza, sono isolato nella zona del Panal*.

Allo stesso tempo le mie cose sono state controllate all’entrata del M.M.S. I secondini, durante la perquisizione, hanno trovato i fogli con i miei scritti e delle lettere personali tra cui si trovava un abbozzo della rivista « El Canero », che mi hanno confiscato, e da quel momento hanno adottato un atteggiamento violento, violando la privacy della mia corrispondenza personale, e finendo con una minaccia: « Puoi farti ammazzare per quello che dici» e «Falla finita col tuo giornale», facendomi sapere che scrivendo ed esprimendo le mie idee attentavo alla sicurezza dell’istituzione, ragion per cui dovevo restare in isolamento.

C’è da sottolineare che a causa del conflitto precedente non posso più dividere una cella, per proteggere la mia integrità e la mia vita. Malgrado ciò, dopo il mio trasferimento al Panal, mi hanno piazzato in una cella con 8 persone a me sconosciute e che non mi ispirano alcuna fiducia.

Per tutte queste ragioni, ritengo il Consiglio Tecnico responsabile di quello che può capitarmi, dato che si tratta ancora una volta di un pretesto ulteriore per continuare a mantenermi in condizione di confino e punizione.

– Fernando Bárcenas –

Note:

« El Canero » vuol dire «colui che è in galera». Si tratta di un media libero prodotto da prigionieri et prigioniere dietro le sbarre di diverse prigioni della capitale messicane.

* «Il Panal» – Quartiere di alta sicurezza.

Il compagno Fernando esige di venire ritrasferito nella zona 3 dov’era prima.
Attualmente Fernando Bárcenas Castillo si trova nell’Unità di Massima Sicurezza (M.M.S.) Reclusorio Preventivo Varonil Norte : Calle Jaime Nuno no. 155, Colonia Guadalupe Chalma, Cuautepec Barrio Bajo, C.P. 07210, Gustavo A. Madero, Ciudad de México.

in francese / Les trois passants, spagnolo

Città del Messico: Attacco con esplosivo all’Istituto delle Donne

Cliccare sull’immagine per scaricare la raccolta di comunicati

21 dicembre 2016

Dopo mezzanotte…

Attorno alle due di notte, il 20 dicembre 2016, abbiamo collocato presso l’Istituto delle Donne di Città del Messico, in via José María Izazaga 148, un esplosivo che è esploso efficacemente provocando seri danni all’ingresso dell’edificio. La ragione per cui l’abbiamo fatto è semplicemente perché ne avevamo voglia.

I. Le strade della vita sono diverse da come pensavo…

Un intreccio di dominazioni multiple disseziona quotidianamente il corpo delle donne. Noi ci chiediamo: com’è possibile che molte donne, la maggioranza, decidano di accettare docilmente questo bisturi sociale che hanno addosso, a volte quasi desiderandolo?

Abbiamo sentito dappertutto discorsi da parte di femministe che si felicitano dei ‘progressi’ verso ‘l’uguaglianza tra i sessi’… ma vediamo nel frattempo le chiese piene di donne che si offrono docilmente in ginocchio.

Ci arrivano notizie di grandi manifestazioni contro la violenza sulle donne… vediamo però i tribunali pieni di donne disposte ad abbandonare la propria volontà e il proprio destino in mano ad esseri spregevoli, che accettano come superiori, e che cosa è più violento della sottomissione – e l’auto-sottomissione – della volontà umana?

La crudeltà femminicida che tocca noi, le nostre sorelle, figlie, cugine, zie, amiche, compagne, madri ci fa male… Mentre allo stesso tempo vediamo i congressi e i ‘movimenti femministi’ combattere per ottenere più leggi, più categorie penali, più accordi con lo stato, quando è proprio l’esistenza delle leggi e del sistema di dominio di rappresentazione gerarchica statale lo scenario sine qua non di questa violenza!

Se queste ‘femministe’ chiamano questa postura di sottomissione ‘emancipazione’ beh allora… ci si dovrà emancipare… dall’emancipazione emancipata!!!

Sicuramente ci saranno delle buone compagne che pensano davvero che sia possibile per le donne ottenere un cambiamento della nostra condizione di sottomissione patriarcale mediante la creazione di leggi e istituzioni, noi però pensiamo che le leggi sono fatte piuttosto per perpetuare questo stato delle cose perché sottraggono alle donne il potere di decidere da sé sul proprio destino, convincendole a cedere le loro vite per farle dirigere ad altri.

Sorelle! Non sottomettetevi a questi esseri orribili che usano i vostri corpi e vi dicono come sentire, come pensare e come fare!!

Come potrebbe una legge cambiare la realtà del dominio se le leggi sono parole, mentre il dominio è fatto di relazioni sociali? Come possiamo vedere, ci rallegriamo di vivere nell’era che si è lasciata alle spalle il pensiero magico, ma viviamo volteggiando in un mondo di fantasia.

La religione’, ‘lo stato’, ‘la scienza’, ‘la merce’, ‘la ragione’, ‘l’umanità’, ‘la giusta causa’: sono tutte finzioni che sottomettono la volontà umana. Feticci che si rivoltano contro i loro stessi creatori. Frutto di paura, superstizione e violenza. Se però togliamo il feticcio vediamo che sotto ci siamo noi e i nostri corpi, la nostra sessualità, le nostre vite fatte a pezzetti e disposte per la riproduzione di un sistema il cui unico risultato può essere la condanna alla fame, alla miseria, alla morte, alla devastazione.

II. E sembrerebbe ora che…

Nell’aria c’è un’idea falsa quanto perversa che ci ricorda i dibattiti ipocriti del secolo scorso sulla partecipazione delle donne alla politica. Sta prendendo forza l’immagine secondo cui basta la semplice presenza delle donne in questa piramide gerarchica del potere per purificare ogni residuo patriarcale. Anzi, si costruisce un immaginario sociale con quest’idea assurda per cui i seggi, i troni presidenziali o le sale dei tribunali occupati da donne saranno automaticamente sufficienti per combattere le disuguaglianze diseguali, ridurre la corrotta corruzione o impartire la giusta giustizia. Vogliamo una candidata! Vogliamo donne giudice! Vogliamo rappresentanti donne al congresso! gridano euforici gli ipocriti, gli sprovveduti e i complici.

Ora, certamente nessuno potrebbe accettare la sciocchezza di ritenere noi donne intellettualmente meno capaci, rispetto agli altri, di realizzare questi infami lavori, ed è precisamente questo il punto.

La presenza delle donne all’interno del potere politico non può di per sé comportare il minimo cambiamento nella composizione di un sistema di disuguaglianze sociali per la semplice ragione che la società in cui ci è stato imposto di vivere è basata proprio su tali disuguaglianze. La società stessa è corrotta e ingiusta, e senza queste caratteristiche la società smetterebbe di esistere. Altrimenti come potrebbe sopravvivere, se non fondandosi sulla disuguaglianza, una società basata sullo spossessamento della vitalità altrui?

Le nostre argomentazioni si possono comprovare anche solo dando uno sguardo al passato. In Messico dalla metà del secolo scorso noi donne abbiamo il ‘diritto di voto’, e abbiamo via via occupato i seggi, i tribunali e posti importanti nella ripartizione del potere politico. Ma forse da questo si deduce un qualche tipo di miglioria nella nostra penosa posizione di sottomissione, violenza, fame e miseria? Sembra piuttosto che queste donne una volta arrivate a questi ignominiosi scranni, come se avessero bevuto un intruglio velenoso, si mostrino indifferenti davanti alla nostra terribile situazione e che non esitino persino a mostrarsi apertamente nostre nemiche, guardandoci con sdegno dall’alto della loro posizione di privilegio.

Quale impegno verso la nostra situazione possiamo aspettarci da signore che in un giorno spendono quello che noi guadagniamo in un anno con il nostro miserabile salario? Come possiamo continuare a pensare che troveremo una soluzione ai problemi che ci perseguitano attraverso il voto, le elezioni (ed è lo stesso eleggere o essere eletta), le istituzioni statali, o la religione?

Ci dicono ancora che dobbiamo ‘lottare per avere un salario pari a quello degli uomini’. Nessuno ci dice di non essere altrettanto produttive come i nostri colleghi maschi, e di lottare per distruggere la divisione sessuale dei lavori. Ma non dovremmo invece concentrare i nostri sforzi, insieme ai nostri compagni, per abolire il lavoro piuttosto che per perpetuarlo? Proprio grazie al lavoro avviene il furto delle nostre vite! Perché lottare con l’obiettivo di mantenere lo sfruttamento sul nostro lavoro?

III. La prima per il coraggio, la seconda per capriccio, la terza per il piacere

E un’altra ancora. Finché esisterà nelle nostre idee il principio dell’autorità gerarchica esisterà la disuguaglianza. E il potere politico è la mera dimensione organizzatrice del principio di autorità. Dunque non c’è nessuna via d’uscita né destinazione. Però… abbiamo sentito dire in giro che pensano di mandare una donna indigena come carne da cannone per le bestie del potere. Ed ecco un’altra volta il disprezzo per le donne, ci trattano come appendici di qualcosa o qualcuno… eccoli che si mettono a usare i nostri corpi come fossero i loro stracci da pavimento.

IV. Non ce ne andiamo, resteremo qui

Speriamo che le femministe ‘belle e brave’ non ci apostrofino come antifemministe e non vogliano mandarci al rogo, anche se sicuramente non mancherà qualcuna che lo farà. Dopotutto, esiste la convinzione che essere femminista significa dipingere un bello striscione con scritto: ‘Dì di no alla violenza e sottomettiti alle istituzioni’. Come se le istituzioni non fossero le massime organizzatrici della violenza. Noi non saremo mai docili. Noi siamo per l’azione diretta e l’insurrezione. Se a voi piace continuate a inginocchiarvi davanti ai vostri oppressori. Continuate a essere complici e a leccare le vostre manette. State certe però che per quanto ci riguarda, noi continueremo il nostro attacco diretto alle vostre istituzioni femministe e borghesi…

Speriamo anche di non essere etichettate come razziste. Ovvero, alcune di noi sono indigene. Ma a nessuna di noi succederà di servire da zerbino per nessuna organizzazione, piuttosto il contrario… sputiamo su ogni organizzazione e ogni pretesa di dominio sui nostri corpi. Non siamo oggetti di nessuno, non sottometteremo i nostri cervelli e i nostri corpi per realizzare i desideri di nessuno.

MORTE ALLO STATO, VIVA L’ANARCHIA!

NÉ DIO, NÉ STATO, NÉ MARITO, NÉ PADRONE!

A TUTTX LX COMPAGNX SEQUESTRATX NELLE GALERE, FORZA!

MÓNICA CABALLERO Y FRANCISCO SOLAR, FORZA!

AI COMPAGNI A KORIDALLOS, FORZA!

SALVADOR OLMOS, IN MEMORIAM.

la Cellula di Diffusione del Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria

Ana “la mariposa negra”

Fonte: Anarcoqueer

Oaxaca, Messico: Attacchi esplosivi contro il Banco Santander e il Prodecon in memoria del compagno Sebastián Oversluij

Comunicato ricevuto il 12 dicembre 2016:

n14673-4_explosiones-5-544x306n14673-2_explosiones-3-544x306n14673-3_explosiones-4-544x306L’11 dicembre 2013, il compagno anarchico Sebastián Oversluij venne ucciso da una guardia di sicurezza nel corso di un tentativo di rapina in una banca cilena.
Oggi abbiamo deciso di attaccare con degli ordigni esposivi una filiale del Banco Santander e un ufficio del Prodecon° (appartenente al Ministero delle Finanze) a Oaxaca.

Lo ricordiamo a tre anni dal fatto non per far di lui un martire né per vittimizzare la sua morte, ma per rivendicare questa e tutte le azioni illegali e clandestine che sono emerse emergono ed emergeranno in questa guerra.

Sottolineamo che noi (B.A.I.B.F. / Brigata d’Azione Informale Bruno Filippi) non abbiamo niente a che fare con questa ondata di pseudo-anarchic* di sinistra che sono alla mercé e difendono gli interessi di organizzazioni sociali e sindacali, e che scegliamo le affinità individuali antagonistiche e informali e la distruzione totale di questa società-prigione e tutte le sue strutture.

Assumiamo la nostra complicità con tutt* i/le compagn* in fuga e con quell* che cospirano e attaccano dalla clandestinità, e questa azione è anche un abbraccio fraterno a tutt* i/le prigionier* detenut* nelle istituzioni carcerali di tutti i maledetti stati.

Brigata d’Azione Informale Bruno Filippi

°Ufficio del procuratore per la difesa del contribuente

in greco, spagnolo

[Mexico] Fernando Barcenas : non abbiamo bisogno di amnistie perché non abbiamo bisogno di leggi che decidano della nostra vita

reclunortePrigione Nord di Città del Messico, ottobre 2016

La legge è un artificio che castra i comportamenti umani; che pensa, dirige, inventa le nostre vite al posto nostro, e una tale concezione implica la mutilazione del frammento più unico e autentico di noi stessi.

È per questa ragione che chi decide di prendere in mano la propria vita ai margini del macchinario marcio viene considerato come “strano”, “antisociale”, “criminale”, etc…

Non possiamo pensare delle soluzioni all’interno del “quadro democratico”, che con la sua politica di sterminio spaventa gli/le abitanti con furti, violenza e morte.

Mi sono arrivate voci riguardo un’amnistia promossa da qualche partito e istituzione politica. Mi sembra necessario precisare la mia posizione di rifiuto a ogni forma di strumentalizzazione delle energie del popolo per conservare l’ordine. Qualcun* pensa che un’amnistia possa guarire gli interessi del popolo, ridotto in mille pezzi dall’imposizione della ricchezza e grazie alla schiavitù economica; noi non vogliamo “uscire” da una prigione per entrare in un’altra. Vogliamo essere liber*, davvero liber*, al di fuori di tutte le loro realtà virtuali, e questo implica necessariamente distruggere la società. Lo faremo pensando che qualcosa di nuovo deve nascere per far crollare per sempre questa civilizzazione marcia che ci trasforma in automi e ingranaggi del suo macchinario.

Non ci interessano le “lotte politiche”, ma piuttosto il conflitto permanente che esiste ovunque; possono imprigionarci ma non fermeranno la rivolta. I/Le vicin* scontenti che scendono in strada per rifiutare i progetti immobiliari causa dello spoglio e del trasferimento forzato di migliaia di famiglie che non hanno la possibilità di finanziare la privatizzazione dello spazio pubblico. La privatizzazione dell’acqua è un altro sintomo lampante, riflesso della considerazione in cui ci tengono in realtà i/le potenti. Schiavitù moderna, alienata e addolcita da lusso, droga e altre aspirazioni capitaliste.

Non abbiamo bisogno di amnistie perché non abbiamo bisogno di leggi che decidano della nostra vita; lo specchio per allodole del progresso ci fa credere che lo Stato e il governo sono indispensabili e d’un tratto non ci rendiamo conto degli indizi che ci mostrano che ci trasformano in complici del massacro dei nostri popoli…

Vogliamo vedere diffondersi ovunque l’insurrezione che distruggerà il potere centralizzato, giogo comune sotto il quale noi, tutt* i/le pover* soffriamo.

Salutiamo ogni atto d’insubordinazione contro gli standard di vita internazionali che pretendono di convertirci in pezzi indispensabili al loro macchinario.

Noi altr* emarginat* siamo coloro che sopportano il peso di questa società e siccome ormai siamo inutili a questa società tecnologica, giustificano il nostro massacro con delle guerre informali contro la droga, lanciate appunto nei luoghi in cui vivono persone che hanno tradizioni comunitarie e conducono vite diverse da quella imposta dallo Stato.

Chiunque viva in un quartiere povero sa fin da piccolo che il traffico di droga è gestito da organismi semi-pubblici, ossia che l’insediamento della mafia come istituzione regola il controllo interiore del territorio mentre la polizia mette in piedi una politica di due pesi due misure, senza risparmiare gli sforzi per il buon funzionamento della mafia. In questo modo la mafia non è nient’altro che una sottospecie di polizia che regola non soltanto il traffico di droga ma anche le imprese formali e informali esistenti sul territorio.

Nonostante questo, se la situazione è diventata massiccia, questo è dovuto al fatto che all’origine il traffico di droga non è nient’altro che un’attività supplementare dell’idra capitalista.

Un* capitalista resterà sempre un mostro vorace e predatore, che si dedichi a un’impresa “legale”, oppure a quelle che chiamano “illegali”.

L’unica motivazione dei capitalisti è il loro insaziabile desiderio di profitto. Sono pronti a tutto per i soldi e d’altronde è per questo che i rapporti tra capitalisti “legali” e il “crimine organizzato” sono così stretti.

Non possiamo mettere né le nostre vite né quelle dei/lle nostr* car* nelle mani dello Stato/Mafia, perché sono loro i responsabili del genocidio e dei massacri che respiriamo ogni giorno.

Come anarchic* conduciamo una guerra contro il potere, contro tutto quello che cerca di condizionare gli individui e allontanarli da loro stess*.

È per questo che bruciamo tutte le gabbie, che sabotiamo le loro marche commerciali, che attacchiamo i simboli della loro società. Le città le prendiamo d’assalto perché l’urbanizzazione è l’apice dell’imprigionamento di  massa, della privatizzazione delle risorse economiche. Persino i trasporti pubblici sono un simbolo che non smette di ricordare agli/lle emarginat* che non sono i/le benvenut* nei grandi centri urbani. L’aumento del prezzo del metrò, il monopolio di un’unica azienda che tenta di accaparrarsi l’intero mercato dei mezzi pubblici della città, imponendo così il suo schema terrestre di trasporto, sono altrettanti sintomi della privatizzazione totale delle città.

In questa era tecnologica, la prigione è un luogo banalizzato, ragion per cui dobbiamo inventare sentieri e vie che ci aiutino a vivere ai margini, reinventare le nostre vite giorno dopo giorno riappropriandocene.

In guerra, finché non saremo tutt* liber*!

Fernando Bárcenas

in francese

Messico: Giornata di lotta in prigione; Luis Fernando Sotelo, Fernando Bárcenas e Abraham Cortés in sciopero della fame. Miguel Peralta Betanzos digiuna

Dal 28 settembre i compagni Fernando Bárcenas e Abraham Cortes, detenuti nel carcere preventivo Nord, Luis Fernando Sotelo, detenuto nel carcere preventivo Sud di Città del Messico e Miguel Peralta Betanzos, nel carcere di Cuicatlán nello stato di Oaxaca, hanno iniziato una giornata di lotta anti-carceraria all’interno della prigione.

I tre compagni a Città del Messico hanno dichiarato lo sciopero della fame, mentre Miguel ha iniziato un digiuno.

Qui sotto vi proponiamo il comunicato firmato dal compagno anarchico Fernando Bárcenas e da Abraham Cortés.

28 settembre 2016

Ai/lle compagn* ribelli

Ai popoli e le comunità sul piede di guerra

Agli/lle schiav* emancipat*

A chiunque sia interessato a queste posizioni e queste parole…

Oggi, per una liberazione totale, dichiariamo uno sciopero della fame a durata indeterminata come atto di autodeterminazione e d’incitazione a una rivolta generalizzata. Semplicemente perché non possiamo continuare ad assistere, giorno dopo giorno, al genocidio delle nostre comunità e dei nostri popoli.

In questa società esiste una realtà occulta; la democrazia è un colpo di stato che non nasconde i carri armati nelle crepe ma le sostituisce con le telecamere e i microfoni dei giornalisti. La democrazia governa col potere della sua propaganda ed è per questo che sosteniamo che la democrazia è la tecnica e la scienza che il potere utilizzano per non essere percepita come oppressione, il capitalismo ne è il capo e la democrazia il suo ufficio stampa.

È per questa ragione che non ci rivolgiamo né ai media né alle classi dominanti, noi parliamo e ci rivolgiamo ai/lle compagn* dell’immensa galera chiamata Terra, a chi come noi è figli* della guerra per il semplice fatto di essere nat* priv* di tutto.

Ma queste parole non hanno alcuna intenzione di strumentalizzare le forze ribelli e ancor meno di unirle sotto una bandiera qualsiasi, ma piuttosto di aprire un legame di comunicazione, uno spazio di sintonia di lotta e di tutto quello che può emergere da ogni parte come contestazione e atto di auto-determinazione.

Ci sembra, dal nostro punto di vista, che là dove c’è autorità esiste la prigione, ed è per questa ragione che la prigione è ben più che una semplice struttura fisica che ci si impone mediante l’immagine di mura e filo spinato. La prigione, secondo noi, è costituita dalla società intera mentre le prigioni fisiche non sono che l’espressione concreta dell’isolamento sociale che nutre e legittima il potere.

L’urbanismo (per esempio) è la rappresentazione stessa della carcerazione massiccia o, che è lo stesso, della fortificazione dello spazio urbano che si accompagna allo sterminio delle classi popolari più marginalizzate, e che si presenta oggi come parte integrante della fase storico-geografica finale del capitalismo tecno-industriale. (Sforzo finale di ristrutturazione in questa tappa di crisi in cui il solo modo di consolidare la propria dominazione è la guerra).

Ormai non possiamo più credere alle loro bugie perché il loro «fantastico mondo» non esiste attorno a noi; ci trattano come delinquenti, allo stesso modo in cui hanno chiamato selvaggi i primi abitanti delle Americhe, giustificando così il loro genocidio; quello che accade ogni giorno nei nostri quartieri è una guerra coloniale che cerca di tranquillizzare l’effervescenza rivoluzionaria dei nostri simili con tattiche vili come l’inondazione massiccio di droga e armi che implicano immancabilmente l’arrivo nei nostri quartieri e nelle nostre comunità di truppe di occupazione sempre più numerose. Tutto ciò è in relazione diretta con l’aumento della povertà e della carenza educativa e sanitaria nelle comunità e nei quartieri popolari. E che genera come risultato un aumento dell’indice di criminalità, che a sua volta giustifica la repressione da parte dell’apparato politico-militare dello Stato, con la prigione che diventa un monumento al massacro, immensa discarica sociale dove si elimina tutto quello che non piace o che disturba il sistema capitalista…

Attualmente nel paese ci sono 226mila prigionier* e benché le prigioni siano sovrappopolate, il tasso di criminalità non cala, al contrario aumenta o resta stabile. Di conseguenza il problema non sono le 226mila persone detenute ma la società tecno-industriale che ha bisogno di giustificare questo massacro.

La prigione è un’azienda che legittima la guerra contro i poveri e protegge dallo sterminio la società basata sull’accumulazione capitalista.

E qual è il pretesto per condurre in maniera nascosta questo intervento? Basta che i quartieri siano devastati dal crimine, le rapine, i furti, gli omicidi e gli scontri, «le strade non sono sicure», e allora i sindaci e i consigli municipali si trovano d’accordo con i residenti che chiedono «più protezione», senza prendersi la briga di analizzare il contesto di questa sporca guerra.

È evidente che le vittime della piaga della droga sono responsabili dei crimini che avvengono nei quartiere, non lo si può negare. Ma prima di reclamare disperat* «una maggiore protezione della polizia» ricordiamoci piuttosto chi ha imposto questa piaga nei nostri quartieri e comunità. Sarebbe meglio ricordarsi a chi, alla fin fine, giova la dipendenza delle persone alla droga; sarebbe meglio ricordarsi che la polizia è una truppa di occupazione inviata nelle nostre comunità dalla classe dominante, non per proteggere la vita dei poveri ma piuttosto per proteggere gli interessi e la proprietà privata dei capitalisti.

La polizia, i politici e i dirigenti delle grandi aziende sono contenti di vedere i/le giovani proletar* cadere vittime di questa piaga, e per due ragioni, la prima perché il traffico di droga è un’impresa che economicamente rende moltissimo, la seconda è che si rendono conto che finché possono tenere i/le nostr* giovani agli angoli delle strade a «smazzare» per una dose, non dovrenno preoccuparsi di vederci condurre un’efficace battaglia di liberazione.

La polizia non può risolvere il problema, perché fa parte del problema stesso, allo stesso modo le istituzioni del sistema non possono risolvere i problemi sociali, economici e politici del popolo, perché sono loro stessi che li creano e se ne nutrono. La «guerra contro le droghe» non è nient’altro che una dottrina controrivoluzionaria incaricata di conservare e rafforzare la dominazione, lo sfruttamento, l’imprigionamento delle classi sociali più oppresse del proletariato.

Siamo i/le sol* a poter sradicare questa calamità dalle nostre comunictà ed è per questo che invece di collaborare con questa società malata e decadente abbiamo deciso di viverne ai margini per costruire un mondo con le nostre mani, ed è una cosa che passa necessariamente dall’organizzazione rivoluzionaria del popolo.

Libera uno spazio, oKkupa, armati e prenditi cura delle persone che ti sono vicine.

Se ci saranno più azioni di questo tipo, frammentarie e disordinate, senza alcun centro, ma che si riferiscono a mille centri, ognuno auto-determinato, allora ridurle a una formalità e la recuperazione da parte del sistema tecnologico saranno molto più difficili.

Viviamo un’epoca tecnologica in cui il capitalismo si ristruttura attraverso le applicazioni tecnologiche del sistema di controllo sociale e tutto questo ha cambiato il mondo in maniera determinante.

La realtà virtuale di falsi bisogni si è già imposta, gli interessi del proletariato sono stati frantumati in mille pezzi e si perdono nei meandri della realtà virtuale. La democrazia stessa è una di queste realtà virtuali, come tutte le altre.

È evidente che un sistema di questo tipo non può essere tutelato che attraverso la trasformazione degli abitanti del territorio in agenti del sistema, nessun’altra struttura repressiva saprebbe garantirne meglio la difesa.

È per questo che lo stato/capitale tecnologico/moderno non può essere distrutto sul territorio che dall’ascesa generalizzata dell’insurrezione.

Quindi la risposta non si trova nelle teorie, ma concretamente nell’esigenza e la necessità degli/lle esclus* del sistema, i/le ribelli, e per finire nel linciaggio sociale che sono il frutto naturale di una società divisa tra privilegiati da una parte e schiavi dall’altra.

Anche la rivolta è un evento naturale che non è stato appena scoperto dagli/lle anarchic* né gli/le altr* rivoluzionar*.

Ma questa rivolta non è direttamente riconducibile ai vecchi programmi e manuali «rivoluzionari»,  la rivolta dei nostri giorni è atomizzata, disordinata, un fine in sé.

Per noi ribelli sociali, la rivolta è un rifiuto totale delle ideologie tanto che fanno parte del sistema che ci opprime.

Col metodo basato sulla pratica dell’azione diretta, nel conflitto permanente e l’auto-organizzazione delle lotte, senza l’accettazione di alcun moderatore, allora sì che enormi possibilità di sbocchi insurrezionali restano aperte.

Da questo punto di vista, è chiaro che l’anarchia non è un’ideologia ma una forma concreta di opposizione a quello che esiste, per ottenere la sua distruzione totale e definitiva.

Quindi siamo per la ribellione permanente, per l’insurrezione generalizzata, unico modo di rendere impossibile la manifestazione di un potere centralizzato.

Lanciamo questo grido di guerra come forma di difesa della lotta dei/lle prigionier* statunitensi e allo stesso modo di solidarietà con i/le compagn* afro-american* che come noi vivono il genocidio della droga.

Solidarietà con i popoli e le comunità ribelli.

Solidarietà totale col compagno Luis Fernando Sotelo Zambrano.

Per la liberazione totale! Per la distruzione della società carceraria!

Tre anni dopo l’incarcerazione di Abraham Cortés Ávila, il 2 ottobre 2013.

Fernando Bárcenas.
Abraham Cortés Ávila.

Fonte in spagnolo: Croce Nera Anarchica del Messico

in spagnolo, francese, portoghese

Messico: Il prigioniero anarchico Fernando Bárcenas chiama alla solidarietà rivoluzionaria con lo sciopero nelle prigioni statunitensi

Mexican-Prison-Riot-544x318Lettera aperta ai/lle compagn*.

Nota: L’uso della parola prigione in questo testo fa riferimento a tutti gli ambienti artificiali che ci addomesticano per inserirci di forza nel sistema di produzione capitalista; è un contributo per approfondire la riflessione di tutti gli esseri viventi in mano alle potenze economiche e al progetto tecnologico…

Compas, vi saluto con amore ribelle, perché queste parole di guerra possano arrivare fino a voi; saluto anche i giorni di rivolta che vengono, mentre le idee sbocciano nei campi come fiori che non dovremmo smettere di curare.

Non sappiamo se vinceremo, ma quello che sappiamo è che non occuperanno i nostri sogni e le nostre vite…

L’unico momento davvero libero è quando lottiamo per la libertà, perché preferiamo morire che accettare questo stile di vita, e senza rendercene conto siamo già liberi, perché niente occupa le nostre menti tranne il solo desiderio d’incendiare la realtà…

Ma cosa si nasconde dietro questa guerra distruttiva, dietro la cupa oscurità dello spirito umano? Non sono forse il riflesso e la manifestazione poetica di esseri umani che si riappropriano della propria vita e influenzano attivamente l’organizzazione della vita quotidiana?

Se ogni persona che si vanta della propria “libertà” si rendesse conto della propria condizione, sarebbe l’inizio dell’ultima guerra, la nostra ultima opportunità.

Ho imparato che la possibilità di una reale forza capace di opporsi e negare il capitalismo vengono rivelati nel corso della vita quotidiano delle persone.

Sono semplici connessioni tra idee e azioni; non vogliamo essere gradevoli alle moderne masse consumatrici, ecco perché credo che una vera forma di auto-organizzazione può esistere solo tra le persone più colpite ed emarginate, che vivono quotidianamente una guerra condotta dall’istinto e dai sentimenti più che dalla ragione…

E una coscienza selvaggia e incontaminata, non troppo manipolata dal sistema educativo, è sempre più aperta alle posizioni anarchiche…

E per gli/le altr*, che intuiscono istintivamente, e si sentono portati verso la disobbedienza, si tratta soltanto di provocare la “scintilla” che accenderà la fiamma…

Ma in generale per far riflettere un* prigionier*, per esempio, consideriamo che le semplici parole non sono abbastanza, perché si tratta di qualcun* che vive la guerra quotidianamente e che conosce il panorama molto meglio di noi e non accade attraverso le parole, ma ad azioni e comportamenti reali, che siano in linea con quello che pensiamo e diciamo.

In molti questionano le “tattiche” o “metodi” come se fosse una gara, e con questo non voglio dire che dovremmo isolarci ed evitare la critica cosciente, ma il contrario; l’unico  problema è che ci trasciniamo dietro, come collane, le influenze borghesi che hanno storicamente contaminato le forme d’organizzazione di coloro che si definiscono libertari…

Radicalmente contrario, non penso sia necessario razionalizzare tutti gli aspetti della vita. La rivoluzione sociale si costruisce giorno dopo giorno, senza manuali o dogmi, sia nella vita sociale sia nell’ombra, e non perché uno debba essere rivoluzionario per decreto, ma perché la parola rivoluzione per me, e per quanto ne so per molti altri, significa avere un ruolo attivo in questa guerra, ma sempre a modo nostro, e per questo non possiamo continuare a chiudere gli occhi di fronte a nessuna dottrina o ideologia scientifica o religiosa, dato che  l’istruzione e la conoscenza vengono acquisite nelle trincee popolari, nella sperimentazione, nella confusione, nella spontaneità, non vogliamo avere obiettivi o norme, perché vorrebbe dire condannarci all’ignoranza e la schiavitù…

Il problema delle grandi civiltà che sono esistite finora è che hanno tutte basato la loro visione del mondo sulle scienze esatte e quantificabili…

L’umano sente una tale angoscia di fronte all’insignificanza della propria esistenza a causa dell’abbandono assoluto del vivere nel regime carcerale delle città e delle prigioni che cerca rifugio  e sollievo cercando di imporre un “ordine” fittizio alla vita; si consacra a cercare di capire tutti e riduce tutto al proprio mondo e alla propria taglia. Se ci concentrassimo più sull’approfittare della nostra vita splendida troveremmo il sollievo a tutti i mali creati in noi dall’addomesticamento della cività, e tutte le guerre catastrofiche che l’esser umano ha portato sulla terra cercando ingenuamente di spezzare l’ordine naturale della vita avrebbero potuto essere evitate…

Ed è per questo che in questa guerra imposta, in cui viviamo e soffriamo della schiavitù e della miseria per mano dei pochi che in nome del capitale si sono arrogati il diritto di dirigere la nostra esistenza, non è ancora troppo tardi per tealizzare che i secoli di storia che hanno preceduto ci hanno insegnato che qualsiasi sia la forma di governo è sempre la stessa storia; la giustificazione del diritto di limitare e di punire per sfruttare…

Anche il più primitivo degli organismi viventi sa in modo istintivo che se non è capace di adattarsi all’ambiente finirà con lo scomparire. E la questione è: l’essere umano sarà capace di adattarsi ale condizioni di vita artificiali che gli impone l’ambiente tecno-industriale?

Nella natura selvaggia e in noi stessi esistono gli ingredienti che rendono possibile la vita come la conosciamo ed è per questo che è assurdo pensare di possedere tutte le risorse naturali e materiali che ci circondano. È una visione coloniale e antropocentrica di vedere la vita ed è per questo che il riprodurla condurrà a breve alla creazione del principio di autorità e potere, con la schiavitù e la guerra come conseguenza…

La nostra partecipazione alla guerra dev’essere quindi radicalmente diversa dai metdoi di guerra imperialisti… Non è la guerra per la guerra, non è la guerra fine a se stessa ma la nostra difesa selvaggia…

È un appello alla solidarietà rivoluzionaria contro la schiavitù e lo sterminio impostoci dal saccheggio economico… in America del nord, America latina, Medio-oriente, Europa e tutti i luoghi raggiunti dalla civilizzazione, all’interno delle prigioni messicane, che sappiano che ci prepariamo, ma le azioni lo dimostreranno…

In guerra a fianco dei/delle nostr* fratelli e sorelle prigionier*, schiav* degli Stati Uniti, che stanno organizzando e coordinando per il 9 settembre 2016 uno sciopero nazionale nelle prigioni dell’America del Nord e con tutt* gli/le altr* prigionier* e schiav* nelle prigioni esterne…

Finché non saremo tutt* liber*.

Fernando Bárcenas Castillo

in inglese, francese

[Messico] : Riflessioni di Fernando Bárcenas Castillo a proposito del giornale anti-carcerario «El Canero»

libertadFernando Bárcenas Castillo è un giovane anarchico, musicista e studente all’Università di Scienze Umane, nella sede di Vallejo – città del Messico. Ha vent’anni ed è stato arrestato il 13 dicembre 2012 durante la protesta contro l’aumento del prezzo dei biglietti del metrò. È stato accusato di aver incendiato l’albero di Natale della Coca-Cola, e da allora si trova nella prigione Nord a Mexico. Nel dicembre 2014 è stato condannato a cinque anni e nove mesi di prigione per i reati di attacco alla quiete pubblica e associazione a delinquere, ha fatto appello ed è in attesa della decisione. All’interno della prigione Fernando ha organizzato diversi progetti di diffusione e informazione, per esempio delle fanzine e il giornale anticarcerale «El Canero».

Riflessioni sul giornale « El Canero » di Fernando Bárcenas
Prigione Nord di città del Messico, giugno 2016

Il progetto di «El Canero» è nato nelle ore di noia, di condivisione delle discussioni e delle riflessioni nelle celle d’isolamento, nella zona 3 del reparto di entrata, osservando la routine e capendo che dobbiamo sempre ricominciare da capo; è così che è nato il bisogno di ridare senso.

Cosa significava realmente lottare contro la dominazione e lo Stato?
Credere ciecamente nelle mie idee aveva davvero ancora senso?

Tante domande affollavano la mia testa e ho capito allora che dovevo trovare una forma per non ritrovarmi in preda all’angoscia e alla disperazione…
Dapprima ho cominciato a scrivere per iniziare un dialogo con me stesso, poi, quando ho concepito il modo di materializzare la mia libertà interiore, l’ho utilizzata come luogo di introspezione a partire da dove mi trovavo con i miei aguzzini, delle mie prigioni soggettive, dei miei atteggiamenti autoritari e di sottomissione, un luogo dove non avevo senso che cercando me stesso e che ha in effetti funzionato come strumento per riacquistare fiducia nella mia individualità unica e libera.

Poi sono venute le domande.
Aveva senso scrivere per sé?
Cosa serviva per spezzare le barriere dell’isolamento?
Le risposte infinite a queste domande mi hanno condotto a una sola risposta: «Scrivere!»
Se la libertà è indispensabile e apprezzata quanto la vita stessa, al punto che saremmo capaci di sacrificare la nostra vita piuttosto che sottometterla alla schiavitù e le catene, allora perché non battersi per diffonderla e fare in modo che altri possano sperimentare qui e adesso la sensazione di libertà e pienezza che ci procura e che percorre il nostro corpo ogni volta che evadiamo dal perimetro legale, della norma sociale?

Siamo attori della rivolta e per ogni atto deciso, ci accettiamo come esseri capaci di autodeterminarci, di riappropriarci delle nostre vie e avanzare in modo coerente verso la sperimentazione e la creazione di nuove forme di rapporti senza per questo trasformarci in istituzioni sociali. È per questo che all’interno come all’esterno delle prigioni fisiche dobbiamo riflettere e interrogarci: siamo soddisfatti di vivere sottomessi a tali condizioni? Abbiamo voglia di distruggere la realtà o vogliamo soltanto trasformarla? Ma soprattutto dobbiamo sapere se questa scelta siamo davvero noi a compierla, se è davvero la nostra.

Fernando Bárcenas
Prigione Nord della città del Messico

in francese

Città del Messico: Azioni in solidarietà con i/le compagn* imprigionat*

Ricevuto il 3 febbraio, con l’immagine:

fireIl 31 gennaio abbiamo coordinato due azioni di solidarietà con i/le prigionier*. Non soltanto in solidarietà con i/le prigionier* anarchic* ma con chiunque sia stat* e sia incarcerat* dallo stato o che fugge da questa oppressione vigliacca.

Abbiamo effettuato due azioni simultanee. Abbiamo spiegato degli striscioni in viale Xola e Tlalpan (Città del Messico): “Solidarietà con i/le prigionier*anarchic*” e “Fuoco alle prigioni e a tutti i giodici”. Nello stesso momento, nella parte sud di Città del Messimo, abbiamo dato fuoco a un’automobile TELMEX, che appartiene al miliardario Carlos Slim.

Non siamo tornat* sul posto, e partiamo dal presupposto che le azioni siano andate a buon fine. Azioni che provengono da cuori impetuosi, con amore e rabbia, contro il viso delle orride strutture che minacciano di sopprimerci tutt*. Speriamo che la gente veda i nostri messaggi, il fuoco; che riproduca e intensifichi.

Alcun* anarchic* <3

in inglese, tedesco, spagnolo

Messico: Ordigno incendiario nel parcheggio del Palazzo della Delegazione di Xochimilco (in risposta al Dicembre Nero)

Artefacto-Xochimilco

La notte del 1° dicembre abbiamo deciso di infilarci nelle loro viscere di cemento, penetrare nei loro templi e fare un giro, e pieni d’amore per il caos e la COMPLETA distruzione di questo mondo abbiamo lasciato un ordigno incendiario nel parcheggio del Palazzo della Delegazione di Xochimilco
allo stesso tempo chiariamo la nostra posizione contro la civilizzazione e il progresso.

Non crediamo che il “sistema” cadrà a causa della perdita quantitativa delle loro vite o di cose materiali, ormai lo sappiamo – colpire dove fa male; e allo stesso tempo non crediamo nel potere del popolo né alle idee delle masse, ce ne liberiamo e diventiamo quelle cellule malate che provocano la morte del tessuto, della società e della civilizzazione

Ma gli attacchi per diffondere caos e terrore continueranno…
e ancor più quando si tratta di mostrare un caldo gesto vitale all’interno della loro statica routine quotidiana, e in questo caso dedicato a tutt* i/le compagn* che sono stat* assassinat*, incarcerat*, rapit*, ingabbiat* in tutto il mondo
questa è una risposta all’appello per un Dicembre Nero.

CONTRO LA CIVILIZZAZIONE E IL PROGRESSO

PER CHI È CADUTO E CHI È STATO RAPITO IN QUESTA GUERRA CONTRO L’ESISTENTE

CONTRO LE MASSE MORTE

PER UN DICEMBRE NERO

Cellula di distruzione Non Terrae Plus Ultra. (Il sogno che diventa realtà)

in inglese, spagnolo, greco

Torreón, Messico: bancomat e telecamera a circuito chiuso sabotati

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Non riusciranno mai a integrarci nella loro routine; per noi la loro civilizzazione è una gabbia; per i loro lavori, le loro leggi, le loro regole di coesistenza sociale noi proviamo soltanto disgusto; il loro successo non ci interessa, né avere macchine o case “fornite di tutto” dove tenere la nostra “adorabile” famiglia e condurre una vita “felice”. Ci fa semplicemente venire la nausea…

Non ci sentiamo parte della massa sociale, e non ci interessa lottare per un qualsiasi suo miglioramento. La massa vive incatenata ai telefoni con mille e una funzione, ai televisori giganti, oggetti di cui non ha bisogno ma per cui si indebita fino al collo, incatenata alle droghe, incatenata ai lavori e agli studi per “essere qualcuno nella vita”… Si sente libera soltanto nel fine settimana, quando si ubriaca senza limiti. Rifiutiamo e odiamo assolutamente quello stile di “vita” che è giusto una vita da zombie. Non rappresentiamo nessuno, e nessuno ci rappresenta, siamo solo individualità caotiche, siamo un urlo selvaggio, siamo un ruggito che scuote l’alba.

Nella notte di lunedì 23 novembre 2015 abbiamo sabotato con della vernice 3 bancomat della Banamex, insieme a una telecamera di sicurezza della stessa banca. In più, anche un bancomat della BanRegio è stata sabotato con la vernice. Vandalizzare  la loro vita abitudinaria, mostrare il nostro disprezzo per il loro vero dio, il dio denaro. Preparare il terreno per Dicembre Nero quando i nostri zaini pieni di sorprese potranno essere ovunque, quando il nostro fuoco potrà accendersi in ogni momento, quando ogni telefono potrà ricevere delle minacce, a volte false, a volte no.

“Tic tac tic tac” Dicembre Nero si avvicina.

Finché la loro civilizzazione finirà

Per i/le nostr* cadut* e incarcerat*

Per l’anarchia

Per Dicembre Nero

– Individualità anti-sociali per la caduta della civilizzazione –

in inglese, spagnolo, greco

Messico: Solidarietà esplosiva con lo sciopero della fame della Coordinazione Informale di Prigionieri in Resistenza

Comunicato ricevuto il 27 luglio.

A 30 giorni dall’inizio dello sciopero della fame della Coordinazione Informale di Prigionieri in Resistenza

Salutiamo col fuoco l’iniziativa di lotta dei compagni della Coordinazione Informale di Prigionieri in Resistenza, a 30 giorni dall’inizio del loro sciopero della fame, che ci dimostrano che la lotta frontale contro lo Stato-Capitale continua anche all’interno della prigione, e che non fa che assumere un’altra forma.

Domenica 26 luglio un pacco esplosivo è scoppiato nella succursale della Banamex sull’avenida Revolucion, tra le vie Mixcoac e Barranco del muerto, e con quest’azione rivendichiamo la lotta dei nostri compagni. La critica-pratica del capitale nel suo insieme riveste forme diverse, dalla lotta all’interno della prigione, al sabotaggio diffuso, alle barricate che dei/lle compagn* innalzano in diverse regione del territorio controllato dallo Stato messicano per difendere la Terra, la vita stessa e le molteplici forme che conosce l’associazionismo proletario nella lotta di strada, la solidarietà e la lotta in tutte le sue forme.

Mandiamo un forte abbraccio di combattimento ai compagni Julian Barron Lopez, Jose Santiago Hernandez e Fernando Barcenas. Ci ricordiamo anche del compagno Luis Fernando Sotelo, le azioni di solidarietà dovranno continuare su tutti i fronti.

Fino alla distruzione totale delle prigioni!
Per l’appropriazione della vita umana!
Guerra allo Stato-Capitale!

Prole
27/07/15

in francese, spagnolo

Naucalpan, Messico: Ordigno esplosivo in concessionaria Mercedes Benz

naucalpan

All’alba del 5 luglio abbiamo abbandonato un ordigno esplosivo ai piedi di un’automobile di lusso della concessionaria Mercedes Benz “Autosat Satélite”, in corso México-Querétaro, nel comune di Naucalpan, Stato del Messico.

Non disdegnamo alcun attacco contro il sistema tecnologico, noi membri di RS abbiamo utilizzato diversi metodi per continuare ad appostarsi e colpire i responsabili immediati della distruzione e artificializzazione della natura selvaggia, e continueremo a farlo.

La pioggia continua, gli attentati anche!

I tuoni alimentano l’istinto dell’attacco per cadere sulle teste infette dei nemici dell’Indomito…

Reazione Selvaggia
Gruppusculo Fino alla tua morte o la mia!

in spagnolo, inglese, greco

Indianapolis, USA: Azione solidale davanti al consolato messicano

mex.consulate
Forza ai/lle ribelli in Messico

Il 3 luglio si è svolta una manifestazione di solidarietà contro la repressione in Messico organizzata fuori dal consolato messicano a Indianapolis, USA. Ecco il testo del volantino distribuito durante la manifestazione:

Il 16 giugno 2015, la Croce Nera Anarchica – Messico, un’organizzazione anti-repressione, ha emesso un comunicato che descrive l’intensificarsi delle persecuzioni e la sorveglianza che subiscono per mano dello stato messicano.

Si tratta soltanto dell’ultimo giro di vite distillato dal governo messicano:

– Nel settembre del 2014, 43 tirocinanti ribelli di un’università di provincia a Guerrero implicati nelle proteste per l’educazione vennero fatti sparire, presumibilmente dalle forze dell’ordine e da organizzazioni criminali. Le manifestazioni seguite al rapimento si sono scontrate con una continua violenza della polizia. Quasi un anno dopo, solo uno dei corpi è stato ritrovato.

– A inizio giugno 2015, un insegnante militante, Juan Villegas Tenorio, è stato picchiato a morte dalla polizia durante una protesta. Altri due insegnanti presenti all’evento sono stati picchiati, ma sono sopravvissuti.

– Un numero crescente di rivoluzionar* sono confrontat* a lunghe sentenze di prigione, compreso Abraham Cortés, che è stato recentemente condannato a 5 anni e nove mesi. Altr* prigionier* anarchic* affrontano attualmente condanne estreme, inclusi Fernando Barcenas e Fernando Sotelo.

– Un nuovo sciopero della fame è stato annunciato nelle prigioni intorno a Città del Messico. La richiesta principale di questo sciopero della fame è la fine delle torture nelle prigioni.

– Dall’inizio di giugno sono scoppiate delle proteste in tutto il Messicono, compresa una manifestazione di 6,000 insegnanti nel centro di Oaxaca. I manifestanti chiedono il boicottaggio delle elezioni: “Votare è mentire.”

Tramite tutta questa violenza repressiva, lo stato messicano spera di controllare la rabbia popolare, ma sta solo riuscendo a diffondere la resistenza. Oggi siamo qui davanti al consolato messicano per richiamare l’attenzione su queste lotte e per esprimere la nostra solidarietà a tutt* quest* ribelli, e agli/lle altr* che soffrono per mano dello stato. Speriamo che sia un piccolo passo verso la diffusione di queste rivolte.

Abbasso tutte le frontiere e le prigioni!

in inglese, spagnolo

Città del Messico: Molestie poliziesche nei confronti dei membri della Croce Nera Anarchica – Messico

Negli ultimi anni abbiamo assistito all’intensificarsi della repressione nei confronti del movimento libertario e anarchico tramite le strategie utilizzate qui a Città del Messico: stabilire cifre altissime per le cauzioni, e applicare lo stesso pacchetto di accuse, con le stesse aggravanti, senza prestare importanza alla situazione specifica ma piuttosto alle prescrizioni dello Stato; persecuzione e segnalazione nei media come elemento fondamentale del loro piano: registrare nomi di gruppi (esistenti davvero o no) di persone o di luoghi, inventando legami che non sussistono in realtà, confrontando tutt* e tutto da un punto di vista verticale, cercando di farci rientrare in uno schema di leadership e dimostrando con questo una profonda ignoranza e/o un profondo disprezzo per le idee anarchiche, che non hanno niente a che fare con questo tipo di logica gerarchica.

D’altra parte abbiamo gli sforzi del governo per qualificare l’anarchismo o il “comportamento anarchico” secondo la classificazione giudiziaria di terrorismo, applicando accuse gravi e operando secondo parametri di massima sicurezza, solo per poi ritirare le accuse con l’argomento dell’insufficienza di prove – ma lasciando in sospeso la minaccia che le “investigazioni continuano.” Investigazioni insensate, afflitte da referenze arbitrarie a gruppi e individui che esistono in spazi  diversi.

Tutto questo in parallelo con il controllo e la sorveglianza di alcuni individui nel tentativo di intimidirli, come anche di provocare certi spazi autonomi.

Circondato da questa strategia, e insieme a molt* altr* compagn*, gruppi, e collettivi, il nome della Croce Nera Anarchica – Messico ha cominciato a spiccare nelle note, “investigazioni” e dichiarazioni politiche o poliziesche.

Crediamo che sia importante rendere noto che nelle ultime settimane degli individui che sembrano essere elementi di “investigazione” della polizia di Città del Messico si sono presentati fuori dalle case e i posti di lavoro di alcun* di noi, minacciando i/le nostr* vicin* e familiari e affermando di svolgere un lavoro di sicurezza e sorveglianza.

Oltre a esigere la fine di questa persecuzione, diffondiamo questa denuncia pubblica come campanello d’allarme; sappiamo che la repressione è intrinseca allo stato di cui ci dichiariamo nemici, sappiamo che le sue prigioni e la sua polizia sono la base del suo potere e della sua dominazione. E sappiamo che il nostro lavoro sul pensiero anticarcerale, di sostegno e accompagnamento dei/lle compagn* imprigionat* è in diretta contraddizione col suo potere e la sua dominazione.

Ma sappiamo anche la SOLIDARIETÀ TRA ANARCHICI NON SONO SOLO PAROLE SULLA CARTA!

In questo contesto, chiediamo agli individui, ai collettivi, ai gruppi affini e ai/lle compagn* con cui abbiamo lavorato negli ultimi anni, di stare attent* e di continuare a mostrare la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto finora.

Abbasso le mura delle prigioni!

Liberi tutti!

Croce Nera Anarchica – Messico

in spagnolo (16/6) | inglese, greco

Messico: Incendio della torre di telecomunicazioni di TelMex ad Atizapán

17 aprile 2015

Il gruppuscolo “Fino alla tua morte o la mia” ha dato fuoco a una torre telefonica sulla strada Messico-Toluca all’altezza del municipio di Atizapán, Stato di Messico. Abbiamo rotto il recinto di filo spinato e la griglia che “proteggeva” l’antenna e abbiamo piazzato un ordigno incendiario con un rallentatore fatto in casa sui cavi dell’alimentazione di energia. In lontananza abbiamo visto che l’ordigno si era acceso e illuminava la notte, il fuoco si è sviluppato lungo l’antenna bruciando e danneggiando quella proprietà della maledetta società Telmex.

L’antenna è stata messa fuori uso, cosi abbiamo continuato la serie di atti per cui, come già avevamo ribadito in anticipo, tutto ciò che è e simboleggia la civiltà, il progresso, la tecnologia, l’artificialità e la scienza sarà attaccato in qualunque modo.

La natura selvaggia reclama il suo, le colline divise dalla suddetta strada, gli alberi abbattuti per la costruzione di antenne ad alta tensione e di comunicazioni, gli animali (umani e non) spinti ad abbandonare il loro habitat dalla espansione pestifera della civiltà, tutto ciò che il progresso non ha rispettato né rispetta grida vendetta, i nostri antenati hanno posseduto le nostre menti, ora il fuoco di guerra ci appartiene.

Resistenza a tutto ciò che ci è estraneo !

Reazione Selvaggia
Gruppuscolo “fino alla tua morte o la mia”

Coacalco: Libro-Bomba nella Università della Valle del Messico

All’alba dello scorso 14 aprile di quest’anno, abbiamo abbandonato un libro bomba nei locali dell’Università della Valle del Messico (UVM) nel campus di Coacalco, Stato di Messico.

L’esplosivo era destinato all’area della facoltà di Scienze della Comunicazione. Questa è di gran lunga una delle carriere accademiche più richieste nel mercato del lavoro, si va dai giornalisti fino ai registi, e anche se coprono vari settori, la maggiore parte si concentra soprattutto sul nutrire l’apparato di diffusione del progresso e la tecnologia.

Il sistema ha bisogno di propaganda, di persone che si incarichino della manipolazione e l’alienazione nei media massivi (e non massivi) di comunicazione, ha bisogno di mostrare alle masse passive e insoddisfatte una mezza “verità”, così si avvalgono tanto di mezzi virtuali come di persone dedicate a nascondere le sue più grandi bugie. O forse (per citare un esempio) non furono questi comunicatori che si incaricarono di cercare di nascondere l’attentato contro la natura del Gruppo Mexico, con la sua fuoriuscita di rifiuti tossici a Sonora l’anno scorso? Sono stati loro a continuare a insistere nel dare spazio al progresso in questa società decadente, quelli che si avvalgono del loro “lavoro” per far sì che il sistema continui a crescere, diffondendo atteggiamenti che i destinatari trasformano inconsciamente in valori, che tendono a essere innocui per la coesistenza dello stesso sistema tecnologico.

Come di consueto l’atto è stato passato sotto silenzo, forse a causa della crisi politica che attraversa il paese, forse per l’appello degli anarchici a boicottare le prossime elezioni, forse perché all’università privata non conveniva fare rumore, in ogni caso, quello che assicuriamo è che se continuano a nascondere le nostre azioni, ci vedremo nella necessità di generalizzare l’attacco estremista contro la civiltà e il progresso tecnologico, con esplosivi, incendi e proiettili precisi.

Che si sappia già…

Per la  difesa della natura selvaggia e contro il sistema tecnologico!

Reazione Selvaggia
gruppuscoli:
“Tuono del Mixtón”
“Signore del Fuoco Verde”

Comunicato da qualche parte in Messico

eyeholes

Dopo mezzanotte… nasce il fuoco nero

Il 12 aprile del 2015, intorno alle 20.30, abbiamo collocato un ordigno incendiario nella succursale del banco Santander di via ferrocarril hidalgo, all’angolo con via Nezahualcóyotl, che è scoppiato con successo provocando danni nel palazzo.

Si tratta di un atto di solidarietà con le ed i prigionier* sequestrat* dagli Stati di tutti i nomi.

In particolare si tratta di un atto di solidarietà con la lotta dei prigionieri anarchici greci in sciopero della fame*. Da qui vi diciamo: forza e solidarietà, compagni.

Si tratta anche di una risposta alla chiamata dei compagni cileni per la realizzazione di giornate di solidarietà per i prigionieri in guerra sociale. Da qui vi diciamo: siamo con voi, compagni.

Si tratta, infine, di un atto di solidarietà con i compagni  in clandestinità, poiché sappiamo quanto difficile sia quel cammino. Da qui vi diciamo: compagni, i muri che ci separano cadranno!!!

Libertà per Fernando Bárcenas, Abraham Cortés e Luis Fernando Sotelo!
Fuoco alle prigioni!!
Perché la solidarietà anarchica supera le parole!!!

LUPE LA CAMELINA
Per la Cellula di Diffusione del Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria

in greco

Nota di Contra Info : *I prigionieri della Rete dei Prigionieri Combattenti hanno interrotto lo sciopero della fame il 18 aprile scorso, dopo 48 giorni di lotta. Leggi qui la loro dichiarazione.

Messico: Cade l’accusa di terrorismo per Carlos, Amelie e Fallon

Fine delle indagini per Carlos, Amelie e Fallon, denunciati per danni e attacco alla quiete pubblica. Cade la montatura di terrorismo.

Il 17 Febbraio 2014 sono scaduti i 40 giorni di indagine che la Procura Generale della Repubblica aveva deciso per il nostro compagno Carlos Lopez e le nostre compagne Amelie Pelletier e Fallon Poisson.

Durante questi quaranta giorni hanno tentato di accusarle/i di terrorismo e delinquenza organizzato, senza dubbi, usando metodi intimidatori e inquisitori, tuttavia non sono riusciti a montare il caso, quindi sono stati scarcerate/i per mancanza di prove; tuttavia la polizia locale del distretto federale li ha nuovamente arrestati per l’accusa pendente di danni e attacchi alla quiete pubblica.

Le compagne si trovano al Reclusorio Femenil di Santa Martha e hanno ricevuto la visita degli avvocati, mentre Carlos ha informato che sta nel Reclusorio Oriente, e a breve riceverà le visite.

I reati dei quali sono accusate/i non sono gravi, quindi dovrebbero ottenere la cauzione, ma ricordiamo che nella stessa situazione c’è il compa Mario González al quale è stata sempre negata la cauzione col pretesto del pericolo sociale.

Continuiamo a solidarizzare con le nostre sorelle e i nostri fratelli sequestrati/e dallo Stato!

Libertà per Carlos, Amelie e Fallon!
Libertà per Mario, Salvador e Fernando!

Libertà per tutti/e!
Abbasso le mura delle prigioni!

Croce Nera Anarchica Messico