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Torino: Lettera di Beppe dal carcere

Lettera scritta il 4 ottobre ricevuta il 9

Ciao a tutte e tutti.
Sono stato arrestato il 4 agosto con la misura cautelare di custodia nel carcere “Lorusso e Cotugno” di Torino insieme ad altr* 4 compagn* e due compagne con la misura cautelare di divieto di dimora dal comune di Torino e provincia per esserci frapposte all’ennesima retata nel nostro quartiere, ma già molto abbiamo detto al riguardo e non mi dilungherò oltre.

Dopo due settimane in carcere, il Tribunale della Libertà ha modificato la misura cautelare per i/le cinque arrestate alla custodia cautelare presso i domicili da noi presentati. Per quel che mi riguarda ho deciso di andare da una compagna presso il comune di Roma. Lì i controlli si sono susseguiti di giorno in giorno fino al 22 settembre; giornata nella quale, alle sette del mattino circa si sono presentati alla mia porta vari poliziotti in borghese e due volanti per notificarmi un aggravamento di pena, richiesto dai carabinieri preposti al mio controllo della caserma di La Storta per una presunta evasione effettuata in daa 31 agosto. Da quel momento (22/9) sono quindi stato tradotto al carcere di Regina Coeli.

Non cercherò certo qui, tra queste righe, di difendermi da tale accusa, ma quantomeno ne approfitterò per salutare e abbracciare col cuore le mie sorelle e i miei fratelli, compagne e compagni. Ripetendo a me stesso che, nonostante la repressione, le angherie e i soprusi ci saremo sempre l’un per l’altra. Che non smetteremo di lottare. Che ci ritroveremo ancora sulle barricate, sorridenti, determinate e a testa alta. Che per quanto possano temporaneamente o meno togliere di mezzo una/o di noi, altre ed altri saranno li a colmare il vuoto. Che non ci sarà pace né tregua per chi ci opprime e reprime.

Con rabbia e amore, vostro compagno
Beppe

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Beppe è stato trasferito il 13 al carcere delle Vallette a Torino, per scrivergli:

Giuseppe de Salvatore
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno,
Via Maria Adelaide Aglietta, 35,
10149 Torino

[NdR: Beppe è stato accusato, con altr* compagni e compagne anarchic*, di resistenza aggravata e danneggiamenti; le accuse si riferiscono al tentativo di opporsi a una retata di polizia in un parco della zona Barriera di Torino dell’aprile 2017, quando ci fu una carica contro compagn* che cercavano di ostacolare con cori e slogan i controlli nei confronti di chi si trovava nell’area, tra cui immigrati e persone senza casa. ]

[Messico]: Lettera di Fernando, 20 luglio 2017

Dopo essere stato rinchiuso in una cella dela zona 7 C.O.C (Centro d’osservazione e di Classificazione), ho assistito, mercoledì 19 luglio 2017, all’audienza del Consiglio tecnico interdisciplinare, che ha deciso che non potevo tornare con i detenuti comuni a causa del conflitto scoppiato la settimana scorso, e sono quindi stato condotto nell’Unità di Massima Sicurezza (M.M.S.), e attualmente, per motivi di sicurezza, sono isolato nella zona del Panal*.

Allo stesso tempo le mie cose sono state controllate all’entrata del M.M.S. I secondini, durante la perquisizione, hanno trovato i fogli con i miei scritti e delle lettere personali tra cui si trovava un abbozzo della rivista « El Canero », che mi hanno confiscato, e da quel momento hanno adottato un atteggiamento violento, violando la privacy della mia corrispondenza personale, e finendo con una minaccia: « Puoi farti ammazzare per quello che dici» e «Falla finita col tuo giornale», facendomi sapere che scrivendo ed esprimendo le mie idee attentavo alla sicurezza dell’istituzione, ragion per cui dovevo restare in isolamento.

C’è da sottolineare che a causa del conflitto precedente non posso più dividere una cella, per proteggere la mia integrità e la mia vita. Malgrado ciò, dopo il mio trasferimento al Panal, mi hanno piazzato in una cella con 8 persone a me sconosciute e che non mi ispirano alcuna fiducia.

Per tutte queste ragioni, ritengo il Consiglio Tecnico responsabile di quello che può capitarmi, dato che si tratta ancora una volta di un pretesto ulteriore per continuare a mantenermi in condizione di confino e punizione.

– Fernando Bárcenas –

Note:

« El Canero » vuol dire «colui che è in galera». Si tratta di un media libero prodotto da prigionieri et prigioniere dietro le sbarre di diverse prigioni della capitale messicane.

* «Il Panal» – Quartiere di alta sicurezza.

Il compagno Fernando esige di venire ritrasferito nella zona 3 dov’era prima.
Attualmente Fernando Bárcenas Castillo si trova nell’Unità di Massima Sicurezza (M.M.S.) Reclusorio Preventivo Varonil Norte : Calle Jaime Nuno no. 155, Colonia Guadalupe Chalma, Cuautepec Barrio Bajo, C.P. 07210, Gustavo A. Madero, Ciudad de México.

in francese / Les trois passants, spagnolo

[G20 Amburgo]: Lettera del compagno Riccardo dal carcere di Billwerder

“La guardia Gohlosh personifica la cattiveria più detestabile: la cattiveria messa al servizio dei grandi della Terra. Una cattiveria monetizzabile. Essa non gli apparteneva più. L’aveva venduta ad individui più competenti che ne facevano uso per asservire e mortificare tutto un popolo miserabile. Non era più padrone della propria cattiveria. Doveva guidarla e dirigerla secondo certi regolamenti la cui atrocità non variava granché.”
(Albert Cossery – Gli Uomini dimenticati da Dio – 1994)

In questo momento mi trovo detenuto nel carcere Billwerder di Amburgo. Sono stato arrestato venerdì 7 Luglio alle ore 19.30 nei pressi del Rote Flora.
Sono accusato di oltraggio allo Stato, di aver messo in pericolo la pubblica sicurezza, di aver svolto un ruolo attivo all’interno di un gruppo di quindici persone che ha fronteggiato la polizia, in particolare di aver tentato di ferire un poliziotto della Sezione Speciale di Bloomberg adibita ad effettuare arresti e recuperare reperti.

Non riconosco il dualismo “colpevole – innocente” proposto dagli apparati giuridici dello Stato.
Ciò che voglio dire a riguardo è di essere orgoglioso e felice di essere stato presente durante la sommossa di Amburgo contro il G20. La gioia di vivere in prima persona la determinazione di persone di ogni età e da tutto il mondo che ancora non hanno ceduto alla tentazione di sottomettersi alla logica del denaro e del mondo capitalista non potrà mai essere sopita da nessuna misura cautelare. In un’epoca storica in cui il capitalismo cerca di affondare il colpo definitivo e necessario al suo assestamento, in una continua oscillazione fra guerra interna (leggi speciali, chiusura delle frontiere, deportazioni) e guerra esterna (massacri indiscriminati, distruzione e avvelenamento del Pianeta Terra); la rivolta di Amburgo contro il G20 ha dimostrato ciò che è più importante per chi ha ancora a cuore la libertà: la possibilità della sua realizzazione.

L’efficienza tecnologica, fisica e tattica della polizia tedesca è stata tanto impressionante e spaventosa, quanto, di fatto, inutile a disinnescare prima e reprimere successivamente l’esigenza di svolgere contro la società mondiale, assurda e catastrofica, che i venti patetici Capi di Stato stavano lì a sfoggiare con meschinità, blindati nel cuore della città. I rassegnati e i riformisti potranno dire che, visto i rapporti di forza sviluppatisi negli ultimi decenni tra il potere e i suoi
sudditi, quello di Amburgo sia stato un ennesimo esperimento di massa per verificare la tenuta degli apparati di sicurezza internazionale. Del resto è quello che veniva detto anche dopo il G8 di Genova nel 2001.

I ribelli e i rivoluzionari, però, non fanno i conti con le dietrologie della politica, ma con i propri sentimenti e i propri progetti. In ogni caso, mi pare di poter ribadire che, se anche così fosse, questo esperimento sia fallito del tutto. Nelle strade di Amburgo ho respirato la libertà incontrollata, la solidarietà attiva, la fermezza di rifiutare un ordine mortifero imposto da pochi ricchi e altrettanti potenti sul resto dell’umanità. Non più infinite file di automobili e composte processioni che ogni giorno santificano la liturgia oppressiva ed assassina del sistema capitalista.
Non più masse indistinte costrette a piegarsi e sudare per un’anonima sopravvivenza in favore dell’arricchimento di qualche ingordo padrone. Non più migliaia di sguardi assenti diretti verso qualche asettico display che aliena e deforma le nostre esperienze di vita.

Ho visto individui alzare gli occhi al cielo per cercare di agguantarlo.
Ho visto donne e uomini dare corpo alla loro creatività e alle loro fantasie più represse.
Ho visto le energie di ciascuno impegnate a tendere una mano ad altre che non si ergono al di sopra di nessuno.
Ho visto il sudore gocciolare dalle fronti per soddisfare i propri desideri invece di quelli di qualche aguzzino. Nell’ora della rivolta nessuno resta mai veramente solo.

Un forte abbraccio a tutti i compagni e le compagne, a tutti/e i/le ribelli prigionieri/e dello Stato tedesco. Un saluto appassionato ad Anna, Marco, Valentina, Sandrone, Danilo, Nicola, Alfredo, i compagni e le compagne sotto processo per l’ Operazione “Scripta Manent” in Italia. Ai/alle rivoluzionari/e e ai/alle ribelli prigionieri/e nelle galere di tutto il mondo. Un bacio a Juan. Dove sei … dove sei … sei sempre con noi!

Finché esisto: sempre contro l’autorità! Sempre a testa alta! Viva l’internazionale anticapitalista!
Per Carlo! per Alexis! Per Rémi! Per la libertà!

Riccardo
Prigione di Billwerder, Amburgo – 20 Luglio 2017

Di nuovo al gabbio… Lettera di Damien dalla prigione di Fleury-Mérogis

Vi scrivo da Fleury dove sono incarcerato in detenzione preventiva. I capi di imputazione come al solito sono noiosi e privi di qualsiasi fantasia, preferisco che i compagni e le compagne abbiano una visione giusta e realistica dei fatti che mi sono contestati, propongo quindi la (ri)lettura di un resoconto di quella bella notte di una primavera di rivolta scritta dai e dalle amanti del disordine [in francese]: “Resoconto del 14 aprile: a contenere troppo la rabbia questa finisce per esplodere come si deve.”

Non ho alcuna intenzione di lamentarmi, non vi racconterò nei dettagli il mio arresto, identico a tutti quelli che hanno luogo qui come altrove in tutto il mondo.
Mi sembra tuttavia necessario esprimermi su alcuni punti precisi.

Al momento della perquisizione gli sbirri hanno trovato del materiale di propaganda anarchica, nella fattispecie giornali, opuscoli, manifesti, volantini e qualche testo in corso di traduzione. Ho rifiutato di firmare i fogli della perquisizione così come quello della mia detenzione preventiva.
Una volta trasferito a Parigi al commissariato del 19esimo  arrondissement il mio avvocato non era raggiungibile.
Ho rifiutato di essere rappresentato da un altro avvocato e quindi sono stato interrogato senza la presenza di avvocato. Ho fatto questa scelta perché la mia dichiarazione alla sbirraglia si riduce a una sola riga: “Non sono né innocente né colpevole. Sono anarchico. Non ho nient’altro da aggiungere”.

A causa della mia mancata dichiarazione non posso sapere, attualmente, cosa ci sia nel mio dossier di istruzione.
I tirapiedi del potere mi hanno solo notificato che hanno 8 prelievi di DNA che corrispondono al mio profilo genetico e so, per averlo visto, che il dossier d’istruzione è un mattone di 6 o 7 cm di spessore.

Aspetto che il mio avvocato possa avervi accesso e che venga a farmi visita per aver maggiori informazioni. A prescindere da ciò che avverrà ho già espresso il desiderio che l’insieme della procedura e delle mie dichiarazioni siano messe a disposizione dei compagni e delle compagne affinché le usino nella maniera che sembra loro migliore. Senza copyright, senza proprietà, senza censura dell’ufficio politico di qualsiasi partito, fosse esso anche solo immaginario.

Dopo una notte trascorsa nelle celle del deposito del tribunale di Parigi –sorta di mastio medievale nel quale gli sbirri appagano le loro sadiche passioni – sono arrivato alla sbarra del tribunale per un processo per direttissima. Non essendo il mio avvocato presente ho chiesto che mi venisse assegnato un avvocato d’ufficio per ottenere il rinvio dell’udienza.
La procuratrice, come fa abitualmente, si è messa strillare tutta una sequela di stupidaggini, gesticolando in tono sicuro. Affermando per esempio che l’attestazione di domicilio fatta da un compagno presente in sala era inaccettabile a causa di un errore grammaticale… Continuando poi, sempre molto sicura di se stessa, dicendo che certo, tutte le opinioni sono rispettabili, persino quelle anarchiche, ma non servono a scusare i fatti che mi sono imputati.
Bisogna ammettere che i clown in toga nera, se non decidessero della vita degli uni e degli altri, ci farebbero assai divertire!
Ma finché i tribunali non saranno distrutti e i magistrati rinviati al posto che spetta loro: il circo, non possiamo certo permettere loro di dire tutte le idiozie che gli passano per la testa.
A prescindere dalle asserzioni strampalate della signora procuratrice della repubblica, l’anarchia non è un opinione, l’anarchia è un insieme di idee coerenti ad un insieme di pratiche.

Visto che i fatti in questione si sono svolti nel corso di un movimento sociale che non è stato tale, ci tengo a precisare che rifiuto la solidarietà umanitaria dei sindacati o di una qualsiasi struttura pacificatrice o cittadinista, che giocano un ruolo di cinghia di trasmissione del potere.
Il mio solo desiderio è la complicità degli individui ribelli che cospirano nell’ombra, ai ferri corti con l’esistente e con il potere.

Grazie alla compagna presente al momento del mio arresto per la dignità dimostrata di fronte ai soldatini dell’ordine e grazie all’insieme di tutti i compagni e le compagne per aver prontamente reagito. Il vostro sostegno al tribunale mi ha scaldato il cuore e dato molta forza.
Non vi preoccupate troppo per me. La prigione è un universo di cui conosco perfettamente i codici per averci trascorso molti anni e non ho dubbi sul fatto che incontrerò, tra gli indesiderabili di cui faccio parte, qualche complicità ricca di prospettive.

Perché la rassegnazione non sarà mai un’opzione, perché  in ogni atto di rivolta individuale risiede tutta la violenza dei rapporti sociali, perché ci restano ancora molte storie da scrivere attraverso il tempo e lo spazio attraverso il grigiore delle città, fuori come dentro…

…la lotta continua.

14 dicembre 2016

Damien Camélio
n° d’écrou 432888
MAH de Fleury-Mérogis (Bâtiment D5)
7, avenue des Peupliers
91705 – Sainte-Génevieve-des-Bois
Stato francese, Mondo

Prigioni Cilene: La lotta è permanente, oggi e sempre

almost

Oggi, mentre il calore estivo va scemando*, gli attacchi dovrebbero aumentare. I/le guerrieri/e che sono tornati/e dalle vacanze, adesso riprendono il loro posto nelle trincee. Che inutilità, vero? Quelli/e che hanno lottato continuamente senza dar tregua al nemico sono pochi/e, e quindi non hanno vacanze; capiscono che in questa guerra non ci sono tregue, che la lotta non ha pause, l’azione di strada non può calare, o forse il Potere e i suoi apparati repressivi vanno in ferie? Loro non perdono tempo e prendono posto quando noi ripieghiamo o andiamo in vacanza, non possiamo dargli nessun vantaggio o cedere terreno. Non avanzeremo senza essere costanti nei nostri attacchi.

È molto probabile che la mia visione della realtà fuori sia limitata, ma cerco di aggiornarmi in ogni modo e credo che la realtà non sia molto distante dalle mie percezioni. Provo pena per queste situazioni immobili quando c’è l’estate, il calo è risaputo, solo pochi/e stanno sul piede di guerra permanente, e gli/le altri/e?

Invio un forte abbraccio, affetto e rispetto a chi resta a lottare, un saluto combattivo alla Cellula Incendiaria Sebastian Oversluij, spirito combattivo da sottolineare e imitare. Forza fratelli e sorelle, io sono pronto per la lotta di strada, ballando al suono della rivolta con tutti/e gli/le insorti/e.

Alle menti consapevoli dico di non scordarsi dei/lle loro prigionieri/e, solidarizzare attivamente con loro, che mai si sentano soli/e. Nel mio caso, non mi sono mai sentito solo e ho resistito grazie a questo. È importantissimo essere presenti con loro, non immaginate quanto sia prezioso ricevere gesti solidali e affetti dai nostri pari.

Oggi, a 5 giorni dal mio rilascio, l’ansia di essere parte attiva della lotta mi leva il sonno, mi stravolge il sangue e mi fa concludere che tutti/e siamo necessari/e, che dobbiamo aspirare ad essere migliori in ciò che facciamo in ogni modo possibile.

Non immagino come sarà il momento dell’uscita**. Sono molto emotivo e so che le lacrime usciranno anche se le tratterrò. Non credo di essere un buon oratore in questo momento, sarà l’emozione… spero che chi verrà ad aspettarmi mi scuserà. O forse al contrario ho parlato troppo… non lo so, solo in quel momento lo saprò.

Fraternamente,

José Miguel Sánchez Jiménez
Ex Peni***
22 Febbraio 2014

Note:

*In Cile, nell’emisfero sud, c’è l’estate. Ovvero, lì l’estate dura da Dicembre a Marzo. In questi mesi la maggioranza dei/lle lavoratori/trici e la totalità degli/lle studenti/esse va in ferie, le più lunghe dell’anno. Per questo il compagno cita il “ritorno dalle vacanze”.

**Come dice Jose Miguel, la sua uscita è fissata per il 27 Febbraio. Il compagno ha saputo che alle 16:00 di quel giorno, sarà portato in una cella di isolamento senza le sue cose. Intorno alla mezzanotte, gli ridaranno le sue cose e sarà rilasciato.

***Peni è il nome colloquiale col quale è conosciuto il Centro di Detenzione Preventiva Santiago Sur, chiamato anche “Ex Penitenciaria”.

Atene, Grecia: Dichiarazione letta al processo da Nikos Romanos e Giannis Michailidis (29/11/2013)

Oggi inizia il teatro delle ombre che voi chiamate processo. È più che evidente che si tratta di un processo dove si stanno giudicando gli anarchici rivoluzionari che hanno rigettato il sistema e i suoi benefici per passare all’attacco contro di esso. Perciò hanno operato decine di questi “colpi di stato speciali” per affrontarci. Tribunali speciali, trasferimenti speciali, leggi speciali antiterroriste, “protezione” speciale da parte della polizia. Tutti questi esempi sono delle ammissioni segrete che vengono nascoste dietro la flessibilità e i duplici discorsi che ci offre il sistema ma in realtà sono cosi codardi che coprono tutta questa parodia con argomenti ancora più ridicoli, negando di ammettere l’ovvietà.

Il fatto che siamo in guerra, che siamo nemici e che ci divide una linea divisoria. Rivoluzione e Controrivoluzione.

Ah, non siamo cosi ingenui da credere che voi adorate il vostro ruolo “speciale” per qualche sacro dovere. Le condanne che ci darete sono dettate politicamente dai vostri superiori politici che state fedelmente servendo per salire in questa gerarchia mafiosa e occupare i ranghi importanti che tanto desiderate.

Siete degli “esperti” ordinari nominati nel loro interesse personale in questa epoca malvagia. Oggi sono venuti qui con tutta la loro solennità e maestà richieste per tali circostanze “speciali”. Inoltre non si tratta solo di fare giustizia e salvaguardare la legalità. I vostri superiori politici sicuramente vi ricompenseranno. Continue reading Atene, Grecia: Dichiarazione letta al processo da Nikos Romanos e Giannis Michailidis (29/11/2013)

Atene: Lettera di Giannis Naxakis

Una puntualizzazione sulla lettera che ho diffuso il 3/1/2014

Descrivendo nella mia lettera l’immagine che mi sono fatto del 1° padiglione di Koridallos ho citato un “intenso movimento” di alcuni prigionieri nell’ufficio degli ispetori. Prima di tutto voglio chiarire che non ho detto che tali prigionieri sono degli infami. Ciò che ho detto l’ho detto per sottolineare il mio fastidio verso il coordinamento continuo tra alcuni prigionieri e il personale carcerario.

È importante dire anche che è obbligatorio per tutti i detenuti, me compreso, passare dall’ufficio degli ispettori per vari motivi di vita quotidiana. Quindi, il mio forte disappunto nella lettera dopo l’incidente con Milonas era il risultato del supporto nullo ricevuto da molti gruppi di prigionieri in conflitto con ciò che è accaduto col personale, un supporto che ritengo necessario per i prigionieri quando accadono rotture di questo tipo. Chiarisco che il mio riferimento a particolari gruppi etnici riguardava esclusivamente alcuni nel 1° padiglione ed è impensabile per chiunque credere che io accusi collettivamente intere appartenenze geografiche per le scelte di pochi.

Seguirà prossimamente un testo riguardo ai recenti incidenti.

Giannis Naxakis
4° padiglione di Koridallos
25/1/2014

fonte

Prigione di Koridallos, Atene: Lettera aperta di Gerasimos Tsakalos

Da quando è fuggito il guerrigliero urbano Christodoulos Xiros, l’antiterrorismo, che si promuove come elite poliziesca del Potere, ha iniziato una caccia alla streghe nel tentativo di ottenere vendetta e ripristinare il prestigio ferito.

In parallelo, i media ufficiali in quanto proprietari e creatori esclusivi di verità hanno consolidato la propria falsità tramite una guerra di comunicazione contro la nostra organizzazione. Stavolta la propaganda dei giornalisti ha optato per dipingerci come “mafiosi”, “leader carcerari”, “custodi”, sfruttando un evento – il pestaggio del calunniatore G. Naxakis – e un paio di testi dei suoi compagni che illustrano situazioni e fatti, offrendoli ad ogni prospettiva nemica – polizia, giudici, giornalisti. Non parleremo ancora di ciò; da ora parleranno i fatti se necessario.

All’interno di tale contesto, il 16 Gennaio* abbiamo saputo che Kostas Sakkas è stato nuovamente arrestato, accusato nel caso Halandri sulla base di alcune impronte trovate sui sacchi della spazzatura.

Fin dal primo momento abbiamo chiarito in ogni modo e con ogni tono che nessuno degli arrestati per presunta appartenenza alla CCF, chi non ha mai rivendicato la propria partecipazione, non ha ALCUN TIPO di relazione con l’organizzazione e le nostre pratiche. L’abbiamo detto in aula, l’abbiamo scritto nei nostri testi, e soprattutto, è evidente a causa dei percorsi, valori e convinzioni diverse che abbiamo scelto, in contrasto con quelle di molti di loro.

Quindi, ci ritroviamo in un periodo di intensa campagna antiterrorista contro la CCF.

Gli agenti hanno scoperto “per caso”, dopo 4 anni e mezzo, impronte di K. Sakkas su un sacco della spazzatura che conteneva residui di un dispositivo esplosivo connesso al caso della CCF. Ma gli agenti stessi sanno la verità; è solo che essa non fa comodo al fine del loro piano.

La verità è che K. Sakkas non ha avuto e non potrà avere mai alcun tipo di relazione con la CCF. Il suo unico collegamento all’intera vicenda è la passata amicizia con me – e questo è ben noto ad agenti e giudizi.

Pertanto, il motivo del ritrovamento delle sue impronte sui sacchi – se esso è vero – sta nel fatto che io personalmente ho usato quei sacchi, quando li ho presi dalla casa che condividevo con K. Sakkas. Quindi, è molto probabile che lui abbia toccato uno di quei sacchi, visto che erano in uno spazio comune di quella casa. Continue reading Prigione di Koridallos, Atene: Lettera aperta di Gerasimos Tsakalos

Messico: Lettera della compagna Fallon arrestata dopo attacco incendiario alla Nissan

banda5e

Ciao amici e amiche!

Siamo qui insieme, noi su questo lato e dall’altro voi forse. Nel linguaggio dello stato ci sono anni o km che ci separano, ma la cosa che condividiamo è molto più grande di tutti i chilometri e anni. Lo Stato prevede di creare una distanza tra noi, ma invece è al contrario. Saremo più insieme che mai!

Oggi è l’8, ci sono circa 60 ore che viaggiamo tra le auto della polizia del cazzo e i centri federali e provinciali, anche se loro hanno deciso che dobbiamo rimanere qui altre 48 ore, non hanno nulla perché il silenzio è più forte della repressione.

La cosa più importante per me ora è quella di costruire una forza più grande del carcere. Abbiamo il contesto delle relazioni internazionali. Per me la solidarietà è i amici/che, non sono una vittima o una detenuta politica, io voglio utilizzare la realtà in cui viviamo in questo momento per costruire una amicizia più forte e più grande. Sono pronta per combattere l’autorità qui come fuori, mai mi fermerò.

Il carcere è una realtà normale e userò questa esperienza, e spero che anche voi pure per sviluppare una forza individuale più forte ogni giorno.

Siamo qui e sempre saremo qui per affrontare tutta le realtà nel carcere e fuori. Un forte abbraccio a tutti e tutte.

Contro l’autorità qui e fuori!

Fallon

fonte

Spagna: Lettera di Mónica Caballero e Francisco Solar

animal-libSiamo di nuovo qui, tra queste pareti di cemento e sbarre, tra videocamere e carcerieri. Siamo di nuovo qui, senza abbassare il capo e restando orgogliosi di ciò che siamo. Orgogliosi di essere parte della tempesta imprevedibile che cerca di eliminare ogni traccia del Potere che ancora una volta getta la maschera e si mostra per ciò che è, nella sua brutalità e anche, perché no, nella sua debolezza. In questo particolare caso, la collaborazione tra stato cileno e spagnolo, al fine di organizzare il nostro arresto dimostra lo sforzo congiunto per neutralizzare chi viene considerato una minaccia, ma l’importanza che ci danno questi signori del Potere non riflette altro che la loro fragilità. I loro discorsi inconsistenti di sicurezza sono il velo che nasconde il timore di sapere che un evento può affrontare il timore generalizzato. I loro colpi e le loro minacce non fanno altro che rafforzarci nell’affilare le nostre idee e le nostre vite per prendere parte allo scontro permanente.

Salutiamo con un forte abbraccio tutte le dimostrazioni di appoggio, sono un’arma che indebolisce le sbarre. Intendiamo la solidarietà come la continua prova pratica delle nostre idee anarchiche, in ogni forma, che fanno capire al nemico che nulla finisce, che tutto continua in carcere o fuori. Dovunque ci si trovi: non un minuto di silenzio e una vita di lotta. Soprattutto all’immenso gesto solidale dei compagni che hanno utilizzato il loro corpo come armo entrando in sciopero della fame.

Salutiamo chi continua ad essere complice, a chi si avventura verso l’ignoto, a chi viene motivato dall’incertezza, a chi insiste per l’anarchia. A questi tutto il nostro rispetto e affetto. Abbiamo saputo con grande tristezza della morte di Sebastian, ma ci rallegra la sua vita coerente con i suoi ideali: un guerriero a tutto tondo.

Ci piacerebbe stare con i nostri compagni che ora piangono il nostro caduto, ma da qui inviamo loro molta forza e un “ci vediamo presto”.

Mónica Caballero
Francisco Solar

in spagnolo

Messico: Lettera di Mario González 27 Ottobre 2013

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Mario González: in sciopero della fame. Sequestrato il 2 ottobre 2013, detenuto nel carcere Oriente

A tutte le persone che non abbandonano mai i suoi istinti di libertà,

Vi mando saluti dal carcere Preventivo varonile d’Oriente, sto per compiere un mese di reclusione e 20 giorni di sciopero della fame, nonostante ciò voglio dirvi che il mio stato di salute è ancora stabile, e vado a continuare fino ad avere la mia libertà.

Questo Lunedì 28, c’è la udienza pubblica in Sullivan 133 del processo nel cuale mi colpano di attacchi contro la quiete pubblica, senza prova alcuna ci puniscono per mezzo di istituzioni senza credibilità, supportate da sfruttatori professionali. Ma anche se accusano di essere criminali o vandali per esprimere la nostra rabbia, no conformità e odio di ciò che ci rende schiavi tutti sappiamo bene che la delinquenza è commessa da la propria autorità, mentre permitiamo che esista continuerà a sottometterci.

Spero che possano sommarsi alle prossime azioni che si svolgeranno questa settimana per esigere la mia libertà assoluta e che si mantengano informati sulla situazione dei detenuti e processati.

Né carceri né prigionieri possono continuare ad esistere.

Mario González, 27 Ottobre 2013

Repressione 15O: Lettera di Francesco dai domiciliari

129275799-786385_0x410 (1)Ciao a tutti,

Sono Francesco mi trovo agli arresti domiciliari da ormai 9 mesi per i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre 2011, durante le più o meno lunghe giornate trascorse tra le mura di casa ho potuto fare molti ragionamenti sulla repressione e comprendere maggiormente quanto sia importante la solidarietà e  quanto basti poco per attuarla.

Anche solo due righe su un foglietto da parte di un amico o di uno sconosciuto o un saluto dal vicolo sotto casa riempiono il cuore e danno la forza di andare avanti e resistere, per questo voglio ringraziare tutti coloro che  mi sono stati e sono vicini senza i quali non so davvero come avrei potuto fare.

Sono già parecchie le condanne inflitte per quella giornata e a settembre ripartirà il processo, derivante dal terzo filone d’indagini, nel quale con altre 17 persone siamo imputati con l’accusa di devastazione e saccheggio per tutti,  resistenza e tentato omicidio per alcuni.

Con pene che vanno dagli 8 ai 15 anni di reclusione, lo stato vuol renderci dei veri e propri spaventa passeri, degli esempi di cosa succede a chi osa alzare la testa e ribellarsi in questo sistema marcio e infame. Così  succede anche in Val Susa con perquisizioni, fogli di via e arresti mirati a  valligiani e  compagni più presenti e attivi, operazioni che tendono  a smorzare la forza d’animo di un movimento popolare che vive da più di vent’anni.

Ebbene io non voglio essere uno spaventa passeri per nessuno, anzi…convinto del fatto che la miglior difesa sia l’attacco e che bisogna rispondere colpo su colpo alla repressione la giusta reazione  è continuare a lottare con più determinazione e rabbia ad ogni arresto, e pensare ai prigionieri come compagni da liberare e non come esempi di quello che può succedere lottando…essere consapevoli dei rischi vuol dire accettarli,con timore magari, ma non averne paura!

Questa mia situazione attuale di detenzione la vivo come una fase, un periodo di rafforzamento interiore contro il sistema  a cui mi oppongo cercando di continuare a combattere come posso, non sono certo il rimorso o il pentimento  che mi pervadono, anzi la rabbia e la determinazione a continuare a lottare.

Un pensiero particolare va al mio amico e compagno Albe anche lui costretto agli arresti domiciliari per essersi opposto alla devastazione, al saccheggio e alla militarizzazione della Val Susa, speriamo di rivederci presto tra i vicoli e i sentieri!!

tutta la mia solidarietà va ai prigionieri nelle case, nelle carceri e nei cie, ai detenuti in lotta, e a chi continua a ribellarsi nelle strade, valli e città…
non c’è miglior solidarietà dell’azione diretta.

Ogni giorno 15 ottobre.
Fra