Category Archives: Ecologia-Salute

Berlino: Incendio contro RWE in solidarietà con la lotta ad Hambach

La notte scorsa [dal 10 all’11 ottobre 2018] a Berlino, abbiamo acceso diversi ordigni incendiari davanti all’entrata del Gaußstraße 11 nel quartiere di Charlottenburg. Questo fuoco di solidarietà è diretto contro l’impresa RWE-Innogy, la cui sede si trova a quell’indirizzo, ed è l’espressione dei legami che sentiamo di avere con gli/le occupanti della foresta di Hambach. Nonostante lo stop temporaneo al disboscamento, è presto per festeggiare. Le macchinazioni distruttrici di RWE e di altre imprese d’energia continuano in altri luoghi senza essere minimamente disturbate. RWE fornisce il carburante che fa funzionare il capitalismo mondiale, la cui esistenza si basa sullo sfruttamento, il controllo e la distruzione dell’umano e della natura.

Oltre all’impresa e i suoi lacchè, che sono sotto contratto con lo Stato come le società private, la politica bugiarda e i suoi servi in toga di giodice fanno parte allo stesso modo di questa miseria. Tutti e tutte agiscono al servizio del capitale, come ce l’insegnano gli eventi delle ultime settimane. Ecco perché non dovremmo lasciarci fuorviare dalle promesse e le decisioni di giustizia, perché è la stessa giustizia che, con la scusa della protezione contro gli incendi, dà il via alle espulsioni e rinchiude in prigione i/le nostr* amic*.

Per la libertà e la rivolta!
Amore e forza per le persone incarcerate!
Fuoco e fiamme per RWE !

(A)

Italia: Uscita del numero 6 di Fenrir

Fenrir6 OKÈ disponibile il numero 6 di FENRIR, pubblicazione anarchica ecologista di supporto ai/le prigionierx, azione diretta, aggiornamenti e analisi sulle lotte anarchiche e di liberazione animale, umana e della terra in tutto il mondo.

84 pagine formato A4.

In questo numero trovate:

-⁠ Editoriale
-⁠ Se non ora quando? Azioni dirette antiautoritarie nel mondo
– Max Stirner “La forza del singolo”
– Sversamenti di petrolio, disastri industriali
– Il sistema tecnico secondo Jacques Ellul
– La paura della libertà. Le nuove frontiere della connivenza cittadina
– Devastazione ecologica e scontro con il potere
– Visioni dal presente. La robotica applicata alla guerra
– Intervista a Sosyal Savas, collettivo anarchico dalla Turchia
– Esercizi di memoria rivoluzionaria: Ravachol
– Da Santiago ad Atene. Intervista inedita alla Cospirazione delle Cellule di Fuoco
– Lettere dal carcere
– Notizie dal necromondo
– Aggiornamenti sui/le prigionierx e sulla repressione di stato
– Letture consigliate

Per ricevere una o più copie scrivici: fenrir@riseup.net

Aiutaci a distribuire “Fenrir”, se hai una distro o vuoi un po’ di copie, contattaci!

Il costo è di 3 euro a copia, oppure di 2 euro per ordini di 5 o più copie.

Düren, Germania: La foresta di Hambach ha bisogno di te!

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Dopo averne eliminato la maggiore parte, la RWE ha pianificato per il 2018 il completo disboscamento della foresta di Hambach, vicino a Buir (quartiere della città di Kerpen), per fare spazio a una miniera di lignite a cielo aperto. La resistenza contro la distruzione è cominciata già nel 2012: sabotaggio di macchine, blocchi, attivisti incatenati, occupazione di alberi, costruzione di capanne sugli alberi, e nel novembre 2012 un campo al limitare della foresta è stato occupato. Il proprietario è un residente del posto, critico nei confronti della RWE che tollera quest’azione.

Il quartier generale del partito dei verdi a Düsseldorf è stato occupato e sono state condotte delle azioni di blocco e disturbo durante l’assemblea generale annuale della RWE. Lo Stato ha reagito contro la resistenza con perquisizioni, espulsioni e distruzione delle barricate e delle infrastrutture di protesta. Naturalmente non sono mancati violenze fisiche, arresti e utilizzo del diritto penale. La RWE ha assunto un’impresa di sicurezza privata che ha installato barriere, si mostra presente nell’intera area coi loro cani, scatta foto degli attivisti, sabota la protesta e maltratta la gente.

La foresta e i dintorni offrono diversi luoghi e possibilità per azioni contro la lignite, killer del clima. Mano nella mano lo Stato e il capitale distruggono l’habitat della flora e della fauna, lo considerano legittimo e troppe persone lo tollerano.
Usciamo dal letargo! Reagiamo! Trasformiamo la rabbia in resistenza attiva!

Sul blog hambacher forst troverai delle informazioni su come arrivare e quello che hai bisogno di sapere se vuoi partecipare.

Il giorno dell’espulsione è il cosiddetto GIORNO X. È il giorno delle dimostrazioni spontanee e per l’azione diretta – qualche settimana dopo, di sabato, ci sarà una grande manifestazione a Buir, dopo di che la foresta sarà rioccupata. Anche le informazioni su questi progetti si possono trovare sull sito web.

Contra Info
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11 Giugno 2015: TRANSIZIONE – La lotta non è finita…

urlL’ultimo anno è stato pieno di cambiamenti e transizioni per i/le nostr* compagn* incarcerat* e per chi è impegnato nella lotta oltre le mura. Ora, nel pieno dell’agonia della primavera, ci sentiamo obbligat* a festeggiare queste transizioni e queste vittorie, mentre tutto intorno a noi sbocciano nuova vita e nuova energia. Non ci capita spesso l’occasione di mescolare davvero festeggiamenti e lotta – ma adesso è uno di quei momenti!

L’8 gennaio di quest’anno la corte del Distretto Orientale di California ha ordinato il rilascio di Eric McDavid. Il compagno Marius si è pubblicamente dichiarato uomo e ha cominciato a cercare i fondi per la sua transizione fisica. Crediamo che entrambe le transizioni siano da festeggiare e che siano una ragione per continuare la lotta. È con questo spirito che vi portiamo i nostri pensieri sull’11 Giugno 2015.

Per prima cosa, un po’ di pulizie: abbiamo un nuovo indirizzo mail: june11th chiocciola riseup punto net! Se avete inviato qualcosa al vecchio indirizzo, ci sono forti probabilità che non l’abbiamo ricevuto. Ci piacerebbe che ci fossero numerose traduzioni di questo appello e degli altri materiali di  supporto (grazie mille a ContraInfo e agli/lle altr* per il loro aiuto con le traduzioni in questi anni)! Per favore mandate le informazioni sugli eventi che avete in programma quest’anno per l’11 Giugno, poster, zine, e tutti i resoconti a june11th chiocciola riseup punto net. Non vediamo l’ora di avere vostre notizie e posteremo gli appuntamenti su June11.org non appena li riceveremo. Ogni anno ci sono eventi in nuove città, e speriamo che incoraggerete amic* e compagn* in lungo e in largo a unirsi a noi quest’anno.

Questo giorno è una giornata annuale di solidarietà con i/le prigionier* anarchic* di lunga data, inclusi Marius Mason ed Eric McDavid. Chiamando a questa giornata, il nostro obiettivo è di approfondire il sostegno in corso per i/le compagn* che affrontano lunghe sentenze. Sono loro, in particolare, che rischiano di essere dimenticat* in un modello di aiuto ai prigionieri basato sulla reazione a ondate contro la repressione di stato e altre emergenze. Siamo impegnati nel costruire un modello di solidarietà che sia a lungo termine da un lato e allo stesso tempo flessibile per rispondere ai nuovi sviluppi. È vitale costruire costantemente nuovi legami di solidarietà tra prigionieri e tra le lotte, piuttosto che ricadere nella rete statica di legami e contatti personali.

L’11 Giugno, all’origine una giornata di solidarietà per gli/le eco-prigionier*, resta ancorato in un progetto di difesa ambientale e lotta contro una società basata sullo sfruttamento e la restrizione. Man mano che l’attenzione si è spostata sulla solidarietà con Marius ed Eric, due prigionieri anarco-ecologisti che scontavano una condanna di circa 20 anni, la gente ha espresso la loro solidarietà attraverso serate dedicate alla scrittura di lettere, raccolte di fondi, eventi educativi, manifestazioni e attacchi. Nessun vero sforzo per aiutare i prigionieri può basarsi semplicemente sul sostegno passivo : deve anche includere l’impegno di continuare le lotte prima e dopo la loro incarcerazione. Potete trovare ulteriori spiegazioni sul contesto e la strategia dell’11 Giugno qui.

L’anno scorso, mentre organizzavamo gli eventi dell’11 Giugno, ci siamo posti delle domande stimolanti sulla relazione tra le lotte orientate verso l’ecologia e le lotte anarchiche contro le prigioni. Per noi è chiaro che il mondo che ha bisogno di prigioni ha anche bisogno della distruzione dell’ambiente; in quanto anarchic*, disprezziamo entrambe le cose. Siamo rincuorat* dal crescente movimento contro le spiagge di catrame, gli oleodotti di GNL, la fratturazione idraulica e le miriadi di altri progetti distruttivi per l’ambiente. L’aumento delle eco-lotte in tutto il mondo è necessario ed emozionante. Sia Marius che Eric restano dediti a queste lotte, come noi rimaniamo dedit* a loro, a tutti gli/le eco-prigionier*, e alle lotte in cui tutt* sono – siamo – impegnat*. Ma quest’anno ci sono state offerte delle ragioni per festeggiare – e ne parleremo man mano.

Quest’anno Marius Mason ha condiviso pubblicamente il suo nuovo nome e l’uso del pronome che riflette meglio la sua identità di genere maschile. Per citare il suo avvocato, Moira Meltzer-Cohen che lo assiste negli aspetti legali della sua transizione, Marius è qualcuno “il cui coraggio e integrità sono ancor più sottolineati dal fatto che la sua liberazione e autonomia sono stati a lungo fortemente limitate.” Di fronte a un mondo che sottopone sistematicamente le persone trans a violenza, isolamento e insulti, speriamo che ognuno dimostri il proprio sostegno alla liberazione dei/lle trans sostenendo Marius e le numerose persone trans in prigione. Questa lotta dovrebbe estendersi al di là della semplice raccolta di fondi. I/Le prigionier* trans lottano non soltanto per le necessità materiali dell’esistenza, ma anche contro un sistema di dominazione che non si fermerà davanti a nulla per impedire loro di essere semplicemente chi sono. La nostra solidarietà dev’essere creativa e varia quanto le tattiche dello stato sono crudeli e oppressive.

L’8 gennaio di quest’anno, Eric McDavid è stato rilasciato dopo nove anni di prigione. Eric è tornato a casa da amic* e familiari dopo che una corte federale ha accettato la sua richiesta di habeas corpus, dichiarando che l’FBI aveva trattenuto delle prove durante la fase di raccolta di prove del suo caso. Per questo Eric ha potuto dichiararsi colpevole di un reato meno grave, che comportava una sentenza di massimo cinque anni – quattro anni meno del tempo che ha già passato in una prigione federale. L’incredibile determinazione di Eric e il sostegno formidabile della sua famiglia, degli/lle amic* e dei/lle compagn* hanno non solo contribuito al suo benessere emotivo e fisico dietro le sbarre ma anche alla sua liberazione. Il suo rilascio dopo nove anni è un cambiamento monumentale. Ora Eric è confrontato alla costruzione di una nuova vita dopo quasi un decennio di incarcerazione. Si tratta di una nuova fase di lotta, e ci impegniamo a continuare a essere solidali con lui nel post-liberazione.

Ci ritroviamo ad affrontare nuove questioni su come aiutare Eric durante questa transizione da un ambiente carcerario fortemente controllato a una vita di prigionia a cielo aperto (le condizioni che si sovrappongono tra la condizionale di Eric e la società di controllo in cui viviamo tutti). Nonostante non viva più in una gabbia di cemento e filo spinato, Eric si confronta ancora costantemente con l’apparato repressivo dello Stato. I suoi spostamenti sono limitati, le comunicazioni controllate, e il suo tempo passato in modi che non sono sempre di sua scelta. Tutto ciò limita la sua interazione con le comunità da cui è stato lontano a lungo, le comunità con cui desidera impegnarsi e di cui vuol far parte. Dobbiamo trovare il modo di ridurre l’impatto di queste restrizioni e di rendere possibile una transizione e un ritorno a casa il più accoglienti possibile. Siamo elettrizzati all’idea di affrontare queste questioni nove anni prima del previsto.

Il cuore degli eventi dell’11 Giugno di quest’anno continuerà a includere Eric per aiutarlo materialmente e emotivamente durante questa transizione e per mantenere il coinvolgimento politico relativo alla sua prigionia. Il caso di Eric rimane uno degli esempi più evidenti di come lo stato prenda di mira e ingabbi gli anarchici in questo paese. Ma dobbiamo anche ricordarci che il suo caso non è assolutamente un’eccezione. Le comunità musulmane sono le più colpite da questo genere di attacchi dell’FBI. Dovremmo sempre trovare dei modi per lavorare solidarmente. Il sostegno post-liberazione è una componente vitale della nostra lotta, e siamo ovviamente entusiasti oltre ogni dire di vedere di nuovo Eric camminare sulla Terra e parlare con gli/le amic* come e quando vuole, e a ogni passo affermiamo che vogliamo la distruzione di tutte le prigioni.

Le pratiche di una solidarietà in corso non dovrebbero servire soltanto come un’abitudine culturale rassicurante: le nostre azioni contengono il potenziale per delle conseguenze – positive e negative – materiali reali per i/le nostr* compagn* incarcerat*. Praticando la solidarietà con i compagn* in prigione e i/le loro car*, il nostro obiettivo va al di là del semplice sostegno; miriamo a costruire uno slancio sociale contro un intero sistema di dominazione e distruzione ambientale. Queste relazioni aumentano il significato di ogni nostro gesto di solidarietà, rendendoli strumenti più potenti a nome di chi è dentro, ma accrescendo anche il rischio che questi gesti siano mal valutati o imprecisi: come sempre, bisogna fare uso di attenzione e analisi acuta quando si prepara un piano.

Questa riflessione si applica all’intera varietà di progetti di sostegno, inclusa la raccolta di fondi. Eppure speriamo che anche la raccolta di fondi possa creare degli spazi per la discussione e la lotta. Una preoccupazione comune tra i/le compagn* che affrontano lunghe sentenze è sapere se ci saranno ancora progetti sovversivi e discussioni in corso quando usciranno. Sta a tutti noi fare in modo che ce ne siano, e che questi progetti e conversazioni siano più forti, più ricchi e più vitali. E sono le nostre lettere ai/lle prigionier* che assicurano una connessione continua con questo processo.

Un elemento preciso è lo sviluppo della nostra capacità di sostegno ai prigionieri. Negli ultimi anni ci sono state vittorie e contrattempi quando gli/le anarchic* e altr* prigionier* ribell* hanno intrapreso delle lotte contro le loro condizioni, incluso scioperi della fame e del lavoro. Lo sciopero della fame di Nikos Romanos e la solidarietà rivoluzionaria che l’ha accompagnato ci hanno ricordato la possibilità sovversiva delle lotte coordinate oltre le mura. Ma mentre i prigionieri anarchici come Sean Swain nell’Ohio o Michael Kimble in Alabama, conducono sempre più spesso battaglie simili in Nord-America, al movimento sono spesso mancati i legami o la forza per offrire una solidarietà significativa. Non è una critica alla dedizione del gruppo di sostegno che lavorava con i/le prigionier* ribell*, ma è diretto al resto di noi, e indica l’importanza della generalizzazione di forme attive di solidarietà con i/le prigionier*.

Un aspetto importante del progetto a lungo termine di solidarietà ai/lle prigionier* è mantenere le vecchie relazioni mentre se ne costruiscono di nuove con altr* prigionier* in lotta. Amelie e Fallon, due compagne rilasciate di recente hanno bene incluso quest’idea nella lettera aperta dello scorso febbraio : //en-contrainfo.espiv.net/2015/02/17/mexican-prisons-open-letter-of
Generalizzare la solidarietà significa evadere dallo spazio della ristretta “scena attivista” per permettere che si creino nuovi sorprendenti contatti. Parte del nostro progetto di quest’anno è costruire rapporti di solidarietà più forti con i/le prigionier* trans in lotta, proporre sostegno personale e politico immediato, e prepararsi a offrire un aiuto più significativo nelle lotte future per la sicurezza, ormoni/altre risorse mediche, e dignità.
http://supportmariusmason.org/2014/07/07/free-marius-jacob-mason

Ci ispiriamo a Chelsea Manning, che ha ottenuto accesso agli ormoni nonostante delle condizioni fortemente contrarie, fatto che indica in maniera incontrovertibile la possibilità di vittorie future per altr* prigionier* trans.

Continueremo ad adattarci ai continui cambiamenti di contesto provocati dalle vittorie ottenute da* compagn* in carcere – come la liberazione di Eric, il coming out di Marius, la conquista di “spazio per respirare” di Nikos Romanos e proprio negli ultimi giorni, il sorprendente ritorno a casa di Amelie, Carlos, e Fallon — e dalle trasformazioni continue del macchinario repressivo. Queste transizioni segnano lo sviluppo del progetto e in ogni caso non un punto fermo.

“La lotta non è finita … assume nuove forme. Qualunque sia il suo volto, qualunque sia il suo nome, è sempre guerra.”

Grazie a tutti per la solidarietà dimostrata l’11 Giugno o qualunque altro giorno. Significa tutto.

Montevideo, Uruguay: La lotta è nelle strade, non nelle urne

montevideoDire che appaiono ogni cinque anni non è un cliché. Le elezioni municipali si avvicinano e nei loro programmi i politici abbordano un tema comune. Tutt* parlano di un problema che non l* aveva mai interessat* prima: lo zoo Villa Dolores.

Ma cosa è cambiato in questi ultimi tempi perché di colpo si interessino tutt* ai cambiamenti o alla chiusura di questo zoo, e da quali interessi sono spint*? La risposta è chiara: la lotta che viene portata avanti e la quantità di persone che pensano che lo zoo Villa Dolores deve chiudere immediatamente. Non è assolutamente un caso che per anni non abbiano mai menzionato la vicenda e che ora che ci troviamo nel bel mezzo di una campagna per chiuderlo, e che in più si avvicinano le elezioni municipali, tutt* ne abbiano qualcosa da dire.

Nel ventaglio di opportunist* che approfittano della situazione per trarne vantaggio (voti), ce ne sono di ogni tipo, da quell* che ritengono che Villa Dolores debba essere chiuso a quell* che affermano che non si dovrebbe mantenere il modello attuale dello zoo proponendo più o meno la stessa cosa che fa l’amministrazione: una prigione di animali autoctoni.

Mentre questi personaggi a caccia disperata di voti girano tutta la stampa riempiendosi la bocca di quello che farebbero o non farebbero una volta lo zoo nelle loro mani, noi giriamo tutte le vie col pugno levato durante ogni corteo, con i nostri cartelli e i nostri manifesti, decis* a frenare la carcerazione. Mentre loro escono a ripetere i loro slogan vuoti nei loro discorsi, noi mettiamo il tema in discussione attraverso l’informazione dispensata sulle piazze e nei mercati. Mentre loro riempiono la città di manifesti e affreschi con un nome e un numero che non dicono niente, noi lasciamo il segno della lotta con dipinti e attività.

Il motore di questa campagna è la libertà, libertà che non esce da nessuna urna, ma soltanto dalle nostre azioni, quelle che conduciamo ogni giorno, individualmente o collettivamente a fianco di chi partecipa a questa lotta. Non quelli che ne parlano per ottenere qualcosa in cambio, non quelli che si battono per il potere.

Nessuno li chiama, ma compaiono sempre. Come la traiettoia di una cometa vista dalla Terra, questo fenomeno si ripete con precisione matematica, ogni cinque anni in questo caso, intervallo durante il quale i politici si aggrappano ovunque possono per ottenere qualche voto; ora si tratta della lotta per chiudere lo zoo, ieri era quella contro la mega-mina Aratirí, e se risaliamo nel tempo, non finisce mai.

Mentre il riformista Álvaro Garcé si fa propaganda attraverso il suo ambizioso piano di apportare qualche cambiamento allo zoo, e mentre gli opportunisti Virginia Cardozo, Edgardo Novick e Daniel Martínez tentano di raccattare qualche voto con la favoletta di voler chiudere lo zoo, la lotta non si ferma un solo secondo.

Una cometa passa e rimane lontana, ed è tutto quello che ci si deve aspettare dalle elezioni municipali, che passino, perché non hanno niente a che vedere con la lotta.

Né con i/le riformist*, né con gli/le opportunist*.

La lotta si svolge in strada, non nelle urne.
Le riforme non ci fermeranno, faremo chiudere Villa Dolores!

Coordinazione per la chiusura dello zoo Villa Dolores
Montevideo, Aprile 2015.

francese

Uscita del numero 5 di Fenrir

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E’ disponibile il 5° numero di “Fenrir”, pubblicazione cartacea anarchica ecologista di supporto ai/le prigionierx, azione diretta, aggiornamenti e analisi sulle lotte anarchiche e di liberazione animale, umana e della terra in tutto il mondo. 72 pagine formato A4.

In questo numero trovate:

– Editoriale
– Se non ora quando? Azioni dirette antiautoritarie nel mondo
– Ricordando Angry
– Si vede più chiaramente al buio… Chiudere le centrali nucleari, staccare la spina al capitalismo e allo Stato
– Individualità tendenti al selvaggio
– Victor Serge, “L’individualista e la società”
– Sabotaggio amico del popolo?
– Tensione individualista e tensione sociale
– Bruno Filippi, “Il me faut vivre ma vie”
– Collasso
– Lettere dal carcere
– Dopo il carcere. Intervista con Jeffrey “Free” Luers
– Tensione sociale e intervento anarchico in Svezia
– Contorni della lotta contro la costruzione di una maxi-prigione a Bruxelles
– Notizie dal necromondo
– La rivolta degli smartphones
– Aggiornamenti sui/le prigionierx e sulla repressione di Stato
– Letture consigliate

Per ricevere una o più copie scrivici: fenrir@riseup.net

Aiutaci a distribuire “Fenrir”, se hai una distro o vuoi un po’ di copie, contattaci!

Il costo è di 3 euro a copia, oppure di 2 euro per ordini di 5 o più copie.

Giornate di mobilitazione in tutta Italia contro gli allevamenti di visoni

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FERMIAMO TUTTI GLI ALLEVAMENTI DI VISONI !
Dal 16 al 21 Marzo 2015 giornate di mobilitazione in tutta Italia

Ci volevano seppellire ma
dimenticavano che siamo semi
da un manifesto solidale

Il discorso della crisi economica continua ad essere la forma per giustificare e legittimare ogni pratica di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sugli altri animali e sulla Terra.
Consideriamo la presenza e l’apertura di allevamenti di visoni come una delle manifestazioni evidenti di una crisi ben più profonda che sconvolge le relazioni sociali e politiche di ogni essere vivente. Se il territorio delle province di Bergamo e di Cremona ne è particolarmente esposto, le logiche di dominio e le più diverse forme di prevaricazione si possono rintracciare in tutti i territori. Per questi motivi sentiamo l’esigenza di coinvolgervi e, insieme, dare vita a nuove pratiche ed esperienze che puntino ad una riappropriazione di metodi autogestionari di lotta perché questa sia veramente diffusa, condivisa e costruita dalla base. Coinvolgervi è un modo, per noi, di opporci alla diffusione di pratiche e discorsi animalisti ambigui che fanno dello spettacolo del dolore, della delega, del pietismo e dell’apoliticità il “nuovo discorso” sull’animale.
Discorso che, di fatto, si allontana dal senso profondo e radicale della liberazione animale che è, invece, una continua riflessione e azione politica per scardinare ogni pratica di dominio. E per questo che abbiamo pensato di moltiplicare i luoghi della mobilitazione, i pensieri, i modi, le proposte affinché ognuno, a partire dal “proprio” territorio, possa dare contenuto alla liberazione animale. Così è nata l’idea di una prima settimana di mobilitazione durante la quale ogni realtà e individualità potrà contribuire a proprio modo a diffondere l’urgenza di fermare gli allevamenti di visoni e non solo.
Scrivendovi abbiamo il desiderio che si riesca e si possa costruire una rete che, seppur in questo momento, passa dal virtuale attraverso questa mail, non si fermi a questo ma diventi una realtà concreta che si incontra, agisce e si coordina. Questo è, per noi, un modo per non farci travolgere dalla crisi delle relazioni.

E’ con lo stesso obiettivo che vorremmo chiudere e rilanciare queste giornate di mobilitazione con una biciclettata qui a Bergamo alla quale vi chiediamo di partecipare. Una rumorosa e creativa Critical mass per dare voce alla critica contro qualsiasi progetto di allevamento e contro ogni forma di sfruttamento verso ogni animale, il giorno sabato 21 marzo. Giornata che ci piacerebbe concludere con una riflessione collettiva su come ridare vitalità e senso ai territori delle pratiche nel segno della liberazione animale.
Una giornata simbolica: l’inizio della primavera. Una giornata in cui spargere i semi di continue, necessarie, urgenti prese di coscienza sui discorsi e i linguaggi che sempre più spesso vengono utilizzati come un grande alibi per giustificare l’ingiustificabile ed incentivare sempre più l’adesione e la complicità a questo sistema di annientamento. Sicuramente le responsabilità dell’attuale situazione di sfruttamento generalizzato, di disagio e miseria non vanno attribuite ad un singolo settore “sbagliato” ma all’intero sistema che nella sua concezione di mondo condanna, a priori, l’esistenza di animali, umani e non, e della sopravvivenza della Terra stessa.

Non casualmente, gli allevatori stessi, ricorrono ad un subdolo discorso che fa della “necessità” il movente delle loro pratiche per far fronte alla “crisi” economica: dal nostro punto di vista, questo stesso dire, svela la fallacia del loro discorso che, di fatto, non fa altro che mostrare gli interstizi nei quali si insinua piuttosto una grave e costante deresponsabilizzazione verso ogni forma vivente.

Per la liberazione di tutte gli animali!
Contro gli allevamenti di visone e i mondi che li producono!

Coordinamenti Liber*Selvadec
Bergamo, 2 Febbraio 2015

Per informazioni:
liber.selvadec@inventati.org
liberselvadec.noblogs.org

Il processo a Billy, Silvia e Costa si avvicina: rilanciamo la lotta alle nocività

TOWSono passati quasi cinque anni dal nostro arresto in Svizzera, quando ad un posto di blocco sul passo dell’Albis, nel Canton Zurigo, venne rinvenuto nell’auto su cui viaggiavamo dell’esplosivo, alcune bombole di gas propano, taniche di benzina e diverse copie di uno scritto rivendicativo a firma Earth Liberation Front Switzerland. Obiettivo dell’attacco rivendicato negli scritti era il “Binning and Rohrer Nanotechology Center”, una struttura allora in costruzione, di proprietà dell’ IBM e in collaborazione con l’ETH, il Politecnico federale di Zurigo.

Il processo si tenne un anno e mezzo dopo il nostro arresto con tre accuse a nostro carico: atti preparatori punibili di incendio intenzionale; occultamento e trasporto di materie esplosive; commercio non autorizzato (importazione) di esplosivi. Le richieste di pena formulate dal procuratore federale Hansjörg Stadler, tra i 3 anni e 4 mesi e i 3 anni e 8 mesi vennero ampiamente accolte dal giudice federale Walter Wütrich, la quale corte confermò tutti i capi d’accusa ad eccezione del traffico (importazione) illecito di esplosivi, accusa dalla quale fummo assolti.

Parallelamente, la procura di Torino aveva da subito dato avvio ad un’indagine a tutto tondo intorno alle cartucce di esplosivo che gli svizzeri ci trovarono addosso, con l’obbiettivo di poterne determinare la provenienza. Ad indagine conclusa, le accuse a nostro carico ipotizzate dal pm Enrico Arnaldi Di Balme, sono pure tre: atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione e trasporto in luogo pubblico di esplosivi e ricettazione per l’esplosivo, accuse tutte aggravate dalla finalità di terrorismo.

In questi 5 anni passati, la nostra analisi del presente ha solo continuato a confermarsi e, conseguentemente, il nostro sentire anarchico ed ecologista non ha potuto che rafforzarsi. Le nano – biotecnologie sono gli ultimi sentieri battuti dalla corsa del sistema capitalista tecno-industriale al saccheggio e alla devastazione della Terra. Sentieri che, come tutti quelli precedenti (si pensi all’era dell’industrializzazione), presentano come miracoli cio’ che, possiamo facilmente immaginare, in futuro è destinato a trasformarsi in incubo.

Tecnologie che nascono dal cambio di visione del mondo che l’era informatica ha portato con se, soppiantando la visione meccanicista delle leve e degli ingranaggi con una visione matematica fatta di bits d’informazione in cui la realta’ tutta deve poter rientrare in un logaritmo. Una visione nuova che si e’ affermata perche’ meglio risponde alle esigenze del sistema. Affermandosi, ha schiuso alla scienza delle possibilità fino ad ora pressoche’ inimmaginabili per adempiere a quel compito che i tempi e l’autofagia del sistema le richiedono con sempre piu’ impellenza: riuscire ad appropiarsi di ogni cosa nell’universo per scomporla nei suoi piu piccoli, infinitesimali componenti, nei suoi “bits”. Ovvero, arrivare ad ottenere una qualche unità di base universale, attraverso la quale gli scienziati possano ridurre tutto l’esistente ad un grado sufficiente d’interscambiabilita’ ed equivalenza, affinchè in seguito, con l’ingegnerizzazione di questa nuova (perche prima inaccessibile) materia prima, ogni cosa di questo universo diventi fruibile alle necessità del dominio. Queste tecnologie sono dunque per il sistema un pilastro su cui rifondare i processi produttivi e di approvigionamento, fondamentali per la sua crescita. Una crescita che si vorrebbe senza fine in un pianeta saccheggiato già oltre ogni limite delle sue possibilità. E la convergenza delle scienze, cosi come con gli OGM, è l’ultima delle promesse di uno sviluppo che avrebbe dovuto risolvere la crisi ecologica a cui ci ha portati lo stesso progresso ecocida.

Come già detto in un precedente scritto, il “Binning and Rohrer Nanotechology Center” è stato reso operativo ed inaugurato pochi mesi prima del nostro processo in Svizzera. Da quasi tre anni a questa parte offre 950m2 di superficie alla collaborazione per la ricerca di base su nuovi materiali ed elementi di costruzione in scala nanometrica. Un luogo di ricerca che permetterà ai ricercatori, tanto di IBM che dell’ETH e di altri partner, di spingere la conoscenza, ma sopprattutto le possibilità di applicazione delle nanotecnologie, ben oltre, ma molto ben oltre, l’attuale impiego raggiunto tra cosmetici, pneumatici o spray nanotech. Cosi assicura il direttore della struttura, Matthias Kaiserswerth. Per noi, per quanto quelli di IBM o dell’ ETH si vantino di avere tra le mani un laboratorio unico al mondo – e per certi aspetti hanno pure ragione – la realtà è che i luoghi dentro cui si sta spingendo l’ingegnerizzazione e la manipolazione del vivente e del pianeta sono molti e, soprattutto, sono un po’ ovunque. Dai centri di ricerca delle multinazionali alle università, dai poli scientifici alle istituzioni di ricerca sovranazionali, un mondo che si muove in parallelo alla realtà che viviamo, e che sulla nostra testa progetta e costruisce il futuro che ci verrà imposto e i cui lineamenti già li abbiamo sotto gli occhi. Un mondo che ha un nome e un indirizzo.

Negli anni abbiamo sempre più sentito l’urgenza di provare a costruire lotte contro questo sviluppo, partendo proprio dalla comprensione della sua imprescindibilità per il sistema, oltre che per la nocività che gli sviluppi bio e nanotecnologici rappresentano. Nocività, e conviene chiarirlo, non in quanto danno alla salute umana, problema ambientale, ma in quanto rapporto tra potere e tecnologia che si traduce in rimodellamentosostituzionedistruzione degli ecosistemi e del vivente. Un concetto di nocività ben più ampio e che si ricollega a filo diretto all’unica vera nocività rappresentata dal sistema stesso. Un’urgenza che continuiamo a sentire e per cui, davanti a questo salto in avanti che il sistema tecnologico ed industriale sta compiendo, rimaniamo convinti di come questa si debba tradurre in una critica necessariamente radicale e che non possa prescindere dal contesto sociale e economico, di cui queste nocività sono il prodotto e per cui sono necessarie. Critica che a sua volta sappia trasformare i fiumi d’inchiostro e le parole, necessarie per esprimerla e svilupparla, in lotta e azione diretta. Rimaniamo dunque ancora convinti/e della necessità di sviluppare lotte ecologiste radicali per contrastare questo sviluppo tecno-industriale mortifero, tracciando però come linea chiara quella di vedere nella lotta unicamente una reale possibilità per rimettere tutto in discussione, e non uno spazio in cui provare a ritagliarsi la propria parte nel teatrino politico o  per offrire alternative “eco-sostenibili” al sistema.

Quello che vediamo è come i luoghi del potere tecno-scientifico si stiano decentralizzando e molecolarizzando in una costellazione di interessi e progetti ultra specifici, nonostante poi tra loro siano sempre e necessariamente interconnessi. Intervenire e colpire là dove più nuoce è sempre meno evidente e facile da capire. Una continua fonte d’ispirazione in questo senso è rappresentata da chi, in tutto il mondo, continua a sentire l’urgenza della lotta, portando avanti progetti, campagne, mobilitazioni e lotte in difesa di quanto ci si sente parte, e di sabotaggio e attacco distruttivo contro quegli ingranaggi che compongono il sistema industriale tecno-scientifico, patriarcale e capitalista.

Mettersi in gioco attraverso la lotta, sappiamo bene che probabilmente, presto o tardi, significa dovere fare i conti con la repressione e da questo non si sfugge. Quello da cui pero’ si puo’ e anzi si deve sfuggire, è lasciare soli/e coloro che sono colpiti/e dalla repressione. Il sostegno ai/alle prigionieri/e e’ qualcosa a cui non si puo’ prescindere, e oltre alla solidarieta’ e supporto piu’ immediato, altrettanto importante e fondamentale e’ il dare seguito alle lotte per cui compagni/e stanno pagando.

Nel nostro caso, trovandoci fuori da quelle mura, abbiamo davvero apprezzato le energie di tanti/e che attraverso serate e iniziative negli ultimi mesi, oltre al calore del supporto piu’ immediato e necessario, hanno dato spazio al nostro caso ma, sopprattutto, alle tematiche su cui ci preme un confronto e il trasmettere il nostro sentire. Questo per noi rimane fondamentale.

Il 23 aprile e’ la data in cui e’ stata fissata l’udienza preliminare, dove si deciderà se verrà fatto o meno questo processo “déjà vu”. Da parte nostra, quello che sentiamo, non e’ tanto un interesse a richiamare l’attenzione sul nostro caso specifico, sul processo nei nostri confronti, quanto più la voglia di riuscire a trasformare questo momento in un’occasione, anche di mobilitazione, per rilanciare queste tematiche e il sentire che ci accomuna.

Mettere al centro non la repressione, ma l’agire senza delegare ad altri/e contro le bio e le nanotecnologie, contro il nucleare, contro ogni altra nocivita’ di questo sistema mortifero e in sostanza: contro questo presente di annientamento e devastazione.

Per la liberazione della Terra. Per la liberazione animale.
Billy, Costa, Silvia, Febbraio 2015

In vista del processo ci troviamo a sostenere numerose spese legali, chiediamo a tutte e  tutti supporto con iniziative benefit e donazioni al conto corrente postale intestato a Marta Cattaneo codice IBAN: IT11A0760111100001022596116, specificare la causale: solidarietà a Silvia Billy Costa
Per contatti: info@resistenzealnanomondo.org
www.resistenzealnanomondo.org, www. silviabillycostaliberi.noblogs.org

Padova: Giornata contro le nocività

21febbraio
Le nocività costituiscono l’asse portante su cui il sistema tecnologico-industriale si regge. E’ possibile opporsi ad esse a partire da una prospettiva ecologista radicale, mettendo in discussione il progresso tecnologico, la civilizzazione ed il dominio degli umani sul selvatico ?

Sabato 21 febbraio

ore 15.30 : dibattito con alcuni compagni impegnati nelle lotte contro il gasdotto TAP in salento, l’alta velocità in val di susa e le discariche di chiaiano e pianura (na)
a seguire cena vegan benefit
dalle ore 22 : serata dub con mickey white dub selecta (from blank mamba sound) / dj-set malacrew (radical dub against autorithy)

Il ricavato della serata andrà a sostenere Francesco e Daniele, anarchici ancora in carcere per l’operazione ardesia.

L’incontro si terrà presso la mensa marzolo occupata
via marzolo, 4 – Padova (q.re Portello)
malacoda@distruzione.org

RAZZISTI, SESSISTI, OMOFOBI, SPECISTI RAUS !

L’Urlo della Terra: Nuovo giornale ecologista radicale

gato3

In questo numero:
L’ecologismo radicale e il selvatico   
Le conseguenze sociali e politiche dell’esposizione e dell’uso dei social network   
Memorie dal futuro: la singolarità tecnologica che viene   
Hambach la foresta che resiste: intervista      
Un’altra campagna è possibile…    
Attacco alla Bayer   
Repressione di stato: autorepressione di Nicole Vosper

Editoriale:
In tempi di social network, di relazioni frettolose e più in generale dove il senso delle cose sfuma in una moltitudine quantitativa, rilanciare con un giornale cartaceo può sembrare perlomeno fuori luogo o fuori tempo, secondo quale è lo spazio da dove facciamo partire il nostro sguardo.
Questo strumento non ha alcuna pretesa di essere la soluzione di una qualche mancanza, definita o indefinita, di un preteso movimento o contesto. Sicuramente non ci interessa riempire quel calderone dell’informazione alternativa, che per sua stessa costituzione non  può mai riempirsi per lo sconcerto dei suoi maggiori promotori. Intendiamoci, la controinformazione ha la sua importanza, ma pensiamo che questa non deve rimanere mera informazione e deve essere capita nei contesti dove va ad operare per poter essere successivamente agita nel vivo delle lotte. La consapevolezza critica non è da confondere con l’accumulo di informazioni. Nel pieno dell’informazione mai ci si è ritrovati così poco informati e spaesati come di questi tempi, dove la vecchia cassetta degli attrezzi non contiene strumenti utili e precisi, ma un calderone di attrezzi per tutti gli usi, anche quelli che non conosciamo. Dobbiamo ancora capire qual’è la relazione possibile tra ogni singolo strumento e quel determinato problema che ci troviamo ad affrontare.

Per affrontare i problemi che  di fronte a noi non vanno certo a diminuire, ma semmai si moltiplicano e convergono tra loro lasciandoci sempre indietro, di strumenti ne servono, non se ne può fare a meno se si vuole mettere insieme una progettualità, seppur limitata e circoscritta al momento. I tempi corrono con tutte le possibili esperienze che si possono fare e incontrare: tutti questi momenti e situazioni sono li a dimostrarlo, dotarsi di un progetto, che non è da confondere con le strategie, si rende fondamentale se si vuole essere per questo sistema qualcosa di più di un semplice fastidio occasionale.

L’urlo della Terra si fa sempre più lacerante, tanto che ormai sembra diventata l’abitudine. Questo urlo però non parla soltanto di un pianeta che muore sempre di più sotto i colpi della  civilizzazione, che si degrada e si impoverisce anche di senso insieme ai suoi abitanti animali e non. C’è anche una Terra che si ribella, che lotta e resiste nonostante tutta questa situazione. Di fatto quello che fa la differenza, che è immediatamente comprensibile senza tanti sofismi, è il non essere complici di quella distruzione e degradazione del vivente che è stata portata avanti fino adesso e di quella che verrà, che è decisamente più tenace e soprattutto irreversibile nelle sue conseguenze ultime.

La non collaborazione con questo sistema di morte non è abbastanza: la disobbedienza è di fatto tollerata perché recuperata o recuperabile, al contrario invece della conflittualità permanente, quella insuscettibile di ravvedimento che non trova soluzione ai problemi sedendosi allo stesso tavolo con chi sfrutta e bombarda nella nuova veste democratica.

Il nuovo tecno-totalitarismo non è solo quello dell’imposizione, ma soprattutto quello della partecipazione, della coesistenza: si è chiamati tutti e tutte a collaborare su base volontaria al proprio sfruttamento, perché un’altra possibilità non esiste. Di fatto l’alternativa è già inclusa nell’unico pacchetto che può contenere una centrale atomica insieme ad una centrale eolica che si fanno un’ottima compagnia in un bel prato verde. La de-responsabilizzazione si è diffusa largamente in ogni parte interessata, fino ad insinuarsi anche nelle nostre teste: la crisi ecologica e sociale non è causa nostra e neanche del sistema. Da una parte c’è chi con la crisi ne ha fatto il nuovo business, dall’altra c’è chi subisce tutte le conseguenze di un sistema al collasso che fa pagare a vite ed ecosistemi il proprio sfacelo. Niente si salva dalla megamacchina che tutto trita sotto il proprio sostentamento. Come quegli animali resi meri corpi che il dominio ha destinato a un’infinita catena di riproduzione e morte.

Affronteremo delle questioni che ci stanno particolarmente a cuore e che consideriamo della massima importanza come gli sviluppi, le diramazioni e convergenze delle tecno-scienze, la crisi ecologica e con essa la degradazione del vivente. Tratteremo le questioni da vari aspetti e vari sguardi per permettere di costruire un pensiero ed una critica radicale che possa essere una traccia per capire quello che sta avvenendo e soprattutto che non avviene nelle lotte.

Non pubblicheremo di tutto, cosa per altro poi abbastanza improbabile considerando l’esistenza di siti internet e bollettini che già svolgono l’importante lavoro della controinformazione. Punteremo su singoli aspetti:  uno scritto, un’azione che a nostro avviso possa essere utile per capire, per portare dei dubbi e degli interrogativi. Saranno infatti dubbi e interrogativi la nostra prerogativa e non le solite risposte facili e buone solo per fare degli slogan.

L’Urlo della Terra vuole essere una voce di quella resistenza che dura da generazioni e che unisce in un unico filo un Penan del Borneo a chi difende le ultime foreste in Europa, una contadina indiana che protegge la biodiversità dai semi terminator ad un falciatore di campi ogm di una moderna stazione sperimentale in Inghilterra…

Per contatti e richieste
urlodellaterra@inventati.org

3 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro
Per i distributori minimo 5 copie: 2 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro
Spese di spedizione per l’estero: 5,50 euro
CONTO CORRENTE
codice IBAN: IT11A0760111100001022596116
Per L’estero: Codice BIC BPPIITRRXXX
Intestato a Marta Cattaneo, specificare la causale L’urlo della Terra

Atene : Lo scioperante della fame Nikos Romanos trasferito all’ospedale

Striscione sulla scuola Politecnica di Exarchia : Solidarietà con l’anarchico Nikos Romanos, in sciopero della fame dal 10/11

Il 24 novembre del 2014, il prigioniero anarchico Nikos Romanos, in sciopero della fame dal 10 novembre, è stato trasferito dalle prigioni di Koridallos verso l’ospedale Gennimatas, sul corso Mesogeion, 154. E’ stato chiamato un presidio solidale per il giorno di oggi, 25 novembre, alle 17.00 di fronte all’ospedale.

Prigioni greche: Attualizzazione sullo sciopero della fame di Nikos Romanos (20/11)

Striscione ad Atene: “Ora tocca a noi. Ora cadiamo senza esitazione… Forza Nikos Romanos.”

La mattina del 20 novembre, undicesimo giorno di sciopero della fame, il compagno Nikos Romanos è stato trasferito al cosiddetto ospedale del carcere di Koridallos, a seguito della richiesta del medico responsabile.

L’ovvio deterioramento del suo stato di salute ha reso necessario il trasferimento in ospedale, dove sono stati condotti ulteriori esami prima di un nuovo trasferimento in cella.

Forza e solidarietà con Nikos Romanos.

Nessuno venga lasciato solo nelle mani dello stato.

fonte: athens imc

Padova, 29/30 novembre: Giornate di solidarietà a Gianluca e Adriano @Marzolo Occupata

la locandina in pdf

GIORNATE DI SOLIDARIETA’ A GIANLUCA E ADRIANO

La civiltà tecnologica investe oramai ogni aspetto della nostra quotidianità. Tutte quelle forme di vita che si sottraggono ancora alla schiavitù e all’alienazione del vivere civile, vengono o distrutte oppure marginalizzate.

Esiste ancora la possibilità di condurre un’esistenza libera e selvaggia, priva di ogni forma di autorità? I movimenti ecologisti degli ultimi anni, puntano ad una liberazione totale oppure si limitano a criticare solo uno degli aspetti del dominio?

Vogliamo riflettere soprattutto sull’importanza di una lotta ecologista radicale al sistema, tentando di riflettere intorno al tentativo del dominio di costruire ed imporre un totalitarismo tecnologico.

L’iniziativa sarà a sostegno di Gianluca e Adriano, compagni anarchici, in carcere dal settembre 2013, accusati di aver attaccato l’industria dello sfruttamento animale e della terra, e per questo condannati. Ed è proprio da questo che vogliamo partire nei dibattiti, tentando di valutare quali rapporti intercorrono tra lotte individuali e lotte popolari; per soffermarci, infine sullo stato della solidarietà rivoluzionaria nei confronti dei compagni incarcerati.

malacoda@distruzione.org

SABATO 29 NOVEMBRE

ore 16 dibattito sul dominio tecnologico con alcuni redattori del sito “Resistenze al nanomondo”

ore 20.30 cena vegan benefit

a seguire concerto in acustico con WASTED PIDO Lo-Fi R’n’R One Man Band da Venezia

DOMENICA 30 NOVEMBRE

ore 9.00 colazione in compagnia

ore 10.00 dibattito sulle pratiche individuali e collettive di resistenza alle nocività

a seguire pranzo vegan benefit

Porta la distro. Nè fasci, né guardie!

LE INIZIATIVE SI TERRANNO PRESSO LA MARZOLO OCCUPATA

via Marzolo, 4 – quartiere Portello (Padova)

Francia: Un manifestante ucciso al Testet

Un compagno ucciso al Testet

Chiamata a manifestare contro la violenza di Stato – a Nantes e ovunque

Presidio sto lunedì alle 18.00 di fronte alla prefecture di Nantes.
Appuntamento dalle 15.00 place du Bouffay per preparare e informare

Nella notte tra sabato e domenica, un manifestante, Rémi, è stato ucciso negli scontri che hanno avuto corso durante il presidio contro la costruzione della diga di Sivens, al Testet. Più o meno 7000 persone si sono ritrovate sulla Zad del Testet dopo mesi di attacchi da parte della polizia, di distruzione della zone umeda e delle abitazioni di chi la difende. Nella fine del pomeriggio, e poi più tardi nella notte, decine di persone si sono svolte contro le forze del ordine che proteggevano il cantiere. Volevano esprimere così la loro rabbia e ritardare la ripresa dei lavori, che era inizialmente prevista questo stesso lunedì. Sono state respinte col uso di palle di gomma, di granate assordanti, a frammentazione e di gas lacrimogeni. Secondo i racconti dei compagni del Testet, la persona deceduta sarebbe crollata dopo spari di granate e sarebbe stata portata via dalle forze del ordine. La Prefecture (questura) dice di non voler’ dichiarare niente sul fatto prima dei risultati dell’autopsia di lunedì. Il governo ha già cominciato ad infamare i manifestanti e prova a dividerli per fare dimenticare quello accaduto. Ma sanno benissimo, qualsiasi sia il loro prossimo passo, che questa morte avrà consequenze esplosive.

Purtroppo, questa morte rivoltante non ci sorprende dentro quel contesto. A Notre dames des landes, al Testet e dovunque sia, quando ci siamo oppost* ai loro proggetti, abbiamo dovuto confrontarci allo sviluppo crudo della violenza di Stato. Nonostante abbiamo benissimo capito, per quanto ci riguarda, che non potevamo contentarci di docilmente guardarli distruggere le nostre vite, essi hanno dimostrato che non ci faranno nessun regalo. Durante i mesi di sgombero della ZAD di NDDL, molt* compagn* sono stat* ferit* pesantemente dagli spari di palle di gomma e dalle granate. Nella sola manifestazione del 22 febbraio 2014 a Nantes, 3 persone hanno perso un occhio da questi spari. Da settimane, ormai, anche al Testet più persone sono state ferite, e ci voleva poco perche altri incidenti tragici succedassero quando gli opponenti sono stati sgomberati dalle case costruite sugli arberi.

E’ però pure per questa ragione, tra altre, che migliaia di persone si sono opposte fisicamente ai lavori, agli sgomberi, all’occupazione poliziesca dei luoghi di vita loro, che il proggetto di areoporto di Notre Dame des Landes si trova oggi moribondo, e che la diga del Testet e quelle che dovrebbero seguirla sono rimesse in questione. E quel impegno negli atti che ha permesso dare una potenza contagiosa a queste lotte, e che minaccia ormai ovunque la ristrutturazione mercantile del territorio.

Più quotidianamente, la repressione si esercita contro quell* che lottano nei carceri, nei quartieri e nei CIE, e là ancora trascina il suo peso di morti, troppo spesso dimenticate, più decine ogni anno. Di fronte agli sollevamenti e altre insottomissioni, la democrazia liberale mostra che rimane al suo posto grazie non solo alla domesticazione precisa degli individui e degli spazi di vita, o alle dominazioni economiche e sociali, però anche grazie al uso determinato del terrore.

Chiamiamo all’occupazione delle strade e dei luoghi di potere, per marcare la nostre tristezza, salutare la memoria del compagno ucciso sabato, e per esprimere la nostra rabbia contro la violenza di Stato. Non li lasceremo ammazarci con le loro armi cosidette “non letali”. Dobbiamo reagire con forza per fare in modo che abbia un prima e un dopo questa morte. Affirmare più forte che mai la nostra solidarietà verso tutt* quell* che lottano al Testet e altrove contro i loro proggetti guidati dalle logiche di controllo e di profitto, ma anche con quell* che cadono con meno rumore sotto i colpi della repressione, dovunque sia. Non ci lasceremo ne dividere, ne paralizzare dalla paura. Continueremo a vivere e lottare sugli spazi che sognano annichilare, ed a bloccare la strada.

Non lasceremo tornare il silenzio, non dimenticheremo!

Occupant* della ZAD di Notre dame des Landes

Un altro corteo si prepara per il sabato alle 14.00

Per maggiori informazioni: zad.nadir.org & nantes.indymedia.org

[Belgio] Si vede più chiaramente al buio

Chiudere le centrali nucleari, staccare la spina al capitalismo e allo Stato

Due cose importanti
Almeno due cose si possono dedurre dall’atto di sabotaggio di una turbina elettrica nella centrale nucleare di Doel nell’agosto 2014.* Due cose importanti, che tuttavia non abbiamo letto da nessuna parte.

Primo. Anche se il nucleare genera una contaminazione duratura e difficilmente risolvibile, è comunque possibile fermare la produzione energetica di queste centrali di morte. La lotta contro il nucleare non significa solo che quest’ultimo è all’origine di catastrofi e di radiazioni permanenti, dell’avvelenamento per lungo tempo dell’ambiente, ma anche che la stessa esistenza del nucleare ipoteca ogni prospettiva di libertà e di auto-organizzazione, perché il suo mantenimento e la sua gestione implicano necessariamente una struttura autoritaria e verticista, una struttura militarizzata.

Secondo. Che il sistema economico e statale vigente è del tutto dipendente dal flusso continuo di elettricità, pena la paralisi. Fabbriche, commissariati, ministeri, trasporti, amministrazioni: tutte le strutture fondamentali dell’oppressione statale e dello sfruttamento capitalista hanno in comune la loro dipendenza dall’energia. E quando le cose sono ferme, qualcos’altro può finalmente cominciare a muoversi.

Contro il nucleare
A partire dalla costruzione delle prime centrali, gli amministratori dell’esistente sfruttano la paura delle imprevedibili conseguenze di una catastrofe nucleare. Quelli che abitano attorno a queste centrali (e in Europa, in realtà sono tutti quanti) dipendono dai suoi costruttori per proteggersi contro lo scatenamento di una simile catastrofe tecnologica. In effetti, di fronte a ciò, di fronte alle radiazioni, di fronte alle «fughe», sono ancora gli stessi nucleocrati che hanno reso la catastrofe possibile a precipitarsi per «gestire» la situazione: con piani di evacuazione, presunte decontaminazioni, trattamento della centrale ferma… Questi specialisti e la loro struttura di comando fortemente gerarchizzata diventano così indispensabili. Inoltre, ogni centrale nucleare produce anche tonnellate di scorie radioattive che questi specialisti seppelliscono tranquillamente sotto terra sperando che tutto andrà bene. La loro radioattività è ormai dappertutto (a causa delle scorie, delle radiazioni, delle «piccole» fonti come i laboratori, gli ospedali, le fabbriche, le bombe d’uranio impoverito…), causando leucemie e cancri, modificando le strutture genetiche delle piante e degli esseri viventi, contaminando il pianeta in modo irreversibile.

Domandarsi perché esiste il nucleare, è comprendere le ragioni per opporvisi fermamente. Le centrali nucleari producono l’energia necessaria alle tecnologie del capitalismo. Le centrali producono l’energia che determina le strategie geo-politiche (come fanno anche il petrolio e il gas), modellando così la concorrenza e la collaborazione fra Stati. Producono la dipendenza delle persone dai loro oppressori. Esse producono la sottomissione alle gerarchie che gestiscono e mantengono questo mondo. Producono la pace sociale.

Il nucleare deve quindi essere fermato, nelle centrali e nella ricerca, nelle sue applicazioni militari e nelle sue applicazioni civili, è un passo necessario sul cammino verso la libertà.

Paura
Dopo il sabotaggio della centrale di Doel, i politici hanno parecchio evocato la minaccia di un black-out, di una panne di elettricità generalizzata. A sentire le loro parole, si potrebbe pensare d’essere all’alba di un’apocalisse da incubo. C’è un profluvio di appelli ad un «consumo responsabile», ma anche a preservare la calma e l’ordine. Per far fronte ad una potenziale carestia, lo Stato ha lanciato un piano alternativo che consiste nel tagliare l’elettricità alle persone piuttosto che ad uffici, fabbriche, commissariati, ministeri. L’economia e la sicurezza innanzitutto, com’è ovvio.

Se i politici parlano di black-out, cercano magari di intimorire la popolazione al fine di ottenerne la sottomissione. Evocare una penuria elettrica significa effettuare un lavoro di preparazione mentale per la costruzione, poniamo, di una nuova centrale nucleare. Ma non viene mai posta la questione del perché tutta questa produzione d’energia sia necessaria. Eppure, la moderna voracità del capitale si potrebbe forse misurare attraverso il suo consumo energetico. Per dare un solo esempio: portare i ricchi, gli eurocrati e i manager in 1h20 con un Thalys da Bruxelles fino a Parigi necessita di una quantità d’energia elettrica equivalente al consumo annuo medio di cinque abitazioni di Bruxelles!

Allora, vincere la paura che il potere cerca di distillare in relazione ad un eventuale black-out non significa voler cortocircuitare gli ospedali e gli ospizi come vorrebbe farci credere lo Stato. Lo Stato designa ogni critica, ogni azione di sabotaggio contro la dipendenza elettrica, come “terrorismo”, mentre è esso stesso a seminare paura, a brandire lo spettro del terrore che costituirà un bel taglio nella normalità, a bombardare e saccheggiare intere regioni per assicurarsi l’accesso al petrolio, al gas, alle materie prime.

Dobbiamo smascherare le menzogne dello Stato, il quale sostiene che siamo tutti nella stessa barca e che bisogna perciò fare tutti degli sforzi per occuparsene. Ma le cose non stanno così. Ci troviamo sulla sua barca nostro malgrado, o in ogni caso senza averlo mai veramente scelto. Incatenati come schiavi delle galere di un tempo pur di far funzionare la macchina. Alienati dalla vera vita, dato che nascendo e morendo nel guscio della barca, nel guscio del lavoro, dell’obbedienza, del consumo, i nostri occhi non hanno mai potuto scrutare l’orizzonte o il cielo. Allora, se il potere dice che è “terrorista” voler far inabissare la barca, è proprio perché vuole conservare il suo potere sugli schiavi incatenati. Allora, sta a te scegliere fra restare incatenato tutta una vita o liberarti rischiando perfino di nuotare da solo; a te scegliere tra la sottomissione e la rivolta, tra l’obbedienza e la dignità.

Sabotaggio e paralisi dell’economia
Che cos’è il capitalismo? La questione è complessa e può essere affrontata in mille maniere diverse, di cui distingueremo qui tre aspetti fondamentali.

Innanzitutto, c’è il modo capitalista di produzione, la produzione di merci. La produzione viene realizzata attraverso strutture (la fabbrica, il laboratorio, le macchine…) e manodopera (operai, impiegati, salariati…). Il capitalista ottiene profitto investendo nelle strutture e sfruttando la manodopera (ovvero, retribuendola meno di quanto produce realmente in termini di valore capitalista). Qui la cosa importante è che la produzione sia perciò dipendente dall’obbedienza della manodopera, perché se quest’ultima non vuole lavorare, la macchina non gira; e che questa produzione sia dipendente anche dalle strutture, perché una fabbrica dinamitata non può più produrre niente.

E poi, c’è un modo capitalista di scambio, ovvero il consumo, il commercio, la circolazione delle merci. Per questo, il capitale deve generare dei mercati per spacciare i prodotti, quindi creare dei bisogni; deve far circolare il denaro attraverso le banche, le borse, gli investimenti, perché un euro investito qui non genera lo stesso rendimento di un euro investito là; e soprattutto, ciò che qui ci interessa più in particolare, necessita di infrastrutture per realizzare questa circolazione. Ferrovie e porti per inviare le merci, reti di comunicazione per organizzare lo scambio e la circolazione, reti elettriche per far girare tutto questo. Il capitalismo è quindi dipendente da flussi continui, sia materiali (merci, manodopera, materie prime, energia) che immateriali (informazioni, dati, risultati della ricerca…).

Infine, c’è la riproduzione del rapporto sociale capitalista, ed è forse il centro di tutta la questione. I rapporti sociali determinano il ruolo ed il comportamento di ciascuno in questa società: del ricco come del povero, del capitalista come del salariato, del poliziotto come del prigioniero. Ma questi rapporti non sono «ideologici», perché si realizzano in uno spazio concreto. Il povero ha il suo posto in una gabbia da polli, il ricco nella sua villa. Il carcere, con le sue celle, le mura e il filo spinato, rinchiude gli individui e crea così i ruoli di prigioniero e di guardiano. Questa riproduzione del rapporto sociale coincide oggi quasi interamente con la continuità della normalità; in altre parole, finché il tran-tran quotidiano continua ogni giorno ad avanzare nello stesso modo, il potere non deve temere che si mettano in discussione i ruoli che ci impone. E questo tran-tran quotidiano può essere sabotato. Può essere cortocircuitato.

Se l’insieme del controllo, dello sfruttamento, dell’oppressione dipendono notevolmente dall’energia, è logico che tutte le piccole infrastrutture ripartite attraverso il territorio saltino agli occhi dei ribelli: centraline elettriche, cavi sotterranei, trasformatori, cavi di fibre ottiche, relé di telefoni portatili… Queste strutture sono così numerose e disseminate che il potere non potrà mai proteggerle tutte efficacemente dai gesti di rivolta, dai sabotaggi diffusi e ripetuti.

Se la pratica del sabotaggio non può trasformare da sola il rapporto sociale capitalista e autoritario, è comunque certo che, finché la macchina continuerà a girare, non si può sperare nessuna messa in discussione dell’esistente. L’onnipresenza del dominio esige una prima rottura nel corso normale delle cose, perché è unicamente grazie a tale rottura che possiamo sperare di avere un momento nostro, un momento per riflettere dove ci troviamo e per immaginare un altro mondo. È strano, ma in qualche modo c’è come l’intuizione che si vedrà più chiaramente al buio…

Fonte: Hors Service, n. 46, ottobre 2014, via Finimondo

* All’inizio di agosto di quest’anno il reattore della centrale di Doel4 si è fermato. A causarne l’arresto è stato un sabotaggio che ha interessato la turbina a vapore nella parte non-nucleare della centrale. 65000 litri d’olio della turbina sono defluiti verso un deposito sotterraneo destinato a recuperare l’olio in caso d’incendio. Per la mancanza di lubrificante la turbina si è surriscaldata e si è automaticamente fermata. Il blocco di questa centrale rischia di provocare nell’imminente inverno un black-out in Belgio e nei paesi limitrofi.

Contrastare la totalità del dominio

Da diversi anni il progresso tecnologico cresce fortemente, apportando nuove nocività quali il nucleare, le nanotecnologie e gli organismi geneticamente modificati. Questi minacciano nell‘immediato la vita sulla terra in diversi modi: attraverso lo sfruttamento delle “materie prime”, lo stoccaggio di enorme materiale radioattivo, la contaminazione irreversibile con nanotecnologie e la manipolazione genetica. Tutte le tecnologie condividono il potenziale di espansione del controllo sul vivente fino a raggiungere una dominazione totale della civiltà e delle sue innumerevoli strutture di potere che alienano quotidianamente le nostre relazioni.

La rivoluzione industriale porta ad un innalzamento della specializzazione e della centralizzazione. La tecnologia genetica rappresenta un nuovo salto qualitativo nello sviluppo del controllo sull‘agricoltura. I brevetti sulle sementi di qualche grande multinazionale spingono l‘agricoltura verso una dipendenza assoluta. Con la distruzione della biodiversità, ogni possibilità di un approvigionamento autonomo è reso impossible, impedendo fondamentalmente una prospettiva verso delle comunità libere e decentralizzate. Non sono solo le multinazionali e gli Stati che ne portano la responsabilità, ma pure tutti coloro che credono alle loro menzogne e sostengono il loro sviluppo.

Un ruolo centrale in questa tendenza distruttrice è da attribuire agli scienziati avvolti nei loro camici bianchi della «neutralità». Nascosti dietro alla nozione di «ricerca fondamentale», lavorano alla legittimanzione della tecnologia genetica. Entrare nello specifico di questa ricerca non ci interessa per niente, considerato quanto le intenzioni dei ricercatori ci sembrano chiare: con il fine d‘assicurarsi l‘approvazione dell‘opinione pubblica, si nascon-dono gli interessi economici, nonché l‘espansione del controllo sul vivente sotto la copertura della sacrosanta scienza.

La resistenza contro queste nuove nocività, non potendo essere spezzata attraverso queste menzogne, ha richiesto l‘intervento della repressione. Il nuovo sito protetto di Reckenholz, nel Canton Zurigo, dove gli attuali e futuri test a campo aperto di OGM si svolgono, è sorvegliato 24 ore su 24 da un‘agenzia di sicurezza e cani da guardia, video-sorveglianza permanente e due inferriate enormi dotate di sensori di movimento, ha più l‘aspetto di una fortezza.

Contrastiamo l‘avvanzata della dominazione totale.

Contrastiamo i responsabili che stanno intralciando la nostra strada verso la liberazione da tutte le forme di dominio.

Alcuni-e contadini-e anarchici-che

Istituto di Biologia Vegetale, Università di Zurigo

Promotore e direttore del test a campo aperto è il prof. Beat Keller. I costi della ricerca sono presi a carico dall‘Università.

Agroscope

Agroscope, nonchè il sito protetto che ospita la sperimentazione, è responsabile per gli aspetti tecnici ed è diretto dal dr. Michael Winzeler. Le sperimentazioni hanno luogo nei terreni presso Reckenholz (Affoltern, ZH).

Bouygues Energy & Services

L‘azienda Bouygues Energy & Services sorveglia 24 ore su 24 il centro ricerche con tanto di cani da guardia. Il gruppo Bouygues offre servizi che vanno dalle telecomunicazioni, alla sicurezza. Presente mondialmente, in Svizzera ha oltre 30 filiali.

Ufficio Federale dell‘Ambiente – UFAM

L‘UFAM è responsabile dell‘autorizzazione del progetto e della semina di grano modificato.

Grecia: Poche parole legate alla chiamata ad una settimana di azioni in solidarietà con i prigionieri anarchici

Ogni Società che voi costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere preparando sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli!
Renzo Novatore

Scriviamo questo testo per tutti gli anarchici e i ribelli, dentro e fuori le mura del carcere in tutto il mondo, in risposta alla chiamata internazionale ad una settimana di azioni per i prigionieri anarchici (23-30 agosto). Una coordinazione di azioni di questo tipo è necessaria, soprattutto a livello internazionale, dato che sollecita indivudui e collettivi ad agire nel modo che sentono, e ad esprimere e diffondere la guerra di liberazione anarchica. Comunque sia, non dovremmo dipendere solo da queste chiamate per far sentire le nostre voci e mostrare le nostre azioni. Perciò, dando per scontato che siamo una guerra infuriata, e avendo scelto questa posizione, ci confrontiamo con un nemico che possiede ogni mezzo per batterci in qualsiasi momento dell’attacco. Eserciti, sbirri, tecnologie di controllo, sorveglianza avanzata, stoccaggio del dna e impronte digitali, i media, e molte altre istituzioni e menti costituiscono il dominio verso il quale noi siamo ostili. In questa guerra, l’unica certezza è che avremo prigionieri, o anche vittime, e ciò è il punto sul quale la verifica della stessa battaglia mente.

Viviamo in un periodo nel quale lo Stato Greco ha catturato decine di anarchici nelle se prigioni per i loro atti contro il dominio. La prigione non è riuscita e mai riuscità a schiacciare i principi, il temperamento e le lotte degli anarchici, e lo dimostra la loro quotidiana e dignitosa attitudine all’interno delle celle della democrazia ma anche le lotte che essi continuano dietro le sbarre. La distinzione tra “innocenza” e “colpa” è falsa e può applicarsi solo allìarsenale dello stato.

Nell’ambito della repressione generalizzata, la proposta di legge sulle prigioni di tipo C e le nuove condizioni di detenzione speciali è passata durante l’estate, seguendo gli standard Americani ed Europei per schiacciare la dignità dei prigionieri. Senza perdere un secondo, le autorità hanno già cominciato il primo trasferimento di carcerati dall’inferno di Domokos ad altre prigioni, svuotando la prigione di Domokos per trasformarla in una struttura di massima sicurezza, e i primi prigionieri ad esservi condotti saranno anarchici e lottatori della guerrilla urbana.

Più è intensa la stretta alla gola, più la loro democrazia e il loro sistema di correzione riproducono una morte in dosi.

Poliziotti, giudici, guardie carcerarie e la loro schiera, trogloditi in schiavitù per la loro democrazia, asserviti alla propria miseria, consumatori di beni inutili che la dominazione offre generosamente, stanno attraversando una morte quotidiana in termini di vita cancerosa. I detentori di posizioni di rilievo, che approfittano della loro autorità, stanno cercando di riformulare un regno minore di cittadini che sognano di grandezza proprio come loro. Essi forgiano la mente umana a diventare uno stampo adatto per la fusione dei valori e delle istituzioni artificiali, spingendo gli esseri umani all’apatia attraverso i media, le droghe, la cultura del consumo generalizzato, attraverso la religione e il patriottismo, tenendo l’individuo lontano dal pensare e all’agire a seconda dei suoi propri desideri. Annegato nell’inerzia, gli esseri umani scelgono di stupire se stessi, sottoporsi a schiavitù brutalizzanti dalla durata di 8 ore, si nutrono di nozioni artificiose, si aggrappano alle dipendenze del sistema, e all’essere schiavi di una vita predeterminata prima di una morte certa e innattiva.

I ribelli che non hanno orizzonte oltre le mura delle loro coercizioni sono introversi nella loro inesistenza. Vedere se stessi attraverso la prospettiva di coercizioni significa che si accetta la direzione impostata dal Potere, così accettando o semplicemente respingendolo. L’insurrezione deve mirare alla distruzione totale del Potere; niente meno che tutto è abbastanza per noi.

Il dominio finanzia la guerra su tutti i fronti, distruggendo non solo vite umane ma anche schiavizzando animali non-umani e la natura, per cui anche la nostra risposta deve avvenire su tutti i fronti con lo scopo di una liberazione totale. Battaglie parziali hanno la loro propria importanza; comunque, niente sarà libero finchè non saremo tutti liberi.

Gli anachici lottano fino alla distruzione dell’ultima prigione
Solidarietà con i prigionieri anarchici di tutto il mondo

Anarchici per la liberazione totale

[Italia] Sabotaggio, bene comune?

NoTav, terrorismo e contro-insurrezione
maggio 2014

Il compressore
maggio 2014

Viene considerata sabotaggio una «azione di disturbo o di danneggiamento intesa a ostacolare il normale svolgimento di un lavoro produttivo, il regolare funzionamento dei servizi bellici del nemico, l’efficienza e la sicurezza dei servizi e dei trasporti pubblici». Ridotto alla sua essenza, il sabotaggio è quindi una pratica di lotta, uno strumento che è possibile mettere al servizio di qualsiasi fine. Un’arma potente che, come tutte le armi, può essere usata da chiunque. Lo zoccolo (sabot) lanciato negli ingranaggi spiega una meravigliosa origine del nome, ma purtroppo non riesce anche ad indicare le motivazioni del gesto. Una fabbrica può essere sabotata dagli operai in sciopero o dai tirapiedi assoldati da un industriale rivale, un mezzo militare può essere sabotato da soldati di un esercito nemico o da disertori, un cantiere può essere sabotato da chi contesta l’opera in costruzione o da chi è interessato agli appalti. Se in ambito reazionario il sabotaggio può essere impiegato anche da difensori dell’ordine stabilito, in ambito rivoluzionario può essere praticato tanto dagli amici di un nuovo Stato che dai nemici di qualsiasi Stato.

Che significa tutto ciò? Che ogni considerazione sulla natura di un sabotaggio – lasciando nelle latrine la sua condanna a priori, e negli asili la sua apologia incondizionata – non può evitare di affrontare sia le motivazioni che spingono al ricorso di questo strumento di lotta, sia il contesto in cui esso si manifesta. In altre parole, dimmi come, quando e perché sostieni il sabotaggio e saprò chi sei.

Ecco, a dirci come, quando e perché sostenere il sabotaggio sono sopraggiunte negli ultimi mesi un paio di pubblicazioni, alla vigilia della manifestazione nazionale dello scorso 10 maggio a Torino, in solidarietà con i quattro NoTav arrestati il 9 dicembre 2013 perché accusati di aver partecipato nella notte fra il 13 e il 14 maggio di quell’anno all’assalto contro il cantiere di Chiomonte. Quella notte di primavera il cantiere si trovò illuminato dal bagliore dei petardi, e alcune attrezzature della ditta responsabile dei lavori andarono in fumo. Tanto è bastato alla Procura di Torino per formulare contro quattro NoTav l’accusa di “terrorismo”. Pochi giorni prima che la stessa Cassazione si esprimesse su questa aggravante, facendola poi cadere, alcuni solidali NoTav hanno diffuso il proprio contributo teorico per «smontare il discorso sul terrorismo» e per svelare «se a terrorizzare sia lo Stato o chi gli si oppone». Stiamo parlando dei due opuscoli NoTav, terrorismo e contro-insurrezione e Il compressore, le cui campane hanno timbri diversi quel tanto che basta per poterli distinguere con facilità. Più rivolto al diritto il primo, più interessato alla storia il secondo, ma scritti sull’onda della medesima esigenza di giustificare e legittimare quanto accaduto quella notte, entrambi seguono spesso lo stesso ritmo.

Ad ogni modo almeno su un punto dello spartito, quello sul linguaggio, i rintocchi sembrano perfettamente sincronizzati. Al ding del «le parole non si accontentano di descrivere il mondo così com’è. Gli danno forma, lo producono come tale, sono elementi materiali. Il campo linguistico è anche un campo di battaglia», risponde il dong del «non essendo il linguaggio uno strumento “neutro”, ma piuttosto qualcosa con cui si dà forma alla realtà, ogni parola reca in sé premesse e decisioni valoriali, interpretative e prospettiche, tutt’altro che scontate». Ora, poiché le parole di certi trogloditi (sempre pronti col dito puntato a fare le pulci agli altri) non vanno ascoltate a prescindere, abbiamo trovato davvero magnifico che a sostenere con chiarezza la praticità del linguaggio sia finalmente qualche sovversivo dall’adeguato pedigree. Ma è stato un attimo, una soddisfazione effimera, spazzata via dal ricordo dell’aneddoto riportato da uno dei più celebri NoTav valsusini, il telemetereologo più amato da certi anarchici. Lui, NoTav sostenitore della Decrescita, stava discutendo con un sindaco SiTav fautore del Progresso, e si sono ritrovati entrambi d’accordo nell’elogiare un libro di denuncia dell’imminente tracollo cui è destinata la civiltà qualora proseguisse la sua folle corsa senza freni. Il brillante umorismo del telemetereologo nell’esporre il paradosso istituzionale – è proprio perché questo mondo corre verso il precipizio che bisogna costruire treni superveloci! – fece ridere a crepapelle i suoi ascoltatori. A noi no, non è venuto affatto da ridere nel veder contrabbandate su questi due testi false promesse per reali premesse.

NoTav, terrorismo e contro-insurrezione è presentato come il «frutto di riflessioni condivise con tanti compagni in giro per l’Italia e l’Europa che hanno avuto a che fare con questo tipo di accusa». Beh, il risultato di questo brain-storming dell’esperienza sovversiva continentale è a dir poco imbarazzante. Questi critici degli «elementi di linguaggio subdoli» utilizzati dai media iniziano la loro introduzione precisando che quando si evoca il terrorismo «nel contesto italiano, c’è un aspetto in più: “gli anni di piombo”, le stragi, i gruppi di lotta armata, un passato cupo e sinistro…». Mamma, che paura! Più che leggere i libri di Giorgio Agamben, sembra che abbiano visto i programmi di Giovanni Minoli. Il piombo che si è beccato Luigi Calabresi è cupo e sinistro quanto quello che ha colpito Giorgiana Masi? I gruppi di lotta armata erano tutti uguali, essendo NAR e NAP, BR e AR… solo lettere incrociabili sullo Scarabeo?

L’intento degli autori è quello di far crollare «l’edificio linguistico e affettivo» costruito dai mass-media attorno alla questione, ma solo per costruirne un altro diametralmente opposto e del tutto speculare. Chi non ama crogiolarsi nel tremendismo dell’accusa di “terrorismo” fa più che bene a rispedirla al mittente. Ma per far ciò, non basterebbe far notare come l’uso indiscriminato del terrore a fini politici calzi perfettamente con chi inquina l’aria, avvelena l’acqua, devasta la terra, contamina il cibo, irradia uranio, fabbrica armamenti, affama continenti, bombarda popolazioni? Non è certo lo Stato, creatore e garante di questa infame società, a poter accusare chi attacca i suoi cantieri (o i suoi funzionari) di seminare panico e terrore. L’incendio di qualche macchinario non terrorizza proprio nessuno (così come il ferimento di un amministratore delegato dell’industria nucleare può spaventare al massimo i suoi degni colleghi o i suoi committenti). Continue reading [Italia] Sabotaggio, bene comune?

Savona: Moloverde 25-26-27 luglio

DOVE LORO DEVASTANO NOI RICOSTRUIAMO
-una tre giorni dedicata alla condivisione e alla (ri)costruzione di una baracca in spiaggia-

Come ogni anno ci ritroviamo al Moloverde, dopo l’opposizione al progetto, ormai quasi estinto, di un porticciolo turistico sulla spiaggia della Margonara a Savona. Dopo cimenti invernali, iniziative, concerti, grigliate, musica e condivisione pensiamo a ricostruire ciò che è stato distrutto negli anni dai soliti speculatori vomitacemento. Proprio su questi scogli sorgevano splendide baracche usate sia da pescatori della zona, che da viandanti o senza tetto. Quest anno ci ritroviamo per una tre giorni dedicata alla costruzione di una nuova baracca che rimarrà a disposizione di chiunque passi di li, un piccolo passo iniziale con l’auspicio che un domani possano sorgere, come un tempo, altre baracche nell’area.

I lavori inizieranno venerdì 25 luglio dalle 14.00 per terminare domenica 27 luglio.

La spiaggia è molto grande e vi sarà la possibilità di montare la propria tenda, oppure di parcheggiare a poca distanza macchina, camper o furgone. Verrà allestita una cambusa da gestire e utilizzare insieme. Pranzi e cene verranno preparati in condivisione, portando ognuno ciò che vorrebbe trovare ad eccezione della grigliata di Sabato per onnivori, vegani e vegetariani il quale ricavato andrà insieme a quello dell’intera serata a sostegno di Gianluca e Adriano, anarchici arrestati lo scorso 19 Settembre e ad oggi ancora detenuti in carcere in regime di Alta Sorveglianza, accusati di 13 danneggiamenti di varia natura compiuti nei confronti di alcune banche, di una pellicceria, di sedi distaccate di Eni e Enel e della discarica di Roncigliano.

Sarà una tre giorni tutta da scoprire ed inventare!!

VENERDI 25
h 14-00 inizio lavori
h 19-00 cena bella vita a seguire dj set aperto- porta la tua chiavetta!

SABATO 26
h 9-00 caffè, focaccia a seguire continuazione dei lavori
h 13-00 pranzo bella vita a seguire continuazione dei lavori
h 19-00 grigliata a sostegno di Gianluca e Adriano
h 23-00 concerto con: GLI ALTRI – LEISFA – NO CHAPPI? BOURGEOIS! – a seguire DJSET

DOMENICA 27
h 9-30 anche 10! caffè, focaccia a seguire continuazione dei lavori
h 13-00 pranzo bella vita a seguire conclusione dei lavori

sono ben accetti:
materiali(legno, viti, chiodi, ecc…)
attrezzi (martelli, avvitatori, seghe, ecc…)

LA MARGONARA E’ NOSTRA! E DI TUTTI I FRATELLI DELLA COSTA, PIRATI RIBELLI, INDIVIDUI NON ADDOMESTICATI NE’ ARRESI. RIPRENDIAMOCI I NOSTRI ORIZZONTI SUBITO! SEMMU TUTTI MARGUNARI!!

Come raggiungere la spiaggia della Margonara:
Dalla stazione di Savona autobus 7 7/ o Varazze scendere alla prima fermata dopo la galleria tra Savona e Albisola
In macchina uscita autostrada ad Albisola girare a destra direzione Savona proseguire sull’ Aurelia fino alla galleria.

Per ulteriori informazioni o proposte di progetti per la costruzione: solidali15ottobregenova@gmail.com

Prigioni greche: Sospeso lo sciopero della fame di massa

Chania, Isola di Creta, 27 giugno: “No ai Guantánamo greci – Solidarietà con la lotta dei prigionieri”

Oggi, martedì 1 luglio, sospendiamo lo sciopero della fame di massa che abbiamo cominciato (dal 23 giugno) contro il disegno di legge per la costruzione di carceri di massima sicurezza.

Sospendiamo lo sciopero della fame ma non terminiamo la nostra mobilitazione. Al contrario, recuperiamo le forze e comunichiamo al ministero della Giustizia che non accetteremo il funzionamento del Guantánamo greco, né nelle prigioni di Domokos, nè dovunque.

Restiamo diffidenti rispetto alle proposte di miglioramento al disegno di legge che sarà presentato giovedì (3/7) da parte del ministero, e siamo pronti a lottare con tutti i mezzi per evitare che questo disegno di legge-mostruosità per le carceri di massima sicurezza.

Sappiamo che non ci sarebbero state proposte di miglioramento se non avessimo fatto lo sciopero della fame. Ma il ministero dovrebbe anche sapere che di fronte all’organizzato silenzio imposto dalla stampa che ha taciuto sullo sciopero della fame di massa portato avanti nelle carceri greche (con la partecipazione di 4500 prigionieri), da ora cambiamo i mezzi di lotta e se necessario avanzeremo forme di lotta più incisive. Senza inutili indugi…

Iniziativa del Comitato di lotta dei prigionieri

Grecia: Si intensifica la lotta contro la costruzione delle prigioni di massima sicurezza

Dal 28 giugno (6° giorno di sciopero della fame di massa), la lotta si sta intensificando in vista del voto sul progetto di legge per la costruzione delle prigioni di massima sicurezza il prossimo giovedì, 3 luglio 2014.

Il 27 giugno, la rete dei prigionieri in lotta ha chiamato alla mobilitazione solidale, anche in riferimento allo sciopero della fame di Nicolò Angelino, che è sotto detenzione in Italia.

Più di 30 scioperanti della fame sono stati trasferiti all’ospedale del carcere maschile di Koridallos, mentre il 28 giugno, la mattina, i compagni Panagiotis Argirou e Michalis Nikolopoulos (membri prigionieri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco) sono stati portati anche loro in ospedale, insieme ai compagni Argyris Ntalios, Yannis Michailidis e Nikos Romanos.

Tuttavia, il servizio sanitario del carcere e l’ospedale non hanno personale sufficiente per prendersi cura degli scioperanti che lì transitano urgentemente, mentre l’amministrazione del carcere mostra un totale disprezzo per la loro salute, inviandoli nuovamente in gli moduli. Inoltre, le guardie carcerarie sono entrate in “sciopero”, impedendo di fatto le visite dei prigionieri con i loro avvocati e le loro famiglie. In risposta ad entrambi, nella tarda-sera del 27 giugno, i prigionieri restati a Koridallos si sono trattenuti fuori dalle loro celle per un’ora in più oltre il tempo prestabilito.

Occorre qui menzionare la compagna Olga Ekonomidou, nel carcere femminile, è entrata in sciopero della fame il 25 giugno.

In termini numerici, i prigionieri di due prigioni si sono uniti alla mobilitazione (50 a Corinto e 60 sull’isola di Kos). Inoltre, nella dell’isola di Corfù, più prigionieri sono scesi in sciopero della fame immediatamente dopo una forte e calda manifestazione di sostegno di fronte alle mura di questo centro di sterminio, messa in atto la notte del 26 giugno da più di 20 individui.

https://www.youtube.com/watch?v=WFCpZjTpZRg

Video dell’intervento di fronte alla prigione di Corfù

Infine, nel carcere di Alikarnassos (Creta), tutti i detenuti sono stati coinvolti nelle proteste mediante l’astensione dai pasti forniti dalla prigione (per i più poveri dei prigionieri questo equivale quasi ad uno sciopero della fame).

Vi terremo in aggiornamento. Incoraggiamo la riproduzione di notizie relative alla lotta contro la nuova legge e la realizzazione di gesti solidali oltre i confini.

Heraklion, Creta: Testo del collettivo Sine Dominis

Sui striscioni si legge: “Né alle sostanze chimiche delle loro guerre, né ai petroli della loro pace” (Heraklion, 22/5/2014)

Né alle sostanze chimiche delle loro guerre, né ai petroli della loro “pace”.

Nei giochi geostrategici brutali di dominio e di potere messi in esecuzione dalle superpotenze mondiali, a volte con il pugno militare e, talvolta, attraverso il potere economico, le uniche vittime e permanenti sono le società e l’ambiente del pianeta che ci ospita.

Dalla metà di Febbraio con pioniere il governo degli Stati Uniti e col pieno consenso e l’assistenza del governo Russo, è stata lanciata con la massima riservatezza un’operazione di trasporto e di distruzione dell’arsenale chimico della Siria nella zona marittima tra la Creta, Malta e la Sicilia. L’intero progetto è stato orchestrato ed è supervisionato dalla NATO, mentre l’UE (e ovviamente anche la Grecia in bancarotta) contribuisce nel finanziamento dell’operazione, un fatto che non è stato reso noto ampiamente, dal momento che è stata resa pubblica la distruzione delle sudette sostanze chimiche.

Lo stato greco come un’altra macchina imperialista partecipa alla banda della NATO, compie esercitazioni congiunte con altri Stati terroristi, invade, oppure fornisce il suo territorio attraverso la basi della NATO, nei paesi africani e altrove (Iraq, Afghanistan, Libia, Kosovo, ecc) e tutto cio’ per gli interessi dei potenti stati imperialisti e dell’impero globale del denaro. La posizione geopolitica della Grecia porta il paese alla ribalta degli sviluppi geostrategici ed ogni governo greco di turno non perde l’occasione per sfruttarla (espansione economica nei Balcani, contrabbando di carburante, aziende di costruzioni nei paesi saccheggiati). Il loro alibi, per legittimarsi agli occhi della gente, è la retorica nazionalista permanente per i nemici esterni della nazione, che “sono in guardia” e “i obblighi del paese verso i suoi alleati.” In questo modo, anche in un momento di crisi del sistema capitalista vediamo il bilancio dello stato per gli armamenti di espandersi in modo inversamente analogo col tentativo di saccheggio dei salari, delle pensioni, e delle strutture pubbliche (sanità, istruzione, ecc.)

Tonnellate di armi chimiche stanno già facendo il giro del Mediterraneo (un mare con piccolo tasso di rinnovamento delle acque) con una nave marcia (di 36 anni, senza cassoni di fondazione, monoscafo) effettuando un metodo di distruzione che non è mai stato testato in mare e su larga scala. I dominanti ci dicono che il metodo sperimentale della idrolisi dei gas chimici nervini è completamente sicuro, senza pero’ portare alcuna prova per questo, mentre non è un caso che paesi come Francia, Germania, Norvegia, Belgio e Albania, i quali possiedono impianti per la gestione di tali rifiuti pericolosi, hanno già rifiutato di distruggere le armi chimiche all’interno dei loro confini, citando “la mancanza di infrastrutture”. Per quanto riguarda i mercanti di morte, le superpotenze che producono e vendono nei paesi-canaglia le armi chimiche, nemmeno una parola per prenderle e distruggerle nelle strutture in cui sono state prodotte.

Le convenzioni internazionali vengono annulate dai stessi governi, che ipocritamente firmano il divieto di produzione di armi chimiche, mentre allo stesso tempo gli forniscono nelle “zone di guerra”. Al di là dei giochi geopolitici del massacro umano nella Siria (per il quale esiste l’indifferenza completa) e il rifiuto di asilo ai rifugiati, le armi chimiche anche quando vengono distrutte, rappresentano una minaccia a causa dell’incoscienza dei funzionari militari e civili in carica. Il processo di distruzione delle sostanze chimiche nel cuore del Mediterraneo rappresenta un grave rischio di rilascio di tonnellate di rifiuti tossici, costituendo una grave minaccia per l’ambiente e la salute pubblica.

Il metodo e le attrezzature che sarà utilizzato è la Field Deployable Hydrolysis System, che è stata sviluppata solo nell’ultimo anno, e utilizza una varietà di sostanze chimiche per neutralizzare le armi. Produce grandi quantità di rifiuti liquidi tossici, noti come uscite. Il metodo e le apparecchiature installate nella nave da guerra americana, MV Cape Ray, sono state testate solo una volta in mare, e per neutralizzare una piccola quantità di armi chimiche. Questo supera di gran lunga la dimensione dell’arsenale siriano da distruggere, che è più di 700 tonnellate di armi. Poi, la MV Cape Ray è stata originariamente progettata per il trasporto di cibo e di attrezzature, 36 anni fa, senza cassoni di fondazione, ed è costruita come monoscafo, che la rende inadatta per una tale operazione di alto rischio a causa della grande probabilità di un incidente. Le conseguenze di un’eventuale perdita (accidentale o intenzionale) di rifiuti solidi o liquidi generata durante il processo è imprevedibile, soprattutto in considerazione del rischio di dispersione nel bacino del Mediterraneo, attraverso le sue potenti correnti marine.

La scelta del sito non è stata casuale. Il fatto che molti paesi del Mediterraneo stanno affrontando attualmente una grave crisi economica e di instabilità politica, piega la reazione della società e la loro capacità di intervento. L’OPCW, organizzazione responsabile del processo, sfrutta queste condizioni e pone il rischio di trasformare il Mediterraneo in un’area di smaltimento dei rifiuti pericolosi.

Le questioni che sorgono sono dunque molto serie: Nessuno conosce (compreso l’esercito americano) se le sostanze chimiche contengono degli aggiuntivi, e quindi non possano essere idrolizzate. Non conosciamo se il processo di idrolisi è funzionale in mare con le macchine che si muovano in un’altro livello di altezza e quindi di pressione dalle sostanze chimiche. Anche se il lavoro di idrolisi in mare funzionerà, non vi è alcun studio sull’impatto ambientale in caso di un incidente (che impatto avrà un incidente). È interessante che la rivista (conservatrice) americana, American Thinker, chiede in un articolo al governo degli Stati Uniti perché si impegna a fare qualcosa nel Mediterraneo che nel suo paese sarebbe illegale, e arriva fino a chiedersi se questi rifiuti tossici saranno affidati a qualche azienda “sporca” che li farà sparire senza troppe domande.

Tutto questo a livello internazionale. A livello locale siamo spettatori di un recital di ipocrisia da parte dei potenti (sindaci, prefetti), dei partiti e degli uomini d’affari i quali (per coincidenza poco prima dell’inizio della stagione turistica e in vista delle elezioni) si sono “sensibilizzati” per l’ambiente. Tutti questi anni pero’ mostrano la loro indifferenza di fronte alla devastazione causata nell’isola dall’industria del turismo, dagli impianti industriali di energia alternativa e non solo. Mentre è stato recentemente annunciato che questa estate saranno lanciati i concorsi per le ricerche di petrolio nel Mar Ionio e nella zona di mare a sud di Creta, e se i risultati saranno promettenti e redditizi per le aziende multinazionali che gli gestiranno, saranno costruiti impianti petroliferi con la conseguente minaccia per tutta l’area marittima e non solo da un grande ed estremamente difficile da invertire inquinamento, sia da un possibile incidente, come ad esempio quello nel Golfo del Messico, e generalmente dalle navi che trasporteranno il petrolio greggio.

Oltretutto, caratteristica dell’ipocrisia dei governanti locali è che nessuno di loro non parli mai della base militare della NATO a Souda, dove si attraccano navi da guerra e sottomarini a propulsione nucleare, ma anche fregate con armi chimiche. Tutti questi piccoli potenti locali che ora presumibilmente si preoccupano per le armi chimiche non menzionano mai la morte che disperdono le navi e gli aerei della Nato che operano da Souda. Non parlano nemmeno per le esercitazioni della NATO nel Mediterraneo che distruggendo le specie di vita sottomarine e fanno uscire sulle coste delle specie marine morti (come recentemente sulla costa di Ierapetra, dove delle balene da becco d’oca –Ziphius cavirostris– sono uscite a terra morte per la ragione che sono state “impazzite” dai sonar delle navi da guerra) e rifiuti tossici. Per non parlare delle centinaia di migliaia di persone costrette a diventare profughi a causa delle guerre predatorie dei dominanti. Molti di loro, dopo essere stati salvati (temporaneamente) dalle bombe e dai proiettili di guerra, vengono uccisi dalle onde del Mar Egeo all’interno delle navi marce degli mercanti di uomini moderni. E per quale motivo interessarsi? Dal momento che i boss locali a Creta trattano i rifugiati come manodopera a basso costo e nello stesso tempo si arricchiscono dalle uscite dei soldati, ma anche dalle attività commerciali della base militare. Sono così le stesse persone che da un lato versano lacrime di coccodrillo per l’arsenale chimico della Siria e dall’altro lato si grattano le mani come i pezzenti del mercato nero per l’eminente estrazione di petrolio e di gas naturale, immaginando se stessi come qualcosa tra i sceicchi del Golfo Persico e i boss del petrolio del Texas.

La guerra è la macchina del capitalismo e della sovranità degli stati. Intorno ad essa si raccolgono e si smistano i più grossi appalti, si generano enormi profitti e “respira” il capitalismo e lo sfruttamento. I governi, come personale civile dei guerrafondai, alimentano l’industria bellica a causa degli enormi profitti, ma soprattutto perché i costi (sociali, ambientali) non li pagano quelli che raccolgono i profitti ma i popoli del mondo. I principali reati ambientali mostrano il futuro di un mondo pieno di “zone grigie”. Zone in cui sarà impossibile l’esistenza della vita. È nostro dovere di fermare la macchina capitalista di distruzione e di sostenere la popolazione dei rifugiati richiedenti asilo, di rispondere a livello della nostra classe, in modo combattente ed umano contro la guerra dei padroni.

La lotta contro la loro guerra, non può che essere solo contro il dominio globale dei pochi che la provoca.

Nessuna guerra tra le “nazioni” – nessuna pace tra le classi!
Per un mondo senza eserciti, stati e confini.

Sine Dominis, collettivo anarchico dall’Occupazione Evangelismos
sinedominis@espiv.net

Il testo è stato distribuito alla città di Heraklion il 22 maggio durante il raduno per la giornata nazionale di azione contro la distruzione di sostanze chimiche nella zona del mare.

fonte : candia alternativa

[Italia] Nuovo sito: Resistenze al nanomondo

Siamo un collettivo che da anni lavora su tematiche come l’ecologismo radicale e la critica alla società tecno-industriale. Realizzando bollettini, riviste, materiale informativo e numerose iniziative che hanno portato a mobilitazioni come quella contro l’Efsa di Parma (Ente europeo sicurezza alimentare), primo responsabile in Europa della diffusione di ogm, pesticidi e nocività di ogni tipo e adesso anche le nanotecnologie.

Perché “Resistere al nanomondo”?

Quello che sta avvenendo sul pianeta ad una velocità impressionante è una distruzione di tale proporzioni che non necessita di alcun strumento o specialista per rendersene conto. L’ecocidio in atto ha ormai raggiunto e superato quasi ovunque la soglia dell’irreversibilità: gli stessi elementi che rendono possibile la vita sul pianeta stanno scomparendo, un ecosistema più complesso nella sua integrità è diventato una rarità.

Questo sistema sta lavorando al dopo: dopo aver garantito e messo in atto un saccheggio e una distruzione senza precedenti, si appresta a far a meno della natura e quindi anche dell’uomo, per come si è inteso fino ad ora essere umano.

Ma non stiamo parlando di un salto che sta per compiersi da parte del totalitarismo tecnologico. La tecnologia, trama del nostro quotidiano e dimensione interiorizzata che plasma e modifica la stessa realtà, non fa salti, può stare nascosta per anni in qualche laboratorio di ricerca, ma assolutamente non fa salti. Ci siamo già dentro a pieno a questa singolarità, come è stato definito questo radicale cambiamento in corso.

Dal chip sotto pelle ai droni sui quartieri a “rischio” l’avanzata del dominio tecnologico è lenta e inarrestabile: talmente lenta che neanche ce ne rendiamo conto. Ma è una finta lentezza: se gaggets tecnologici, diventati protesi nel nostro quotidiano come i cellulari, si rinnovano in tempi sempre più corti, lo stesso avviene per le tecnologie militari e di controllo. Con un certo eufemismo, si potrebbe dire che quello non immediatamente utile al militare viene lasciato al pubblico per farlo concentrare sulla propria alienazione o per affinare intorno a se quella vasta gabbia tecnologica, di cui l’espressione più evidente è il cosiddetto “internet delle cose”: sempre connessi e sempre sotto controllo!

Il ruolo delle grosse multinazionali come sempre è chiave, quando è in corso un cambiamento di tali proporzioni e dalle così vaste implicazioni per il futuro, ma non si può ridurre tutto alle compagnie come IBM, Monsanto, Basf … per citarne solo alcune. La questione è molto più ampia e complessa, coinvolge tutto il sistema della ricerca scientifica dell’alta tecnologia e un determinismo tecnologico che ci vuole sempre più imbrigliati.

Ci sentiamo di puntare forte l’attenzione sull’interconnessione delle scienze convergenti: biotecnologia, nanotecnologia, neuroscienze, informatica. Sentiamo di dare un ruolo particolare alle nanotecnologie e al nanomondo che si sta realizzando passo dopo passo, dove le decisioni sono già state prese e partecipare al dibattito con i loro tavoli truccati non significa altro che consolidare il proprio sfruttamento in forma consensuale. In questo stato di cose anche le normali manifestazioni di consenso vengono meno o si fanno superflue, una tecnologia che si è fatta sistema muove i suoi passi a prescindere da noi. L’ingegneria genetica va di pari passo con l’ingegneria sociale, dove il vivente viene snaturato della sua stessa essenza e dove questo “uomo nuovo” deve essere il miglior custode della gabbia.

Le nanotecnologie non sono arrivate dal nulla, come dicono gli stessi estimatori il debito verso le biotecnologie è enorme, non sono altro che la loro continuazione. Per questo pensiamo sia necessario non separarle mai, mettendone in luce la comune origine e il medesimo percorso. Il terrore dei sostenitori del nanomondo è vedere ripetersi quello che è avvenuto con gli ogm, dove una visione fortemente negativa ha preso piede in tutto il mondo creando numerose resistenze.

Pensiamo sia importante trasmettere delle analisi per sviluppare un pensiero critico. Con questo sito vogliamo portare e sviluppare una critica radicale a queste tecnologie anche soffermandoci su singole questioni e aspetti. Cercando però sempre di far capire i vari passaggi e collegamenti per esprimere e trasmettere una visione più ampia. Per esempio mostrando le similitudini esistenti tra un microchip in un animale in un’impresa industriale e un chip sotto pelle ad un bambino per fare in modo che sia sempre rintracciabile; tra un micro drone per il controllo cittadino e i bombardamenti sui civili fatti dai droni in Pachistan dall’esercito americano.

Apparentemente la questione si presenta molto complessa, al di fuori della nostra comprensione, soprattutto se non ci si intende di scienza, ma non è così! L’analisi e critica che vogliamo sviluppare non porterà a capire cosa avviene sotto le lenti di un microscopio a scansione tunnel, strumento altamente specializzato capace di configurare in nanoscala e di spostare molecole. Questo non ci interessa non tanto perché all’IBM o in altre compagnie e centri di ricerca non è gradito chi curiosa nei loro affari e non ci farebbero entrare, ma perché non è trasformandosi a nostra volta in scienziati, o avendone a nostra disposizione, che si arriverà a capo di qualcosa. Sono proprio scienziati, tecnici e specialisti di ogni sorta che stanno dando un fondamentale contributo (ovviamente supportato da un sistema che legifera e soprattutto esprime le loro indicazioni) a questo tecnomondo.

La prospettiva da dove osserveremo sarà totalmente diversa: non daremo forza alla nostra voce su simili basi, ma partiremo da svelare quello che si presenta come neutrale e invece neutrale non lo è. Non c’è da girarci tanto intorno: riconoscere l’ammissibilità e validità alla nanotecnologia significa supportare la nano-guerra e il nuovo totalitarismo, perlomeno uno degli strumenti che ne diventerà il suo più prezioso alleato. La coesistenza richiamandosi a qualche metodo precauzionale è impossibile, abbiamo già visto cosa è avvenuto con gli Ogm in agricoltura o con il nucleare, con la convergenza delle tecniche la situazione non è gestibile e decisamente più grave.

Un sito ha ovviamente tutti i suoi limiti, ci auguriamo che nella sua semplicità possa stimolare ulteriori riflessioni e la realizzazione di altri strumenti, in lingua italiana analisi e critiche su certe questioni sono ancora troppo rare. Questo sito ospita testi, scritti, notizie e video che portano una critica radicale con lo scopo di contribuire a creare un pensiero critico e un’opposizione verso questo esistente.

Non è nostro fine creare uno strumento per la realizzazione di un contesto culturale chiuso in se stesso e con una falsata apertura verso l’esterno. Il nostro strumento vuole essere diretto a chiunque vuol saperne di più su certe questioni.

Consideriamo questo progetto come qualcosa in movimento, che potrà supportare o dare vita a campagne e momenti di resistenza al nanomondo.

Pensiamo che la critica deve trasformarsi in azione, per questo motivo ospitiamo e diamo ampio spazio anche a chi non accetta questo stato di cose e decide di opporsi concretamente, dando vita ad altre situazioni, mobilitazioni, azioni, che vanno ad infittire quella resistenza che ha origini lontane e ora più che mai si fa necessaria: perché il nanomondo è irreversibile.

resistenzealnanomondo.org

[Italia] Appello alla solidarietà con Ilya Romanov, incarcerato in Russia

Dopo aver appreso l’iniziativa dei compagni del CSO VOX di Atene in solidarietà ad Ilya Romanov,* abbiamo voluto raccogliere l’appello di raccolta fondi per il compagno arrestato e la sua famiglia. Vorremmo, visti i molteplici impegni dei compagni e compagne, che ogni gruppo ed i singoli individui raccogliessero i soldi facendo “colletta”, oppure per chi riesce, organizzando iniziative in sostegno ad Ilya.

Varie realtà hanno già devoluto dei soldi a seconda delle loro possibilità, chiediamo ai compagni un altro sforzo.

La nostra intenzione è che anche dall’Italia arrivi un segnale di solidarietà internazionale ad un compagno presente nelle lotte da più di vent’anni con determinazione.

La solidarietà va portata avanti soprattutto continuando la lotta contro la guerra con le più svariate pratiche, ma anche raccogliendo fondi per un compagno ferito in azione.

Gli ultimi aggiornamenti arrivati da Mosca ci dicono che Ilya è in carcere e sta aspettando che gli fissino la data del processo; non si sanno ancora le accuse che pendono a suo carico, probabilmente il processo inizierà quest’estate. Ad Ilya fa molto male la mano ma sta bene di morale, la sua famiglia può fargli avere le medicine ma è in difficoltà nella raccolta dei soldi per la difesa legale.

Se qualcuno volesse scrivergli una lettera in inglese la spedisca a questo indirizzo e i compagni provvederanno a tradurla in russo: abc-msk(at)riseup.net

Ringraziamo in anticipo i compagni e le compagne che supporteranno questa causa.

Anarchiche ed Anarchici di Trento e Rovereto

Per chi volesse contribuire alla raccolta fondi il versamento dei soldi è tramite carta Postepay ed il suo codice è: 4023-6005-5882-3706 / Intestata ha: Luigia Cecchin

* il testo distribuito durante l’evento svolto al Centro Sociale Occupato VOX, a Exarchia (Atene) il 15 novembre 2013 —in inglese qui