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Italia: È uscito il numero 8 della rivista “i giorni e le notti”

INDICE:

Editoriale
Quando il fango si mette a ragionare
Ancora sulla mobilitazione reazionaria in corso
Parole senza idee. Riflessioni sul sovranismo
Il nostro bisogno di sicurezza
Mettiamoci del peso

DALLA QUARTA DI COPERTINA:

Da giugno ad oggi la propaganda e la pratica del razzismo di Stato si sono fatte ancora più esplicite. Dal lato sociale – l’unico lato che ci interessa – non si può non registrare un ampio consenso alle politiche anti-immigrati, tutt’uno con gli applausi verso le forze dell’ordine sguinzagliate a sgomberare occupazioni abitative e a sorvegliare le entrate delle scuole. Chi subisce il maglio dello Stato fatica a uscire dall’angolo – un angolo in cui sono confinati tanto lo straniero povero quanto l'”antinazionale”, due figure d’altronde sempre più intercambiabili.

Ci è parso utile soffermarci sia sulle tesi sovraniste sia, riprendendo alcuni spunti del passato, sul rapporto fra tecnologizzazione della vita e razzismo, aspetti che secondo noi vanno pensati insieme.

Nell’analizzare il mondo che ci circonda parliamo sempre, direttamente o indirettamente, di noi, di ciò che vogliamo fare, della vita per cui ci battiamo. Anche il nostro bisogno di sicurezza fa parte del gioco, e non bastano alcune parole magiche – magari una bella poesia sull’ignoto – per uscire dalla tana. Serve leggerezza, ma anche peso (quello della responsabilità, ad esempio).

Il razzismo è sempre una parodia reazionaria della critica rivoluzionaria.
Per separare il grano dal loglio servono idee, e mani risolute.

[Italia]: È uscito il numero 7 della rivista “I giorni e le notti”

INDICE

– Editoriale
– Quel grumo di buio. Note sulla mobilitazione reazionaria in corso
– Un inammissibile frammento di abisso
– Quel punto di luce. Note sui GAP
– …Ancora con lo sguardo del lupo
– Su misura. Per farla finita con la messa a misura del mondo
– A colpi di randello

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Un problema non da poco resta quello delle priorità che si deve porre chi vuole rivoluzionare questo mondo. Se non c’è dubbio che l’artificializzazione e la robotizzazione della vita siano la tendenza dell’epoca in cui viviamo, il diffondersi della peste nazionalista e razzista ci dice con urgenza che la guerra civile fra poveri è tutt’altro che un’anticaglia del passato. La società è talmente gravida di contraddizioni e di brutalità latente, che nessuno può dire con certezza se ad esplodere sarà prima la bomba tecnologica o quella “etnica”. Tra l’altro, fra le due tendenze c’è un’abietta coerenza, se già Adorno definiva il fascismo come «barbarie tecnicamente equipaggiata». Quali pronostici fare su un’umanità che produce contemporaneamente l’Intelligenza Artificiale, i droni e i kamikaze jihadisti? D’altronde, il dominio si serve senza imbarazzo di tutti gli strumenti che la sua storia gli mette a disposizione. Le analisi rivelano sempre, insieme al mondo che cerchiamo di conoscere al fine di trasformarlo, chi siamo. Se il presente ci sembra fosco; se quello cui plaudono tanti nostri contemporanei ci sembra semplicemente disumano, non disperiamo su quello che possono intraprendere i piccoli gruppi rivoluzionari e su ciò che può nascere dalle rotture con l’ordine costituito. Non si tratta di certezze teoriche, ma di ragioni di vita, senza le quali a poco servono idee, tecniche e metodi.

Costo per copia 3 euro.
Per i distributori 2 euro dalle tre o più copie.
Per scriverci e richiedere copie: I giorni e le notti c/o Circolo Anarchico “Nave dei folli” Via Santa Maria, 35, 38068 Rovereto (TN).

rivistaigiornielenotti@autistici.org

Per il pagamento delle copie utilizzare il numero postepay:

5333-1710-0243-8949 intestato a Luca Dolce.

[Italia]: È uscito il numero 6 della rivista “I giorni e le notti”

INDICE

Editoriale
Ostacoli supplementari
La società stretta
L’eresia delle eresie
Cos’è una «minoranza consistente»?
La vita fisica contro l’ozio
Appunti sull’autogestione
Con lo sguardo del lupo
Lacci, bilancini e forse altro

Dall’editoriale:
Il filo di questo numero, suggeritoci da una singolare convergenza di letture e di parole-chiave che forse non giungono mai per caso, è la coppia oppositiva in- consistenza-consistenza. Inconsistenza e consistenza di cosa? Del mondo, di noi, dei pensieri, dei piaceri, dei sensi, del senso comune, della critica anarchica, della memoria, delle esperienze, dell’attività umana, dell’autonomia materiale, della pratica sovversiva, della fatica, dell’ozio, dei rapporti amorosi, delle minoranze ribelli… Non si adombrino i lettori più impazienti di problemi concreti.

Mentre l’attualità ci attanaglia alla gola, eccolo un banco di prova per capire che consistenza e inconsistenza non sono semplici categorie filosofiche: siamo in grado di rintuzzare e disarticolare la violenza fascista, prima che dilaghi (e con essa torni ad ammorbare l’aria anche l’antifascismo democratico)?

Se il rancore verso gli immigrati è lo strumento ideale per pacificare le “retrovie” della guerra che lo Stato e i capitali muovono all’esterno, sbarazzare il terreno da certe mosche cocchiere del potere è uno dei passaggi necessari per riaprire ostilità più significative. Insurrezione? Rivoluzione? Cominciamo a dimostrare, con chi ci sta, un po’ di consistenza contro una peste che si espande in tutta Europa, e che ha già aperto il fuoco.

Costo per copia 3 euro.
Per i distributori 2 euro dalle tre o più copie.
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[Italia]: Processo in cassazione per articolo sul mensile “Invece”

Giovedì 19 ottobre c’è stata la cassazione a Roma per il processo al compagno accusato di istigazione alla
violenza per un articolo apparso sul mensile anarchico “Invece” nel maggio del 2012.

L’articolo riguarda un libro scritto da Pierpaolo Sinconi, capitano dei carabinieri. Egli ha partecipato alle missioni di guerra in Bosnia Erzegovina, Kosovo ed Iraq. Ha insegnato presso centri di formazione per il peacekeeping in Africa, America, Asia ed Europa. Fa parte del gruppo di esperti in peacekeeping e peacebuilding dei paesi del “G8”. E dal 2006 insegna Diritto Internazionale e Diritto Internazionale Umanitario presso il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units di Vicenza.

Il reato contestato è “istigazione alla violenza”.
Nonostante l’articolo fosse firmato, i Ros di Roma e Trento hanno svolto indagini per individuare chi fosse l’autore, da lì le perquisizioni nel settembre 2013.

La sentenza è stata confermata a un anno e tre mesi di reclusione, inoltre il PM ha dichiarato il ricorso in cassazione inammissibile quindi il compagno riceverà anche una multa.
La condanna essendo sotto i tre anni non avrà l’arresto immediato, si hanno ora 30 giorni per depositare gli incartamenti necessari per la richiesta delle possibili pene alternative.

CONTRO CHI VIVE DI GUERRA LA VERNICE È IL MINIMO!

Anarchici ed anarchiche di Trento e Rovereto

[Italia]: BeznAchalie n°11, più inserto “Frammenti di rivolte”

Cliccare sull’immagine per scaricare il PDF

– Introduccion: SOLIDARIETÀ

– IL BATTELLO EBBRO: di Artur Rimbaud da poesie 1871

– riflessione dei gestori e fratelli anarchici di anarhija.info

– L’attività degli anarchici in Russia (1905-1907)

– “Inno agli insorti”

– Spagna: Parole di Francisco e Monica – L’importanza della dispersione all’interno del sistema carcerario dello Stato Spagnolo

– TEMPI DI GUERRA

– Il fronte interno: L’esercito nelle periferie e nei quartieri poveri

– È uscito Vetriolo – Giornale anarchico – Numero 0 inverno 2017

– AS2 Ferrara [Italia]: Comunicato del compagno anarchico Alfredo Cospito in solidarietà con Marco Bisesti

+ l’inserto “Frammenti di rivolte

Numero 2 della rivista anarchica quadrimestrale “I giorni e le notti”

È uscito il numero 2 della rivista anarchica quadrimestrale “I giorni e le notti”.

INDICE:
Editoriale
Anarchia e comunismo
Note sul comunismo anarchico
Violenza liberatrice o intangibilità della vita?
La determinazione qualitativa del gruppo
Colmare la misura

Editoriale:

Se c’è qualcosa di cui si può fare una quotidiana verifica empirica è che il discredito in cui è caduta la violenza rivoluzionaria ‒ discredito ottenuto con le bastonate e con il recupero della parte riottosa della società, non certo con le chiacchiere filosofiche ‒ è condizione di una profonda corruzione morale. La società non è mai stata così violenta e insieme così stupida da quando si è ampiamente introiettato il pregiudizio democratico in base al quale «violento è chiunque non rispetti le regole del dialogo civile» ‒ cioè da quando la violenza di classe si è fatta a senso unico.
«Senza una tipologia qualitativa della violenza, è impossibile pensare una violenza che non sia riducibile all’usurpazione praticata quotidianamente dal capitalismo».
Senza distinguere tra poveri e ricchi, tra guerra e resistenza, tra violenza dell’oppresso e violenza dell’oppressore, tra violenza puntuale e violenza indiscriminata, non solo non si trasforma il mondo, ma non si riesce nemmeno più a giudicarlo. La violenza dilaga ‒ con buona pace delle ipocrite lezioni di educazione civica ‒, ma nelle peggiori direzioni. Anche soltanto per ribadire alcune verità linguistiche serve oggi una «grande opera di demolizione urgente».
L’attuale sfacelo dei territori e delle coscienze può forse dare le vertigini. Ma senza quel senso di vertigine non è più dato pensare né agire.

Costo per copia 3 euro più le spese di spedizione.
Per i distributori 2 euro dalle tre o più copie più le spese di spedizione.
Per scriverci e richiedere copie: i giorni e le notti c/o Circolo Anarchico “Nave dei folli” – Via Santa Maria 35 – 38068  – Rovereto (TN).

rivistaigiornielenotti@autistici.org

BeznAchalie n°10, più inserto “A dispetto di tutto”

10-beznachalie
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Indice di questo numero:

-Premessa
– Il Crocicchio
– Oltre la frontiera
– Faccia a faccia col nemico
– Indirizzi aggiornati dei compagni detenuti
– Qualche parola x chiarire la situazione sul processo che mi vede imputato per istigazione a commettere atti di terrorismo
– Le nostre parole e le nostre idee. Sul processo del 28 settembre a un compagno di Genova.
– Insurrezione o rivoluzione?
– L’attimo e il tempo
– Attacco dunque sono
– Nulla è finito. Sulla necessità di accettare le nostre scelte in tutta la loro ampiezza. (Carceri spagnole) Francisco Solar
– Carcere, dall’ AS2 di Ferrara: uno scritto di Alfredo Cospito ai compagni greci. Un punto di vista.
– AS2 [Ferrara]: Comunicato dell’anarchico Alfredo Cospito sullo sciopero della fame

Inserto: John Olday – A DISPETTO DI TUTTO – ANARCHISMO E LOTTA ARMATA

Uscita della rivista anarchica quadrimestrale “I giorni e le notti”

INDICE

Editoriale i giorni e le notti
L’insurrezione nel pensiero e nella vita di Malatesta
Note su Malatesta
Per quanto riguardo le forme d’azione nell’insurrezione…
Sul gruppo anarchico locale
Contrappunti
Azione contro il mercante di donne Kirschner, a Colonia, e contro il consolato delle Filippine di Bonn – 8 marzo 1983 – Voi avete il potere. Noi abbiamo la notte!
Voi avete il potere, noi abbiamo la notte…
I tre errori di Clausewitz
Come apparecchiare il mondo. Note sulla tecnoscienza
Allungare il passo

EDITORIALE
I giorni e le notti
rivista anarchica

Da tempo ci diciamo, fra un po’ di compagne e compagni, che nella situazione attuale una delle cose più pratiche che possiamo fare è chiarirci le idee. Senza un chiarimento sugli orientamenti e sulle prospettive, si rischia di girare in tondo in preda a un attivismo privo di conseguenza. Allo stesso tempo, senza una forte tensione all’agire rivoluzionario ogni approfondimento teorico risulta lettera morta.
“Pensiero e azione”, questo binomio che l’anarchismo eredita e trasforma dall’etica e dalla cospirazione risorgimentali, in quel movimento storico che da Pisacane porta alla “liquidazione sociale” d’impronta antiautoritaria, è ancora il nostro motto.
Pensiero-e-azione, cioè ricavare le linee di condotta immediata dal sogno della rivoluzione, mantenendo alta e dritta l’asticella dell’ideale anarchico.

Questa rivista nasce dall’esigenza di un pugno di compagni di chiarirsi le idee, andando oltre la ripetizione di formule. Se la redazione di questa rivista sarà, almeno all’inizio, locale, non così il suo contenuto. Vogliamo tornare a parlare di insurrezione, espropriazione, rivoluzione, minoranze agenti e conflitti sociali, di anarchia e di comunismo. Sentiamo sempre di più i limiti di confronti e polemiche appiattiti su questa o quella lotta specifica, su questa o quella proposta d’intervento, chiusi nella facoltà d’immaginare e pigri nel forzare il senso del possibile. Vogliamo andare all’aria aperta, provare a pensare una prospettiva rivoluzionaria oggi, definendone se non altro i concetti di fondo.

Troppo spesso si usano espressioni quali rivolta, sommossa, insurrezione, rivoluzione come se fossero sinonimi. Troppo spesso si affoga nel generico ciò che dovrebbe essere precisato: intenti, analisi, strumenti, capacità da affinare, obiettivi da perseguire, conseguenze pratiche da trarre e da accettare. Troppo spesso la ricerca dell’affinità tra compagni è condizionata da partite troppo anguste, da sogni rattrappiti. Troppo spesso il perché e il come di un intervento specifico avrebbero avuto bisogno di criteri di giudizio più alti. Troppo spesso dal passato siamo riusciti a ricavare solo visioni agiografiche e formule imbalsamate. Troppo spesso ci siamo affidati a nuove suggestioni, effimere e superficiali come l’epoca da cui emergono.

Parafrasando Anders, potremmo dire: “Siamo antiquati, parliamo di rivoluzione sociale”. Perché il cambiamento violento delle condizioni date, l’insurrezione armata contro l’ostacolo materiale – lo Stato – che impedisce ogni trasformazione reale è ancora oggi l’unica strada possibile verso la libertà.

Negli ultimi anni sommosse e insurrezioni hanno squarciato il velo del “migliore dei mondi”, togliendo tanta polvere dagli scaffali dei classici rivoluzionari per farla cadere addosso a chi sosteneva che le barricate sono un romantico sogno dell’Ottocento. Ma non si tratta per noi né di “fare il tifo” a distanza, né di lanciarci nella mischia senza idee e senza progetti a ogni segnale di burrasca.

Il nostro orizzonte non è genericamente la rivolta e nemmeno l’insurrezione. Il nostro orizzonte è l’anarchia, che ha bisogno di condizioni oggettive e soggettive. Oggettive nel senso che ad aprire la strada all’anarchia è la rivoluzione sociale, di cui i tentativi insurrezionali – fino all’insurrezione vittoriosa – sono l’inizio possibile. Soggettive perché i tempi non maturano da soli, perché a cominciare sono sempre delle minoranze, perché gli anarchici – minoranza nella minoranza rivoluzionaria – possono arrivare pronti a certe occasioni soltanto con una prolungata “ginnastica” teorica e pratica, mentale e organizzativa, spirituale e tecnica. Non basta leggere Bakunin o Malatesta, Galleani o Novatore per tirar fuori le unghie al momento opportuno. Senza lotte e riflessione sulle lotte le unghie scompaiono, e nessun giuramento rivoluzionario le fa ricrescere in una notte. La lotta non ammette interruzioni.

Per saper provocare o almeno cogliere le schiarite improvvise che il cupo cielo della storia apre ai nemici dell’ordine costituito serve un ideale, cioè un’angolazione visuale più alta e ampia di quella a cui ci possono innalzare le lotte specifiche che portiamo avanti. Batterci, sì, ma senza chiuderci nelle singole battaglie. Chiarirci le idee per schiarire altre possibilità di azione. Siccome non siamo piume al vento, abbiamo dietro e sotto di noi un ricco bagaglio di idee e di esperienze che un certo modo di guardare la storia può ancora spalancare all’uso.
Per questo vorremmo ritornare, nei numeri della rivista, su figure, episodi, analisi, metodi e mezzi d’intervento del passato. Per imparare come certe scelte in certi momenti ridisegnino le mappe del mondo.

Due parole, infine, sulla struttura della rivista.
Non crediamo molto alle novità teoriche. Il grosso, in centocinquant’anni di storia del movimento anarchico, è già stato detto, spesso molto meglio di come sapremmo farlo noi. Si tratta di ripeterlo, con delle aggiunte, con delle note. Lo sforzo creativo – senza il quale tutto sarebbe banale ripetizione dell’identico – consiste soprattutto nel modo in cui una certa tradizione di pensiero e di organizzazione entra in rapporto con un contesto storico e sociale; nel modo in cui l’esperienza diretta dello sfruttamento (e delle lotte per distruggerlo) suggerisce e illumina idee, proposte, metodi, mezzi approntati nella e contro la storia.

Per questo nei numeri della rivista il grosso sarà costituto da testi del passato – più o meno lontano, più o meno recente – da commentare criticamente, intendendo per critica non tanto un giudizio su qualcosa di chiuso in se stesso, quanto la continuazione di ciò che nella teoria-esperienza giunta a noi vi è d’incompiuto. Lo stile della rivista sarà dunque la glossa, il commento, la nota, la postilla, l’aggiunta. Nei pochi testi teorici scritti ex novo (individualmente o collettivamente) cercheremo di affrontare alcune questioni che ci paiono urgenti.

Questa rivista dovrebbe servire a noi e, speriamo, ad affinare il dibattito fra compagni. Sappiamo per esperienza quanto le discussioni dipendano dalla qualità degli interventi introduttivi, dalla precisione e insieme dall’apertura problematica del filo da cui muove il confronto.
L’invito è dunque quello di suggerire testi teorici da commentare, con eventuali note critiche al seguito. Non volendo redigere una rivista-contenitore, precisiamo che pubblicheremo solo ciò che a noi sembrerà interessante (il che non significa per forza condivisibile in toto né omogeneo).
Quello che ci prefiggiamo non ha tempi immediati. Vogliamo contribuire a ricostruire un ponte tra passato e presente, tra idee e capacità organizzative, tra minoranza anarchica e movimento reale, tra lotte specifiche e prospettiva rivoluzionaria.

La lotta, come la vita, è fatta di giorni e di notti. La tensione, nei pensieri e nelle azioni, sospende e stravolge ogni separazione fra il tempo della veglia e quello del sonno. Tra sogno e realtà. Pensare di notte e agire di giorno, agire di notte e pensare di giorno, liberarsi notte e giorno risponde all’insopprimibile esigenza di sovvertire la vita diminuita e la sua insopportabile ripetitività.
La pagina è sempre pallida traccia, soglia che allude, mondo intravisto. Gli incontri reali avvengono altrove. Di giorno. Di notte.

Costo per copia 3 euro.
Per i distributori 2 euro dalle tre o più copie.
Per scriverci e richiedere copie: i giorni e le notti c/o Circolo Anarchico “Nave dei folli” Via Santa Maria 35, 38068 Rovereto (TN).

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[Trento] La potenza di un incompiuto

Postfazione dell’opuscolo “DICEMBRE NON È FINITO A DICEMBRE…” (raccolta di testi sulle lotte in Grecia in occasione dell’incontro del 13 dicembre 2015 alla Nave Assillo Occupata):La potenza di un incompiuto

La Grecia, fra il 2008 e il 2013, è stata attraversata dal conflitto sociale più intenso e più duraturo che abbia toccato un Paese europeo da parecchi anni a questa parte.

Per descrivere e comprendere quel ciclo di lotte, almeno nelle sue linee essenziali, ci vorrebbe un intero libro. Se materiali e riflessioni sulla rivolta generalizzata del dicembre 2008 sono circolati in Italia, si deve registrare invece una notevole carenza per il periodo successivo, soprattutto in termini di “bilancio” e di riflessione. Carenza tanto più grave in quanto il calderone greco è, per gli anarchici, una fonte ricchissima di questioni rivoluzionarie da approfondire.

L’impasse che trattiene e divide da tempo compagne e compagni è frutto di quel senso di incompiuto che segue i periodi di assalto al cielo, ma forse anche dello scarso confronto critico sulle prospettive, sui metodi, sui mezzi con cui quel ciclo di lotta è stato affrontato.

Non vi rimedieremo certo noi con qualche nota. Tuttavia, come anarchici e internazionalisti, sentiamo l’esigenza e l’urgenza di non limitarci a raccogliere contributi, ma di farne un arsenale teorico e pratico per il presente e per il futuro.

I pochi testi raccolti in questo opuscolo sono di per sé sufficienti per cogliere, sia pure a pennellate, il contesto di cui sono espressione e il senso del possibile che contengono.

Le misure repressive – dalle leggi cosiddette antiterrorismo alla detenzione speciale – si inseriscono in quel contesto, e si renderebbe un ben magro servizio ai compagni e alle compagne colpiti dallo Stato per le loro pratiche di rivolta facendo della solidarietà contro la repressione un terreno separato dalla più ampia prospettiva di sovvertire la società.

Come spesso accade, ciò che si verifica dopo l’entusiasmo incendiario di quasi cinque anni di scioperi selvaggi, di sommosse, di espropri, di attacchi, di scontri con tutti i servitori dell’ordine statale illumina a ritroso elementi importanti trascurati prima e durante la battaglia.

Quel ciclo di lotte, che ha anticipato e accompagnato i moti insurrezionali che hanno attraversato il Mediterraneo e le sommosse che hanno rotto la pace sociale in Scandinavia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, in Italia, in Turchia (per rimanere in Europa), ha prodotto in ambito rivoluzionario degli effetti su cui è fondamentale riflettere.

Da un lato, una generazione di giovani compagni cresciuti in fretta con una noteveole disponibilità allo scontro (il coraggio è fatto anche dell’aria che si respira) e un’acuta coscienza della posta in gioco. Dall’altro, la frammentazione di desideri e di pratiche che prima convivevano nella stessa comunità di lotta.

Se ogni esperienza storica ha le sue specificità e i suoi slanci creativi, nei momenti di riflusso ci sono anche delle costanti. Vediamone alcune.

Una parte di compagni riconduce i limiti dell’intervento anarchico alla mancanza di un’organizzazione, che deve essere unitaria, forte, riconoscibile, formale (con tutte le differenze del caso, era la stessa lettura che davano Makchno e Archinov dopo il 1921 in Russia).

Una parte di compagni cede all’illusione che scendere a patti momentaneamente con alcuni settori della classe dominante faccia guadagnare spazi di agibilità (ci riferiamo al fatto che non pochissimi libertari hanno votato per Syriza).

Una parte di compagni, delusi e disgustati da atteggiamenti rinunciatari, compromissori o “accentratori”, accentua l’importanza dell’aspetto “militare” dello scontro con il potere, di cui declina poi in questa o in quella maniera i modi organizzativi.

Il dibattito ristagna e le posizioni si polarizzano. Non c’è invito ecumenico che tenga. Il solo modo di uscirne è precisare le prospettive e riconoscere, a partire da quelle, le affinità e le divergenze.

Nel frattempo, si perdono le occasioni.

Per fare un esempio, il testo di Maziotis è stato, a nostra – sicuramente parziale – conoscenza, uno dei pochi contributi usciti su Syriza-referendum-memorandum, una situazione che potenzialmente riapriva una partita che lo Stato cercava di sigillare, e la rilanciava su un piano ancora più alto.

Non vorremmo cedere agli anacronismi dei paralleli storici, ma quella situazione – in un contesto in cui quasi tutto il ciclo internazionale di lotte 2011-2013 si stava chiudendo – meritava un’analisi e un intervento rivoluzionari non tanto diversi, almeno per complessità e portata, di quelli proposti da Bakunin di fronte alla guerra franco-prussiana del 1870-1871.

Davanti all’avanzata delle truppe di Bismarck e alla proclamazione della Repubblica in Francia, Bakunin scrive alcune delle sue pagine migliori.

Il ragionamento del rivoluzionario russo è dettagliato e allo stesso tempo essenziale ai fini della propaganda (la propaganda è anche semplificazione, è anche retorica). Ridotta all’osso, l’analisi-progetto bakuniniana era questa: la neonata Repubblica è incapace – per la sua natura borghese e per la corruzione dei suoi rappresentanti più noti – di salvare la Francia dalla guerra e dalla restaurazione monarchica; solo l’armamento generale del popolo può riuscirci, se il proletariato urbano si alleerà con i contadini e se insieme spezzeranno la macchina governativa. Per Bakunin – che scrive le sue lettere sette mesi prima della Comune di Parigi – la sconfitta del prussiano invasore è tutt’uno con un moto insurrezionale contro il prussiano interno (il funzionario statale, il padrone e il proprietario terriero). La federazione rivoluzionaria dei liberi Comuni è allo stesso tempo condizione e obiettivo dello “scatenamento delle passioni” e dell'”anarchia popolare”. I primi atti insurrezionali dovrebbero essere bruciare carte e titoli di proprietà, da un lato, e distribuire la terra ai contadini, dall’altro. Il tutto partendo dalle province e non da Parigi (per questo Bakunin andrà a Lione. Che il problema fosse proprio l’accerchiamento di Parigi, in assenza di sollevazioni nelle altre città, lo si vedrà sette mesi dopo con la repressione della Comune).

Fra le mille differenze di contesto storico, ci interessano qui le analogie che emergono con la situazione greca di oggi. Syriza è andata al potere con alcune promesse (e una parte della società ci ha creduto perché, se può ottenere certi risultati senza scontri e rischi, delega – nessuna sorpresa). Nel rapido e grottesco balletto elezioni-referendum-accettazione del memorandum, la cosiddetta alternativa di sinistra ha dimostrato che nessun governo può davvero rifiutare i piani della Troika e mettere significativamente le mani nella borsa degli industriali e della classe dominante. Ad arrivarci con le proposte e con le energie giuste, una situazione ideale per gli anarchici. Nelle sue linee essenziali, l’analisi di Maziotis ricalca quella bakuniniana: il governo di sinistra è un vassallo delle truppe della Troika; solo il popolo in armi può togliersi il cappio dal collo, organizzandosi in senso comunista (esproprio del capitale) e anarchico (libera federazione dei quartieri, dei comuni, dei consigli).

Alcune misure rivoluzionarie che andassero in quel senso (presa e distruzione dei municipi, espropri di ciò che la Troika e i suoi collaborazionisti stanno svendendo, autodifesa nei quartiere) avrebbero potuto diventare, con dei “proclami” adeguati, esempi a livello internazionale. E avrebbero spinto un po’ tutti a pensare in modo meno “ideologico” e separato lo stesso rapporto fra gruppi di guerriglia e prospettiva insurrezionale (cioè armamento generale degli insorti), fra movimento specifico e “popolo”, fra l’organizzazione come “bandiera” e l’organizzazione come fatto.

Se poi pensiamo che già durante lo sciopero generale del 19-20 ottobre 2011 alcune detenute si erano ammutinate in solidarietà con i manifestanti, si può intuire come lo stesso problema delle carceri speciali si sarebbe posto ben diversamente.

Cosa si possa intendere oggi per “autorganizzazione della produzione industriale” o per “consigli dei lavoratori” andrebbe precisato e approfondito. Così come l’uso del denaro nelle prime fasi di una rivoluzione, o il rapporto con la “piccola proprietà”. Ma non è questo lo scopo delle nostre note. E nemmeno quello di sottolineare le nostre divergenze su alcuni aspetti. Vogliamo solo suggerire a che livello urge ragionare oggi.

Rileggendo i testi raccolti, questi e altri problemi sono presenti, anche se sparpagliati. Non lasciamoli riposare in pace.

Forse mai come oggi utopia (cos’è l’anarchia? cos’è il comunismo libertario? come si abbatte lo Stato? come si distrugge il Capitale? cos’è l’autogestione?) e contenuti-metodi-mezzi dell’intevento quotidiano vanno pensati insieme.

La solidarietà con i compagni ostaggi del nemico è per noi anche questo: partecipare su un piano di reciprocità a elaborare le basi teoriche e materiali di un progetto anarchico, insurrezionalista, rivoluzionario.

Rovereto-Trento, 10 dicembre 2015

E’ uscito il n°6 di “BeznAchAlie” + opuscoli sull’anarchismo in Cina

Scaricare la rivista in pdf.

In questo numero :

-introducion………………………..
-Introduzione………………….
-Anni Dieci:………………………………..
– Lettera agli editori………………………
-io…………………..
-Materiali di lotta contro la guerra e il mondo che la produce…………………
-Il Carmine va a puttane ……………………………………
-WELD ………………………….
-Sull’apologia della violenza ………………………
-Tristezze anarchiche, sui sabotaggi e i lamenti che ne…………….
-Onesti e canaglie…………………………
-Quale verità, quale giustizia? ……………………….
-No, vaffanculo, io non sono Charlie …………………….
-E’ più violento prenderle o darle? ……………………..
-UN TESTO DI NIKOS ROMANOS ………………………
-Grecia – Contro le carceri di tipo C………………………..
-SCRITTO DI FRANCISCO SOLAR SUL CASO PANDORA………………………
-Scritto di Monica Caballero sull’ultima ondata repressiva………………
-prigioniera in lotta Noelia Cotelo Riveiro………………
-Perquisizioni a Mentoulles e Cuneo………………
-REPRESSIONE IN U.K: TAGLIA E MANDATO DI CATTURA PER UN COMPAGNO…
-Comunicato dei prigionieri della sezione AS2 di Ferrara, 14 febbraio 2015…….

In aggiunto, potrete leggere L’anarchica He Zhen e un’opuscolo sull’anarchismo in Cina.

[Italia] “Rompere le righe”: Materiali di lotta contro la guerra e il mondo che la produce

Obiettivo del blog romperelerighe.noblogs.org: avvicinare geograficamente e mentalmente il problema della guerra, cuore di questo mondo e della società. Dare al militarismo un nome, un cognome ed un indirizzo come solo modo per spezzare la complicità con i signori dello sfruttamento e della morte e per rompere con la dinamica individuale della servitù volontaria.

“Rompere le righe”, allora. Il titolo non rinvia soltanto al vecchio slogan antimilitarista a favore della diserzione, ma anche alla necessità di sottrarsi all’inquadramento dei cervelli. Righe ben allineate, infine, sono quelle che ci impediscono di comprendere le conseguenze catastrofiche di una società sempre più in guerra con gli uomini e la natura. Rompere le righe significa allora disertare luoghi, parole e logiche dominanti e cercare testardamente un diverso modo di vivere. Rompere le righe significa anche ripetere quelle piccole banalità di base che il pensiero astratto ignora o nasconde ( ad esempio che sul cemento non cresce niente, oppure che non ha molto senso dichiararsi contro la guerra senza poi fare nulla contro le basi che la rendono possibile …). Come si vede, un percorso di resistenza e di liberazione non privo di incognite e di difficoltà. Un percorso tutto da inventare” (da “Rompere le righe”, n. 7, maggio 2009).

Il foglio e l’omonimo blog erano nati come strumenti della lotta contro la costruzione di una base militare a Mattarello (Trento Sud). Il progetto della base è stato alla fine ritirato da Governo e Provincia, ufficialmente in ragione dei tagli al bilancio della Difesa. Vergognosamente, vari politici che mai avevano speso una parola contro la base di Mattarello si sono rallegrati degli ettari di terreno non invasi dal cemento in seguito al cambio di programma governativo. A noi piace pensare che l’opposizione al progetto – in cui siamo stati attivi dall’inizio alla fine – abbia avuto il suo peso nella decisione delle autorità. I lavori veri e propri non erano ancora cominciati, ma su circa un ettaro dei 28 espropriati (e profumatamente pagati ai contadini della zona) era stata fatta una spianata. I lavori preliminari erano stati bloccati più volte e qualche mezzo delle ditte coinvolte incendiato.

La natura ha poi fatto il suo corso. Ed ora la spianata sembra quasi un boschetto, con le piante che hanno bucato il cemento. Esempio di come le costruzioni dell’uomo siano cose effimere rispetto ai cicli della Terra.

Di quei cicli ci sentiamo figli e figlie, pronti a bucare ogni cemento, a spezzare ogni gabbia che trattiene e rinchiude. Con l’abbandono del progetto di Mattarello certo non è certo scomparso il militarismo in Trentino. Non si ragioni, quindi, di sotterrare l’ascia.

A che punto siamo?

La guerra è dappertutto. Con questo blog vogliamo raccogliere materiali ed elaborare riflessioni contro la guerra ed il mondo che la produce. Infatti non ci viviamo la tensione antimilitarista in “senso stretto” come esclusivamente lotta contro la guerra (intesa nel suo significato più tradizionale), ma siamo coscienti che alla guerra “esterna” per l’accaparramento e per la spartizione delle risorse corrisponde (economicamente e socialmente) una guerra “interna” contro gli sfruttati per renderci sempre più precari, controllati e irreggimentati. Operazioni neocoloniali, guerre possibili o indirette fra Stati (l’esempio dell’Ucraina è di per se emblematico), propaganda nazionalista, aggressioni fasciste, razzismo democratico, rastrellamenti nei quartieri e guerra fra poveri sono le meraviglie prodotte dal loro mondo che ci vuole portare – in righe ben allineate – verso l’abisso. L’esempio israeliano è tristemente significativo: dove l’involucro totalitario della democrazia racchiude l’apartheid, il razzismo, la guerra “esterna” e muri e confini “interni”. Il modello gerarchico della caserma è ormai ovunque e, per esistere e riprodursi, ha la necessità di sviluppare e di utilizzare sempre più tecnologie finalizzate alla guerra ed al controllo sociale. Senza queste protesi sviluppate nei centri di ricerca, nelle Università e nei laboratori del dominio, la conservazione del privilegio e le guerre non sarebbero possibili. Questo è uno dei punti per noi fondamentali dai quali abbiamo intenzione di ripartire. La guerra, come già avevamo sostenuto da queste pagine, è sempre di più il cuore di un mondo senza cuore. Alla luce di quello che avviene sempre di più nella nostra quotidianità e attorno a noi sentiamo l’accecante urgenza di una ripresa dell’antimilitarismo, che per noi non può essere che di azione diretta.

In quest’ultimo anno, con l’esempio lampante della situazione Ucraina, stiamo assistendo ad un “ritorno del rimosso” che politici e politicanti, sociologi e buffoni vari al servizio del potere avevano cercato di nascondere o di far dimenticare. E cioè che la guerra è possibile anche nelle forme che avevamo disimparato a conoscere, e cioè come guerra fra Stati. Questa tragica possibilità si fonde sempre di più con un’altra forma di conflitto: quello contro-insurrezionale o di “polizia internazionale” (detto anche “conflitto asimmetrico o di quarta generazione”). Il nostro obbiettivo è semplice ma ambizioso, e cioè di provare a dare un contributo per una possibile prospettiva pratica al rifiuto della guerra, perché esca dalla semplice ed impotente protesta di testimonianza. Una “testimonianza” che si rende funzionale all’interno dell’opinionismo democratico. In sostanza, non si è mai fatto tanto parlare di “pace” come in questo momento dove esistono un’infinità di conflitti. Si tratta di abbandonare la mera lamentazione di fronte all’“idea” guerra per provare a passare all’attacco della “cosa” guerra nelle sue concrete e reali manifestazioni territoriali. La necessità è quella di provare ad inceppare concretamente la macchina bellica in tutte le sue varie ramificazioni.

Fabbricanti di morte a pochi passi da noi. La “Silicon valley d’Italia”: così viene definito il Trentino dai molti sacerdoti ed entusiastici fanatici del progresso e della ricerca. La provincia in cui viviamo, infatti, sia per la sua caratterizzazione sociale (un territorio tutto sommato pacificato e privo di tensioni significative), sia per il particolare status istituzionale di cui gode la “provincia autonoma”, è una candidata ideale per diventare la terra dei laboratori del dominio. In questo territorio è possibile disegnare un vero e proprio mosaico degli orrori con dipartimenti universitari saldamente legati a Finmeccanica, centri e ditte di ricerca che sviluppano sensori e nanotecnologie per alcuni dei prodotti bellici più terribili dell’ultimo decennio (ad esempio come per gli aerei senza pilota “Predator”, già impiegati in Iraq e in Afghanistan), ditte e ricerche sul controllo sociale attraverso l’informatica (come nel caso del “web semantico”), poli di ricerca e strutture trentino-israeliane (come “Create-net” a Trento) ecc. I rapporti di collaborazione con l’industria e l’accademia israeliane (responsabili di fornire strumenti e tecnologie per lo sterminio della popolazione palestinese) sono fra i più significativi in Europa. Non è un caso che il nuovo responsabile di FBK (Fondazione Bruno Kessler, un vero e proprio centro di potere in Trentino) sia Profumo, l’ex ministro della ricerca del governo Monti. Questo per far capire ancora una volta di più quanto sia strategico e fondamentale il ruolo che assume sempre più questa provincia come laboratorio di sviluppo di nuove tecnologie per i dominatori.

L’antimilitarismo come rivolta in primo luogo etica ed individuale. Nel militarismo e nel concetto di guerra si evidenzia al massimo il principio d’autorità e della gerarchia. Secondo noi l’antimilitarismo ha un fondamento che in primis deve essere di natura etica e di insurrezione individuale, scardinando all’interno di noi stessi la meccanica che crea la “servitù volontaria”, disertando la dinamica della “guerra fra poveri” e della “legge del più forte”. Questo è il primo passo per negare la propria vita alla guerra dei padroni per provare a sabotare o ad inceppare il meccanismo della guerra, in ogni forma che si presenti: dal nostro vissuto più quotidiano ai dispositivi tecnologici che rendono possibile l’esistenza di dominatori, sfruttati ed eserciti. Non ci stancheremo di ripetere ancora, come già scrivevamo, che la percezione delle proprie possibilità non è un fatto statico. Nella pratica della rottura (con la routine, le compatibilità politiche, i ruoli della società, il mito del quantitativo) si innalza la temperatura morale e si affina il piacere di vivere. In un’epoca di opinioni all’ingrosso e di passioni tristi, solo battendosi è possibile affinare le idee e allietare gli affetti. A quella “catastrofe che è ogni giorno in cui non accade “nulla” opponiamo l’occasione insurrezionale degli individui, singoli o associati fra loro. La società è un’immensa bomba ad orologeria e gli individui si dividono in coloro che non sentono e in coloro che sentono il ticchettio. Ancora una volta ci rivolgiamo a coloro che lo sentono, e lo maledicono, e non si rassegnano.

[Italia] Appello alla solidarietà con Ilya Romanov, incarcerato in Russia

Dopo aver appreso l’iniziativa dei compagni del CSO VOX di Atene in solidarietà ad Ilya Romanov,* abbiamo voluto raccogliere l’appello di raccolta fondi per il compagno arrestato e la sua famiglia. Vorremmo, visti i molteplici impegni dei compagni e compagne, che ogni gruppo ed i singoli individui raccogliessero i soldi facendo “colletta”, oppure per chi riesce, organizzando iniziative in sostegno ad Ilya.

Varie realtà hanno già devoluto dei soldi a seconda delle loro possibilità, chiediamo ai compagni un altro sforzo.

La nostra intenzione è che anche dall’Italia arrivi un segnale di solidarietà internazionale ad un compagno presente nelle lotte da più di vent’anni con determinazione.

La solidarietà va portata avanti soprattutto continuando la lotta contro la guerra con le più svariate pratiche, ma anche raccogliendo fondi per un compagno ferito in azione.

Gli ultimi aggiornamenti arrivati da Mosca ci dicono che Ilya è in carcere e sta aspettando che gli fissino la data del processo; non si sanno ancora le accuse che pendono a suo carico, probabilmente il processo inizierà quest’estate. Ad Ilya fa molto male la mano ma sta bene di morale, la sua famiglia può fargli avere le medicine ma è in difficoltà nella raccolta dei soldi per la difesa legale.

Se qualcuno volesse scrivergli una lettera in inglese la spedisca a questo indirizzo e i compagni provvederanno a tradurla in russo: abc-msk(at)riseup.net

Ringraziamo in anticipo i compagni e le compagne che supporteranno questa causa.

Anarchiche ed Anarchici di Trento e Rovereto

Per chi volesse contribuire alla raccolta fondi il versamento dei soldi è tramite carta Postepay ed il suo codice è: 4023-6005-5882-3706 / Intestata ha: Luigia Cecchin

* il testo distribuito durante l’evento svolto al Centro Sociale Occupato VOX, a Exarchia (Atene) il 15 novembre 2013 —in inglese qui