Tag Archives: Belgio

Amburgo: Vernice e pietre a edificio di giustizia penale

26 aprile 2019

In prima serata del 26 aprile ad Amburgo è stato attaccato l’edificio di giustizia penale in piazza Sieveking. Sulla strada è stata eretta una barricata di copertoni in fiamme, la facciata e le finestre danneggiate con vernice e pietre e, per distruggerlo, sotto un traliccio video dato fuoco a dei copertoni.

Attualmente, in tanti posti degli individui combattivi stanno davanti ai tribunali. Solidarietà con lx prigionierx non pentitx e non collaborativx. A coloro delle lotte G20 ad Amburgo, ax anarchicx accusatx che in Belgio stanno davanti ai tribunali per le loro lotte. Ax anarchicx russx che resistono alla tortura, all’aizzamento e alla prigionia. Ax anarchicx in Italia che sputano in faccia alle continue operazioni repressive, all’isolamento, alla sorveglianza e alle pene lunghe.

Se lottare per la libertà è un crimine, allora l’innocenza sarebbe allora il peggiore di tutti. Solidarietà significa continuare a lottare!

Fonte: Indymedia (Tor)

Traduzione dal tedesco mc

Leuven, Belgio: Solidarietà con le accusate ad Aachen

Ricevuto via mail

A Leuven, Belgio, nella fredda notte del 17 gennaio, 50 parchimetri sono stati ricoperti di vernice e le serrature di diverse banche sono state incollate. Su una delle banche (e in altri luoghi della città) è stato taggata la frase: “Solidarietà con le accusate ad Aachen! (A)”.

Una piccola azione di resistenza… per mostrare alle accusate che non sono sole.

Contro le banche e il loro mondo!

in inglese, greco, olandese, tedesco

Bruxelles: Appello a solidarietà con i/le 4 accusat* della distruzione del plastico della maxi-prigione

maxi-modelNella sua folle corsa ai profitti, il capitalismo getta sempre più gente nella precarietà e rende il nostro ambiente sempre più invivibile. Di fronte alla miseria seminata a destra e a manca e alla collera che ribolle, lo Stato investe nel mantenimento dell’ordine e costruisce nuove prigioni.
All’ora in cui il popolo è costretto a stringere la cinghia, il governo riesce a trovare i miliardi per stringerla ancora di più costruendo prigioni high-tech dove sperimenta nuove forme di tortura (privazioni sensoriali e di contatto umano).
Per la classe dominante il vantaggio è doppio: i contratti di costruzione gli assicurano benefici succulenti e l’apparato securitario ultra-sviluppato gli permette di mantenere i propri privilegi e far durare questo sistemo oppressivo e distruttore.

Il Masterplan del governo federale prevede la costruzione di 7 nuove prigioni in Belgio. Una di queste, la maxi-prigione, da qualche anno cristallizza tutte le opposizioni. Il governo prevede di costruire quel mastodonte carcerario sul terreno di Keelbeek, a Haren, nella periferia nord di Bruxelles.

Il progetto di maxi-prigione in qualche cifra:
# una capacità di 1200 detenut* (uomini, donne, minorenni e persone psichiatrizzate)
# 19 ettari di terreni agricoli e di natura cementificati
# un partenariato pubblico-privato di 25 anni che costerà allo Stato più di 3 miliardi di euro. Cioè un costo quotidiano di 275 euro minimo per detenut*. Più di 275 euro al giorno dedicati a spezzare un essere umano!
# un luogo lontano dal cuore di Bruxelles, difficilmente accessibile per le famiglie dei/lle detenuti

Dall’annuncio della costruzione della maxi-prigione, le reazioni sono numerose. A Haren, il comitato di quartiere informa gli/le abitanti e si mobilita contro il progetto. Nelle strade di Bruxelles, la maxi-prigione riaccende la rabbia anti-carceraria e dei gruppi ben ispirati si sforzano di porre fine al progetto con una serie di azioni dirette. Ad Anderlecht è stato aperto un locale di lotta contro la maxi-prigione per informarsi, discutere e organizzarsi.

Durante l’estate 2014, il terreno di Keelbeek è stato occupato per impedire che il progetto avanzasse. Così è nata la ZAD (Zone à Défendre) di Haren. Tra le capanne sugli alberi e l’orto, gli/le oppositori/trici vi sperimentano un modo di vita diverso, solidale e auto-gestito. L’occupazione de terreno ha avuto fine nel settembre 2015 in seguito all’espulsione energica degli/lle occupanti eseguita dalla polizia di Bruxelles. Ma ancora oggi, un pugno di irriducibili occupano un terreno vicino a quello di Keelbeek e diverse case abbandonate di Haren.

Quest’agitazione popolare in aumento ostacola i progetti del governo che sguinzaglia la sua muta di cani da guardia per cercare di soffocare la contestazione. Divers* compagn* di lotta subiscono  perquisizioni, pedinamenti, intercettazioni, intimidazioni e tentativi d’infiltrazioni. Ma di fronte alla determinazione e la solidarietà, la repressione si dimostra impotente.

Il 20 maggio 2015 si svolse l’udienza pubblica della commissione di concertazione relativa al progetto di maxi-prigione a Haren. L’opinione della commissione non è nemmeno vincolante, quindi questa farsa di consultazione popolare non inganna nessuno. Lo stesso giorno una quindicina di persone decidono quindi di esprimere la loro opposizione al progetto fuori dal percorso tracciato dal potere e manifestano all’interno dell’Agenzia dell’edilizia. Durante l’azione viene distrutto il plastico della maxi-prigione esposto nella hall d’entrata.

L’Agenzia dell’edilizia, istituzione corrotta fino al collo, è incaricata della gestione del patrimonio immobiliare dello Stato belga e del coordinamento della costruzione delle nuove prigioni. Senza attendere i permessi, l’Agenzia dell’edilizia ha cercato più volte di dare il via ai lavori sul terreno di Keelbeek. Ma ogni volta le macchine di cantiere sono state respinte dagli/lle oppositori/trici.
Mentre il progetto è minacciato da ogni parte, il potere coglie quest’occasione per cercare di indebolire la resistenza e oggi siamo in quattro a ritrovarci sul banco degli/lle accusat* per “distruzione organizzata di beni mobili”. Si tratta del primo processo per un’azione contro la maxi-prigione. Dopo un rinvio, la prima udienza è fissata per il 22 gennaio 2016 al Palazzo di giustizia di Bruxelles.
Per questo tipo d’azione, le pene previste vanno da 1 a 5 anni di carcere e l’Agenzia dell’edilizia pubblica reclama 40.000 euro di danni e interessi.

Lungi dal paralizzarci, questo processo è un’opportunità di riaffermare la nostra posizione anti-autoritaria contro ogni forma di potere, che sia politico, mediatico o giudiziario. Fanno parte del problema, non della soluzione.
E con la vostra complicità, questo processo sarà un’occasione supplementare di buttare qualche sanpietrino nella palude carcerale e mettere qualche bastone nelle ruote.

Continuiamo la lotta contro le prigioni e il mondo che proteggono!

E per affrontare le spese processuali, facciamo appello anche alla vostra solidarietà economica.
Se trovate qualche monetina frugandovi le tasche o facendo girare una cassa di solidarietà durante le vostre riunioni militanti, grazie di farle arrivare da queste parti: BE66 5230 4745 8943 (numero di conto bancario a nome del «sostegno processo plastico»).

Mattone dopo mattone
Muro dopo muro
Distruggiamo tutte le prigioni!

I/Le 4 accusat*

in inglese

Bruxelles: Attacchi contro la prigione e il mondo che protegge

harenplanPubblicato il 26 dicembre:

Rispondere coi fatti agli appelli per un Dicembre Nero. Rispondere ai nostri desideri di libertà. Rispondere attaccando quello che permette a questo sistema oppressivo e distruttivo di durare.

Nelle 2 settimane che sono appena trascorse sono almeno 5 camionette della compagnia di costruzioni Eiffage che hanno sentito le gomme svuotarsi dell’aria che le riempiva. Il gesto è semplice, rapido, efficace. Un coltellino nascosto nella manica, un buon colpo sul fianco della gomma ed ecco un veicolo che non sarà puntuale al lavoro. In  questo modo diversi veicoli possono venire immobilizzati in 30 secondi. Sappiamo che a uno dei cinque camioncini è stato sfasciato il retrovisore e la carrozzeria è stata taggata.

Se non capite perché è stato scelto questo bersaglio, informatevi su Eiffage per capire il ruolo che ha questa società nella costruzione di prigioni e delle infrastrutture che permettono al capitalismo di durare.

Un altro gesto ha fatto comparire un gran sorriso sui nostri visi.

Ecco i fatti: approfittando dell’oscurità complice della notte e dell’assenza dei guardiani sul terreno destinato alla maxi prigione, assenza dovuta sicuramente alle “feste” di Natale, delle persone hanno scelto di prendersela con le inferriate che delimitano la zona della maxi prigione (che non si farà). A colpi di tenaglie sono state tagliate e torte un centinaio di grate, aprendo il passaggio verso quel terreno già prigioniero. La maggior parte delle griglie tengono grazie a delle aste bloccate a terra nel cemento (scuotendole forte si può far cedere il cemento ed estrarle dal terreno).
Ma tutta una parte delle griglie tiene soltanto grazie ai piccoli rettangoli che vediamo spesso. Quelle griglie sono tutte cadute, e possono cadere di nuovo all’infinito. E se dovessero venire fissate a terra, possono essere tagliate.

Non permetteremo che questo sistemi duri. Attaccheremo ovunque si presenti l’occasione. Per l’autogestione delle nostre vite. Per tentare di salvare quello che si può ancora salvare. Per la libertà.

Esprimiamo il nostro sostegno alle persone che lottano sulla ZAD di Haren come anche a chi lotta fuori dalla zona. Il nostro sostegno va anche alle personne attaccate dalla giustizia dei/lle potenti. Tutto il nostro sostegno a chi è rinchiuso, fuori come dentro le prigioni. Ai/lle nostr* complici, vi abbracciamo.

in inglese, greco, spagnolo

Bruxelles: 29 settembre – 3 ottobre. Abbasso la maxi-prigione

abaslamaxiprison

Cinque giorni di incontri e discussioni
dal 29 settembre al 3 ottobre 2015 a Bruxelles

Il programma lo trovate qui.

Se lo Stato contava costruire in tutta tranquillità il più grande complesso carcerario della storia belga a Bruxelles si è sbagliato di grosso. Contro questo progetto di maxi-prigione è nata e si è rafforzata una lotta. Una lotta senza concessioni che ha saputo prendere l’iniziativa, che si fa strada senza partiti politici né organizzazioni officiali e che si lancia nell’auto-organizzazione e l’azione diretta contro quello che renderà possibile la maxi-prigione.

Il progetto di costruire una maxi-prigione rientra in un contesto economico e politico ben più vasto. In questo periodo di nuova instabilità poitica ed economica, lo Stato belga, come gli altri Stati, scommette sul rafforzamento della repressione. Da un lato tutto ciò si traduce in leggi più severe,  controlli rafforzati a tutti i livelli, telecamere ovunque, militarizzazione delle frontiere, soldati nelle strade, ristrutturazione urbana per « ripristinare l’ordine », ma esistono anche enormi programmi di costruzione di prigioni di ogni tipo. Perché la prigione sarà sempre una delle minacce utilizzate per cercare di farci rientrare nei ranghi e uno strumento potente dello Stato per tenere in piedi il suo mondo diviso in ricchi e poveri, in potenti ed esclusi, in oppressori e oppressi.

Se l’idea e l’azione devono andare di pari passo, se il pensiero e l’esperienza possono intensificare le lotte che conduciamo, se la costruzione della maxi-prigione non è solo una questione di quattro mura ma forse soprattutto una questione sociale che tocca l’insieme di questa società, allora cinque giorni di incontri sulla lotta contro la maxi-prigione potrebbero essere una preziosa occasione.

Durante questi incontri, dei/lle compagn* di vari angoli del mondo verranno a parlare delle loro esperienze di lotta, portare le loro riflessioni sulla lotta insurrezionalista ed esplorare delle piste per approfondire al lotta contro la maxi-prigione, ma non solo.

in francese, inglese

[Belgio] Si vede più chiaramente al buio

Chiudere le centrali nucleari, staccare la spina al capitalismo e allo Stato

Due cose importanti
Almeno due cose si possono dedurre dall’atto di sabotaggio di una turbina elettrica nella centrale nucleare di Doel nell’agosto 2014.* Due cose importanti, che tuttavia non abbiamo letto da nessuna parte.

Primo. Anche se il nucleare genera una contaminazione duratura e difficilmente risolvibile, è comunque possibile fermare la produzione energetica di queste centrali di morte. La lotta contro il nucleare non significa solo che quest’ultimo è all’origine di catastrofi e di radiazioni permanenti, dell’avvelenamento per lungo tempo dell’ambiente, ma anche che la stessa esistenza del nucleare ipoteca ogni prospettiva di libertà e di auto-organizzazione, perché il suo mantenimento e la sua gestione implicano necessariamente una struttura autoritaria e verticista, una struttura militarizzata.

Secondo. Che il sistema economico e statale vigente è del tutto dipendente dal flusso continuo di elettricità, pena la paralisi. Fabbriche, commissariati, ministeri, trasporti, amministrazioni: tutte le strutture fondamentali dell’oppressione statale e dello sfruttamento capitalista hanno in comune la loro dipendenza dall’energia. E quando le cose sono ferme, qualcos’altro può finalmente cominciare a muoversi.

Contro il nucleare
A partire dalla costruzione delle prime centrali, gli amministratori dell’esistente sfruttano la paura delle imprevedibili conseguenze di una catastrofe nucleare. Quelli che abitano attorno a queste centrali (e in Europa, in realtà sono tutti quanti) dipendono dai suoi costruttori per proteggersi contro lo scatenamento di una simile catastrofe tecnologica. In effetti, di fronte a ciò, di fronte alle radiazioni, di fronte alle «fughe», sono ancora gli stessi nucleocrati che hanno reso la catastrofe possibile a precipitarsi per «gestire» la situazione: con piani di evacuazione, presunte decontaminazioni, trattamento della centrale ferma… Questi specialisti e la loro struttura di comando fortemente gerarchizzata diventano così indispensabili. Inoltre, ogni centrale nucleare produce anche tonnellate di scorie radioattive che questi specialisti seppelliscono tranquillamente sotto terra sperando che tutto andrà bene. La loro radioattività è ormai dappertutto (a causa delle scorie, delle radiazioni, delle «piccole» fonti come i laboratori, gli ospedali, le fabbriche, le bombe d’uranio impoverito…), causando leucemie e cancri, modificando le strutture genetiche delle piante e degli esseri viventi, contaminando il pianeta in modo irreversibile.

Domandarsi perché esiste il nucleare, è comprendere le ragioni per opporvisi fermamente. Le centrali nucleari producono l’energia necessaria alle tecnologie del capitalismo. Le centrali producono l’energia che determina le strategie geo-politiche (come fanno anche il petrolio e il gas), modellando così la concorrenza e la collaborazione fra Stati. Producono la dipendenza delle persone dai loro oppressori. Esse producono la sottomissione alle gerarchie che gestiscono e mantengono questo mondo. Producono la pace sociale.

Il nucleare deve quindi essere fermato, nelle centrali e nella ricerca, nelle sue applicazioni militari e nelle sue applicazioni civili, è un passo necessario sul cammino verso la libertà.

Paura
Dopo il sabotaggio della centrale di Doel, i politici hanno parecchio evocato la minaccia di un black-out, di una panne di elettricità generalizzata. A sentire le loro parole, si potrebbe pensare d’essere all’alba di un’apocalisse da incubo. C’è un profluvio di appelli ad un «consumo responsabile», ma anche a preservare la calma e l’ordine. Per far fronte ad una potenziale carestia, lo Stato ha lanciato un piano alternativo che consiste nel tagliare l’elettricità alle persone piuttosto che ad uffici, fabbriche, commissariati, ministeri. L’economia e la sicurezza innanzitutto, com’è ovvio.

Se i politici parlano di black-out, cercano magari di intimorire la popolazione al fine di ottenerne la sottomissione. Evocare una penuria elettrica significa effettuare un lavoro di preparazione mentale per la costruzione, poniamo, di una nuova centrale nucleare. Ma non viene mai posta la questione del perché tutta questa produzione d’energia sia necessaria. Eppure, la moderna voracità del capitale si potrebbe forse misurare attraverso il suo consumo energetico. Per dare un solo esempio: portare i ricchi, gli eurocrati e i manager in 1h20 con un Thalys da Bruxelles fino a Parigi necessita di una quantità d’energia elettrica equivalente al consumo annuo medio di cinque abitazioni di Bruxelles!

Allora, vincere la paura che il potere cerca di distillare in relazione ad un eventuale black-out non significa voler cortocircuitare gli ospedali e gli ospizi come vorrebbe farci credere lo Stato. Lo Stato designa ogni critica, ogni azione di sabotaggio contro la dipendenza elettrica, come “terrorismo”, mentre è esso stesso a seminare paura, a brandire lo spettro del terrore che costituirà un bel taglio nella normalità, a bombardare e saccheggiare intere regioni per assicurarsi l’accesso al petrolio, al gas, alle materie prime.

Dobbiamo smascherare le menzogne dello Stato, il quale sostiene che siamo tutti nella stessa barca e che bisogna perciò fare tutti degli sforzi per occuparsene. Ma le cose non stanno così. Ci troviamo sulla sua barca nostro malgrado, o in ogni caso senza averlo mai veramente scelto. Incatenati come schiavi delle galere di un tempo pur di far funzionare la macchina. Alienati dalla vera vita, dato che nascendo e morendo nel guscio della barca, nel guscio del lavoro, dell’obbedienza, del consumo, i nostri occhi non hanno mai potuto scrutare l’orizzonte o il cielo. Allora, se il potere dice che è “terrorista” voler far inabissare la barca, è proprio perché vuole conservare il suo potere sugli schiavi incatenati. Allora, sta a te scegliere fra restare incatenato tutta una vita o liberarti rischiando perfino di nuotare da solo; a te scegliere tra la sottomissione e la rivolta, tra l’obbedienza e la dignità.

Sabotaggio e paralisi dell’economia
Che cos’è il capitalismo? La questione è complessa e può essere affrontata in mille maniere diverse, di cui distingueremo qui tre aspetti fondamentali.

Innanzitutto, c’è il modo capitalista di produzione, la produzione di merci. La produzione viene realizzata attraverso strutture (la fabbrica, il laboratorio, le macchine…) e manodopera (operai, impiegati, salariati…). Il capitalista ottiene profitto investendo nelle strutture e sfruttando la manodopera (ovvero, retribuendola meno di quanto produce realmente in termini di valore capitalista). Qui la cosa importante è che la produzione sia perciò dipendente dall’obbedienza della manodopera, perché se quest’ultima non vuole lavorare, la macchina non gira; e che questa produzione sia dipendente anche dalle strutture, perché una fabbrica dinamitata non può più produrre niente.

E poi, c’è un modo capitalista di scambio, ovvero il consumo, il commercio, la circolazione delle merci. Per questo, il capitale deve generare dei mercati per spacciare i prodotti, quindi creare dei bisogni; deve far circolare il denaro attraverso le banche, le borse, gli investimenti, perché un euro investito qui non genera lo stesso rendimento di un euro investito là; e soprattutto, ciò che qui ci interessa più in particolare, necessita di infrastrutture per realizzare questa circolazione. Ferrovie e porti per inviare le merci, reti di comunicazione per organizzare lo scambio e la circolazione, reti elettriche per far girare tutto questo. Il capitalismo è quindi dipendente da flussi continui, sia materiali (merci, manodopera, materie prime, energia) che immateriali (informazioni, dati, risultati della ricerca…).

Infine, c’è la riproduzione del rapporto sociale capitalista, ed è forse il centro di tutta la questione. I rapporti sociali determinano il ruolo ed il comportamento di ciascuno in questa società: del ricco come del povero, del capitalista come del salariato, del poliziotto come del prigioniero. Ma questi rapporti non sono «ideologici», perché si realizzano in uno spazio concreto. Il povero ha il suo posto in una gabbia da polli, il ricco nella sua villa. Il carcere, con le sue celle, le mura e il filo spinato, rinchiude gli individui e crea così i ruoli di prigioniero e di guardiano. Questa riproduzione del rapporto sociale coincide oggi quasi interamente con la continuità della normalità; in altre parole, finché il tran-tran quotidiano continua ogni giorno ad avanzare nello stesso modo, il potere non deve temere che si mettano in discussione i ruoli che ci impone. E questo tran-tran quotidiano può essere sabotato. Può essere cortocircuitato.

Se l’insieme del controllo, dello sfruttamento, dell’oppressione dipendono notevolmente dall’energia, è logico che tutte le piccole infrastrutture ripartite attraverso il territorio saltino agli occhi dei ribelli: centraline elettriche, cavi sotterranei, trasformatori, cavi di fibre ottiche, relé di telefoni portatili… Queste strutture sono così numerose e disseminate che il potere non potrà mai proteggerle tutte efficacemente dai gesti di rivolta, dai sabotaggi diffusi e ripetuti.

Se la pratica del sabotaggio non può trasformare da sola il rapporto sociale capitalista e autoritario, è comunque certo che, finché la macchina continuerà a girare, non si può sperare nessuna messa in discussione dell’esistente. L’onnipresenza del dominio esige una prima rottura nel corso normale delle cose, perché è unicamente grazie a tale rottura che possiamo sperare di avere un momento nostro, un momento per riflettere dove ci troviamo e per immaginare un altro mondo. È strano, ma in qualche modo c’è come l’intuizione che si vedrà più chiaramente al buio…

Fonte: Hors Service, n. 46, ottobre 2014, via Finimondo

* All’inizio di agosto di quest’anno il reattore della centrale di Doel4 si è fermato. A causarne l’arresto è stato un sabotaggio che ha interessato la turbina a vapore nella parte non-nucleare della centrale. 65000 litri d’olio della turbina sono defluiti verso un deposito sotterraneo destinato a recuperare l’olio in caso d’incendio. Per la mancanza di lubrificante la turbina si è surriscaldata e si è automaticamente fermata. Il blocco di questa centrale rischia di provocare nell’imminente inverno un black-out in Belgio e nei paesi limitrofi.

Belgio: Seconda ondata dell’operazione “Ceneri”

Sabato 28 Settembre 2013

Come ricorderete, nella mattinata del 22 Maggio 2013, la sezione antiterrorista della polizia federale belga ha condotto una prima ondata di perquisizioni di domicili dove vivevano anarchici e compagni antiautoritari insieme ad altre persone; venne perquisita anche la libreria anarchica Acrata. Undici persone vennero arrestate e condotte negli uffici della polizia federale. Vennero rilasciati senza presentarsi davanti a un giudice.

Come parte di questa indagine, condotta dal giudice Isabelle Panou e denominata “Opération Cendres” (Operazione Ceneri), le accuse sono: appartenenza ad una organizzazione terrorista, cospirazione e atti incendiari.

Durante le udienze, è emerso che l’indagine si focalizza sulle lotte, rivolte e attività dal 2008 ad oggi, sui temi del carcere, della costruzione del nuovo centro detentivo per migranti a Steenokkerzeel, i trasporti pubblici (STIB/MTVB), le istituzioni europee e gli eurocrati, lo sviluppo della ferrovia regionale, la NATO, i meccanismi di deportazioni, gli ufficiali giudiziari e infine la costruzione della nuova maxi prigione a Bruxelles. Pubblicazioni come Hors-Service (“Fuori Servizio”) vengono prese di mira, e più in generale scritti, manifesti e quant’altro, distribuiti da anarchici e antiautoritari.

Questo mercoledi, 25 Settembre 2013, il giudice ha ordinato altre 5 perquisizoni tra Bruxelles, Lovanio e Gand. Intorno alle 6, l’unità antiterrorista ha sequestrato computer, hard disk, chiavette usb, portatili, volantini, locandine e documenti personali. In tre dei cinque domicili gli interessati della perquisizione erano assenti, e altre tre persone sono state arrestate per essere interrogate. Poi rilasciate qualche ora dopo l’essersi rifiutate di collaborare.

Gand, Belgio: Una notte di solidarietà e di informazione per Marco Camenisch

posterbabbooDEF-1024x682

Marco Camenisch è un eco-anarchico/attivista che è già in carcere per 21 anni, inizialmente in Italia, ed attualmente in Svizzera.

È ancora fermo ai suoi ideali e non si è mai conformato alle regole del sistema carcerario. Pensiamo che merita tutta la nostra solidarietà (il ricavato dei soldi andrà ai compagni locali in lotta).

BABOO THEATER (da Amsterdam, NL)
e la cucina collettiva con la musica da Iron Allah

Martedì 5 Febbraio alle 19:00, Bakunins pogo bar
(Kortrijksepoortstraat 215)

Ingresso e cibo: donazione libera

“Che cosa succede quando scopri di avere un LATO INTERNO ANIMALESCO? Chiedi all’orribile Babboo, lui lo sa.” Rivoluzionario, emancipato, esplosivo (testo e messa in scena da Alessandro Seul).

PS: In un angolo accanto al simbolo CCF si legge: “Solidarietà con i membri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco ed i loro co-imputati”

Armatevi…fino a quando Marco sarà libero!

Belgio: Ogni suicidio in carcere è un omicidio di Stato

Aggiornamenti dalle prigioni belghe:

All’inizio del mese di Ottobre, due dei tre direttori del carcere di Aden sono stati licenziati o trasferiti. Attualmente rimane solo un direttore mentre un nuovo prenderà carico in poche settimane. Sembra che lui abbia già raggiunto un accordo con i sindacati delle guardie di Aden per rafforzare la sicurezza e per cambiare lo stato di detenzione, riorganizzando i bracci ed i piani del carcere in base alla “pericolosità” del detenuto.

Oltre a ciò, non è cambiato nulla per la stragrande maggioranza dei detenuti in Aden: restano in carcere 23 ore 24 ore al giorno. Non ci sono attività, lezioni, niente. Quando escono in aria al cortile, gli aspettano ogni volta una ventina di guardie che gli sorvegliano ed effettuano perquisizioni fisiche (cercando di evitare la presa di ostaggi).

Le ultime settimane, diverse guardie furono attaccate e ferite dai prigionieri. Ci sono state anche alcune proteste nel cortile dai prigionieri, che si rifiutavano di rientrare nelle loro celle dopo l’aria, in modo da denunciare le condizioni carcerarie e il regime che prevale. E la tensione aumenta…

Prigionieri di Aden hanno anche reso noto che all’Huy ci è stato un altro dramma. Un giovane, in carcere per la prima volta, si suicidò il giorno del suo arrivo nel carcere dell’Huy [1° Ottobre 2012]. In effetti, si era lamentato per la sua detenzione in una cella bianca (come di solito avviene nei primi giorni di detenzione in cui vengono collocati i prigionieri sotto osservazione in celle bianche). Durante la notte, è stato trovato impiccato.

Ogni suicidio in carcere è un omicidio di Stato!

Nota: Per quasi un anno i sindacati delle guardie carcerarie in Belgio richiamano in scioperi richiedono maggiori misure di sicurezza in modo da esercitare le loro funzioni senza ostacoli. Questo porta a delle condizioni di detenzione ancora più terribili, dal momento che i prigionieri vengono privati delle pochissime facilitazioni esistenti, come ad esempio le visite ecc…

fonte

Da Zurigo a Atene: La Solidarietà attraversa i confini

Slogan per l’immediata liberazione di Marco Camenisch e in solidarietà con i tre membri della Lotta Rivoluzionaria sono stati scritti nella città di Zurigo.

Ad Atene ha avuto luogo un intervento davanti alla corte marciale del carcere femminile di Korydallos, dove si svolge il processo del caso della Lotta Rivoluzionaria. Nel mese di Settembre, i membri del Soccorso Rosso Internazionale dal Belgio, Italia e Svizzera hanno viaggiato ad Atene per assistere al processo in solidarietà con i tre membri della Lotta Rivoluzionaria e quelli perseguiti per lo stesso caso.

La lotta continua…

Belgio: Ostenda NoBorder


Ostenda ha perso i suoi confini. La classe media si lamenta del fatto che gli “immigrati clandestini” scolorano il loro idilliaco arredo urbano e danneggiano l’immagine turistica. Vande Lanotte li definisce “complici” dei “contrabbandieri”. La “giungla” è sommersa dalla “piaga dei ratti”, da “criminali”, che rubano per combattere la fame, la sete e il freddo. Queste insignificanti paure sono valutate maggiormente che le statistiche criminali.

Cosi’ viene eretta la recinzione intorno al porto. Il sistema di video sorveglianza rinnovato. La sorveglianza aumentata. La città chiama forze di polizia da altre zone. Sono i benvenuti. Sessanta nuove squadre sono state formate. C’è denaro per questo. Più di 1.000.000 di euro per essere precisi.

La magistratura ed i politici, solitamente lenti e sordi, improvvisamente cercano di correre più veloci dei terribili eventi. Le prossime elezioni locali fanno di ogni uomo politico un’eroe coraggioso. Liberali, socialisti, fiammingo-nazionalisti e cristiano-democratici stanno lavorando su una nuova legge che renda ogni tentativo di “entrata illegale ” nel porto, punibile fino a due anni di reclusione.

Nel frattempo, 20 persone al giorno vengono rinchiuse per 12 ore. Per disturbo della quiete pubblica. Stazionare attorno la zona del porto è diventato un reato. Essere senza tetto è diventato un crimine. Il sindaco ha annunciato che “non ci sarebbe più divertimento” per i profughi nel venire ad Ostenda.

… non ci sarebbe più divertimento…

Centinaia di persone sopportano le notti invernali nella giungla. Anche minori. Il più giovane ha appena nove anni. Stanno controllando le generalità presso i centri di distribuzione del cibo e dei vestiti.

Un deposito è stato chiuso.Un rifugio per senzatetto è stato chiuso con la scusa di essere un pericolo d’incendio. Il consiglio comunale è attivo nell’ostacolare ogni iniziativa di solidarietà che non possa essere venduto come servizio politico. Il presidente del consiglio comunale Tommelein ha dichiarato essere lui stesso un’assoluto avversario dell’aiuto umanitario e dei centri di asilo in città, perchè incoraggerebbe i barboni ancor di più.

… non ci sarebbe più divertimento…

Coloro che scalano la recinzione rischiano un’accusa. Coloro che fanno l’attraversata, rischiano la vita.

La repressione non risolverà nulla. Aumenterà solo il risentimento. Quando la Francia chiuse il centro per rifugiati di Sangatte, la gente cominciò a dormire fra i cespugli.Una volta che Ostenda viene trasformata in una prigione, dove la prossima? Ostenda si rivolge a Bruxelles. Bruxelles si rivolge all’Europa. L’Europa si rivolge verso i paesi d’origine. Tutti deplorano la miseria, delegano le loro responsabilità, contano impauriti i loro soldi.

Ma povera piccola Ostenda, con i rifugiati che cercano di passare il confine. Poveri piccoli rifugiati.

Senza confini, Ostenda NoBorder è un movimento di individui. Noi non affidiamo la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà alle istituzioni o alle organizzazioni. Se nessuno prende la parola, il mondo intero tace. Vuoi aiutare? Donare? Dimostrare il tuo supporto?…

onbegrensdoostende@yahoo.com

fonte: bxl.indymedia.org / traduzione dall’inglese

Bruxelles, Belgio: Manifestazione di solidarietà con i compagni di Lotta Rivoluzionaria

Grecia: Il processo contro “Lotta Rivoluzionaria” —25 Ottobre 2011

Il processo agli otto presunti membri del gruppo anarchico “Lotta Rivoluzionaria”, è iniziato ieri davanti alla Speciale Corte Penale d’Appello riunita dentro le mura della prigione di Koridallos vicino Atene. In principio a causa dell’inizio del processo il 5 Ottobre, esso era stato rinviato per permettere ad uno degli accusati, Kostas Katsenos, consegnatosi alle autorità all’inizio del mese, di preparare la sua apparizione.

Kostas Katsenos è l’unico degli otto accusati attualmente in custodia, i tre accusati principali (quelli che hanno rivendicato l’appartenenza a “Lotta Rivoluzionaria”) – Nikos Maziotis, sua moglia Panayota “Pola” Roupa, e Kostas Gournas, sono stati recentemente rilasciati su libertà condizionale a causa della fine dei 18 mesi di detenzione pre-processo. Tutti gli accusati hanno rifiutato di testimoniare davanti alla corte speciali dei tre giudici. Nikos Maziotis ha letto un testo in aula, dove ha sottolineato che il processo è politico e dovrebbe giudicare i politici, i banchieri e il capitale, che sono la causa della privazione sociale. “Lotta Rivoluzionaria” è un’organizzazione politica più rilevante che mai, ha affermato Nikos Maziotis.

Gli accusati affrontano pesanti pene fino all’ergastolo. Il processo riprenderà il 1 Novembre e dovrebbe durare almeno fino alla fine di Dicembre. Quindici persone si sono riunite martedi pomeriggio all’ambasciata greca a Bruxelles per dimostrare la propria solidarietà agli accusati di “Lotta Rivoluzionaria”.
tradotto da Cenere

fonti in inglese, francese