All posts by Contra Info

Monaco, Germania: Auto di nazi fatta a pezzi

Monaco, 05 giugno 2016

Per l’ennesima volta un’abitazione nel retro della via Westendstraße 49 serviva da punto d’incontro “segreto” a vari neonazi dell’ambito “IIIa Via” e d’altri gruppi di Monaco.

Perciò alcunx attivistx hanno deciso di non lasciare la riunione d’ieri tranquilla come quelle precedenti.

Visto che i nazi erano nella loro casa e che era purtroppo improbabile una loro ulteriore riunione entro poco tempo, su due piedi la loro auto diventava obiettivo della nostra avversione contro il pensiero di destra:

gomme bucate, lacca graffiata e un parabrezza vittima di una bottiglia di birra procurarono una buona fine alla serata passata.

Speriamo che l’avvertimento sia bastato ai nazi per non mettere mai più piedi in questo quartiere e non possiamo garantire che la prossima volta ci sia solo un vetro rotto – qualsiasi sia il quartiere.

Tra poco informeremo sui fasci presenti e sulla casa.

Antifa all’offensiva!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Rostock, Germania: Bruciata auto di nazi

181270Rostock, 2 giugno 2016

Come abbiamo avuto modo di sapere, giovedì scorso l’auto del nazi di Rostock Marcel Prätorius è stato incendiato. Interpretiamo quest’azione come risposta diretta alla partecipazione di Prätorius al raduno razzista davanti a un’istituzione per profughx minorenni non accompagnati a Rostock Gross-Klein.

Da giorni, dei residenti “preoccupati” di Gross-Klein si riuniscono con l’ambiente dex nazi organizzatx di Mecklenburg-Vorpommern per spargere del malcontento ostile ax profughx. Questo già portò a vari abusi razzisti contro persone con un passato migratorio.

Il coordinamento e l’aizzamento è spinto in gran parte tramite diversi gruppi presenti su facebook. Nei commentari si leggono ripetute incitazioni che “si deve fare qualcosa” e come se fosse ovvio si formula un’equivalenza con il pogrom del 1992 a Lichtenhagen, che è lontana solo un chilometro.

Gli interventi diretti a chi partecipa a questi raduni sono un segnale chiaro! Uguale se aizzano “alla chetichella” su facebook o per strada, sono notx e dovranno fare i conti con le conseguenze. Danni materiali e personali sono dei mezzi ben collaudati!

Tante grazie per l’azione,
alcunx antifa di Rostock.

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Amburgo, Germania: Pietre e vernice a HWS Immobiliare

Amburgo, 31 maggio 2016

Nella notte dal 30 al 31 maggio attacco con pietre e vernice all’edificio uffici della ditta immobiliare HWS Immobilien dei fratelli Max e Moritz Schommarz in via Harvestehuder Weg 92.

Tuttora, dopo che lx inquilinx di lunga data del Schanzenhof hanno ricevuto disdetta per il 31 marzo 2016, si muove una resistenza multiforme contro l’ulteriore commercializzazione del quartiere Schanze che ormai è quasi del tutto gentrificato.

Con questa e ulteriori azioni continueremo a far passare la voglia ax attuali e potenziali investitorix e nuovx inquilinx di ordire macchinazioni orientate al lucro!!

Giù le mani dal Schanzenhof! Schomann, Behrmann, Mövenpick, Mälzer…e e e… fuori dai piedi!!!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Svizzera: Marco Camenisch, aggiornamento “discesa” – Fine giugno 2016

Dopo il traferimento del novembre 2015 da Bostadel a Saxerriet (Salez) nella sezione “chiusa di transito”, il 10 dicembre 2015 ci fu una “riunione di trasferimento” con la direzione del carcere, i responsabili del DAP Zurigo e il mio legale, in cui furono deliberati e poi ordinati i seguenti “passi”, ora già realizzati:

– Gennaio 2016; trasferimento interno dal “transito” in una “sezione aperta”

– Febbraio 2016; 2 uscite ognuna di 5h accompagnate da personale dell’istituto

– Marzo 2016; 2 uscite ognuna di 5h accompagnate da una “figura di riferimento di propria scelta che si assume la responsabilità”

– Aprile 2016; 2 uscite, 1 di 5h e una di 12h accompagnate da una “figura di riferimento di propria scelta che si assume la responsabilità”

– Maggio 2016; 2 uscite ognuna di 12h accompagnate da una “figura di riferimento di propria scelta che si assume la responsabilità”

– 18 maggio; altra “riunione di coordinamento esecutivo”

In questa riunione fu decisa (con ordine scritto a metà giugno) la concessione di un’uscita di 12h sia per giugno sia per luglio + un permesso di fine settimana di 24h in giugno e uno di 36h in luglio, nonché un permesso di 24h e uno di 36h nel mese di agosto; dopo di che, dopo un’altra “riunione di coordinamento esecutivo” prevista agli inizi di agosto, sarebbe previsto che nel settembre 2016 (circa tre mesi prima del “previsto”…) potrei iniziare un “lavoro esterno” per sei mesi (lavoro fuori, sere/notti dentro, i fine settimana fuori). Il contratto di lavoro richiesto (min. 50%) e un posto in un carceretto nell’area di Zurigo dovrebbero, di quanto ne so, già essere certi.

In seguito potrebbero aggiungersi alcuni mesi di lavoro e di soggiorno (in una casa propria) esterno e, al più tardi agli inizi del 2018, la liberazione condizionale.

Le mie capacità di mantenimento delle relazioni politiche/personali (anzitutto per il lavoro di scrittura) già negli ultimi anni sono state fortamente ridotte anzitutto con i continui traferimenti e le conseguenti riorganizzazioni, anche da zero, di questo lavoro. E ora, in questo lungo passaggio “tra dentro e fuori”, suddette capacità sono ancora più ridotte (e spesso al lumicino…) oppure assorbite in altro modo nella tanto intrigante quanto impervia riorganizzazione, ex-novo, di un resto di esistenza solidale fuori dalle mura in questa società-galera. Sono sforzi che tuttx lx solidali direttamente impegnatx come anche io stesso dobbiamo affrontare con “spazi” a volte anche più ridotti e certamente più incerti che non con il “carcerce-carcere”.

Non si tratta, perciò, in nessun modo di indifferenza e di desolidarizzazione personale e/o politica se ora non sono e in futuro non sarò più in grado di mantenere quel sacco di corrispondenza e lavoro di scrittura come fino a poco tempo fa.

Tuttavia, per gli spazi già un tantino più “liberi”, già con l’imminente periodo di lavoro esterno la situazione potrebbe iniziare a essere più propizia a suddetta riorganizzazione e perciò anche a quella delle comunicazioni.

Con l’ennesimo imminente cambio di indirizzo comunicherò anche l’inizio del suddetto periodo.

Sempre resistendo, sempre contribuendo, sempre solidale,

marco camenisch, 26.06.2016, galera Saxerriet, Salez, CH

+ tedesco

Uscita della rivista anarchica quadrimestrale “I giorni e le notti”

INDICE

Editoriale i giorni e le notti
L’insurrezione nel pensiero e nella vita di Malatesta
Note su Malatesta
Per quanto riguardo le forme d’azione nell’insurrezione…
Sul gruppo anarchico locale
Contrappunti
Azione contro il mercante di donne Kirschner, a Colonia, e contro il consolato delle Filippine di Bonn – 8 marzo 1983 – Voi avete il potere. Noi abbiamo la notte!
Voi avete il potere, noi abbiamo la notte…
I tre errori di Clausewitz
Come apparecchiare il mondo. Note sulla tecnoscienza
Allungare il passo

EDITORIALE
I giorni e le notti
rivista anarchica

Da tempo ci diciamo, fra un po’ di compagne e compagni, che nella situazione attuale una delle cose più pratiche che possiamo fare è chiarirci le idee. Senza un chiarimento sugli orientamenti e sulle prospettive, si rischia di girare in tondo in preda a un attivismo privo di conseguenza. Allo stesso tempo, senza una forte tensione all’agire rivoluzionario ogni approfondimento teorico risulta lettera morta.
“Pensiero e azione”, questo binomio che l’anarchismo eredita e trasforma dall’etica e dalla cospirazione risorgimentali, in quel movimento storico che da Pisacane porta alla “liquidazione sociale” d’impronta antiautoritaria, è ancora il nostro motto.
Pensiero-e-azione, cioè ricavare le linee di condotta immediata dal sogno della rivoluzione, mantenendo alta e dritta l’asticella dell’ideale anarchico.

Questa rivista nasce dall’esigenza di un pugno di compagni di chiarirsi le idee, andando oltre la ripetizione di formule. Se la redazione di questa rivista sarà, almeno all’inizio, locale, non così il suo contenuto. Vogliamo tornare a parlare di insurrezione, espropriazione, rivoluzione, minoranze agenti e conflitti sociali, di anarchia e di comunismo. Sentiamo sempre di più i limiti di confronti e polemiche appiattiti su questa o quella lotta specifica, su questa o quella proposta d’intervento, chiusi nella facoltà d’immaginare e pigri nel forzare il senso del possibile. Vogliamo andare all’aria aperta, provare a pensare una prospettiva rivoluzionaria oggi, definendone se non altro i concetti di fondo.

Troppo spesso si usano espressioni quali rivolta, sommossa, insurrezione, rivoluzione come se fossero sinonimi. Troppo spesso si affoga nel generico ciò che dovrebbe essere precisato: intenti, analisi, strumenti, capacità da affinare, obiettivi da perseguire, conseguenze pratiche da trarre e da accettare. Troppo spesso la ricerca dell’affinità tra compagni è condizionata da partite troppo anguste, da sogni rattrappiti. Troppo spesso il perché e il come di un intervento specifico avrebbero avuto bisogno di criteri di giudizio più alti. Troppo spesso dal passato siamo riusciti a ricavare solo visioni agiografiche e formule imbalsamate. Troppo spesso ci siamo affidati a nuove suggestioni, effimere e superficiali come l’epoca da cui emergono.

Parafrasando Anders, potremmo dire: “Siamo antiquati, parliamo di rivoluzione sociale”. Perché il cambiamento violento delle condizioni date, l’insurrezione armata contro l’ostacolo materiale – lo Stato – che impedisce ogni trasformazione reale è ancora oggi l’unica strada possibile verso la libertà.

Negli ultimi anni sommosse e insurrezioni hanno squarciato il velo del “migliore dei mondi”, togliendo tanta polvere dagli scaffali dei classici rivoluzionari per farla cadere addosso a chi sosteneva che le barricate sono un romantico sogno dell’Ottocento. Ma non si tratta per noi né di “fare il tifo” a distanza, né di lanciarci nella mischia senza idee e senza progetti a ogni segnale di burrasca.

Il nostro orizzonte non è genericamente la rivolta e nemmeno l’insurrezione. Il nostro orizzonte è l’anarchia, che ha bisogno di condizioni oggettive e soggettive. Oggettive nel senso che ad aprire la strada all’anarchia è la rivoluzione sociale, di cui i tentativi insurrezionali – fino all’insurrezione vittoriosa – sono l’inizio possibile. Soggettive perché i tempi non maturano da soli, perché a cominciare sono sempre delle minoranze, perché gli anarchici – minoranza nella minoranza rivoluzionaria – possono arrivare pronti a certe occasioni soltanto con una prolungata “ginnastica” teorica e pratica, mentale e organizzativa, spirituale e tecnica. Non basta leggere Bakunin o Malatesta, Galleani o Novatore per tirar fuori le unghie al momento opportuno. Senza lotte e riflessione sulle lotte le unghie scompaiono, e nessun giuramento rivoluzionario le fa ricrescere in una notte. La lotta non ammette interruzioni.

Per saper provocare o almeno cogliere le schiarite improvvise che il cupo cielo della storia apre ai nemici dell’ordine costituito serve un ideale, cioè un’angolazione visuale più alta e ampia di quella a cui ci possono innalzare le lotte specifiche che portiamo avanti. Batterci, sì, ma senza chiuderci nelle singole battaglie. Chiarirci le idee per schiarire altre possibilità di azione. Siccome non siamo piume al vento, abbiamo dietro e sotto di noi un ricco bagaglio di idee e di esperienze che un certo modo di guardare la storia può ancora spalancare all’uso.
Per questo vorremmo ritornare, nei numeri della rivista, su figure, episodi, analisi, metodi e mezzi d’intervento del passato. Per imparare come certe scelte in certi momenti ridisegnino le mappe del mondo.

Due parole, infine, sulla struttura della rivista.
Non crediamo molto alle novità teoriche. Il grosso, in centocinquant’anni di storia del movimento anarchico, è già stato detto, spesso molto meglio di come sapremmo farlo noi. Si tratta di ripeterlo, con delle aggiunte, con delle note. Lo sforzo creativo – senza il quale tutto sarebbe banale ripetizione dell’identico – consiste soprattutto nel modo in cui una certa tradizione di pensiero e di organizzazione entra in rapporto con un contesto storico e sociale; nel modo in cui l’esperienza diretta dello sfruttamento (e delle lotte per distruggerlo) suggerisce e illumina idee, proposte, metodi, mezzi approntati nella e contro la storia.

Per questo nei numeri della rivista il grosso sarà costituto da testi del passato – più o meno lontano, più o meno recente – da commentare criticamente, intendendo per critica non tanto un giudizio su qualcosa di chiuso in se stesso, quanto la continuazione di ciò che nella teoria-esperienza giunta a noi vi è d’incompiuto. Lo stile della rivista sarà dunque la glossa, il commento, la nota, la postilla, l’aggiunta. Nei pochi testi teorici scritti ex novo (individualmente o collettivamente) cercheremo di affrontare alcune questioni che ci paiono urgenti.

Questa rivista dovrebbe servire a noi e, speriamo, ad affinare il dibattito fra compagni. Sappiamo per esperienza quanto le discussioni dipendano dalla qualità degli interventi introduttivi, dalla precisione e insieme dall’apertura problematica del filo da cui muove il confronto.
L’invito è dunque quello di suggerire testi teorici da commentare, con eventuali note critiche al seguito. Non volendo redigere una rivista-contenitore, precisiamo che pubblicheremo solo ciò che a noi sembrerà interessante (il che non significa per forza condivisibile in toto né omogeneo).
Quello che ci prefiggiamo non ha tempi immediati. Vogliamo contribuire a ricostruire un ponte tra passato e presente, tra idee e capacità organizzative, tra minoranza anarchica e movimento reale, tra lotte specifiche e prospettiva rivoluzionaria.

La lotta, come la vita, è fatta di giorni e di notti. La tensione, nei pensieri e nelle azioni, sospende e stravolge ogni separazione fra il tempo della veglia e quello del sonno. Tra sogno e realtà. Pensare di notte e agire di giorno, agire di notte e pensare di giorno, liberarsi notte e giorno risponde all’insopprimibile esigenza di sovvertire la vita diminuita e la sua insopportabile ripetitività.
La pagina è sempre pallida traccia, soglia che allude, mondo intravisto. Gli incontri reali avvengono altrove. Di giorno. Di notte.

Costo per copia 3 euro.
Per i distributori 2 euro dalle tre o più copie.
Per scriverci e richiedere copie: i giorni e le notti c/o Circolo Anarchico “Nave dei folli” Via Santa Maria 35, 38068 Rovereto (TN).

rivistaigiornielenotti@autistici.org
Per il pagamento delle copie utilizzare il numero postepay 5333-1710-0243-8949 intestato a Luca Dolce

Weimar, Germania: Distrutti i vetri di auto nazi

179740179741Weimar, 21 maggio 2016

Molto poco egregi Nazi e altri scemi del villaggio,

Vi abbiamo cercati prima della vostra sfilata Thügida a Weimar ma purtroppo non vi abbiamo trovati. Non ci rimaneva che farvi visita a domicilio. E abbiamo distrutto le vostre auto nella Nordvorstadt (periferia nord), facendo visita tra altri al camerata  Adrian Grafe in via Meyerstraße 14.

Una piccola ambasciata a voi: Aspettiamo da giorni, ma per piacere, fatevi vedere.

In questo senso, avvicinatevi così vi stendiamo!

I più cari saluti,

Gioventù Antifa Weimar

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Berlino: Pietre, vernice e fuoco alla città dei ricchi

180525Berlino, 29 maggio 2016

Avevamo appuntamento nella Alte Jakobstrasse per rendere visibile con la vernice, le pietre e il fuoco la nostra rabbia contro l’emarginazione, l’espulsione e il controllo, nonché il nostro disprezzo nei confronti di una città dei ricchi.

La nostra azione aveva come obiettivo la nuova costruzione di lusso “Fellini Residences”, edifico in costruzione per abitazioni di proprietà ad alto valore della ditta immobiliare Patrizia, un suo ufficio del cantiere e un ufficio immobiliare della ditta, un impianto di trasformazione di Vattenfall, varie auto di lusso, un albergo e un supermercato. Ci siamo protetti il ritiro con due barricate di fuoco e chiodi a quattro punte.

Le nuove costruzioni di lusso rappresentano uno sviluppo urbano favorevole ai ricchi e dimostrano ben visibile la divisione tra inclusi ed esclusi:

Mentre lx unx nei loro appartamenti si godono “la messa in scena sentimentale di una qualità di vita italiana”, la plebaglia è tenuta lontana con le videocamere di sorveglianza.
Mentre lx unx brindano sull’aumento di valore, lx altrx devono temere lo sfratto coatto.

Chi s’organizza in proprio al di fuori dalla logica dello sfruttamento e fa proprio lo spazio urbano, assaggerà i manganelli della polizia, come poco tempo fa in una festa di strada curda a Kreuzberg o nelle ripetute occupazioni per un centro sociale.

Se tutto il quartiere si dimostra resistenziale, su due piedi si instaura una “zona di pericolosità” per poter terrorizzare con le vessazioni, i controlli e la violenza. Chi pensa di poter uccidere con la repressione le voci e le azioni che si oppongono e si difendono dalle espulsioni si è sbagliato. Allora spuntiamo noi quando non ci aspettano e colpiamo lì dove si manifestano le porcate di questa politica.
Finché si lucra sullo spazio abitativo, la nostra iniziativa si chiama sabotaggio e distruzione. Ogni sfratto ha il suo prezzo!

La multinazionale dell’energia Vattenfall rappresenta gli affari sporchi con le risorse naturali, tra cui le miniere di lignite nella Lausitz. A livello mondiale imperversa una guerra per le ricchezze del sottosuolo, dappertutto nel mondo ne conseguono le catastrofi ecologiche responsabili per la miseria e le espulsioni. Per un mondo altamente tecnologizzato, questa società passa sui cadaveri senza guardare in faccia a nessuno. Dopo decenni di istupidimento ed alienazione, è abbastanza apatica da non accorgersi più che siamo su di un treno diretto a tutta birra direttamente contro un muro…

Ma con gioia guardiamo oltre i confini del paese e vediamo dei fuochi all’orizzonte, incendiati dax giovani e da chi lavora in Francia esattamente come in molti altri luoghi di questo mondo, dove emerge la rivolta contro le condizioni imperanti.

Vi riconosciamo e mandiamo i nostri saluti solidali e fiammeggianti!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

[Cile, Santiago] Villa Portales: Barricate e propaganda in ricordo di Mauricio Morales

abc
Barricate di lunedì 23 maggio, 7h del mattino

Il 22 maggio 2009 il compagno anarchico Mauricio Morales è morto cercando di azionare un ordigno esplosivo destinato alla scuola di Gendarmeria del Cile [NdT: Si tratta di una scuola per secondini], un’istituzione destinata a formare gente che umilia a tortura chi ha trasgredito la legge dei potenti.
Sette anni dopo la sua morte, abbracciamo le sue idee di libertà e di rifiuto della gendarmeria e/o di ogni istituzione o simbolo di autorità.
Il ricordo dei/lle nostr* compagn* è vitale per continuare la lotta contro questo sistema di dominazione.

PER L’APPROFONDIMENTO DEI CONFLITTI
PER L’ESPANSIONE DEI PUNTI FOCALI D’INSURREZIONE
CHE SI DIFFONDA LA RIVOLTA ANARCHICA
A 7 ANNI DAL NOSTRO COMPAGNO MAURICIO MORALES, CONTINUIAMO A LOTTARE CONTRO OGNI AUTORITÀ E PER L’ANARCHIA.

e-1024x768f-1024x768

Brescia: Sabotaggio linea ferroviaria contro Beretta e il suo mondo

Nella notte tra il 17 e il 18 giugno, in occasione dell’inaugurazione dell’ennesimo evento da carrozzone mediatico/turistico “the floating pears”, abbiamo deciso di agire.

Colpire là dove più ci aggradava, dove la notte e il bosco erano nostri più cari alleati.

2 legnose barricate erette sulle rotaie della linea ferroviaria Brescia-Iseo-Edolo bloccavno i primi treni, un cavo d’acciaio teso tra le due portava uno striscione con scritto: “Beretta complice della guerra e del suo mondo: frontiere e deportazioni. Sabotiamo tutto!”

Beretta azienda produttrice ed esportatrice di armi e morte in tutto il mondo è protagonista nell’evento “artistico” essendo proprietaria dell’intera isola san Paolo non solo circondata dalla passerella galleggiante ma anche sede di un’intera mostra sulle armi.

Le guerre da sempre prima fonte di enormi profitti per la famiglia Beretta, sono anche il primo ingranaggio del sistema frontiere-deportazioni, causa di morti, schiavitù ed oppressione.

MORTE AI PADRONI DELLA GUERRA E AI LORO SERVI!
-SABOTIAMO TUTTO!-

Alcunx teppistx guastafeste

Atene: Blitz della polizia allo squat Kleous 96 a Exarchia – 3 arresti – casa rioccupata

outside-gada-544x306
“Giù le mani dallo squat Kleous 96 – Rilascio immediato dei/lle 3 arrestat*”; striscione in viale Alexandras durante il presidio fuori dal GADA (sede centrale della polizia di Atene) in solidarietà con i/le 3 occupant*

Un edificio privato situato al 96 di via Themistokleous nel quartiere di Exarchia è stato occupato qualche giorno fa.

Il 14 giugno 2016 la polizia ha effettuato un’incursione nel nuovo squat Kleous 96. Tre occupanti sono stat* arrestat* e portat* nella sede centrale della polizia di Atene.

Più tardi nella giornata lo squat è stato rioccupato.

Kleous96-544x543Dichiarazione dello squat KLEOUS 96

via Themistokleous 96, Exarchia | Email: Kleous96@riseup.net

Siamo un gruppo di persone di tutto il mondo con origini e percorsi diversi. Alcuni di noi hanno i documenti, altri no. Ma siamo uniti dalle convinzioni e il desiderio comune di costruire un collettivo basato sul principio di assemblee auto-organizzate e l’autogestione, con lo scopo a lungo termine di ampliare questo sistema di vita e fare parte di un movimento globale che rovescerà questo sistema barbaro e distruttivo. Un sistema che crea confini razzisti per difendere risorse e ricchezze accumulate tramite sciacallaggio e propaganda di guerra.

Abbiamo scelto di occupare un edificio vuoto nel quartiere di Exarchia ad Atene, inoccupato da alcuni anni e che ha bisogno di ristrutturazioni. Insieme abbiamo l’intenzione di riportare questo vecchio edificio alla vita e non solo di viverci ma di aprirlo alla comunità e farne uno spazio sicuro in cui stati nazionali, frontiere e documenti non vengano riconosciuti, e il self-empowerment e l’autosviluppo possano essere raggiunti attraverso l’educazione e la creatività.

Crediamo che la proprietà privata in generale e in particolare il possesso di terreni ed edifici siano un concetto assurdo, specialmente in un momento in cui l’estrema povertà, le misure di austerità, le guerre e le frontiere chiuse colpiscono così tante vite in tutto il mondo e gli esseri umani vengono fatti vivere in condizioni inaccettabili. Scegliamo semplicemente di ignorare le regole e le norme di cui non beneficia la maggior parte della popolazione del pianeta.

Inoltre crediamo che serva uno spazio per il dialogo politico, la pianificazione dell’azione politca e la cooperazione fra i diversi gruppi. Attivisti di tutto il mondo vengono a Exarchia e sono ispirati dalla struttura auto-organizzata e i forti legami di solidarietà, soprattutto quando si tratta di difendere il quartiere contro le aggressioni della polizia. Vogliamo far parte di questa comunità, imparare e acquisire capacità per tornare nei nostri rispettivi paesi di origine e diffondere questo sistema di vita e di organizzazione comunitaria. E vogliamo anche unirci e rafforzare questa comunità ed essere determinanti per spingere ed espandere i limiti di Exarchia.

Anche se ci siamo riuniti grazie agli sforzi reciproci durante l’attuale crisi dei/lle rifugiat* crediamo fortemente che la vera crisi sia il sistema stesso. Quindi non collaboreremo né ci associeremo con nessun partito politico, agenzie governative, OIG od ONG. Siamo qui in Grecia perché crediamo che la maggiore necessità e il momento della mobilitazione di tutti i popoli oppressi siano qui e adesso.

In generale vogliamo lavorare per raggiungere i seguenti obiettivi:
Niente frontiere razziste
Niente nazioni
Liberazione delle donne
Abolizione della proprietà privata ossia possesso dei mezzi di produzione, del capitale, della terra e ridistribuzione delle risorse disponibili.
Giustizia piuttosto che uguaglianza.

Mentre sul posto ci aspettiamo che tutt*, che facciano parte del gruppo o che siano semplicemente dei sostenitori, rispettino le seguenti regole:
Niente droghe
Niente alcool
Niente linguaggio o gesti razzisti, sessisti, omofobi, transfobici o validisti.
La violenza fisica o parole offensive non saranno tollerate.
Niente media né fotografi.

in inglese

Amburgo, Germania: Fuoco a container di polizia

180698Amburgo, 30 maggio 2016

Nella notte tra il 29 e il 30 maggio, come segno del nostro odio abbiamo dato fuoco al container di polizia all’incrocio (…).

Coloro che lasciano crepare lx prigionierx nelle loro celle in fiamme. Coloro che amministrano gli atti di più di mille persone, che ci controllano con le videocamere di sorveglianza e i telefoni registrati. Coloro che si abbassano ai lavori da infami più zozzi. Coloro che stanno tra ogni senzatetto e la casa vuota, tra ogni migrante e la sua famiglia. Coloro che ogni giorno fanno sì che tutto resta come è. A coloro dimostriamo che sono vulnerabili. Cerchiamo le lacune nel sistema e decidiamo i tempi. Affinché svanisca il vostro dominio.

Coscienti del fatto che gli sbirri saranno sempre un elemento centrale della macchina delle espulsioni, con la nostra azione ricordiamo Jaja Diabi, morto nel febbraio del 2016 nella galera Hanöversand e a tuttx i/le senza nome che hanno trovato la morte sotto le mura dell’Europa.

Avviatevi con noi per affondare il G20 ad Amburgo! Per la rivoluzione sociale!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Monaco, Germania: Bucate le gomme di auto di WISAG e Dussmann

89736Monaco, 2 giugno 2016

Ultimamente sono stati sgonfiati i copertoni di alcune auto dell’impresa della sicurezza WISAG e Dussmann e apposte parole d’ordine che indicano con quali affari sporchi quest’impresa fa i suoi soldi. WISAG lavora nel settore della protezione d’obiettivi militari e negli aeroporti e con questo lucra sulle espulsioni. Dussmann lavora nelle galere e fornisce i pasti nei lager per profughx. Mentre la militarizzazione interna ed esterna è accelerata e ancora quest’anno sono previste 100’000 espulsioni, dobbiamo rovinare gli affari ai profittatori di questi sviluppi.

Questo è una chiamata all’attacco a WISAG, Dussmann e a tutti gli altri profittatori delle espulsioni, delle protezione delle frontiere, della militarizzazione e della carcerazione. A Monaco e dappertutto!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Berlino: Vetri rotti a ufficio SPD

180677Berlino, 30 maggio 2016

Lunga rivendicazione/spiegazione. Contro lo sfollamento imminente di un campo di migranti che occupano un terreno inutilizzato, campeggio funzionante senza alcun fastidio e senza alcuna opposizione da parte  del  proprietario, finché non si attivò l’amministrazione e la politica per avviare le pratiche di espulsione con il pretesto di “condizioni non igieniche”, promettendo di offrire ax migranti colpitx “una nuova sistemazione”.

(Dalla rivendicazione) “(…) Quanto seriamente la politica intende tali esternazioni ci dimostrava non per ultimo il seguito dello sfollamento del campo all’Oranienplatz a Kreuzberg. Dopo alcuni mesi, lx colpitx finirono di nuovo sulla strada, e tantx sono pure minacciatx d’espulsione. Le promesse dex politicx: solo menzogne. (…) Vogliamo richiamare l’attenzione sull’imminente sfratto. Già nei giorni scorsi gli annunci dello sfratto sul recinto del terreno sono stati colorati con lo spray, nella notte passata abbiamo distrutto i vetri dell’ufficio distrettuale della SPD in via (…) a (…). Poco fa la SPD con il suo voto favorevole all’inasprimento del diritto all’asilo ha chiarito da che parte sta. Nel caso di uno sfollamento, gli autori devono essere ben coscienti delle proprie responsabilità!”

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Norimberga, Germania: Pietre e vernice a Meistersingerhalle

181819Norimberga, 24 maggio 2016

Martedì sera abbiamo attaccato la Meistersingerhalle con pietre e vernice, per sottolineare il fatto che è stata messa di nuovo a disposizione per un’iniziativa AfD, che la settimana scorsa si svolse sotto il motto insensato “No Gender”.

Così l’amministrazione comunale diretta dalla SPD continua coerentemente sulla via della massima comodità per le sfilate e le iniziative dei gruppi di destra, offrendogli dei locali oppure organizzando gli arrivi e le partenze con bus e metro straordinari.

Finché la città offre delle piattaforme a gruppi razzisti, antisemiti e antisociali continueremo ad accompagnare criticamente questo percorso…

Fonte:  Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Italia: Campagna contro i veleni in tutta la Lombardia – Comunicato del Nucleo Danaus plexippus Fai/Fri

Ricevuto con l’immagine:

ATTACCO SENZA LIMITI

…Per il momento abbiamo utilizzato gli strumenti del nemico contro di esso.
Abbiamo alimentato la civiltà con il veleno che produce…

Cellula Nicola e Alfredo
F.A.I./F.R.I.

LE SCELTE DELL’ATTACCO

La sicurezza è un tema ricorrente all’interno dell’attuale società industrializzata che sicura non può sentirsi, in quanto distribuisce e riversa su sé stessa quotidianamente odio, violenza e veleni. Stabilendo di volta in volta i limiti di tollerabilità dei cancri che sviluppa al suo interno, cerca di abituare alla loro accettazione. Per cui le “polveri sottili” possono accumularsi entro una certa soglia, la tortura in carcere dovrebbe limitarsi alla sola negazione della lettura di ogni tipo di testo all’interno delle sezioni detentive più punitive, l’acqua è potabile solo se contiene una determinata quantità di metalli pesanti… Quello che è “sicuro” è dunque l’avvelenamento continuo cui siamo sottoposti, è solo il potere a fissare la dose giornaliera consigliata.
In questi giorni abbiamo deciso di sottolineare l’ingestibilità di questi limiti. Quelli che potrebbero incatenare l’azione anarchica, facendone una mera ripetizione macchinosa di slogan violenti e pratiche innocue, li abbiamo superati da tempo, assaporando di volta in volta la bellezza di scoprire e reinventare nuovi modi d’attacco. I limiti che affrontiamo oggi, sono invece quelli che stabiliscono la sicurezza d’un prodotto alimentare.
Se il consumatore medio si ritiene tutelato dai controlli che gli stessi fabbricanti di nocività applicano a loro stessi, noi con questa azione rendiamo palese l’inattuabilità di un meccanismo d’autocontrollo all’interno di settori, come quelli dell’alimentare, chimico, agricolo, ingegneristico (che sempre più si somigliano), in cui il profitto non è vero che viene prima della salute dei consumatori, ma avviene proprio sulla loro salute in un circolo veleno-antidoto-veleno senza fine.

Attualmente ogni alimento destinato ad uso umano è accompagnato da un limite massimo residuo di pesticidi che può contenere “a norma di legge”. Abbiamo deciso di aumentare la quantità di questi residui che si trovano normalmente sugli scaffali di tutti i supermercati, nascosti all’interno di prodotti che ci spacciano per sicuri.
A partire dall’inizio della settimana a cavallo tra maggio e giugno, mentre i più si preparano ad eleggere chi prenderà decisioni sulla loro vita, noi stiamo man mano sostituendo alcuni prodotti presenti all’interno dei supermercati con i “nostri” dai limiti massimi residui superiori. Per ora abbiamo sostituito solo il numero di prodotti visibili negli allegati fotografici. Prevediamo di terminare il nostro stoccaggio entro fine giugno, termine massimo di tempo che abbiamo posto alla nostra azione odierna. Ogni settimana aggiungeremo una siringa di veleno alla soluzione acqua/veleno che andremo a sostituire. Lo faremo perché manipoliamo unicamente delle sostanze che l’industria alimentare utilizza a suo piacimento, e partiamo con un quantitativo leggero di veleno non conoscendo, al contrario dei camici bianchi, gli effetti che può avere. Ci interessa quindi essere incisivi e non giocare con le parole. Questo è il nostro test iniziale. La sua continuazione e inasprimento dipendono da quanto interessi economici ed interessi “sociali” entrino in conflitto.
La nostra operazione toccherà tutta la regione Lombardia facendosi beffa di varie catene di distribuzione visitate, studiate e infine scelte appositamente per la miglior riuscita di questa campagna contro i veleni.
Quello a cui puntiamo è chiaramente il ritiro dal mercato dei prodotti che abbiamo utilizzato, nel periodo di tempo che abbiamo posto, ma ci teniamo a far si che le contraddizioni su cui poggia l’intera società in cui siamo immersi siano sbattute in faccia a tutti, anche a chi cerca di girarsi dall’altra parte. Poiché sappiamo che una mano di verde non basterà a ripulire un intero mondo ormai assuefatto alle proprie tossicità, perché accettare di essere avvelenati un po’ per volta equivale a morire ogni giorno.

Partiamo con una spiegazione tecnica della nostra operazione:
il veleno utilizzato è il Roundup della Monsanto, bottiglia di liquido concentrato per 560 mq. Il nostro kit: una siringa, un imbuto, una bottiglia d’acqua da 1,5 litri, pinzette, cacciavite, pennello a punta fine, colla. I prodotti avvelenati: biscotti di soia Misura, salsa di soia Suzi wan, salsa di soia Kikkoman, salsa di soia Save (nelle versioni “traditional” e “japan style”).
Cerchiamo giustamente di dare meno indizi possibili agli sbirri che indagheranno, per questo alcune delle foto allegate sono state ritoccate (non siamo fotografi di professione e abbiamo dovuto supplire a qualche carenza tecnica, nonché distrazione in fase di “posa”). I lotti e altri codici dei prodotti sono stati coperti o cancellati per evitare il ritiro mirato di determinate partite lasciandone altre in vendita.

Abbiamo cominciato aggiungendo una siringa di Roundup alla bottiglia d’acqua, ma come già detto è solo la soluzione di partenza. Siamo stati attenti ad evitare qualsiasi possibile intaccamento nell’aspetto delle confezioni dei prodotti, abbiamo trovato per ognuno il modo perfetto di violarne la falsa sicurezza alimentare. A tutte le salse abbiamo estratto una siringa di salsa ed aggiunto una di soluzione. Per i biscotti abbiamo iniettato una siringa di soluzione di Roundup nella busta ed agitato. Delle pinzette per sopracciglia ci hanno aiutato nell’apertura di entrambi i tipi di salsa Save. Ne abbiamo inserito un’estremità sul retro dell’apertura del tappo, da lì poi un cacciavite ci ha permesso di estrarre tappo e relativo sigillo intatti. Per richiudere abbiamo dovuto solo fare pressione sul tappo. Con le salse Kikkoman ci è bastato svitare il tappo assieme alla pellicola di plastica, togliere il tappino anti-sgocciolamento e rifare il tutto all’inverso dopo la sostituzione. Anche quello per la salsa Suziwan è stato un procedimento abbastanza semplice. Tirare con forza il tappo assieme ai sigilli e premere il tutto per riconfezionare è stato rapido e pulito. Con i biscotti Misura siamo partiti dal fondo della confezione aprendo leggermente il sigillo a caldo, giusto lo spazio necessario a far entrare il nostro ago, per poi rimpacchettare con pennello e colla.
Fatto questo i primi corrieri hanno rifornito i supermercati per questo test iniziale.

È stato sin troppo immediato scegliere i protagonisti della nostra azione. Vari settori tecnologici convogliano i propri interessi nell’industria alimentare, tanto da inglobarla. Le stesse aziende che investono sulla ricerca tecnologica, che puntano a sdoganare gli organismi geneticamente modificati (OGM) nel mondo, leader nel settore chimico dei fitofarmaci, si fanno proprietari, letteralmente, anche di semi e piante. I brevetti infatti rendono possibile il copyright su qualsiasi cosa.
La Monsanto riveste un ruolo chiave in questo campo. Nata agli inizi del Novecento, ha fatto subito breccia nel settore chimico durante la seconda guerra mondiale grazie alla diffusione del DDT, spruzzato su intere popolazioni e fatto passare per panacea, nascondendone la reale tossicità. Da allora ha iniziato un lungo percorso costellato di intrecci politici, forzature e coercizioni per mezzo delle quali è diventata una delle maggiori forze economiche mondiali, tanto da ricevere le attenzioni di un altro colosso come Bayer che ne sta trattando l’inglobamento proprio in questi giorni. L’impero Monsanto spazia dalla chimica all’agricoltura, passando per l’ingegneria genetica. Si è resa responsabile dello spargimento dell’Agente Arancio (diossina al 100%) in Vietnam, dell’insabbiamento dei dati tossicologici relativi ai suoi brevetti PCB, di svariate ricerche in campo nucleare, fino ad arrivare ai giorni nostri. Apripista nella corsa all’appropriazione di ogni diritto sull’esistente, si è subito interessata a far equiparare gli OGM alle normali coltivazioni. Grazie a questa “equivalenza in sostanza”, avvenuta negli anni novanta negli Stati Uniti ad opera di un suo futuro dirigente infiltrato negli organi di controllo, è riuscita ad evitare test ed ottenere autorizzazioni in relazione alle sue nuove creazioni. Dopo la commercializzazione di una vasta gamma di pesticidi, con l’utilizzo dell’ingegneria genetica è riuscita ad ottenere brevetti su numerose piante OGM resistenti ai suoi stessi pesticidi, o che addirittura sviluppano esse stesse il pesticida al loro interno. È qui, in questo passaggio di rendere artificiale ogni aspetto delle nostre vite, pensando che alla spregiudicatezza delle loro azioni si risponderà con vile rassegnazione, che il nostro cerchio si chiude. Il Roundup è il pesticida più diffuso al mondo. Il suo principio attivo è il glifosato, erbicida che ritroviamo ormai in gran parte delle falde acquifere. È messo in relazione dagli stessi detentori delle verità scientifiche con vari tipi di cancro, problemi renali, Parkinson ed Alzheimer. La Monsanto ottenne il brevetto per il Roundup nel 2002 a cui seguì l’immissione sul mercato di una serie di piante OGM ad esso resistenti. Tra queste la soia Roundup Ready (praticamente la tipologia più coltivata al mondo) ha reso schiavi di questa multinazionale migliaia di contadini costretti a pagare i diritti di concessione per poter seminare. La “rivoluzione verde”, come venne nominata la vasta operazione di diffusione degli OGM in tutto il mondo capeggiata dalla “umanitaria” Fondazione Rockefeller, ha reso così possibile, grazie ai finanziamenti destinati agli agricoltori in difficoltà, la dipendenza di quest’ultimi dai “padroni delle sementi”.
Se milioni sono i litri di questo pesticida che vengono irrorati sulle piantagioni di soia in tutto il mondo una siringa in più è una goccia nell’oceano.
Mentre l’Unione Europea continua a sospendere il giudizio sugli effetti cancerogeni del glifosato, noi ributtiamo sul piatto il problema.

AI COMPLICI, AGLI INSORTI

Eravamo stanchi di pensieri di libertà atrofizzati dal realismo politico dei teorici della rivoluzione non qui, non ora e di azioni monche perché prive di consequenzialità, efficacia e chiarezza comunicativa, per cui abbiamo deciso di dare una svolta alle nostre vite e progettualità con questo primo contributo alla lotta alle nocività della civilizzazione ed all’evolversi delle strategie economiche del dominio, in chiave eco-sostenibile. La nostra svolta è stata duplice:
La svolta è avvenuta con il tipo di azione che abbiamo scelto. Ad una forma ormai consolidata di attacco, sempre e comunque incisiva, abbiamo aggiunto un nuovo avvelenamento goccia a goccia delle merci del nemico. Uno stillicidio di veleni che combatte e mette in evidenza l’avvelenamento quotidiano e globale che la società iper-tecnologica, consumista, alienata ed alienante impone. La somministrazione omeopatica dei loro veleni mette in evidenza la realtà quotidiana di auto-avvelenamento a cui la civilizzazione industrializzata sottopone corpi e menti.
La svolta è stata anche la decisione di inserirsi nel mare magnum del dibattito che rimbalza da un lato all’altro del globo grazie alle azioni che dal lontano 2003 portano avanti vari e differenti individui e gruppi affini che aderiscono alla Federazione Anarchica Informale, ed al suo ulteriore allargamento nel Fronte Rivoluzionario Internazionale, continuando a fornire prospettive vive e stimolanti al binomio pensiero-azione che sta alla radice dell’anarchia. Il dialogo che si è instaurato attraverso azioni e rivendicazioni lo abbiamo letto negli anni: alterna contributi critici e di metodo fondamentali a slogan e raccolte di saluti, spesso con riduzioni semplicistiche dei problemi. Proveremo a sviscerare alcuni problemi e sciogliere certi nodi di fondo, per noi fonte di fruttuose discussioni.

– Il binomio tra legalità ed illegalità lo crea il dominio a seconda di quanto voglia alzare l’asticella della propria tolleranza, in base a pressioni e tensioni sociali ed alla propria valutazione del rischio (si vedano ad esempio l’evoluzione delle legislazioni cosiddette anti-terrorismo, della repressione di piazza, ecc.). Legalità e recupero vanno di pari passo, per cui siamo noi a privilegiare determinate pratiche, non in quanto illegali, ma in quanto più efficaci. Ci rendiamo semplicemente conto che, se dobbiamo affrontare in maniera incisiva e seria un problema, la soluzione sfocia con naturalezza nell’illegalità, visto che gli strumenti legali che ci vengono “offerti” (contro-informazione, sensibilizzazione sociale su di un problema, manifestazioni e proteste) non ci bastano e non ci interessano.
– Siamo insorti, insorgenti non insurrezionalisti. Stiamo insorgendo ogni giorno, lavorando di lima a spezzare le nostre proprie, individuali catene. Non abbiamo masse da educare, fomentare alla “insurrezione che verrà”. Non prepariamo nessun terreno cercando di “unire movimento specifico e popolo, guerriglia e prospettive insurrezionali”. Non cerchiamo ruoli di condottieri o avanguardia, presente o futura. Tanto i condottieri rivoluzionari di oggi, una volta che poggeranno il culo su di uno scanno, diventeranno i carnefici dei ribelli di domani. Per questo odiamo la politica, che con la mediazione incancrenisce il libero fluire dialettico tra pensiero ed azione. Non abbiamo tempo né desiderio di costruire un processo rivoluzionario a lungo termine. Non è il sol dell’avvenire che ci abbaglia ma il fulmine a ciel sereno dell’atto di rivolta scelto, meditato, progettato e soprattutto urgentemente necessario contro l’avanzare sempre più veloce della macchina del dominio.
– Aderiamo in continuità critica alla F.A.I., in critica perché non comprendiamo il rischio di trasformare una libera – nel tempo e nello spazio – rete in piattaforma. Proporre una “piattaforma informale dell’azione anarchica polimorfa” con strutture ed infrastrutture significa ingabbiare una bestia che per sua natura deve restare selvaggia. L’azione è multiforme, sfaccettata e cangiante come la vita, però la multiformità non può diventare un facile slogan che copra, come un banco di nebbia, le carenze dell’azione stessa. Ogni giorno siamo nelle strade, nelle librerie anarchiche, alle cene, ai concerti, negli squat, ma se dovessimo associare tutto questo al reale attacco al potere che sentiamo urgente e necessario staremmo mentendo a noi stessi. Questo significherebbe livellare l’anarchia elevando quello che è, o a questo punto dovrebbe essere, il “quotidiano” anarchico a fine ultimo.
– Non vogliamo supplire con “strutture” o peggio “infrastrutture” alle mancanze pratiche organizzative dei singoli, non è la mera unione a fare la forza, anzi le strutture sclerotizzano l’azione. Crediamo invece sia tuttora valida la vecchia ipotesi di una rete di compagni che, senza conoscersi, siano dialoganti attraverso le azioni, come propose il primo testo che lanciò la progettualità informale: crescita tecnico/teorico/pratica attraverso lo sviluppo delle azioni. “Conciliare organizzazione e dibattito teorico/pratico con l’anonimato di gruppi/singoli è possibile mediante un dialogo diffuso attraverso le azioni, che oltre ad apportare il loro specifico discorso distruttivo veicolano anche altri messaggi (attraverso modalità e mezzi utilizzati, obbiettivo comunicazione), indipendentemente dai danni materiali”.
– Spontaneismo non è sinonimo d’informalità e tantomeno informalità significa disorganizzazione o pressappochismo. Le azioni vengono spontaneamente progettate dall’idea di una o più menti insorte, si consolidano attraverso la critica e l’analisi per risolvere problemi tattici e logistici, per poi sbocciare come fiori velenosi nei campi della società assopita.
– lnformalità non significa incontro con “altri gruppi politici di affinità” per coordinare le lotte, ma l’informalità è l’antidoto alla delega politica. È il metodo che rende qualitativamente migliore i rapporti tra individui, evitando di intessere relazioni “politiche” ai fini di una crescita quantitativa. L’informalità è aperta ma non trasversale.
– Aderiamo in critica e continuità al Fronte Rivoluzionario Internazionale. In critica perché non siamo e non vogliamo diventare una “organizzazione armata” né sentiamo il bisogno di sottolinearlo in relazione al disarmo ed alle critiche riformiste dei più. Siamo invece fieri di essere parte di quel caotico fronte di compagni in guerra alla società, faccia a faccia col nemico, armi in pugno. Sempre tornando al testo da cui nacque la Federazione Anarchica Informale: “Inoltre chi fa parte della Federazione Anarchica Informale ne è militante a tutti gli effetti solo nel momento specifico dell’azione e della sua preparazione, non investe l’intera vita e progettualità dei compagni, ciò permette di mettere definitivamente in soffitta ogni specialismo lottarmatista”.
– Siamo individualisti non collettivisti. È un moto individuale alla base del nostro agire. Creiamo libere ed instabili associazioni di individui per rendere più incisiva l’azione. Le rivendicazioni di lotta collettive portano alla delega, germe della politica, ed al riformismo. Le organizzazioni stabili di sintesi cristallizzano il contenitore in luogo di potenziare i contenuti: forniscono un trampolino di lancio ai politici di professione, un’alternativa ed il paravento del numero (benché esiguo) agli ignavi.

Non sottovalutiamo l’importanza fondamentale della dialettica tra compagni, che siano dentro e fuori le carceri, per questo ringraziamo per gli stimoli offerti ai nostri cervelli ed alle nostre pratiche gli scritti dei compagni in carcere (Nikos Romanos, Alfredo Cospito, Nicola Gai, i compagni incarcerati delle CCF, …) e gli scritti rivendicativi dei compagni che aderiscono alla F.A.I. (CCF cellula di guerriglia urbana, Gruppo Kapibara, Comitato pirotecnico per un anno straordinario, …), che seppur differenti e spesso contraddittori ci hanno aiutato a sciogliere dubbi e spinto a concretizzare il nostro agire.

La grande scommessa di questi tempi è allo stesso tempo folle e necessaria.
Folle che manipoli sparsi di sognatori tentino di combattere il dominio, necessario che lo facciano.

Nucleo Danaus plexippus
FEDERAZIONE ANARCHICA INFORMALE
FRONTE RIVOLUZIONARIO INTERNAZIONALE

Prima settimana di giugno del 2016
Alla prossima

Tolosa, Francia: Gomme bucate in solidarietà con gli/le accusat* della lotta contro la legge sul lavoro

In una notte, un cacciavite ha bucato gli pneumatici di 4 veicoli del comune, di una vettura di Vinci, due automobili appartenenti a delle agenzie immobiliari, un camion d’Eiffage, due veicoli Orange, una vettura della Tnt e diverse biciclette in libero servizio. È servito anche a rigare le carrozzerie e bucare le gomme di un sacco di auto di borghesi. Dei sassi trovati in cammino hanno permesso di spaccare i cartelli pubblicitari che abbiamo incrociato.

Cercare di farla finita col lavoro significa anche bloccare i lavoratori e le lavoratrici. Abbiamo preso di mira in particolare delle imprese che costruiscono prigioni, aeroporti, che partecipano al controllo attraverso la tecnologia o all’imborghesimento della città.

La nostra rabbia non scema, soprattutto quando dei/lle compagn* sono stati toccat* dalla repressione, arrestat*, picchiat* o incarcerat*. Aumenta ogni volta che cercano di intimidirci.

Solidari attraverso l’attacco.
Sostegno agli/lle accusat* e agli/lle incarcerat* della lotta contro il lavoro.

Exarchia, Atene: Presidio in solidarietà con l’edificio occupato Gini

gini-banner
Solidarietà tra oppress*

Martedì 31 maggio, al mattino, un impiegato del Politecnico di Atene (NTUA) si è presentato all’entrata dell’edificio occupato Gini per consegnare una comunicazione del Rettorato, rendendo  ufficiale la minaccia di espulsione che ci era già stata rivolta oralmente nell’ultimo periodo dai guardiani del Politecnico, il personale amministrativo e persino un portavoce della comunità afgana in Grecia che aveva cercato di avvicinare i/le migranti accolt* nell’edificio occupato Gini, affermando di eseguire gli ordini del Ministero greco dell’Educazione.

Secondo la comunicazione dell’università, “…dei lavori di restauro degli elementi decorativi della facciata devono avere luogo in tutta urgenza” così come “…lavori di disinfestazione, perché gli esami delle facoltà d’Istituto previsti per il 6 giugno 2016 possano avere luogo.”

Questo sviluppo arriva in un momento in cui è in corso una militarizzazione accresciuta nel territorio controllato dallo Stato greco, qualche giorno soltanto dopo l’espulsione del campo di Idomeni, e mentre migliaia di migranti sono stati trasferiti in campi di concentramento e centri di retenzione in condizioni pessime e umilianti, dovendo affrontare nuove esclusioni e persecuzioni, più o meno come se fossero i rifiuti umani dei nostri tempi. Le autorità dell’università riconfermano la loro complicità col resto delle nobili istituzioni repressive della democrazia greca, l’esercito, la polizia, i mass media, ma anche i meccanismi parastatali che si nascondono nelle strade dei centri urbani e della provincia, che danno la caccia ai sans-papiers, a chi parla male il greco o non lo parla per niente, a chi è stato spostato o esiliato dai propri luoghi d’origine come conseguenza della violenza quotidiana esercitata dall’apparato economico e di guerra di chi detiene il Potere.

Per quanto ci riguarda non commenteremo l’urgenza del Rettorato di restaurare l’edificio. Ma non possiamo non commentare il linguaggio del Potere quando parla di “lavori di disinfestazione”. Dichiariamo che non permetteremo a nessuna squadra di disinfestazione (che abbia o meno un’uniforme) di entrare e difenderemo l’occupazione fino alla fine. Continueremo a contagiare il corpo sociale col virus della solidarietà, la dignità e l’insurrezione, contro gli impiegati dello Stato, del Capitale e della dominazione, contro il mondo delle frontiere e delle discriminazioni nazionali.

Rettori, lo squat dell’edificio Gini resta dov’è.
Nessuno può spegnere la fiamma che abbiamo acceso.
Resistenza anarchica ovunque!

Edificio Occupato Gini
[all’interno del Politecnico di Atene; entrata dalla via Stournari, Exarchia]

in inglese

Foresta di Hambach, Germania: Fuoco ai cavi nella miniera di superficie

176770

Foresta di Hambach, 24 aprile 2016

Prendiamo la parola come coloro che hanno causato il fermo della miniera di lignite Hambach domenica mattina passata ossia il 24 aprile 2016.

Come obiettivo del nostro attacco abbiamo scelto le condotte aperte a terra tra il deposito di carbone e il punto di convergenza dei nastri. A questi cavi sono connesse tutte le ruspe, le macchine raccoglitrici e i nastri trasportatori. I cavi passano dall’impianto di trasformazione al bordo ovest della cava presso Oberzier, dove i 280kV sono trasformati in 30 kV, fino al punto di convergenza dei nastri su un’impalcatura d’acciaio alta dai 20cm ai 2m. Con lo strato isolante il loro diametro era di circa 10cm. Per l’effetto certo sul maggior numero possibile di cavi abbiamo piazzato e incendiato sotto i cavi una quantità enorme di benzina. Vicino al luogo dell’incendio non c’erano né stabili né apparecchi che avrebbero potuto essere coinvolti dall’incendio. E non c’erano nemmeno delle persone. I vari blackout erano segnalati da fulmini visibili nell’intera miniera. Provenivano dalle scariche dei cavi della corrente quando si fondevano gli strati isolanti.

La nostra azione è diretta non solo contro RWE ma anche contro le condizioni dominanti. In un mondo dove stanno in primo piano gli interessi del capitale e l’apparato del potere impone spietatamente i suoi miopi interessi contro ogni buon senso e anche l’uomo e la natura, come primo passo per, prima o poi, rovesciare questi rapporti di potere.
Gli effetti fatali dell’estrazione del carbone sono ampiamente noti. Ciò nonostante le ruspe di RWE continuano a scavare senza fermarsi neanche un minuto. Siamo riuscitx a impedire tutto questo perlomeno per un po’ di tempo.

Il tentativo di mediare tra RWE e la resistenza contro l’estrazione della lignite rivela i rapporti di potere. Mediare significa pretendere dalla resistenza di essere meno radicale e “cattiva” verso RWE o altrimenti detto: “la resistenza non deve disturbare” e con questo accetta l’esistenza di RWE e la sua opera di distruzione. Vuole dire accettare la violenza autoritariamente legittimata dal dominio insita nella trasformazione del carbone in corrente elettrica, facendo apparire illegittima la violenza ribelle della resistenza. Il risultato non può che essere una garanzia per una qualsiasi continuità di RWE, che ora ha anche la benedizione di una parte della resistenza. Di quella parte che si è fatta coinvolgere nel processo di mediazione. La resistenza è così spaccata nella parte inclusa da un lato e quella restante, isolata e illegittima dall’altro.

Se della gente sostiene che una tale azione danneggerebbe la resistenza, allora sono la voce della deferenza per il potere dei padroni di dividere la resistenza in buona e cattiva. Cattivo è quello che fa male, che disturba davvero e che è efficace. Il giornale Kölner Stadtanzeiger scrive: “Incendio doloso, violenza contro le persone, occupazioni delle ruspe e rabbia distruttiva insensata contro gli impianti tecnici con l’obiettivo di fermare le miniere di superficie e le centrali elettriche – la violenza delle azioni criminali aumenta.” Le occupazioni, gli incendi e i blocchi non la sottomissione al potere e ai media che tentano di raccontarci cosa è buono e cattivo quello che danneggia la resistenza. Noi dovremmo dare retta alla nostra coscienza  e al nostro buon senso, non ai media.

Con la nostra azione abbiamo dimostrato che la militanza intelligente e oculata insieme a un rischio moderato e ragionevole per noi stessx può bloccare il funzionamento normale di RWE. Qualsiasi piccolo gruppo sarebbe stato capace di eseguire un’azione come la nostra. Non ci volevano particolari capacità, conoscenze oppure accessi. Tutte le informazioni necessarie sono pubbliche.

Per una resistenza radicale, determinata e diretta! Per un mondo che non sia distrutto per gli interessi del capitale!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Dresda, Germania: Vernice e pietre a obiettivi della gentrificazione

179000

Dresda, 14 maggio 2016

Vernice contro la vostra monotonia – ma per favore, gentrificatevi da voi!

Da alcune settimane abbiamo – più attivamente che mai – iniziato ad abbellire le vostre facciate noiose. Non ci piace come si continuano a tirare su nuovi cubi di cemento per case di yuppies – Loft, case di proprietà oppure alloggi sovrapprezzo per turistx non fanno parte di un quartiere urbano ma sono solo aberrazioni nei processi capitalisti di ristrutturazione e di rivalutazione che marciano di pari passo con l’espulsione dex abitanti capaci di cultura e di communitarismo, ma pensate davvero che potete abitare qui tranquillamente, coltivare il vostro romanticismo da periferia e diventare anzianx? Non finché ci siamo noi! Non continueremo ad assistere senza fare nulla al fatto che i nostri quartieri sono trasformati in zone ricreative per yuppie e in parchi da tempo libero per chi vuole fare party. Queste vie non sono uno zoo per bambinx ma sono il luogo dove viviamo ed operiamo.

(…) attaccate con le pietre. Anche tante altre case con facciate noiose hanno avuto un abbellimento.

Non sarà l’ultima notizia nostra – voi continuate pure a costruire alacremente il “Capitalist Dream”, noi lo faremo scoppiare pezzo per pezzo.

Chiamiamo tutti gli spiriti emancipati a partecipare alla svalutazione attiva dei vicinati – o prendendo a parolacce lx yuppie, scacciando i nazi, sputando per strada, lasciando la merda dei cani sul marciapiede, o pisciare nelle entrate, vomitare sulle pareti, incendiare i bidoni dell’immondizia o rovesciarli, o praticando Street art, Adbusting, Autocollanti o azioni mirate di svalutazione – come non importa, fate qualcosa e create delle bande! Le nostre strade rimangono sporche, le nostre pareti multicolori, il nostro vicinato rimane scomodo!

Giù con gli affitti!
No Nazi, no Cops!
Yuppie fuori dai piedi!
Attaccare gli autori della gentrificazione!
Pace alle capanne, guerra ai palazzi!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Berlino: Vernice ad associazione studentesca Spandovia

Berlino, 17 maggio 2016

Nella notte da lunedì a martedì abbiamo abbellito la facciata della Spandovia in Charlottenburger Preußenallee.

L’associazione studentesca appartiene al Convento di Coburg (CC) che attualmente celebra il suo congresso pentecostale a Coburg. Oltre alla sfilata con le torce, fa parte del programma anche la cosiddetta “commemorazione degli eroi” dove i criminali tedeschi nella Seconda guerra mondiale sono innalzati ad eroi. I discorsi sono (coerente con l’iscrizione del monumento all’onore CC: “Libertà, Onore, Amicizia, Patria”) prevalentemente caratterizzati da merdose cazzate nazionaliste.

Idee, presentazione e struttura del CC sono dunque tutt’altro che “apolitici”.

CC, sei una parte disgustosa della Germania!

(…) CC è una scheggia del roll-back populista-nazionalista della Germania e perciò solo una parte del problema.

Le associazioni rappresentano tutto quello che è d’impedimento a una società liberata. Da sempre avevano un’affinità con l’ideologia fascista. L’antisemitismo, il razzismo, il sessismo e lo sciovinismo sono da sempre una delle conseguenze del pensiero populista-nazionalista delle associazioni. Non a caso il passaggio all’ambiente della nuova destra (AfD, Identitari, ecc.) e femminista, antiautoritaria e pure antifascista. Esattamente come tutti gli altri movimenti di destra e di nuova destra.

Saluti solidali ax (F*) Antifa a Coburg.

Spandovia. CC. Germania. Merde!
Contro il patriarcato e il nazionalismo!
Estirpare le associazioni studentesche!
Lunga vita al tradimento della patria!

P.S.: Toccò a Spandovia ma sono intese tutte le associazioni studentesche e tutti gli attori del populismo nazionalista e sciovinista!

Fonte: Linksunten

Traduzione dal tedesco mc, galera Salez, CH

Parigi: Solidarietà con gli accusati dell’incendio di una pattuglia di polizia

paris

In seguito all’ipermediatizzazione di una vettura di sbirri incendiata sotto lo sguardo di una buona ventina di telecamere, sono state arrestate cinque persone, la sera stessa o il giorno dopo, accusate di quell’attacco tutto sommato abbastanza semplice, dato che come si sente spesso dire, tutti odiano la polizia, e accade quasi tutti i giorni che questa venga attaccata in diversi modi sul territorio. E specialmente in quel modo.

Alla fine del fermo una persona è stata rilasciata. Le altre quattro sono in stato di accusa per «tentativo d’omicidio volontario», «violenze volontarie a pubblico ufficiale in banda organizzata», «distruzione di bene pubblico in banda organizzata e partecipazione a un assembramento armato». Uno degli accusati deve anche rispondere del reato di rifiuto di prelievo genetico. Attualmente le quattro persone si trovano in custodia preventiva. Se le accuse altisonanti che sono rivolte loro («tentato omicidio») e la minaccia sconsiderata che le accompagna («ergastolo») non reggeranno un solo istante in caso di processo, servono comunque ad assicurare una custodia preventiva con la benedizione di qualche sadico in toga.

I media della democrazia, agli ordini, hanno svolto il loro ruolo, il loro zelo può essere paragonato soltanto al servilismo di fronte alla normalità e l’estrema violenza della pace sociale. Dare completa soddisfazione ai sindacati di polizia, che manifestavano quel giorno, sembra essere l’obiettivo secondario del ministero degli interni e del governo. Un po’ di sensazionalismo per il cittadino medio, un po’ di vendetta per i poliziotti, dissuasione per i/le ribelli. È dietro questo trittico ignobile che la ragione di Stato si è messa in azione contro qualche compagno, probabilmente scelti a caso su un annuario idiota della cosiddetta «ultra-sinistra», categoria inventata dallo Stato, che ha già dato luogo a decine di processi, arresti e carognate di tutti i tipi nel corso dell’ultimo decennio e ancora oggi (dato che il caso detto «macchina a espulsioni» deve ancora passare in tribunale e che divers* compagni sono ancora in stato d’accusa in quell’ampio dossier). Probabilmente lo stesso annuario che serve in queste ultime settimane a rilasciare divieti e soggiorni obbligatori, con la scusa dello stato d’emergenza democratica.

Oggi ci sembra necessario riaffermare tre posizioni importanti:

– In quanto rivoluzionar*, saremo sempre dalla parte di coloro che sfidano, profanano e attaccano l’ordine, e quindi anche le sue forze, in una prospettiva emancipatrice. Perché la rivoluzione non sarà fatta nei salotti con dei power-point, il folclore militante e dei filosofi noiosi, ma in strada con l’odio, il fuoco e la speranza.

– Quei/lle compagn* avrebbero potuto essere un* qualunque delle migliaia di manifestant* che hanno ridipinto le strade coi colori della gioia in questi ultimi mesi. Avremmo potuto essere noi o voi, tu o io. Questa repressione è quindi un attacco contro tutt* i/le rivoluzionar*, e come minimo, contro tutti coloro «che odiano la polizia» e che odiano il lavoro.

– Di conseguenza, la questione della «colpevolezza» o dell’«innocenza» dei/lle compagn* accusat* appartiene soltanto al potere, e lasciamo queste considerazioni e questo vocabolario da codice penale, che non sono e non saranno mai nostri, a chi ci sta di fronte (che siano sbirri, giudici avvocati o giornalisti). Questo gesto, chiunque sia l’autore, s’iscrive in una lunga tradizione di pratiche rivoluzionarie, e bisogna difenderle in quanto tali. Non si tratta di legittimare, giustificare o minimizzare questo attacco, ma di attaccare ogni principio di legittimità, ogni ingiunzione alla giustificazione e ogni moderazione nell’attacco anti-autoritario dei rapporti di dominazione, e degli agenti che proteggono il loro regno.

Affermiamo quindi la nostra solidarietà con gli/le accusat*, e soprattutto con il gesto che sono accusati di aver commesso, che, ricordiamolo, è un gesto del quotidiano, un gesto necessario per chiunque tenga alla propria libertà, e non un «evento spaventoso e ultra-violento», né «eccezionale» – l’unico elemento eccezionale potrebbe forse essere l’onnipresenza delle telecamere, e non soltanto dello Stato, e nemmeno dei giornasbirri, diversamente, per esempio, dai quartieri detti «sensibili» in cui tutto accade tranquillamente, senza effusioni né mediatizzazione, con regolarità. Ripetiamo nuovamente che le immagini sono un problema contro cui bisogna organizzarsi in maniera concreta. Altrimenti i/le ribelli continuerano a cadere come mele mature.

In una città come Parigi, che nel 2015 ha conosciuto una violenza cieca a cinque minuti dal Quai de Valmy, questa sì davvero spaventosa e scioccante, davvero violenta, davvero terrorista, piangere sulle sorti di un’automobile di sbirri, il cui ruolo consiste appunto di prenderle senza troppe conseguenze da chiunque rifiuti l’ordine del mondo, è indecente. Non lasciamo i/le compagn* sol* nel vortice mediatico-repressivo che vorrebbe fare di loro degli individui assetati di sangue e dei cannibali, o l’oggetto di sterili dibattiti «contro» o «a favore» della «violenza».

No, di fronte allo Stato e i suoi lacchè, sono nostr* compagn*, e noi siamo i/le loro.

Né verità né giustizia, complicità e rivoluzione.
La migliore difesa è l’attacco.
Libertà per tutt*.

24 maggio 2016 a Parigi, degli anarchici.

Prigioni spagnole: Che lo Stato non chiuda le sue grinfie sux ribelli. Su Gabriel Pombo da Silva.

Dopo più di 30 anni trascorsi nelle celle degli stati spagnoli e tedeschi, finalmente sembra si possa vedere una luce alla fine del tunnel per il compagno Gabriel Pombo da Silva.

Estradato dalla Germania secondo un ordine di detenzione europea emessa dal tribunale di Albacete per una condanna di 3 anni e 7 mesi, tramite l’applicazione delle retenzioni ordinarie, ecco che termina di scontare questa condanna. Il 17 maggio, lo stesso tribunale di Albacete ha stabilito un ordine di messa in libertà immediata e nei giorni successivi alcunx compagnx sono andatx fino al carcere per accoglierlo all’uscita. Invano, dato che è ancora ingabbiato.

La direzione del carcere dove si trova (C.P. La Moraleja, Dueñas, provincia di Palencia), e diverse altre istanze giudiziarie, tra le altre quella del tribunale di Girona, hanno inoltrato rapidamente vari procedimenti dubbiosi per impedire la sua liberazione. Questi hanno come obiettivo quello di prolungare la sua detenzione a tempo indeterminato nonostante ci siano vari ricorsi giuridici in corso.
Che lo stato, che fa la legge come gli conviene, sia il primo a calpestarla, è un classico di tutte le epoche, dicano ciò che vogliono i difensori della democrazia. Allo stesso modo non c’è nulla di sorprendente nel fatto che i loro sbirri siano disposti a usare ogni mezzo per schiacciare chi si rifiuta di piegarsi di fronte a loro.

In Spagna, come in altre parti, l’indurimento delle leggi e dei codici penali, le ondate repressive contro x “sovversivx”, la minaccia “terrorista” utilizzata freneticamente sono destinati a far sì che tutto il mondo righi dritto e a fare accettare, costi quel che costi, un sistema basato sullo sfruttamento e il dominio. Mettere e mantenere in galera coloro che, come Gabriel, continuano contro vento e marea a esprimere il proprio rifiuto dell’autorità e dell’oppressione, è a sua volta un modo per sequestrarlx e un chiaro segno diretto a chi, in un modo o nell’altro, si avventa contro quest’ordine sociale.
A intervalli regolari si sollevano voci dalla galera per denunciare le condizioni carcerarie e quanto siano di fatto perpetue, gli introiti dex aguzzinx e, a volte, anche la detenzione di per sé.
Se hanno contribuito a metter fine momentaneamente alle lotte collettive al suo interno, la repressione e le ristrutturazioni carcerarie non ce l’hanno fatta ad annientare tutta la rivolta… e in qualche occasione la rivolta ha incontrato echi al di fuori di quelle mura. È tale diffusione che rompe l’atomizzazione quella di cui hanno paura i potenti, ed è anche contro di essa che lo stato e i suoi cani da guardia portano avanti una guerra sporca basata su pressioni fisiche e psicologiche, oltre che sulle abituali manovre giudiziarie e penitenziarie.

La situazione del compagno anarchico Gabriel Pombo da Silva dimostra chiaramente che a tutt’oggi si trova nel mirino delle istituzioni che vogliono seppellirlo nelle loro celle per ciò che è, per quello che pensa e per ciò che continua a esprimere.
Un modo per rispondere a questa guerra portata avanti contro x non-sottomessx è la solidarietà.Che ognunx la esprima nella forma che considera adeguata.

Libertà per tutte e tutti. Liberazione immediata per Gabriel Pombo da Silva!

Anarchici senza frontiere, 25 maggio 2016

Prigioni spagnole: Scritto della compagna arrestata a Barcellona il 13 aprile

genova

Pochi giorni fa, quando ormai avevamo dato per scontato l’estradizione della compagna arrestata lo scorso 13 aprile, riceviamo la notizia che la consegna allo stato tedesco verrà posticipata di un mese, proroga decisa dalla Audiencia Nacional, in risposta a una richiesta fatta dal nostro avvocato in quanto prima dell’arresto della compagna era già in corso la preparazione della documentazione per il matrimonio.

Nel momento in cui arrivava la decisione del tribunale, la compagna veniva trasferita nel carcere femminile di Brieva (Avila), da dove crediamo stessero preparando il volo verso la Germania.

Da lì ci ha fatto arrivare questo scritto che pubblichiamo immediatamente.
Attualmente la compagna si trova nuovamente nella prigione di Soto del Real (Madrid), in isolamento e con possibilità di cortile con le altre detenute, almeno fino al 30 giugno, data in cui termina la proroga che consente la celebrazione del matrimonio.
Nel frattempo facciamo appello a continuare a mostrare la solidarietà con la compagna per le strade, a dimostrare il nostro appoggio con tutte le combattenti imprigionate e mostrare il profondo disprezzo per il sistema che le mantiene sequestrate per difendere il suo miserabile ordine.

Scritto della compagna arrestata il 13 aprile:

“Compagne e compagni, scrivo dal carcere di Brieva, Avila, dove mi hanno appena portato dopo un mese e mezzo di detenzione nel carcere di Soto del Real, Madrid, sempre in Fies e in regime di isolamento. Avrei voluto scrivere prima ma le comunicazioni e informazioni sono molto lente e limitate, per questo non l’ho fatto fino adesso.

Apprezzo profondamente tutti i gesti e dimostrazioni di solidarietà e sostegno.
Li ho sentiti così forte che hanno attraversato i muri, le sbarre e tutti i sistemi di sicurezza e controllo. Per quanto ci provino, non riusciranno mai a rompere o frenare la nostra volontà e la nostra determinazione a ribellarci contro questo mondo di miseria totale in cui ci obbligano a vivere.
Sono precisamente le condizioni più difficili quelle che ci danno più forza e determinazione per avanzare ed affilare la varie possibiltà di conflitto che abbiamo, sia qui dentro che fuori. Le lotte per la liberazione da ogni forma di oppressione e autorità sono molteplici, come lo sono le metodologie e le giuste e legittime pratiche di lotta.
Dal semplice rifiuto a riconoscere qualsiasi autorità, all’attacco o l’esproprio di una banca.
La cosa più importante delle azioni è che possano essere comprese di per sé; gli obiettivi,  il fine e il valore.

Quando le differenti lotte si intrecciano tra loro in un contesto più ampio, si complementano e rafforzano, rompendo con la separazione tra il politico e il quotidiano/personale; perché tutte le decisioni personali che prendiamo durante la nostra vita finiscono per essere politiche, così come  le scelte politiche influenzano direttamente la nostra vita  privata.

È evidente che bisogna stare attente ad ogni passo che facciamo per non cadere nelle grinfie dello stato e dei suoi servi.
Ma sappiamo bene che lottare ha il suo prezzo.
Lo stato e i media rispondono ogni volta con maggiore repressione e con persecuzioni mediatiche sempre più pressanti, rivolte a tutte quelle che gli si mettono contro.

Per ora sono qui, ma probabilmente presto verrò estradata in Germania. Mi sento forte per poter affrontare questa situazione e tutto quello che verrà. Soprattutto orgogliosa delle nostre idee, dei nostri valori e delle pratiche anarchiche, della vita che abbiamo scelto e che continuiamo a scegliere ogni giorno.

Forza e solidarietà a tutte e tutti combattenti, perseguitatx e detenutx!
La lotta continua, non ci fermeranno mai!”

01 giugno 2016

Carcere di Brieva (Avila, Spagna)

Torino: Da qui non ce ne andiamo!

da macerie

I dodici divieti di dimora arrivati il 25 maggio pesano non solo sulla testa dei compagni direttamente colpiti. Oramai è chiaro che quando la repressione riesce a togliere di mezzo così facilmente chi lotta, a essere minata alla base è la possibilità stessa di portar avanti alcune pratiche – ahinoi a volte persin piccole – indispensabili in qualsiasi percorso che voglia combattere i programmi di governanti e padroni.

Di fronte a questo scenario l’unica alternativa è quella tra stare zitti e subire, o puntare i piedi.

La nostra scelta è chiara: da qui non ce ne andiamo!
Vogliamo che i nostri compagni e amici rimangano qui a vivere e a LOTTARE!

Mercoledì 8 giugno alle ore 21 ci vediamo alla sede di Radio Blackout in via Cecchi 21/A per un’assemblea per lanciare le iniziative in solidarietà ai compagni banditi.

Sabato 18 giugno alle ore 16 in Piazza Castello ci troviamo per partire in corteo contro questi ennesimi dettami tribunalizi.

Qui un contributo andato in onda durante la trasmissione Bello come una prigione che brucia su Radio Blackout.

traduzioni del testo Puntare i piedi in francese & inglese