Con questo comunicato vogliamo rivendicare le azioni seguenti, come facenti parte di una lotta per la distruzione dello Stato, del capitale, del patriarcato e di tutto il sistema di dominazione, una lotta per la libera creazione di relazioni di volontariato e solidarietà a livello globale e a livello locale; in altre parole, una lotta per l’Anarchia.
5 gennaio: la sera abbiamo raccontato una storia a un bambino sulla macchia e la lotta anarchica contro Franco e contro la democrazia.
13 gennaio: abbiamo cucinato un pasto sano per un compagno che ha una malattia cronica.
17 gennaio: abbiamo scritto una lettera a un compagno in carcere per aver partecipato a una rivolta.
12 febbraio: abbiamo mantenuto i figli degli amici in situazioni economiche precarie.
16 febbraio: abbiamo discusso apertamente con i nostri vicini circa la necessità di bruciare le banche e di attaccare la polizia per realizzare i nostri sogni.
19 febbraio: abbiamo detto a degli attivisti di sinistra che gli incappucciati non erano dei poliziotti infiltrati ma che eravamo noi, e che era bello indossare il cappuccio e prendere le strade con la forza.
28 febbraio: abbiamo offerto le verdure del nostro orto a degli amici e vicini, senza denaro o barrato.
Perché rivendichiamo queste azioni? Negli ultimi mesi abbiamo anche riciclato spazzatura, bruciato delle banche, ferito dei giornalisti, distrutto vetrine di negozi e attaccato la polizia.
Secondo noi gli attacchi contro il sistema sono essenziali nella nostra lotta. Ma ci siamo ingannati noi stessi. Una lotta non consiste solo negli attacchi. Gli attacchi NON SONO più importanti della necessità di prenderci cura di noi, di mantenere e diffondere la nostra storia collettiva di creare relazioni basate sul dono, la solidarietà e la reciprocità, d’immaginare nuovi mondi e nuove lotte, di affrontare il nostro isolamento e costruire relazioni sovversive e oneste con persone , che sono al di fuori dal ghetto categorico e politico in cui lo spettacolo ci mostra.
È evidente che abbiamo perso diverse volte in passato, e che il più duro di tutti è la frattura storica e la perdita della memoria della nostra lotta; ci si trova a dover ripartire da zero. L’iper-alienazione, contro cui il nichilismo è la reazione logica, non è che il risultato della sconfitta nelle lotte passate. Ci troviamo in un insieme che bisogna distruggere, solo perché non resta più niente di ciò che avevamo costruito nel passato. Per non perdere tutto ogni volta che ci solleviamo, dobbiamo sostenerci, non come degli individui isolati ma come una comunità, una lotta collettiva e multi generazionale. E ciò non lo si può ottenere dando esclusiva priorità agli attacchi.
La gerarchia delle tattiche appartiene alla sinistra ed è stata assai poco modificata in seno al nichilismo: hanno scelto la punta della lancia, le azioni presumibilmente più importanti, come le sole che contavano, e hanno dimenticato il resto. Si tratta di una visione patriarcale e contro produttiva. È l’oblio di tutte le azioni, sono necessarie per la vita e così per la lotta. Prima rese invisibili dal patriarcato, poi dal capitalismo, e infine dalla sinistra cosiddetta anticapitalista.
La tattica la più aggressiva non ha senso e non può essere sostenuta che in un complesso di azioni di ogni tipo, in quanto sono libertarie e dirette. Non capendo che lottare significa portare con noi un nuovo mondo, cha aspetta di nascere dalle ceneri del sistema di dominazione, ci trasformiamo in semplici armi contro il capitalismo, in strumenti destinati a distruggere, senza le altre cose di cui gli uomini hanno bisogno per vivere e lottare. È il capitalismo che vuole trattarci come strumenti. Noi non dovremo fare la stessa cosa.
In realtà è un piacere sentir parlare degli attacchi dei nichilisti e di altri compagni. Sappiamo bene che il coraggio e la rabbia sono due degli elementi più importanti per ribellarsi. In particolare a Barcellona, abbiamo sentito che è stato un errore che negli ultimi anni ci sono stati pochi attacchi illegali mentre era apparso più opportuno partecipare ad ampi spazi. Naturalmente, l’argomento degli attacchi, realizzati dai nichilisti e dai compagni piuttosto “sociali”, a noi ha più. E a livello globale, abbiamo riso quando abbiamo sentito che il direttore della centrale nucleare Ansaldo in Italia era stato colpito al ginocchio ed è stato un piacere leggere le lettere dei compagni (nichilisti e altri) imprigionati in Grecia, che non si sono lasciati prendere dalla paura.
Ma troppe volte abbiamo visto dei compagni che, a causa della disperazione, dell’impazienza e dell’alienazione, si sono negligentemente gettati nella guerra contro lo stato, che tutti noi viviamo ogni giorno. Sono sempre finiti morti o in prigione, e questo più volte in un anno. E poi cosa è successo?
I compagni che sono sopravvissuti abbiamo fatto tutto il possibile per aiutarci a vicenda e aiutare i prigionieri, per non dimenticare quelli assassinati, per non lasciare che la repressione abbia la meglio, per non perdere tutta la nostra forza e non permettere una frattura storica, che ci privava della nostra memoria collettiva di lotta. Ma poco a poco questa memoria si perde, e successivamente ogni quattro anni appare un nuovo gruppo che dimentica gli altri compiti della lotta per dedicarsi solo alla distruzione del nostro nemico in comune. Quando li sosteniamo, ma anche quando li critichiamo, o a volte anche senza criticarli, ci trattano da vigliacchi per il fatto di consacrarci ad altri compiti (anche se partecipiamo anche noi alle rivolte o alle azioni notturne), per divergere con loro ideologicamente e non glorificare il loro gruppo o federazione informale.
Non sanno che a quel punto hanno già perso, perché un compito che trascurano è la trasmissione della memoria [1]. Invece di una memoria profonda, viva e strategica, hanno solo i lori martirologi. E così dobbiamo vedere come i nostri amici e compagni diventano dei simboli, e infine delle armi, dell’ideologia. Alcuni dei compagni morti erano effettivamente dei nichilisti. Ma nella martirologia nichilista ci sono anche dei compagni recuperati e che non facevano parte di alcuna di queste bande, o che appartenevano chiaramente all’altra banda di questa stupida divisione tra “sociali” e “antisociali” (come Lambros Foundas). I loro nomi e immagini sono usati per incoraggiare gli attacchi, la distruzione totale, senza fermarsi per riflettere sui loro errori o sui veri progetti che questi compagni avevano quando erano in vita.
È ovvio che dobbiamo lottare e ciò implica la possibilità di morire e di finire in prigione. Ma ciò non significa che dobbiamo celebrare la morte o la prigione. Anche il suicidio è una forma di resistenza, ma non è rivoluzionario. È ovvio che dobbiamo ricordarci i nostri morti e i prigionieri, ma ciò non vuol dire trasformarli in martiri o eroi.
In conclusione, vogliamo criticare lo stato attuale della letteratura anarchica, come fondata in modo sproporzionale su comunicati superficiali che mancano di contesto, d’analisi e di riflessioni, e che mettono solo in rilievo gli attacchi e non gli altri compiti che dobbiamo svolgere per mantenerci vivi e forti. Naturalmente, essa ci aiuta ad essere al corrente delle azioni clandestine fatte dagli altri compagni. Ci dona la forza e la gioia di leggere che un simbolo del potere è stato distrutto o bruciato. Ma è molto più utile pensare (e scrivere) sulle strategie di conflitto, secondo ogni tempo e luogo, invece che incoraggiare la visione quantitativa della lotta. Ci rifiutiamo di trasformare la nostra ribellione in un’equazione matematica per misurare la nostra rabbia: più facciamo dei colpi e degli incendi, più forti saremo; più importi sono i danni, più importante sarà l’azione. È il pensiero di un economista, di un generale o di un idiota.
Per tutte queste ragioni, abbiamo deciso di scrivere questo comunicato per rivendicare una serie di azioni che consideriamo importanti così come gli attacchi e che hanno attualmente luogo. Sono delle azioni che facciamo ogni settimana, normalmente senza pensarci due volte o pubblicarlo su internet. Le pubblichiamo ora per rendere visibile un problema personale e una debolezza generalizzata attraverso lo spazio anarchico.
CONTRO I COMUNICATI!
PER L’ANARCHIA E PER TUTTI I COMPITI DELLA LOTTA!
Nota [1]: per esempio, “noi non guardiamo più verso il passato, perché l’odiamo … distruggiamo il presente” dopo il comunicato “Anarchici Nichilisti” de Barcellona, 25 aprile 2012 [censurato su Indymedia Barcellona, in inglese qui]
fonte