All posts by Contra Info

Stato spagnolo: Prolungata la custodia cautelare di Mónica e Francisco

Martedì 27 ha avuto luogo l’udienza in cui si decideva se la custodia cautelare di Mónica y Francisco sarebbe stata prolungata o sarebbero stati rimessi in libertà in attesa di giudizio. La decisione è arrivata, è stata prolungata.

Malgrado la legislazione spagnola preveda due anni come tempo massimo che una persona può passare in custodia cautelare, lo Stato ha la possibilità di prolungarla (adducendo una ragione eccezionale a proposito del caso) per altri due anni, ed è quello che ha fatto.

Due anni fa, il 13 novembre 2013, vennero arrestat* con altre tre persone, per le quali il caso è stato archiviato. Mónica e Francisco sono in attesa di giudizio accusati di appartenenza a un’organizzazione terrorista, strage e cospirazione.

Nello stesso giorno in cui è stata resa nota la decisione, 9 persone sono state arrestate in un nuovo colpo inferto all’anarchismo a Barcellona e Manresa con dieci perquisizioni nelle case e nei locali. E di fronte a questo, l’unica cosa da fare è resistere ai colpi e andare avanti, dimostrando che non sono sol* e che non riusciranno a frenare la nostra solidarietà.

POTRANNO ARRESTARCI MA NON FERMARCI.

LIBERTÀ PER I/LE PRIGIONIER* ANARCHIC*!

SOLIDARIETÀ CON GLI/LE ARRESTAT*!

I/LE NOSTR* COMPAGN* LIBER*!

in spagnolo | greco

Ai clienti – Insurrezione e bispensiero

CIII

«Quando allarga la coda questo uccello,
bellissimo da vedere
con le penne che strascicano a terra,
sembra ancor più bello
ma si scopre il sedere»
Guillaume Apollinaire, Il pavone

Il secondo libro del Comitato Invisibile, come il primo, è stato pubblicato in Francia per conto della stessa casa editrice La fabrique il cui nome è un omaggio all’ideologia operaista. Il suo animatore è Eric Hazan, una sagoma di editore, nonché storico e filosofo. Oltre ad essere, naturalmente, un acerrimo nemico dell’ordine costituito, benché le sue Prime misure rivoluzionarie (titolo di un suo libro scritto assieme allo zombi di Kamo, si sussurra anch’egli riesumato sull’altopiano di Millevaches) non siano riuscite del tutto a far dimenticare le sue ultime misure controrivoluzionarie (la sua propaganda elettorale a favore del socialista François Hollande, ora primo ministro*). Come il precedente, anche Ai nostri amici fa parte della collana da battaglia delle edizioni La fabrique, la stessa che accoglie opere di Marx, Engels, Lenin, Mao, Blanqui, Gramsci, Robespierre, ben tre titoli di Tiqqun… Ma Hazan non ha occhi solo per nonni e nipotini del pensiero rivoluzionario autoritario: il suo catalogo dal 2010 può vantare anche Les mauvais jours finiront. 40 ans de combats pour la justice et les libertés, il cui titolo dal piccante sapore comunardo-situs serve a condire una pietanza sfornata da un autore insipido quale il Sindacato della magistratura. Beh? Che c’è di strano? Proprio niente, considerando che nel 2003 Hazan si era già distinto per la pubblicazione del diario del fondatore del Sindacato della Polizia Nazionale, venti anni trascorsi a fare questo «buon mestiere in cui si aiuta la gente e si protegge la società», mentre nel 2005 aveva editato il libro di un medico ausiliario della polizia desideroso di far sapere al pubblico quanto si prendano cura della salute degli arrestati nei commissariati.
Insomma, lo avrete capito, Eric Hazan è un rivoluzionario, colto e privo di pregiudizi.

Il retro copertina del nuovo libro del C. I., oltre ad elencare a chi si rivolge, si conclude con l’ormai immancabile affettazione di umiltà, un vero e proprio marchio di fabbrica di certi ambiti movimentizi. Questa nuova fatica editoriale viene leziosamente presentata dai suoi autori come un «modesto contributo all’intelligenza di questo tempo». Ora, già è seccante sentire un sapiente complimentarsi per la propria erudizione, o una musa vantare la propria bellezza, o un nerboruto rivendicare la propria forza. Ma la modestia? Sbandierare la propria modestia significa cadere in flagranza di ipocrisia, è urlare la propria vanità. Ma il C. I., come vedremo, è sommo maestro di contraddizioni.

Comincia con una ostentazione di umiltà nel farsi annunciare in pompa magna. Nella scheda promozionale del libro leggiamo infatti: «Nel 2007 pubblicammo L’insurrezione che viene. Un libro che oggi si è finito coll’associare al “caso Tarnac”, dimenticando che era già un successo in libreria… Perché non basta che sia incluso nella sua integralità in un fascicolo di indagine antiterroristica perché un libro si venda, occorre anche che le verità che articola tocchino i lettori per una certa giustezza. Ora bisogna pur ammettere che molte affermazioni del C. I. si sono viste confermate da allora, a partire dalla prima e più essenziale: il ritorno fragoroso del fatto insurrezionale. A partire dal 2008 non è trascorso un semestre senza che una rivolta di massa o un sollevamento abbiano portato alla destituzione del potere in carica… Se è stato il seguito degli eventi a conferire il suo carattere sovversivo a L’insurrezione che viene, è l’intensità del presente che fa di Ai nostri amici un testo eminentemente più scandaloso. Non ci si può accontentare di celebrare l’ondata insurrezionale che percorre attualmente il mondo, pur felicitandosi di averne avvertito la nascita prima degli altri… Ai nostri amici è così scritto al culmine di questo movimento generale, al culmine dell’esperienza. Le sue parole provengono dal cuore dei disordini e si rivolgono a tutti coloro che credono ancora sufficientemente nella vita per battersi. Ai nostri amici vuole essere un rapporto sullo stato del mondo e del movimento, uno scritto essenzialmente strategico e apertamente partigiano: la sua ambizione politica è smisurata: produrre una intelligenza condivisa dell’epoca, a scapito della estrema confusione del presente».

Il linguaggio della pubblicità conosce solo il superlativo assoluto. Le parole di questa presentazione suonano così poco modeste da risultare inappropriate se rivolte a potenziali amici, solitamente poco inclini a gradire una tale supponenza. Ma perfette qualora si intenda rivolgersi a potenziali clienti da attrarre con la promessa di emozioni forti. Non è forse vero che ogni nuovo prodotto immesso sul mercato viene presentato come se fosse un «capolavoro», una «esperienza da non perdere», una «sensazione unica»? Lo faceva notare nel 2006 anche un saggio sulla propaganda del quotidiano comparso in Francia per conto delle edizioni Raisons d’agir, in cui si denuncia che «Un altro sintomo dell’influenza pubblicitaria è l’inflazione dell’iperbole, in particolare nelle… recensioni di libri e film. (…) I giornalisti facilitano il lavoro ai creativi delle agenzie disseminando i loro articoli di formule entusiaste, ricche di aggettivi… La relazione incestuosa con la pubblicità contribuisce a fare [della lingua] uno strumento di emozione programmata, una lingua impulsiva così come si definisce “un acquisto impulsivo”». Curioso — ma non siamo affatto sorpresi — che l’autore di questo saggio intitolato LQR sia proprio monsieur Eric Hazan, il quale nelle vesti di saggista frusta quell’invasione della pubblicità nella lingua che nelle vesti di editore accoglie al fine di programmare i lettori all’acquisto impulsivo dei suoi prodotti.

Mettendo da parte la miseria dei trucchetti auto-promozionali, una presunzione simile ci fa venire in mente alcune considerazioni di un vecchio e noto anarchico italiano, il quale irrideva alla «dolce mania di tutti gli idolatri. Così i marxisti attribuiscono tutto a Marx, ed uno passa per marxista anche se dice che i padroni derubano gli operai (ah! dunque ammettete la teoria del plus-valore, vi gridano contro con accento di trionfo) o se afferma quella millenaria verità che per far valere la ragione ci vuole la forza. Se dite che il sole splende, i mazziniani diranno che lo disse Mazzini, e i marxisti risponderanno che lo disse Marx. Gli idolatri son fatti così». Anche il C. I. è fatto così, è un idolatra di se stesso. Ricorda solo i disordini scoppiati dopo che il suo libro è stato benedetto dalla Fnac o da Amazon — manco le insurrezioni e le sommosse esplose nel mondo a partire dal 2007 fossero merito suo, manco i rivoltosi di tutto il pianeta fossero insorti perché eccitati dalla lettura del suo testo. E quanto è accaduto, ad esempio, a Oaxaca o in Kurdistan nel 2006, in Francia o in Iran nel 2005, a Manipur o in Siria nel 2004, in Iraq e in Bolivia nel 2003, in Argentina nel 2002, in Algeria nel 2001, in Ecuador nel 2000, in Iran nel 1999, in Indonesia nel 1998, in Albania nel 1997… per non parlare delle continue rivolte che scuotono un paese impenetrabile all’informazione occidentale come la Cina?
Che i cialtroni del C. I. si rassegnino. Non hanno predetto nulla, non hanno scoperto ed annunciato alcuna novità. Le tempeste non scoppiano per confermare le parole del meteorologo. Le insurrezioni accompagnano e attraversano la storia e per esplodere non hanno bisogno di nessuno che le teorizzi. Né di rivoluzionari che ne discutano sulle loro pubblicazioni autonome, né di intellettuali che le trasformino in logo di successo sul mercato editoriale. Se poi costoro si vantano di essersi accorti del fatto insurrezionale prima di altri, allora c’è da chiedersi chi siano questi altri: i loro concorrenti nella scalata alle classifiche di vendita con titoli di critica politica? Quel Toni Negri che tanto li ossessiona nella competizione per l’egemonia teorica dell’estrema sinistra, o quello Stéphane Hessel che incita all’insurrezione civica delle coscienze, o quella Naomi Klein icona del movimento antiglobalizzazione, i cui libri hanno tutti venduto molto più del loro, evidentemente perché… hanno articolato verità ancora più giuste?

Comunque sia, ne conveniamo, il C. I. un primato l’ha ottenuto. Prima di tanti altri, ha mercificato l’insurrezione.
E poi, laddove non arriva l’iperbole pubblicitaria, interviene il coinvolgimento emotivo. Nella premessa del libro i rudi membri del C. I. avvincono i lettori con le loro confidenze, rendendoli partecipi della loro vita avventurosa: «A partire da L’insurrezione che viene siamo andati lì dove l’epoca si incendiava. Abbiamo letto, abbiamo lottato, abbiamo discusso con compagni di ogni paese e di ogni tendenza, insieme a loro ci siamo scontrati con gli ostacoli invisibili del tempo. Alcuni di noi sono morti, altri hanno conosciuto la prigione. Abbiamo perseverato. Non abbiamo rinunciato a costruire dei mondi né ad attaccare questo mondo».
Ecco che riaffiora quella sensazione di profondo imbarazzo, quasi di vergogna per qualcun altro.

La forza dell’anonimato sta nella sua capacità di sgravare il significato di una idea o di una azione dall’identità di chi la formula o la compie, restituendola così ad una piena disponibilità nella sua essenza universale. Ma che dire quando viene usato solo per prendersi la licenza di vantare o millantare chissà quali imprese? Su chi vuole fare colpo il C. I. quando — sicuro di non poter ricevere smentite — evoca la sua onnipresenza nei disordini, la morte e la galera subite dai suoi appartenenti, nonché la sua irriducibile tenacia? Una simile sbruffonaggine potrà forse impressionare i suoi clienti, ma incita ad un sarcasmo feroce tutti gli altri. Diamo pure per buono che la riscossione dei diritti d’autore gli abbia permesso di fare turismo insurrezionale, ovvero di fare a gara con pompieri, poliziotti e giornalisti nel precipitarsi ovunque ci fossero focolai di rivolta. Ma già dubitiamo che abbia discusso con compagni di tutte le tendenze (va bene, non siamo troppo pignoli: «e di quasi ogni tendenza», escludendo chi non lo adora). Infine, fra i suoi adepti, chi e come sarebbe morto? Non lo dice, così da far volare la fantasia. Sta forse parlando dei caduti sul campo nel corso delle insurrezioni? O più semplicemente dei dedicatari di questo nuovo libro? Forse che Billy e Guccio e Alexis facevano tutti parte del Comitato? E quale suo appartenente sarebbe finito in prigione? L’hacker Jeremy Hammond?
Ne dubitiamo fortemente, ma è del tutto inutile dilungarsi con simili interrogativi. Dopo essersi autoproclamato portavoce del «partito storico» dell’insurrezione, al C. I. non resta che passare in rassegna i propri possedimenti cooptando la rivolta altrui attraverso l’uso di quel plurale maiestatis che lo fa riflettere su «l’azione mondiale del nostro partito», o ricordare che «Il 5 maggio 2010 eravamo in 500.000 a marciare nel centro di Atene». Così come in passato gli intellettuali dell’I. S. si vantavano di esprimere la teoria rivoluzionaria, sostenendo con sprezzo del ridicolo che le loro idee erano «in tutte le teste — è ben noto», allo stesso modo gli intellettuali del C. I. si vantano nel presente di esprimere il fatto insurrezionale, sostenendo — con pari sprezzo del ridicolo e parassitando lo slogan di Anonymous — di essere legioni e di essere ovunque sulle barricate erette nel pianeta. È ben noto!

Eccolo qui l’ultimo pavone dello zoo dell’estrema sinistra, tutto intento ad aprire la coda dalle penne fosforescenti per mettersi in mostra davanti al suo pubblico.

Ai clienti
insurrezione e bispensiero
pp 88, € 5,00

(da 5 copie sconto del 40%)
richieste a:
nosennemis(at)gmail.com

*Nota di Contra Info: François Hollande è stato eletto Presidente della Repubblica

Pyhäjoki, Finlandia: Il progetto di impianto nucleare di Fennovoima bloccato di nuovo in memoria di Rémi Fraisse

remimemory-1024x768
Azione in memoria di Rémi

Ricevuto Venerdì 23 Ottobre:

Oggi il lavoro al sito di costruzione dell’impianto nucleare di Fennovoima è stato ancora interrotto!

Tre camion sono stati bloccati – due da persone che si sono arrampicate a bordo e uno da una persona che si è incatenata al veicolo. Dopo un’ora e mezza la polizia è riuscita a prendere in custodia 3 persone.

Con quest’azione diretta volevamo disturbare il lavoro di costruzione di questo progetto orrido e senza senso, ma anche ricordare l’uccisione di Rémi Fraisse – un attivista di 21 anni assassinato dalla polizia al Testet, in Francia, un anno fa. Migliaia di persone protestavano contro il progetto di una diga e la repressione contro la ZAD di Notre-dame-de-Landes, un’occupazione contro il mega-progetto di aeroporto a Nantes.

Fermiamo la distruzione della natura e di tutta la vita in nome del capitalismo ovunque.

Francia, Rennes: Tag sulla prigione femminile

Nella notte di lunedì 19 ottobre, il muro di cinta della prigione femminile di Rennes è stato taggato con un estintore pieno di vernice: “LIBERTÀ”

Questa è la più grande prigione in Europa che rinchiude delle donne.

Su una delle arterie principali della città, nel cuore di questo quartiere in piena riqualificazione per poter accogliere sempre più ricchi e potenti, questo grido di LIBERTÀ ha senso tanto all’interno che all’esterno di queste mura.

CONTRO TUTTE LE RECLUSIONI
CONTRO LA RIQUALIFICAZIONE DEL QUARTIERE ATTRAVERSO IL PROGETTO €URORENNES

SOLIDARIETÀ CON LA COMPAGNA LUCILE, IN CARCERE A PARIGI DA UNA SETTIMANA PER OLTRAGGIO E RESISTENZA.

MORTE ALLO STATO! LIBERTÀ PER TUTTE!

Svizzera: 7° Aggiornamento su Marco Camenisch – No liberazione

city28 settembre 2015: 7° aggiornamento no liberazione

Nella “riunione n. 3 di coordinamento dell’esecuzione della pena” del 27 luglio 2015 c’è stata “l’audizione legale” del sottoscritto. Presenti: l’ennesimo nuovo “responsabile” e un’addetta alla verbalizzazione del DAP ZH; l’assistente sociale, una praticante e la responsabile per l’esecuzione penale (tipo vicedirettrice) del carcere di Bostadel; il mio legale. Ero presente perché sembravano soddisfatte le mie premesse: delle proposte reali per una “discesa” a prescindere dalle folli “raccomandazioni-ROS” del servizio forense-psichiatrico del DAP. Mi presentarono, infatti,  la copia della risposta più o meno positiva del carcere “semiaperto” Saxerriet (cantone di San Gallo), al quale il DAP aveva chiesto di “ospitarmi” per un percorso di “discesa”.
Una riserva del Saxerriet era la mancante consultazione della “commissione specialista della CH Nordest”. Queste “commissioni” (4 in tutto) di recente istituzione (nel generale “giro di vite” della “giustizia”) sono composte da direttori di carceri, PM, psichiatri, psicologi, ecc. e si riuniscono periodicamente per valutare i casi di “discese” e “liberazioni condizionali” previste dai vari DAP cantonali per detenutx stigmatizzatx con la “pericolosità sociale”. Poi emettono per ogni “caso” le proprie “raccomandazioni” spesso e volentieri negative, che non sono vincolanti ma quasi sempre seguite dai DAP.
La commissione in causa dovrebbe riunirsi inizio ottobre 2015 per poi forse già nella stesso mese comunicare le proprie “raccomandazioni”.
Con esposto del 24 agosto, il DAP-ZH chiede a tale commissione

“…una presa di posizione sulla questione, se per il detenuto mc… le aperture nell’esecuzione della pena (insomma, ora “alleggerimenti”, ora “aperture”…) prospettate in suddetta riunione di coordinamento… del 27 luglio 2015, vale a dire:

-Trasferimento nella sezione chiusa/di transito del penale Saxerriet
-Spostamento nella sezione aperta del penale Saxerriet
-Dalla sezione aperta del penale Saxerriet: -vari permessi relazionali con scorta
-permessi relazionali senza scorta
-Lavoro esterno
-Abitazione e lavoro all’esterno
-Liberazione condizionale (1° trimestre 2018) (sic!!)

Sono dal Vostro punto di vista sostenibili sotto l’aspetto della pericolosità sociale.
I permessi con e senza scorta sarebbero da vincolare alle seguenti condizioni:

-Inoltro previo ed osservanza di un programma dettagliato per il permesso;
-Scorta continua di personale del penale Saxerriet (nei permessi scortati);
-Redazione di un resoconto da parte di Marco Camenisch;
-Divieto di consumare droghe ed alcolici (incl. Cannabis) la cui osservanza è da verificare con i relativi controlli da parte del penale Saxerriet;
-Osservanza di un divieto di acquisto, di possesso, di porto e di avere con sé delle armi (sic!!!)

Durante il periodo di prova dopo la liberazione condizionale è prevista la prescrizione di un’assistenza (sociale)* al reinserimento come anche le seguenti disposizioni:

-Divieto di consumo di droga (incl. Cannabis) la cui osservanza è da verificare dall’assistenza* al reinserimento dell’ufficio per l’esecuzione delle pene e delle misure 3 (dal DAP-ZH) con i relativi controlli;
-Partecipazione a regolari colloqui con l’assistenza* al reinserimento dell’ufficio per l’esecuzione delle pene e delle misure 3;
-Osservanza di un divieto di acquisto, di possesso, di porto e di avere con sé delle armi (ri-sic!!!)…”

Da notare, dopo quasi 30 anni di galera, l’inaccettabile “libertà” condizionale di ridicoli 4 mesi con un periodo non definito “di prova e disposizioni” che può essere ordinato per un massimo di ben 3 anni dopo la “libertà condizionale”. Dopo il fine pena maggio 2018 potrei essere soggetto a ben 2 anni e 8 mesi di tali “disposizioni” (di fatto un prolungamento della pena) ed inoltre, in caso di “non osservanza”, essere riarrestato in ogni momento per espiare questi (ultimi) 4 mesi. Dato che una “liberazione” condizionale non è appellabile (non è ancora chiaro se lo sono i tempi di “prova/le disposizioni”) possibilmente dovrò ritirare il mio consenso a una “discesa”, oppure in caso di “liberazione condizionale” 4 mesi prima del fine pena “non osservare” le prime due “disposizioni” (divieto di consumo di Cannabis…, i “regolari” colloqui con l’assistenza ecc. ecc. …) per farmi questi ultimi 4 mesi vale a dire il “fine pena”, dopo il quale sarebbe difficile oppure legalmente impossibile comminarmi “periodi di prova” con le “disposizioni” (vale a dire vessazioni e “tarantelle”) sopra descritte.
Per il momento l’unica “certezza” è: che un eventuale trasferimento nel penale Saxerriet potrebbe avvenire in data indeterminata dopo una “risposta” della “commissione”; che il DAP non ha più accennato alle “raccomandazioni” folli del suo servizio forense-psichiatrico; che per degli ev. “permessi relazionali” ha richiesto una lista d’indirizzi, per un (non meglio specificato) “controllo di polizia”.

Questo, insieme al fatto che nel verbale della riunione sotto il titolo “prognosi legale/valutazione dei rischi” (prognosi e valutazione ora all’improvviso positiva) come “prospettive future/obiettivi/misure” anticipano l’intenzione di un oscuro “monitoraggio d’attività delitto-associate durante le previste aperture nell’esecuzione”, fa supporre che vogliono far rientrare dalla finestra le “raccomandazioni-ROS”.

marco camenisch, 28.09.2015, carcere di Bostadel, Menzingen, CH

Atene: Solidarietà con lo squat C.O.S.A in Portogallo, minacciato di espulsione

cosa-solidariedade

solidariedade-com-cosa-1024x768

Lo squat C.O.S.A, nella città di Setúbal, che questo mese ha compiuto 15 anni, ha ricevuto una minaccia di espulsione. (Vedi l’annuncio di Alcune voci ribelli in portoghese, greco, italiano e spagnolo.)

Nella notte del 20 ottobre 2015, e come prima risposta a questa pessima notizia, abbiamo appeso al Politecnico di Atene, in via Patission, in pieno centro, uno striscione di solidarietà che dice:

Solidarietà con lo squat C.O.S.A a Setúbal, Portogallo, minacciato di espulsione – Coraggio, compagni (A)

Non dimentichiamo che i/le compagn* del C.O.S.A ci hanno sostenuto nel nostro sforzo di far conoscere i casi dei/lle prigionier* anarchic* in Grecia, e non dimentichiamo che uno degli obiettivi comuni che condividiamo nelle nostre lotte senza confini è l’abolizione di quella cosa ridicola chiamata proprietà.

Tutto il nostro affetto ai fratelli e le sorelle che continuano a resistere a Setúbal. Giù le mani dalle strutture anarchiche in Portogallo e ogni altro luogo del mondo!

FUOCO ALLE FRONTIERE
MORTE AL POTERE

Iniziativa della rete di contro-informazione e traduzione Contra Info

in greco, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco

Ingolstadt, Germania: Attacco alle forze armate

Nella notte del 14 settembre 2015 si è svolto un attacco a convoglio con vetture militari parcheggiato sui binari della stazione centrale a Ingolstadt.

Lx attivistx, tra l’altro, decorarono le vetture con la vernice e le attaccarono anche con l’impiego d’armi contundenti.

“Quel che distruggiamo qui non può fare danni altrove!”

Cellula Rivoluzionaria Ingolstadt

traduzione dal tedesco mc, prigione Menzingen, CH, sett. 2015

Dortmund, Germania: Incendiata auto di un nazista

[9/9/2015]

Nella notte fra martedì e mercoledì a Dortmund è stata incendiata l’auto del candidato di destra di Eving, Sascha Rudloff.

La Mercedes classe A con targa SR 1312 parcheggiata sotto il n. 25 della Friesenstrasse, la casa del nazi di Dortmund, nel giorno di ieri diventava preda delle fiamme.

Vi becchiamo tutti e non lasciamo in pace nessuno!

Attaccare i nazi!

traduzione dal tedesco mc, prigione Menzingen, CH, sett. 2015

Terzo numero del giornale ecologista radicale «L’Urlo della Terra»

È uscito il terzo numero del giornale ecologista radicale «L’Urlo della Terra».

In questo numero:

– Una mappa per accedere al cervello
– Gli alberi geneticamente modificati e la bioeconomia
– Verso una stagione di consenso biotech?
– Il selvatico recintato nel panino di Expo
– Note a margine di un corteo ogm
– Francois Kepes, razionalizzatore delle macchine viventi
– Parole in movimento: dialogo con Luana, attivista per la liberazione animale sotto processo a Brescia per la liberazione dei beagle da Green Hill
– Dichiarazione al processo di Green Hill
– Sabotaggio antinucleare: dopo dieci anni si ritorna a processo

Editoriale:

Questi mesi sono stati intensi di iniziative che ci hanno visto come collettivo resistenze al nanomondo e redazione dell’Urlo della Terra in numerosi posti e situazioni per discussioni su temi come l’ecologismo radicale, scienze convergenti, liberazione animale. I nostri incontri pubblici seguono la stessa modalità con cui viene fatto e distribuito questo giornale: non esistono aree precise o interlocutori privilegiati a cui facciamo riferimento. Certo, ci piacerebbe dire che questo è un giornale per “chiunque”, che si potrebbe distribuire ovunque, accendendo animi sopiti. Sappiamo bene che non è così. Sicuramente facciamo riferimento ad ambienti e contesti più sensibili dove perlomeno esiste già una qualche forma di attenzione o preoccupazione per quello che ci succede intorno, dentro di noi, agli altri animali e al pianeta, dove alcuni pensieri possono portare a dei dubbi, a momenti di rottura.

Una rottura con questa normalità sempre più normalizzante che sempre più aliena e abitua a uno sfruttamento che si fa di giorno in giorno più insidioso, portandoci a pensare di trovarci di fronte a un monolite a cui non ci si può opporre, se non con pratiche permeate da una mera parvenza di conflittualità.

Molti dei temi che trattiamo in questo giornale, come gli sviluppi tecnologici, l’ecologismo e l’abbattimento di una visione antropocentrica non rappresentano una novità. Negli ultimi anni si è visto crescere un’attenzione senza precedenti: nei media, nella così detta opinione pubblica e di conseguenza in ogni settore economico. Il grande critico della tecnica Jacques Ellul impiegava spesso una formula che, si è “sempre rivelata esatta”:

“Quando in una società si parla esageratamente di un certo requisito umano è perchè questo non esiste più, se si parla esageratamente di libertà, è perchè la libertà è stata annullata”.

Questa attenzione da parte dello stato, dell’economia e di gran parte delle multinazionali è in continua crescita e si rafforza giorno dopo giorno. Questo processo non è qualcosa di separato dalla società, vengono create delle condizioni tecniche per cui questo mondo sia il più desiderabile possibile. Mai si è parlato tanto della difesa della natura come in questi tempi, non si smette di invocarla, di riferirsi ad essa e consacrarvi magniloquenti dibattiti e profondi discorsi. Tutto questo proprio in un periodo storico che vede una distruzione della natura così forte, un avvelenamento così totale di acqua, terra e cielo, una disumanizzazione così globale che i nostri stessi corpi sono a rischio di monocoltura.

Di fatto, nostro malgrado, ci si trova ad affrontare questioni così vitali dentro a un unico grande calderone dove imperversano associazioni ambientaliste, animaliste, organismi internazionali di protezione della natura, comitati etici…

La cosa si fa ovviamente molto più complessa, soprattutto per chi vuole ancora riconoscere e dare forza ai pensieri e significato alle parole. Il processo che vede il potere accaparratore di istanze “verdi” e “antisistema” non è ineluttabile, è sempre possibile creare momenti di rottura che possano disgregarne alcune parti. Queste fermate non previste possono dare il tempo (nuovo) per allargare lo sguardo e scoprire le interconnessioni e le relazioni che legano le catene dello sfruttamento.

L’ineluttabilità del dominio sembra essere entrata profondamente in noi, tanto che spesso i progetti, le situazioni di critica e opposizione, si presentano come una mera sopravvivenza, quasi una testimonianza. Anche ambienti critici verso l’esistente a volte rimangono intrappolati nel recinto, sembra vi sia una segreta fiducia in questo sistema, si mantiene con esso un legame indissolubile che è frutto della insicurezza e della paura. Si pensa, o probabilmente si vuole pensare, che una qualche soluzione arriverà anche da questo stato di cose. In fondo non siamo sotto una dittatura fascista, non viviamo in una democrazia? Ci si abitua sempre di più a questa vicinanza, a questa coesistenza con il potere. I vari progetti e idee pagano poi il prezzo di questa visione: restano, nella migliore delle ipotesi, parziali, o nella peggiore servono al consolidamento del potere stesso in Green, equo-solidale, animalista…

Anche in ambienti critici si sente parlare positivamente delle possibilità della società tecnica. Con le nanotecnologie, si può anche far progredire la medicina e ultimamente, come ricordano a Expo, con i nanoalimenti si potrà nutrire il pianeta. Sembra di sentire i vecchi discorsi su un uso civile del nucleare e quelli sugli ogm. Ancora una volta quello che si presenta di fronte è una riscrittura della realtà su un copione già noto, cambiano solo i materiali con cui è costruito, anche la manipolazione ritorna sempre, con innovazioni sempre più ricombinabili e inafferrabili nella loro essenza e dimensione.

In pochi, di questi tempi, pensano di impossessarsi degli sviluppi tecnologici per un uso “altro”. In tantissimi però, apparentemente pieni di buon senso, danno il loro contributo ad alleviare le fatiche dello schiavo, ormai abbandonata qualsiasi idea di liberarsi dalla schiavitù. Lo sviluppo tecnoscientifico è questo che porta: non solo nocività che ormai sono ampie quanto il mondo, ma un’obbedienza su base volontaria, un’accettazione senza condizioni, perchè è questo l’unico mondo possibile. Un mondo dove è anche prevista la contestazione, dove ci si può indignare e creare masse anonime di indignati in comunicazione via social network.

Anche molte situazioni di base, autogestite, informali, sono colpite da questi pericoli: il vuoto del non-senso in molti casi ha preso il sopravvento, ed ecco a sostenere pratiche di lotta o idee di cambiamento che sono meno radicali di quelle espresse dagli eco-guerrieri della Green Economy. Questi promettono di sovvertire il mondo per come l’abbiamo conosciuto fino adesso. Sappiamo che non stanno scherzando, ma che lo stanno pianificando passo dopo passo, con strumenti che neanche si riescono a cogliere e immaginarne la portata, e quando occorre c’è sempre la guerra, quella incomprensibile da lontano e terrificante da vicino.

Quando non è la fiducia al sistema a prevalere si vedono nascere progetti e si sentono idee di alternative avverse a questa realtà. A una economia ecocida si risponde con una conviviale e di condivisione. Spesso questi progetti, che partono da una riscoperta della natura e da un’altra convivenza con essa, sono dettati dalle migliori intenzioni. Ma si può pensare di cambiare qualcosa di questo esistente costruendo qualcosa al suo interno? Con i suoi materiali, le sue leggi, i suoi veleni e le sue imposizioni? Dal momento che si dice di coltivare biologico non si è forse già accettato una delle regole chiave della Green Economy, facendo propria la sua propaganda, dove quello che è naturale è già stato sostituito da qualcos’altro, un qualcosa di migliore, che sa di migliorato, in sintonia con la tecno-industria e i suoi supermercati del futuro?

È sicuramente importante, anzi fondamentale, pensare già da subito un mondo diverso e sarebbe importante che questo fosse già rappresentato nei nostri mezzi, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni. Ma questo non potrà mai realizzarsi senza sbarazzarsi di quello presente. Il fine non dovrebbe essere solo il chiudere un laboratorio, proteggere una foresta o una valle, dovremmo sempre avere lo sguardo verso la distruzione di questo sistema di morte. Come arriviamo a questo sogno lontano fa la differenza, si possono creare già da subito momenti concreti di libertà in cui il nostro agire, non mediato da calcoli da politicante o dal linguaggio virtuale della macchina, porta a una concreta rottura. Questa ben presto verrà ripristinata, ma saremo sempre

lì a creare la prossima.
Dedichiamo questo numero del giornale a Elia Vatteroni, Baffardello anarchico, che ci ha lasciato in questi giorni di fine estate…

Per contatti e richieste:
urlodellaterra(at)inventati.org
3 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro
Per i distributori minimo 5 copie: 2 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro
Spese di spedizione per l’estero: 5,50 euro
CONTO CORRENTE
codice IBAN: IT11A0760111100001022596116
Per l’estero: Codice BIC BPPIITRRXXX
Intestato a Marta Cattaneo, specificare la causale «L’urlo della Terra».

Marburg, Germania: Vernice e pietre contro associazione goliardica

Marburg, 4 settembre 2015

Rivendichiamo l’attacco all’associazione goliardica tedesca Normannia-Lipsia di Marburg nella notte del 03/04 settembre. Abbiamo gettato numerosi sacchi di vernice e pietre alle finestre e alla facciata e lasciato l’unica denominazioni che meritano: razzisti.

Con i suoi contributi nei social media, l’associazione goliardica, per il resto sorniona, si distingue nel paesaggio mediatico tedesco con una bella collezione di contributi razzisti. Nel primo giorno delle violenze di Heidenau (il trad.: dei nazi contro un centro profughx), l’associazione goliardica non ebbe niente di meglio da fare che prendere posizione benevola: “Chi crede che il silenzio risolve il problema, si tappa gli occhi per restare invisibile”.

Il problema secondo la Normannia è, naturalmente e facilmente intuibile, “l’ondata” dex richiedenti asilo.

Chi aizza in tal modo non merita che il nostro odio e dovrebbe essere lieto che siano solo pietre e vernice.

Lanciamo l’appello di fare come noi: Attaccare dappertutto i razzisti ed i neonazi! O giocano col fuoco, o danno fuoco – quel che è troppo è troppo!*

traduzione dal tedesco mc, prigione Menzingen, CH, sett. 2015

*Il trad. Si parla degli incendi quasi quotidiani appiccati dai nazi a strutture abitate da richiedenti l’asilo (solo casualmente “solo” con alcunx feritx… tra cui donne e bambinx) o da adibire come tali.

Würzburg, Germania: Incendiati dei distributori automatici di biglietti

Redatto da chi viaggia senza biglietto il 26/08/2015

Ultimamente a Würzburg sono stati messi fuori uso alcuni distributori automatici di biglietti con degli accendi-grigliata e della carbonella. Le prime due volte nei mesi di maggio e di luglio durante lo sciopero ferroviario furono colpite le biglietterie automatiche della stazione Würzburg-Sud. Inoltre, con dei graffiti sul terreno della stazione si lasciò il riferimento allo sciopero ferroviario e un appello generale a viaggiare senza biglietto (“Distributore automatico rotto? Viaggia senza biglietto!”). La notte scorsa toccò a un distributore automatico del tram, vale a dire a quello della fermata Löwenbrücke.

Ci è ben chiaro che le compagnie del trasporto come la Deutsche Bahn giustificano con tali azioni i loro aumenti dei prezzi, ma questa è una farsa. I prezzi dei biglietti aumentano regolarmente – con o senza distributori automatici danneggiati. I trasporti pubblici devono diventare gratis!

Saluti solidali a Lipsia, dove ultimamente furono danneggiati diversi distributori automatici, e a tuttx glx attivistx in tutto il mondo!

traduzione dal tedesco mc, prigione Menzingen, CH, sett. 2015

Würzburg, Germania: Sabotaggio alla caccia nel bosco di Gramschatz

Redatto da Animalistx; il: 25/08/2015

Nella notte passata sono stati distrutti e rovesciati vari capanni di caccia nel bosco di Gramschatz (presso Würzburg).

Con l’ausilio di seghe, i montanti dei capanni furono tagliati e poi con funi fissate in cima e facendolo oscillare, il capanno venne rovesciato.

Da questi capanni, in ogni caso per un po’, nessun animale sarà più assassinato. Tuttavia siamo coscienti del fatto che tali azioni non hanno che carattere simbolico, finché non si fanno prassi massiccia.

Perciò incitiamo tuttx lx animalistx ad attivarsi nella propria regione e a sabotare la caccia! Unitx possiamo ostacolare davvero la caccia e creare pubblicità.

Per i diritti animali e una società libera dal dominio!

traduzione dal tedesco mc, prigione Menzingen, CH, sett. 2015

Setúbal, Portogallo: Il C.O.S.A a rischio d’espulsione

Due giorni dopo il 15º compleanno del C.O.S.A. (Casa Okupada Setúbal Autogestionada) abbiamo ricevuto l’avviso che è stato avviato un procedimento giudiziario da parte dei proprietari per ottenere la nostra espulsione.

Molti anni fa il proprietario, avendo fallito, ha lasciato in eredità diversi immobili a cinque persone, suoi parenti, che oggi si sono messi in testa di rivendicare la nostra casa, benché posseggano altri edifici abbandonati. Ci han dato 30 giorni (a partire dal recapito della lettera) per rispondere, cosa che faremo.

Dal 2000 (data dell’occupazione) il C.O.S.A. e le persone ad esso legate, direttamente o indirettamente, hanno subito la repressione delle forze municipali e statali. In Portogallo e in tutta Europa il movimento okupa viene attaccato e neutralizzato. In questo momento e contesto, 15 anni dopo, continuare ad agire e resistere ha ancora senso.

Contro il Capitale che favorisce la speculazione immobiliare, lotteremo in maniera non solo da conservare la nostra casa, ma anche da essere segno e ispirazione di rivolta per altr* compagn*.

Delle voci ribelli
Setúbal 16/10/2015

Schrobenhausen, Germania: Attacco a studio che offre tatuaggi nazi

Nella notte di giovedì 20 agosto 2015, abbiamo rotto i vetri dello studio tatoo “Mosquito Tatoo-Piercing” e marcato l’edificio con la vernice. Ragione era che da poco in questo studio lavora Elisa Fischer (anche nota con il nome d’arte “Mara Inkperial”).

La Fischer tatua tra l’altro simboli nazi. Un’occhiata al suo profilo privato su Facebook dimostra che non è invischiata con questa ideologia solo professionalmente. Nei suoi “mi piace” si trovano molte e differenti pagine razziste e nazionaliste come per esempio: Werbetechnik T-Frenck, Nordic Brotherhoos Germany, German Defense League-Kassel Division, Schrobenhausen braucht keine Moschee (a Schrobenhausen non serve una moschea),…

Non vogliamo tollerarlo e non lo tollereremo mai.

Quest’azione vale anche da risposta ai due attentati incendiari contro degli alloggi per richiedenti d’asilo nella regione, come anche alla crescente presenza di strutture di estrema destra nei dintorni di Ingolstadt.

Non lasceremo in pace queste strutture, bensì procederemo energicamente nel contrastarle!

Alerta Antifascista!

fonte: linksunten

Lipsia, Germania: Attacco all’azienda di Frauke Petry (AfD)

Nelle prime ore della mattina del 6 agosto 2015 ci siamo incontratx per dare un segnale a Frauke Petry e al suo partito razzista, l’Alternativa per la Germania (Alternative für Deutschland – partito nazionalista di destra populista, razzista, neoliberista, antieuropeo fondato nel 2013 quando ottenne  il 4,7% dei voti nelle elezioni parlamentari a livello federale). Agli uffici e ai laboratori per la ricerca dell’impresa fondata dalla Petry, la “PURinvent System srl” abbiamo dedicato alcuni vetri rotti, una riverniciatura e un aroma fragrante ai locali.

L’impresa ha sede a Lipsia dal 2007 e produce una plastica di nuovo tipo al poliuretano (HydroPUR) per impermeabilizzare i copertoni.

Alle fine del 2013, Petry chiese l’insolvenza per l’impresa e successivamente, dopo aver dato garanzia privata, ricorse all’insolvenza privata. La ditta fu acquistata nel 2014 da un consorzio d’investimento della Germania del Sud e cambiò nome in PURinvent System srl (prima PURinvent srl).

L’attività continua. Petry è tuttora amministratice delegata (sospeso) dell’azienda che cambiò firma.

Con l’azione vogliamo richiamare l’attenzione sul clima razzista che si è gravemente inasprito in Germania. La AfD era un mucchio di merda razzista, socialsciovinista, conservatore di destra e salvatore dell’Occidente già sotto la direzione di Bernd Luckes. Con l’elezione di Petry e la sparizione di Luckes c’è da aspettarsi un ulteriore peggioramento dell’aizzamento razzista dentro il partito. La AfD deve essere considerata come il prolungamento dex razzistx di Pegida, Legida e Co e dex piromani ormai in azione quasi quotidianamente.

II loro artefatto di Popolo e Nazione si basa sugli stessi meccanismi e gli approcci di soluzione sono alla fine, se pensati fino in fondo, l’isolamento disumano, l’umiliazione e l’uccisione di persone. Naturalmente tutto pianificato a livello statale ed eseguito secondo legge ed ordine.

Nella notte in questione abbiamo deciso di attaccare i locali dell’azienda di Frauke Petry consapevolmente, per responsabilizzarla direttamente e per sabotare il suo entroterra economico. Poiché alla fine ax campioni dell’Occidente preme in grande parte e semplicemente la propria competitività nei confronti deglx altrx. Questo, unito alla storia coloniale tedesca e all’ideologia del razzismo, diventa acceleratore di un movimento incendiario formato dalla SPD e dalla AfD. La nostra azione non è diretta contro gli operai e le operaie dell’impresa.

La sostanza puzzolente non è una minaccia per la salute. Così i locali si può continuare a usarli. Che si può fare, è dimostrato dal lager per profughx a Desda che ha subito un attentato all’acido butirrico. Signora Petry – buon divertimento.

Non ci riconcilieremo mai con le attuali circostanze razziste. Quest’azione sola non farà crollare l’attuale stato delle cose ma puntiamo sulla solidarietà e sulla determinazione d’ulteriori compas e siamo felicx di sapervi al nostro fianco – che sia di giorno o di notte.

Commando a pagamento Bernd Lucke o meglio – alcunx autonomx!

PS: Un’auto di una ditta della sicurezza parcheggiata davanti allo stabile ha subito lo stesso trattamento.

traduzione dal tedesco mc, prigione Menzingen, CH, sett. 2015

Bassa Sassonia, Germania: Azione per l’anarchia nel bosco

Nel mese di luglio abbiamo rotto tre grandi e robusti capanni da caccia nelle vicinanze di Vordorf e Meine.

La caccia è una forma assassina di dominio dell’uomo sulle altre specie animali. Anche gli argomenti ecologici contro la caccia sono ormai noti da tanto.

Una A cerchiata che abbiamo disegnato con il gesso su uno dei capanni messi fuori uso mostra simbolicamente quello che deve  succedere affinché in futuro le persone non debbano più stare davanti a dei capanni inutilizzabili: la caccia deve finire! Non deve più esserci alcun dominio!

Mano, Sega, Gesso

traduzione dal tedesco MC, prigione Menzingen, CH, sett 2015

Parigi, La Discordia: Messaggio ai/lle vicin*, alla direzione e ai/lle dipendenti della scuola Montessori « Plaisir d’enfance »

montepourris21-1024x724
Cliccare sull’immagine per scaricare il PDF (in francese)

Ci siamo già incrociati qui in via du Pré-Saint-Gervais, dove da maggio si trova la biblioteca anarchica La Discordia. Alcun* di voi sono venuti a incontrarci, altr* hanno ricevuto dei volantini e dei giornali sulla Place des Fêtes o a Belleville, altr* ancora sono diventat*, o stanno per diventarlo, degli/lle habitués della biblioteca. La settimana scorsa è stata trovato all’interno della scuola di fronte un dispositivo di sorveglianza, (in seguito documentato e distrutto), con una telecamera puntata sulla nostra porta, installato dai servizi «anti-terrorismo» della DGSI, con la benedizione e la discrezione della direzione della scuola.

Quindi da luglio, tutt* (noi, il personale della scuola, la gente del quartiere, chi va a prendere i figli a scuola) siamo stat* filmati dai servizi segreti. Quando entravamo o uscivamo dalla biblioteca, quando entravate o uscivate da casa vostra, quando venivate a prendere i vostri figli a scuola… Cosa ne pensate? E cosa dobbiamo pensare di una scuola, « Plaisir d’enfance », che lascia che i/le propr* vicin* vengano filmat* senza dire una parola, che presta cortesemente i propri locali a delle spie sconosciute per metterci una telecamera nascosta?

E invece di scusarsi con noi tutt* che viviamo in questo quartiere e con i vostri figli, che sono accolti in uno stabilimento che spalanca le proprie porte ai servizi segreti, cosa fa la direzione della scuola? Veniamo a sapere dalla stampa che hanno fornito una dichiarazione spontanea al commissariato, e per coronare il tutto, che non è a causa dell’intrusione della DGSI, ma «a causa dell’intrusione di militanti nello stabilimento» (Libération di sabato 10 ottobre). Eppure avevano ottenuto un appuntamento con la direttrice economica e amministrativa Muriel Emery, appuntamento che si è trasformato in «negoziazione» telefonica con François Figueroa, tesoriere, per avere la conferma che una certa «Annie», la direttrice generale, aveva esplicitamente autorizzato delle spie, implicando così tutta la scuola, a piazzare un dispositivo tecnologico di sorveglianza in direzione della biblioteca anarchica di fronte, collegato al sistema elettrico della scuola, e connesso alla sua rete wifi per inviare in diretta le immagini al QG dell’antiterrorismo, a Levallois-Perret.

I responsabili di questa scuola, ferventi difensori di metodi pedagogici che intendono «favorire l’autonomia del bambino» (in un mondo in cui l’autonomia è un crimine), dimostrano benissimo quello che valgono, in fondo. La lezione del giorno per i vostri alunni: «Con lo Stato siate sempre dei buoni collaboratori, con la polizia dei buoni delatori – rispettate sempre l’uniforme degli assassini». Un’idea sorprendente dell’autonomia.

E giusto per informazione, i «famosi» poliziotti che si sono presentati alla direzione di Plaisir d’Enfance a inizio luglio non rispondono più al numero di telefono che avevano lasciato. Forse hanno paura dello scandalo che incombe su di loro da quando abbiamo trovato la telecamera che ci (e vi) spiava e la notizia è venuta fuori, malgrado noi, sulla stampa? Perché quella telecamera, nonostante quello che ci ha detto martedì scorso la direzione della scuola, è stata installata illegalmente. E ci rendiamo conto che quando i loro sporchi intrallazzi vengono scoperti, i servizi segreti si nascondono (e lasciano nei casini i loro collaboratoruncoli). Spariscono, cosa che sanno fare bene.

Quell* di noi che hanno visitato la scuola martedì avevano privilegiato come prima scelta il dialogo, forse con delle illusioni (certo parecchio angeliche) basate sull’epiteto «Montessori» che la scuola si attribuisce (quel metodo educativo detto «aperto», spesso associato alle idee «libertarie»…). E ci siamo ritrovati di fronte a una negazione ridicola e vuote affermazioni filosofiche sulla legalità, come a delle bugie svergognate sulla presenza «immaginaria» di una domanda giudiziale fantasma (che aspettiamo ancora di vedere con i nostri occhi, sempre che esista davvero). All’attenzione della direzione: se mai un giorno la ritrovate, sapete dove spedirla, all’indirizzo preciso che avete coscienziosamente dato ai vigili, che si faranno un piacere di approfittarne per assillarci e minacciare l’esistenza di questo posto; una biblioteca anarchica, fatta di gente che rifiuta di essere filmata, schedata e sequestrata dallo Stato, che sia «legale» o «illegale», una distinzione che non aggiunge e non toglie niente al risentimento di questa vita spinata.

E che la direzione pensasse «che era per filmare degli spacciatori» (Libération), o degli anarchici, o che non pensasse niente (le vostre versioni non concordano…) non ci interessa. Lo spionaggio e il controllo sono pratiche inaccettabili, chiunque riguardino e qualunque sia lo scopo cui servono. Promettiamo di fare la pessima pubblicità che si merita a «quella famosa scuola Montessori che lavora coi servizi segreti contro una biblioteca anarchica». Contiamo informare su quello che è successo il quartiere, i/le vicin* comun* e tutte le persone sensibili al controllo come alla giudizializzazione delle nostre vite.

Ai/lle dipendenti della scuola: a priori non abbiamo nulla contro di voi, scegliete da che parte stare e prendete chiaramente posizione nei confronti della scelta della direzione. Siamo aperti alla discussione, alla solidarietà, all’aiuto tra vicini (promesso, se troviamo un dispositivo di spionaggio rivolto verso i vostri locali vi avvertiremo) e anche al dibattito. Potremmo persino perdonare al votro bulletto di aver pensato di esssere stato il solo a fare karatè alle medie. Vorremmo cindividere con voi più di quest’amara esperienza, sotto la cappa di piombo della Ragione di Stato. Potremmo per esempio scambiarci informazioni sulle ragioni e la modalità di questa sorveglianza, condividere le notizie etc. Siamo aperto tutti i lunedì dalle 16h, parliamone.

La rivoluzione non sarà «videosorvegliata».

Il 9 ottobre 2015, Dei/lle bibliotecar* della discordia.

Biblioteca anarchica La Discordia
45, Rue du Pré Saint-Gervais, 75019 Paris.

http://ladiscordia.noblogs.org/
ladiscordia(at)riseup.net

in francese

Berlino: Striscione in solidarietà con Evi Statiri, Mónica Caballero e Francisco Solar

berlin-1024x681
Lo striscione dice: “In solidarietà con tutt* i/le prigionier* anarchic* – Un salute a Evi, Monica e Francisco – Lunga Vita all’Anarchia”

Il 13 ottobre 2015 abbiamo appeso uno striscione al ponte Oberbaum, a Berlino. Vogliamo dimostrare la nostra solidarietà con Evi Statiri, che è stata finalmente rilasciata – ma con pesanti misure cautelari – in Grecia. Mandiamo calorosi saluti anche a Mónica e Francisco, che sono trattenuti in custodia preventiva dallo stato spagnolo dal 13 Novembre 2013.

Si tratta soltanto di un piccolo gesto simbolico per salutare tutt* i/le ribelli che sono in prigione, tutt* quell* che da dentro scommettono ancora su una vita in conflitto con questo sistema democratico e marcio.

Ci rivedremo nelle strade; la lotta continua!

Morte allo Stato, per l’Anarchia!

Alcun* anarchic* a Berlino

in tedesco, inglese, spagnolo, greco

Atene: Messaggio di Evi Statiri – rilasciata dopo uno sciopero della fame, ora a casa

Ricevuto il 7 ottobre 2015:

Una volta scarcerata, la prima cosa di cui ti rendi conto è che il tuo sguardo non inciampa più in muri, sbarre o divisori. Può vagare e guardare il cielo, senza vederlo attraverso il filo spinato. E i tuoi passi non sono più contati — venti verso il muro del cortile della prigione e venti tornando alla cella. Certo, nel mio caso le mura del cortile della prigione si sono allargate fino a un chilometro da casa mia, senza nemmeno poter comunicare col mio compagno…

Ma in ogni modo, per me il rilascio ha il gusto di una prima vittoria contro la paura e l’ingiustizia che ci vogliono imporre come  condizione di vita restrittiva…

Niente di tutto questo sarebbe accaduto se non fosse stato per un movimento dinamico e multiforme di solidarietà che mi ha trasmesso da ogni angolo della Grecia la forza e l’ottimismo che la storia non è scritta soltanto dai potenti ma anche dai ribelli…

Un enorme grazie a tutt* i/le compagn* conosciut* e no che hanno spezzato il terrore dell’onnipotenza del Potere.

Un enorme grazie anche ai dottori dell’Ospedale Generale di Nikaia, e soprattutto ai medici Spyros Sakkas e Olga Kosmopoulou, che mi hanno sostenuto con calore e abnegazione fin dal primo momento.

Naturalmente non dimentico quell* che sono rimasti là, in prigioni e celle gelide… Sarò sempre al loro fianco e mi aggrapperò ai momenti che abbiamo condiviso finché non ci incontreremo di nuovo…

Perché finché ci saranno prigioni, nessun* sarà liber*…

Libertà per i/le prigionier* politic*
Libertà per chi è in cella

Evi Statiri

in inglese, greco, portoghese

Dispositivo di sorveglianza trovato, documentato e distrutto

Trovate altre foto qui.

panoramaA fine settembre abbiamo messo fine all’incertezza riguardo la presenza di un dispositivo di sorveglianza che aveva come obiettivo la biblioteca anarchica La Discordia nel Nord-Est di Parigi. Un dispositivo che si trovava nella scuola Montessori «Plaisir d’enfance» situata proprio di fronte alla biblioteca, al primo piano, in uno sgabuzziono che dava sulla finestra (il dispositivo aveva la forma di un «dossier di cartone»).

Martedì 6 ottobre abbiamo deciso di entrare nella scuola per contattare la direzione. Insistendo abbiamo finito per ottenere un appuntamento con la direttrice amministrativa e finanziaria della scuola. In un primo tempo questa ha negato, ma, messa alle strette, ha finito per riconoscere (a mezze parole) l’esistenza del dispositivo nella sua scuola (e quindi l’autorizzazione/collaborazione da parte della direzione). Dopo lunghe «negoziazioni» con lei e il suo superiore, e grossi sforzi per temporeggiare (per poter «chiamare il suo contatto»), abbiamo finito, dopo la fine delle lezioni, per ottenere l’accesso allo sgabuzzino. Prendendoci le nostre responsabilità abbiamo rapidamente deciso di appropriarci del dispositivo con la forza. Ci siamo quindi resi conto che tutti erano al corrente della sua presenza nella scuola. Siamo riusciti a uscire rapidamente nonostante qualche «resistenza». Il bullo della scuola è uscito per guardare dove andassimo per facilitare ancor di più (e una volta di più), il lavoro dei pulotti. Abbiamo d’altronde saputo che il dispositivo era lì almeno dalla seconda settimana di luglio 2015.

Considerazioni tecniche

Il dispositivo si presentava sotto forma di una scatola rettangolare, rumorosa (ventole) di circa 40x25x25 cm in plastica dura, collegato alla rete (senza pile). La scatola presentava un buco di circa 4 cm di diametro per la telecamera, ne uscivano tre cavi in fondo ai quali si trovavano due antenne a punta (probabilmente dei sensori sonori) e un terzo sensore piccolo e quadrato. Aprendo la scatola, abbiamo scoperto materiale tecnologico high-tech:
• Un routeur wifi con due carte SIM (Bouygues), un GPS, tre entrate cellulari, un’entrata stereo.
• Un processore.
• Un dispositivo telefonico con una SIM Orange (il che significa che i dati non erano immagazzinati ma trasmessi in diretta).
• Una telecamera con due livelli di zoom, regolabile a distanza.
• E materiale di altro tipo che non siamo riusciti a identificare (ma che potete trovare sulle foto scaricabili qui di seguito).
Mettiamo a disposizione un certo numero di foto invitando chi ha le conoscenze tecniche a condividerle: 1 et 2.

In conclusione

Questi dispositivi che hanno come scopo iniziale quello di sorvegliare, hanno anche come obiettivo secondario quello di farci paura e di insegnarci a darci noi stessi dei limiti. Ma non funziona. Non sono né la paura né la repressione che determinano le nostre pratiche, ma soltanto le nostre idee. Comunque è logico sospettare che questo tipo di «attenzioni» (tutto sommato piuttosto banali) toccherà ancora La Discordia come tutti gli altri luoghi considerati sovversivi dallo Stato.

Sappiamo per esempio che altri dispositivi di sorveglianza sono stati scoperti in questi ultimi anni in diverse località francesi (Montreuil, Cévennes, Lille, etc.). Ma lo sappiamo soltanto attraverso le nostre «conoscenze» mentre ci sembra importante rendere pubbliche queste informazioni perché possano essere utili a tutt*, piuttosto che rinchiudersi in riflessi di panico stupidi e controproduttivi.

Per la DGSI (Direction générale de la sécurité intérieure) e i loro amici: se cercate il vostro materiale lo ritroverete, a pezzi, a qualche metro di profondità nel canale dell’Ourcq, all’altezza della rue de Nantes. Buona pesca! (Da sempre sogniamo di vedere dei maiali galleggiare)

Libri, non poliziotti!

Qualche partecipante della biblioteca La Discordia.
ladiscordia (at) riseup.net

Nota Bene (08/10/2015) : Ci dissociamo totalmente dalla ripresa di questo comunicato da parte di siti o gruppi razzisti/razzialisti, complottisti e/o di estrema destra in generale (come quello, in questo caso, di Alain Soral). A volte i nemici dei nostri nemici sono anche nostri nemici. Per quando riguarda i giornalisti: non abbiamo assolutamente niente da dichiarare, perché come voi, abbiamo scelto il nostro campo nella guerra sociale, e non è lo stesso.

 

[Italia] Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo

Aggiornamento: L’udienza d’appello a Firenze del 5 ottobre ha visto un rinvio alla già fissata udienza del 19 ottobre per la mancanza di un perito del pubblico ministero e di un ispettore della digos di Pisa che ha seguito tutta l’indagine.

Comunicati di alcunx imputatx:

Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo

Nel 2005 a Molina di Quosa (Pisa) un traliccio Terna dell’alta tensione della linea La Spezia-Acciaiolo viene sabotato con due cariche di dinamite, azione che lo ha danneggiato seriamente ma senza farlo cadere.

Nei giorni successivi una lettera anonima, arrivata ad agenzie di stampa e alla redazione pisana del giornale ecologista radicale Terra Selvaggia, motivava il gesto contro i nuovi progetti di ripresa dell’energia nucleare.

Questi progetti non sono stati mai veramente dismessi con il referendum dopo Chernobyl, ma continuano ad essere portati avanti in numerose ricerche e centri sperimentali, come nella facoltà di ingegneria nucleare di Pisa che rappresenta un’eccellenza a livello nazionale. Sempre sullo stesso territorio nel parco naturale di S. Rossore spicca anche il CISAM: reattore nucleare sperimentale e centro di ricerche militari. Recentemente questo impianto ha fatto parlare di se per lo sversamento di acque radioattive nel canale dei navicelli che porta da Pisa al mare. Acque tossiche definite prive di pericoli dalle solite servitù locali Arpat e Asl. Questi veleni intramontabili ricordano invece che dal nucleare non si esce: quello che è stato prodotto, o che è rimasto come scoria, rappresenta l’eredità di una visione di mondo in cui la produzione energetica e il controllo militare si situano sopra qualsiasi cosa, anche se il prezzo è un lascito di un mondo discarica.

In quegli anni, soprattutto in Italia, non esisteva un vero dibattito sull’energia nucleare neanche nei contesti ambientalisti, dove sicuramente su certe questioni l’attenzione era più alta. Sembrava che con il referendum, ma soprattutto con il disastro di Chernobyl, si fossero creati gli anticorpi per difendersi dagli ingegneri dell’atomo. La realtà invece si è posta subito in maniera diversa: se in Bielorussia gli ecosistemi e tutti gli esseri viventi continuano a subire le terribili conseguenze delle radiazioni, qui si è persa la memoria di quello che è avvenuto e continua ad avvenire. Però per i paladini dell’atomo questo non è stato ancora abbastanza, hanno pensato loro di scrivere una nuova memoria instillando prima la paura per un collasso ecologico e quindi sociale, ormai più che evidente; successivamente ha preso piede la creazione di una cieca fiducia nella tecno-scienza e nelle sue soluzioni. In questo nuovo paradigma il così detto disastro nucleare non è più un qualcosa di eccezionale e soprattutto di imprevedibile, ma fa parte di una dimensione in cui la servitù è spacciata per responsabilità. Quella responsabilità che avrebbe dovuto farci capire che, in tempi di perenni crisi e quindi di rischi, certi irrazionali pensieri contro il tecno mondo non solo, non sono accettabili, ma sono terroristici, anzi eco terroristici. Del resto non esiste forse la Green Economy per pensare a quello che resta della natura? E se ancora ci fosse qualche dubbio basta tenere presente che le tecno scienze troveranno una soluzione, perché si tratta sempre ed esclusivamente di problemi tecnici risolvibili con tecnologie appropriate. A Fukushima del resto è la stata la stessa società responsabile degli impianti che si è adoperata per metterli in sicurezza, essendo l’unica ad avere le tecnologie opportune. È stato trattenuto ufficialmente il mostro radioattivo, ma solo perché la radioattività è invisibile e ha conseguenze non immediate. Questo ha permesso ai tecno scienziati nipponici sostenuti dalle potenti lobby dell’atomo internazionali di mostrare una situazione sotto controllo quando invece il mostro radioattivo già era ben lontano per mare, terra e aria a portare in giro le sue conseguenze mortifere.

Se nel 2005 non vi era attenzione e interesse sul nucleare da parte del pubblico, in sordina si stava già muovendo da diverso tempo la lobby nuclearista capitanata in Italia da Enel che stava investendo fortissimo in tutta una serie di nuovi impianti in Francia e nell’Europa dell’Est, peraltro utilizzando negli impianti le stesse tecnologie di Chernobyl. Il progetto di fondo era quello di riportare l’atomo ancora una volta in Italia con la costruzione di nuove centrali o rimettendo in sesto quelle precedenti.

Per chi vive in queste zone della Toscana, lungo la linea che va dai monti pisani alle alpi Apuane, non è una cosa nuova sentire questi boati di rivolta. La linea La Spezia – Acciaiolo è contestata da più di trent’anni, non solo per il trasporto dell’energia nucleare francese, ma anche per l’inquinamento elettromagnetico. Solo su questa linea si contano negli anni decine di attacchi dinamitardi che hanno scosso il sonno a chi questo sistema di morte alimenta e riproduce. E hanno rallegrato coloro che hanno ben presente qual è il linguaggio che gli sfruttatori di ogni sorta tengono di conto prima e dopo aver intrapreso i loro progetti nocivi.

Anche la repressione negli anni non è mancata: l’arresto negli anni ’90 dell’anarchico ecologista Marco Camenisch accusato anche del sabotaggio dei tralicci di questa linea non ha però fermato gli attacchi e al contrario negli anni successivi sono diventati anche espressione di solidarietà nei suoi confronti e delle sue lotte all’interno delle carceri italiane e svizzere.

La repressione si è accanita particolarmente sul circolo ecologista anarchico di Pisa il Silvestre, riferimento per il giornale Terra Selvaggia e per numerose campagne di lotta, sia locali che sul territorio nazionale, a carattere ecologista e di liberazione animale. Diverse procure hanno cercato di imbavagliare le attività del Silvestre imbastendo svariate inchieste per associazione sovversiva. La procura di Firenze, che sicuramente conta il maggior numero di procedimenti messi in atto, dopo il sabotaggio al traliccio a Molina Di Quosa procederà contro il Silvestre, oltre che per l’imputazione del fatto specifico, anche per l’ennesima associazione sovversiva. L’uso del reato associativo, quasi sempre strumentale per instillare un clima emergenziale e giustificare qualsiasi misura repressiva, ha portato all’arresto di sette persone con misure cautelari preventive in carcere che si sono protratte fino a due anni e anche oltre considerando le varie restrizioni.

Con l’inizio del processo cade l’associazione sovversiva in pochi minuti, anche se era stato il vero motivo che aveva giustificato anni di carcere preventivo in sezioni EIV (Elevato Indice di Vigilanza) sparse per l’Italia.

Per il fatto specifico del sabotaggio al traliccio vengono fuori cose interessanti sulle modalità investigative della digos, le richieste alla procura di decreti si trasformano in pura formalità: qualsiasi luogo e spazio è idoneo per le loro cimici e le loro riprese, di fatto se parlano di abitazioni sono già dentro le auto. Queste modalità hanno fatto inceppare il processo per anni fino ad un appello traballante che ancora una volta e con successo è riuscito a giustificare tutto quell’apparato spionistico in nome dell’emergenza dell’associazione sovversiva che per anni ha aleggiato per Pisa.

Il 5 e il 19 Ottobre 2015 si terranno le prime udienze del processo d’Appello per cinque compagne/i accusate/i del sabotaggio al traliccio.

Come anni fa abbiamo dato voce sulle pagine di Terra Selvaggia a questo atto di rivolta, e a tutti quelli di cui ci arrivava notizia, ribadiamo ancora una volta la necessità di opporsi a questo sistema fondato sullo sfruttamento tra esseri umani, sugli altri animali e sulla natura.

Come scrivevano gli anonimi sabotatori nella lettera alla nostra redazione: “è giunta l’ora di staccare la spina a questo sistema di morte che sta devastando la natura e mettendo a rischio la stessa vita sulla Terra. I progetti di morte di questi criminali dell’atomo non passeranno sotto silenzio”.

Silvia e Costa

*

Dal 5 ottobre al 19 si terranno a Firenze le udienze del processo d’Appello per i reati specifici contestati nell’ambito delle inchieste “gruppi d’affinità” e “anticorpi” del 2006. A distanza di molto tempo, dopo anni di galera, arresti domiciliari, restrizioni varie, la caduta del reato di associazione sovversiva e nuove inchieste, il processo si riapre.

Uno dei reati contestati è il sabotaggio di un traliccio dell’alta tensione. L’altro un attacco contro un’agenzia di lavoro interinale.

Nel 2005 un traliccio Terna della linea La Spezia-Acciaiolo è stato colpito e nei giorni seguenti una lettera arrivata a vari giornali e alla redazione di Terra Selvaggia motivava il gesto contro l’energia nucleare e suoi effetti nefasti.

In occasione del processo mi piacerebbe fare alcune riflessioni. Durante gli ultimi dieci anni sono state attaccate sempre più raramente strutture e circuiti di produzione e distribuzione di energia che rappresentano lo scheletro e la base su cui poggiano il mantenimento del potere, la proliferazione del capitale, la mercificazione nelle società avanzate e lo sfruttamento di quelle colonizzate. Al contrario, un sempre maggiore impulso hanno avuto la produzione e la distribuzione dell’energia grazie a più sofisticati ritrovati tecnologici, al boom delle cosiddette energie rinnovabili che contribuiscono ad abbellire il volto ecologista del capitale e accrescere le quotazioni di aziende come Terna, all’aumento della partecipazione e della dipendenza delle persone da tutto ciò che è utilizzabile attraverso l’energia, aldilà dei costi, non strettamente monetari, che questo comporta.

Nel mondo esistono ancora numerosissime centrali e i progetti di ricerca militare e civile nel settore non si sono mai fermati, ma è evidente che negli anni la percezione del problema delle scorie e dei rischi connessi a guerre atomiche o a disastri dovuti ad incidenti, è cambiato.

Sui rischi del nucleare e sulla necessità di limitarne o evitarne l’uso, sembrano oramai essere tutti d’accordo. Molti scienziati pongono le cosiddette questioni etiche rispetto alla ricerca indiscriminata, la Chiesa già da decenni ha preso posizione contro il nucleare e certe aberrazioni del progresso scientifico in nome di un conservatorismo non meno dannoso della maschera filantropica della scienza. Su queste posizioni sembrano essere la maggior parte dei politici come dimostra, ad esempio, il recente accordo sul nucleare ratificato con l’Iran che oltre a costituire una scelta geopolitica significativa e aprire nuovi mercati per garantire una maggiore circolazione delle merci e delle risorse energetiche, intende far si che solo quei Paesi tradizionalmente più influenti all’interno della comunità internazionale possano disporre di armi nucleari. I rischi connessi all’energia nucleare sembrano far paura a tutti. Anche alla cosiddetta opinione pubblica: fra la gente si è diffuso un forte senso di opposizione e, talvolta, di condanna per paura dei rischi, oramai noti, delle possibili conseguenze catastrofiche di uno scontro nucleare. Ma, aldilà di più o meno strumentali allarmismi su aspetti specifici, sappiamo bene come lo sviluppo energetico, sia esso alimentato dal nucleare o da vecchie e nuove risorse e tecniche, rimanga uno dei perni fondamentali su cui si regge il funzionamento del dominio.

Coloro che hanno sempre sostenuto la produzione e l’utilizzo dell’energia nucleare, per scopi militari e/o civili, e i contesti che hanno reso possibile il loro lavoro, hanno col tempo intrapreso nuove strade. Attraverso vecchi guadagni e nuove retoriche vengono finanziati nuovi e più accettabili progetti, nel terreno reso fertile da decenni di propaganda vengono seminati nuovi inganni.

È necessario osservare bene ciò che accade attorno a noi, cogliere i cambiamenti in atto e i loro effetti sulle società in cui viviamo, le direzioni, molteplici e complesse, verso cui vanno le lobby industriali, i centri di ricerca, le scelte economiche e quelle finanziarie, i meccanismi di potere, di controllo e di recupero. Ogni aspetto della realtà che ci è nemica è strettamente connesso con gli altri. Le questioni relative al nucleare, mai definitivamente tramontate, lo sviluppo delle scienze convergenti, le evoluzioni dell’informatica, la devastazione dell’ambiente, l’economia, le carceri, il lavoro, le disuguaglianze sono tutti aspetti legati attraverso un unico filo conduttore al processo continuo di ristrutturazione capitalistica. Non c’è niente da salvare e quindi tutto va distrutto, senza remore, né speranze, né alternative, né terre promesse, né rivendicazioni parziali.

Il potere non è un’idra mitologica a cui tagliar la testa o una minaccia incorporea che domina incontrastabile. Si realizza piuttosto attraverso elementi concreti. Chi, anni fa, ha individuato un traliccio ha trovato di fronte a sé un obiettivo concreto e attaccabile. E ogni danno fatto contro la sacralità della scienza, il valore della proprietà e la giustizia delle leggi, la bellezza dei media o la soluzione comoda della rassegnazione è un danno benvenuto.

Mariangela

Atene: A proposito delle misure cautelari contro Evi Statiri

Le misure cautelari contro Evi Statiri, per quel che si sa finora, sono le seguenti:

– Divieto di lasciare il territorio greco.

– Presentazione davanti alle autorità tre volte al mese.

– Residenza obbligatoria in un luogo preciso.

– Limite di circolazione di un chilometro intorno al suo domicilio.

– Divieto di comunicare con imputat* nello stesso caso, compreso col suo compagno Gerasimos Tsakalos.

Aggiornamenti a venire.

in spagnolo

Atene: Comunicato dell’assemblea di Solidarietà a Evi Statiri

Dopo la decisione del consiglio giudiziario competente che ha approvato la scarcerazione di Evi Statiri, abbiamo deciso di annullare la manifestazione prevista martedì 6 ottobre, e chiamiamo a un’assemblea per quello stesso giorno alle 19 al Politecnico (palazzo Gini) per organizzare una mobilizzazione domenica 11 ottobre sulle forti misure cautelari imposte a Evi.

Le misure cautelari che accompagnano la decisione di scarcerazione di Evi Statiri, dopo 19 giorni di sciopero della fame, consistono in un regime di cattività speciale cui ci opponiamo. Malgrado la prospettiva della scarcerazione, non abbassiamo la guardia e non lasciamo nessuno solo davanti a questa condizione, ma ci confrontiamo a essa in maniera collettiva. Non dimentichiamo che le persecuzioni dei familiari e di chi è vicino ai/lle prigionier* continuano, e continuiamo a lottare perché finiscano.

CONTRO L’IMPOSIZIONE DI MISURE CAUTELARI

FINE IMMEDIATA DELLE PERSECUZIONI CONTRO I FAMILIARI E GLI/LE AMIC* DEI/LLE PRIGIONIER*

CHE NESSUN* SIA SOL* NELLE MANI DELLO STATO

Assemblea di Solidarietà con Evi Statiri

Foresta di Hambach, Germania: Aggiornamenti da Jus

20150831.FreeJus-800x800

Aggiornamenti da Jus

Sei settimane fa (al 3 settembre) il compagno Jus è stato arrestato durante l’espulsione della Torre di Remi, un’enorme barricata eretta in onore di Rémi Fraisse, ucciso dalla polizia.

Durante le prime 3 settimane Jus ha fatto sciopero della fame e per tutta risposta i poliziotti gli hanno detto che non aveva un avvocato (il che non era vero) e l’hanno messo in cellula di isolamento, dove è difficile dormire perché controllano ogni 15 minuti che non sia morto accendendo e spegnendo la luce.
Tutte le lettere che riceve vengono controllate e ci mettono da 2 a 4 settimane per arrivargli. È in prigione da sei settimane e ha ricevuto solo due visite. Organizzare una visita è estremamente difficile, perché un interprete deve essere sempre presente, e vogliono una sorveglianza audio-visuale.
I suoi privilegi telefonici sono ristretti al suo solo avvocato (anche se tutti gli altri possono chiamare come vogliono) e anche su questo creano problemi.
Tutto ciò per aver presumibilmente spaccato il finestrino di un bulldozer, non ha mai torto un capello a nessuno.
Queste accuse raramente sfociano in una custodia cautelare, e quasi mai in misure così estreme, a meno che, naturalmente, non siano implicati criminali del clima e dell’energia come RWE.

Ora ha interrotto lo sciopero dela fame, ma è ancora in isolamento; a Jus non è permesso unirsi a nessuna delle attività di gruppo poiché viene considerato un «criminale violento». È ancora in attesa di processo, l’hanno trattenuto perché non aveva un indirizzo permanente, nonostante ne abbia uno, e non vogliono ancora lasciarlo andare.
Rivogliamo il nostro compagno!

Dichiarazione di Jus dalla prigione:

Quando son seduto, mi alleno e leggo in cella, da un lato riecheggiano il grido «sieg heil», e «fanculo la foresta» e delle minacce di violenza, mentre nell’altra metà dell’ala esplodono canti e slogan legati all’ISIS. Un buon esempio di come l’estrema destra e l’estremismo fondamentalista vengono tacitamente tollerati e persino appoggiati dallo stato, mentre chi si oppone agli interessi speciali della macchina capitalista dell’avidità e della distruzione, si ritrovano rinchiusi e isolati. Dopo essermi ristabilito dopo 22 giorni di sciopero della fame, sto pensando a 3 progetti di resistenza alla prigione, vi terrò aggiornati.

Vorremmo chiedere a tutti di sostenere Jus, nella sua lotta in prigione.

Qualche esempio di cose che potete fare:

Scrivetegli! Adora leggere e legge in inglese e polacco. Libri e riviste non sono permessi, ma un articolo su un foglio di carta o il capitolo di un libro sì.
Scrivetegli dello squat in cui vivete, di un atelier cui avete partecipato, mandate delle foto, fate un disegno!
Per qualcuno così implicato nelle lotte ambientaliste è davvero difficile essere tagliato fuori dalle notizie cui avrebbe normalmente accesso. Quindi tenetelo aggiornato su quello che succede, per mostrargli che la gente ci tiene e continua a combattere la macchina.

Dariusz (Jus) Brzeski 3236156
JVA Köln
Rochusstr. 350
50827 Colonia
Germania

Fate delle azioni di solidarietà e prendete delle foto, potete mandarle a: hambacherforst(arobase)riseup.net
o lasciate dei commenti sul nostro blog: hambachforest.blogsport.de

Raccontate la storia, partecipate, fate un poster, visitate la foresta Hambach, organizzate dei concerti di sostegno, tutto serve.

Cercheremo di tenere tutti informati, anche sui progetti di resistenza alla prigione di Jus, per maggiori informazioni potete chiamare il numero del prato: 0157 – 54 136 100

Fuoco alle prigioni, libertà per Jus, libertà per tutti i prigionieri!
Vendetta per Rémi!

in inglese

Azioni internazionali coordinate in solidarietà con Evi Statiri

Dal 12 al 17 settembre 2015, alcun* participant* alla rete di Contra Info hanno effettuato una serie di azioni in solidarietà con Evi Statiri, prigioniera in lotta in Grecia, che il 14 settembre ha cominciato uno sciopero della fame esigendo la sospensione della misura di custodia cautelare impostale 6 mesi fa.

Evi Statiri si trova in galera a causa della mania vendicativa scatenata dagli apparati repressivi della democrazia greca dopo il fallito piano di evasione dei/lle compagn* prigionier* della Cospirazione delle Cellule del Fuoco all’inizio del 2015, che ha messo nel mirino i/le familiar* e amic* dei membri dell’organizzazione. Quando il Potere non riesce a piegare i/le prigionier* sovversiv*, mette le mani su amic* e parenti, cercando di seminare il panico e punire quello che non rientra nelle grosse bibbie della legislatura, quello che supera i muri del carcere, quello che è più lontano dalla dicotomia innocenza-colpevolezza: la solidarietà.

Dopo la decisione di Evi Statiri di scegliere come strumento di lotta lo sciopero della fame, facciamo appello ai/lle compagn* di tutto il mondo per rinforzare questo grido di libertà attraverso l’azione anarchica multiforme. Che nelle strade risuoni: EVI STATIRI LIBERA!

Qui sotto vi proponiamo alcune delle foto delle azioni realizzate nei territori controllati dagli Stati di Bolivia, Francia, Grecia, Portogallo, Cile, Spagna… e aspettiamo i vostri contributi a: contrainfo(chiocciola)espiv.net

Uno striscione è stato esposto a La Paz (Bolivia): “Compagna Evi Statiri, sequestrata dallo Stato greco, ti salutiamo dalla Bolivia”; sono anche stati distribuiti dei volantini: “Dalla Bolivia alla Grecia, libertà per Evi Statiri – La tua lotta dall’interno della prigione è un segno d’indomabile ferocia di fronte al Potere e la repressione”.

lienzo_la-paz-1024x768

octavilla2_la-paz-1024x576

octavilla3_la-paz-1024x768

octavilla1_la-paz-1024x768

Volantini a Tolosa, Francia: “Solidarietà con Evi Statiri, prigioniera politica in Grecia. Evi Statiri si trova in custodia cautelare nella prigione di Koridallos, in Grecia, dal 2 marzo 2015, arrestata perché compagna di Gerasimos Tsakalos, membro incarcerato della Cospirazione delle Cellule di Fuoco (organizzazione anarchica rivoluzionaria internazionale). Dopo essersi vista rifiutare ancora una volta la scarcerazione, il 14 settembre comincia uno sciopero della fame. Fuoco alle frontiere. Fuoco alle prigioni”

toulouse1-768x1024

toulouse2

toulouse3-768x1024Due striscioni sulla cancellata del Politecnico, a Exarchia, Atene: “Né innocenti, né colpevoli – Solidarietà con Evi Statiri” // “Evi Statiri tieni duro // Siamo tutti parenti delle Cellule del Fuoco // Morte ai giudici!”

athens_gr0-1024x768

athens_gr4

athens_gr2

athens_gr3-1024x582

Uno striscione è stato esposto in una delle località più centrali e turistiche di Lisbona, Portogallo: “Libertà per Evi Statiri”; sono anche stati distribuiti dei volantini firmati da alcun* anarchic* con un aggiornamento sulla situazione di Evi: “Solidarietà internazionalista e anarchica con Evi Statiri – Dopo 6 mesi di custodia cautelare, un atto arbitrario di pura vendetta del Potere, Evi Statiri ha cominciato uno sciopero della fame il 14 settembre 2015, nelle prigioni della democrazia greca, fino al suo rilascio incondizionato. (…) Libertà per chi si trova nelle celle della prigione – Rilascio immediato per Evi Statiri – Revoca delle misure restrittive contro Athena Tsakalou!”

evi-statiri_lisboa-1024x530

lisboa-evi-2-1024x722

lisboa-evi-1

Striscione a Santiago, Cile: “La paura può governare, ma non regnerà nei cuori e le menti degli esseri umani liberi” – Evi Statiri libera!”

lienzoevistatiri_santiago

Degli slogan sono stati scritti nelle vie di  Iruña/Pamplona, Navarra (Spagna) — Evi askatu! (“Liberate Evi!” in Basco) e altri…

Nafarroa10-1024x768
Fino alla distruzione totale di tutte le prigioni. Evi libera
Nafarroa11-1024x768
Libertà per Evi Statiri
Nafarroa2-1024x768
Libertà per Evi Statiri, compagna greca

Nafarroa4-1024x768

Nafarroa7-768x1024

Nafarroa9-1024x768

Nafarroa13-1024x768

Nafarroa14-1024x768

Nafarroa1-1024x768

Nafarroa5-1024x768