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Parigi: Capodanno solidale con i/le rinchius*

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Il centro di detenzione di Vincennes in fiamme durante la rivolta del 2008

31 dicembre 2015

Dei fuochi d’artificio e grida di libertà sono stati lanciati la sera di capodanno oltre le mura del centro di detenzione di Vincennes, dell’istituto di pena di Fresnes e di quello femminile di Fleury-Mérogis.

Dei/lle prigionier* hanno risposto con entusiasmo in un gioioso caos dall’interno.

Il giorno dopo, piccolo presidio e fuochi d’artificio davanti all’ospedale psichiatrico in via del generale Lassalle (parigi 19° arrondissement).

Forza coraggio e determinazione

Libertà per tutt*, con o senza documenti

in inglese

Marsiglia, Francia: Capodanno, mezzanotte davanti alle Baumettes

freeallprisoners-768x470Petardi, fuochi d’artificio e solidarietà per i/le prigionier*…

Per questa serata di Capodanno eravamo una trentina a mezzanotte davanti alla prigione delle Baumettes per lanciare petardi, fuochi d’artificio e gridare la nostra solidarietà nei confronti delle persone incarcerate.

Abbiamo chiaramente sentito le ragazze della MAF (Maison d’arrêt pour femmes / Istituto di pena femminile) come anche gli uomini degli edifici che danno sull’esterno.

Libertà per tutt*!

Distruggiamo tutte le prigioni e quest’orribile sistema che le produce!

in inglese

Tolosa, Francia: Fuochi d’artificio solidali per il nuovo anno

prison-1Nella notte di Capodanno dei fuochi d’artificio sono esplosi davanti al centro di detenzione amministrativa di Cornebarrieu, come anche davanti alla prigione di Seysse, in solidarietà con i/le prigionier*.

(autoironia on)
Nel corso di una notte incandescente, degli ordigni pirotecnici sono decollati per aprire una breccia nell’esistente e schiarire per un breve istante il triste cielo degli invisibili.
(autoironia off)

Fuoco a tutte le prigioni.

Morte allo stato.

in inglese

Nantes, Francia: Grande giornata di mobilitazione sabato 9 gennaio (cambiamento di data)

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Nessuna espulsione a Notre-Dame-des-Landes. In bici, in trattore o a piedi sulla tangenziale di Nantes! Sabato 9 gennaio 2016. Appello dei componenti della lotta contro l’aeroporto.

ATTENZIONE! Cambiamento di data

Mobilitazione generale degli oppositori al progetto d’aeroporto il 09 gennaio, dopo l’annuncio dell’udienza per l’espulsione degli abitanti e contadini storici fissata per il 13 gennaio 2016.

In seguito ai processi ‘rinviati’ del 10 dicembre che miravano a espeller gli/le abitant* storici, e in un clima di annunci di eapulsioni e di ripresa dei lavori all’inizio del 2016, mostriamo allo Stato e a Vinci che non lo permetteremo.

Il movimento contro l’aeroporto chiama a una grande giornata di mobilitazione sabato 9 gennaio.

Per quanto riguarda la regione di Nantes, sono in preparazione una marcia tratto-bici e una a piedi.

Lanciamo un appello ai comitati di sostegno e a tutti coloro che si oppongono a immaginare già da ora come partecipare a questa giornata con azioni simili (o altre) nella loro regione o a unirsi a noi.

Dato che l’aeroporto non si farà, chiediamo l’abbandono immediato delle procedure di espulsione:  sabato 9 gennaio tenetevi liberi!

Fate girare l’info attorno a voi. Presto altre notizie.

Non vediamo l’ora di incontrarvi in cammino e nelle strade.

I membri di vari elementi della lotta di NDL (fra cui l’ACIPA, l’ADECA, COPAIN, degli/lle occupant* della ZAD) riuniti in assemblea il 14 dicembre.

in inglese, tedesco, portoghese

Besançon, Francia: Attacco ai locali del PS e della Croce Rossa

partiesocialistUn piccolo gesto in solidarietà con i/le sans-papiers e i/le compagn* nelle grinfie dello Stato…

Nel momento in cui lo Stato radica lo stato d’emergenza nella costituzione e si moltiplicano le leggi liberticide, in cui le uniformi blu e mimetiche irrompono nelle strade per garantire la pace dei ricchi e dei dominanti, in cui la prigione si estende all’esterno delle sue mura, in cui le retate e le espulsioni di sans-papiers si moltiplicano… è tempo di attaccare!

Ecco perché, nella notte tra il 23 e il 24 dicembre 2015, la facciata della sede del PS è stata ricoperta di vernice nera. Allo stesso tempo, la serratura della porta d’entrata della Croce Rossa, il cui locale si trova all’inizio di viale Gaulard, è stata sabotata con la colla.

Le ragioni di quest’ultimo attacco sono evidenti: quest’organismo umanitario – che ha una lunga tradizione di collaborazione con il potere (dalla Seconda guerra mondiale e la sua collaborazione con i nazisti fino a oggi) – organizza le retate, gestisce i flussi di migranti al fianco delle forze di polizia e dei guardiani assassini dell’agenzia FRONTEX, amministra i centri di detenzione… È interamente responsabile del miserabile destino riservato ai/lle sans-papiers.

Attualmente questa organizzazione umanitaria – perfetto ingranaggio di questo mondo di frontiere e miseria – si distingue alla frontiera franco-italiana tra Mentone e Ventimiglia, utilizzando i propri camion per trasferire i migranti nei centri di detenzione.

Le strutture del nemico si trovano a ogni angolo di strada.

Davanti allo stato di emergenza, non chiniamo la testa!

Contro lo Stato, i suoi poliziotti, le sue frontiere!

Sabotiamo la macchina a espulsioni!

in inglese

Lille, Francia: EDF & BNP attaccate il 16 dicembre

abstentionNella notte del 16 dicembre 2015, abbiamo allegramente ridipinto i locali EDF di Lille. Vi abbiamo apposto il seguente messaggio: “né nucleare, né CO2 !”. Abbiamo attaccato anche i locali della BNP alla Madeleine. Le vetrine sono state spaccate e il seguente messaggio taggato: “collaborazionista del disastro ecologico”.

EDF per la gestione e l’esportazione delle centrali nucleari, come anche per la sua 2a posizione in quanto a emissioni di CO2 in Francia.
BNP per il suo sostegno finanziario all’industria del carbone.
Entrambe per la loro operazione di greening tramite la sponsorizzazione della COP-21.

Questa COP-21 non è che il prolungamento delle venti precedenti: l’aumento del 60%  delle emissioni di CO2 di questi ultimi vent’anni non sono il risultato di mancanza di volontà o di cattiva gestione ma il ritmo necessario di un sistema basato sul profitto.

In questa fine disastrosa di COP-21, e di elezioni regionali, ci esprimiamo artisticamente per mettere in luce i giochini politici che si tramano a porte chiuse. E la loro propaganda che è soltanto un ossimoro.

Come la metà degli elettori ci siamo astenuti. Ci asteniamo perché prendiamo la politica sul serio. Che non ci chiedano di votare per salvare la repubblica, quando la loro polizia asfissia, picchia, acceca, mutila o uccide un manifestante come sulla diga di Sivens; quando dei lavoratori di Air France, pur avendo accettato tutte le riduzioni di stipendio, vengono criminalizzati dall’insieme della classe politica per una camicia strappata. Alla fin fine, stato d’emergenza o no, lo scopo è sempre quello di ridurre al silenzio chi si preoccupa per la propria sopravvivenza.

Libertà pubbliche, giustizia sociale, ambiente, non sono che parole vuote nella bocca dei politici; ai partiti di governo come anche al Front national non gliene frega niente.

Malgrado le loro promesse di “cambiamento”, si schierano e si schiereranno sempre a fianco degli interessi della distruzione capitalista del territorio, dei lavoratori, e della notra salute.

Che non si stupiscano più della nostra astensione, perché noi non ci stupiamo più dei loro imbrogli.

Comitato Jackson Pollock

in inglese

Rennes, Francia: Un anno dopo. Gomme bucate per l’esercito

rennesUn modesto contributo.

Un anno fa (NdT: nella notte tra il 25 eil 26 ottobre), durante una manifestazione contro il progetto della diga di Sivens, l’esercito uccideva una persona tra gli oppositori.

Il giorno prima un centro di reclutamente dell’esercito (CIRFA) aveva aperto i battenti a Rennes. Mondo cinico.

Nell’ora in cui lo stato ci impone i suoi militari armati nelle strade, rafforza il controllo e la repressione ai confini, manda le sue truppe in tutto il mondo e si prepara a un intervento di ampia portata sulla zad di notre dame des landes, è ben chiaro a cosa sono destinate queste campagne di reclutamento: trovare mano d’opera per difendere i propri interessi e mantenere l’ordine.

Bucare le gomme e incollare le serrature dei veicoli che stazionavano nel parcheggio del CIRFA (2 rue de la mabilais) era quindi il minimo.

L’esercito ti porge la mano… e resta a portata di mano.

Nantes, Francia: Contro l’aeroporto e la Cop21: Resistenza e Colori!

gbdsMentre la multinazionale Vinci è partner ufficiale dell’esposizione “Soluzioni COP21 : Vivete l’esperienza clima” al Grand Palais di Parigi, e vi tiene due conferenze (una delle quali co-presentata da un dirigente di Veolia) per spiegare al pubblico fino a che punto le loro iniziative sono  ecoresponsabili, sostenibili e “green”, la sua filiale Aeroporti del Grand’Ovest ha rimesso d’urgenza in moto le procedure di espulsione dell’insieme degli abitanti della ZAD, per poter cominciare a costruire il suo aeroporto ad “Alta Qualità Ambientale”.

Davanti a questa ossessione per la cementificazione dei nostri luoghi di vita, un gruppo di artisti-pittori ha deciso, nella notte tra venerdì 4 e sabato 5 dicembre 2015, di ridecorare allegramente il triste edificio grigiastro dell’agenzia SOGEA Atlantique, un’altra delle molteplici filiali di Vinci, a Saint-Herblain.

Speriamo che questi nuovi colori piacciano alla direzione, e che possano raddolcirne le abitudini.

D’altronde, qualsiasi azienda di lavori pubblici che desideri una squadra di volontari entusiasti per ridipingere i propri locali può inviare la propria candidatura rispondendo agli appalti della  Prefettura della Loira-Atlantica.

Vi promettiamo una realizzazione notturna e discreta per un risultato del massimo effetto.

Federazione Artistica Informale / Fronte Ridicolo Internazionale
Commissione “Estintori E Rinnovo Delle Facciate” (E.R.D.F.)

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in inglese

Tolosa, Francia: Attacco incendiario contro EDF

Nella notte del 6 dicembre abbiamo bruciato cinque automobili EDF a nord di Tolosa.

EDF è uno dei partner della COP21. È anche un’azienda di stato che cerca di presentare il nucleare come una delle soluzioni al problema del cambiamento climatico.

Il nucleare è morte, distruggiamo chi lo promuove!

Pensiamo che sia importante attaccare la COP21 dove si trova: cioè ovunque ci siano profitto e potere.

Preferiamo la qualità, la complicità e la sorpresa all’appuntamento mediatico e spettacolare con lo stato e il suo branco poliziesco.

Con qualche accendifuoco, una tanica di benzina e dei sorrisi soddisfatti rispondiamo umilmente alla sorveglianza, la paura e la rassegnazione che ci alienano ogni giorno.

All Cops 21 Are Target !

Sempre più benzina contro lo stato (d’emergenza)!

Delle teste calde.

in inglese

Francia, Tolosa: Operazione Pandora. Striscioni in solidarietà con gli/le accusat*

Nella notte di martedì 3 novembre 2015 degli striscioni sono stati esposti un po’ ovunque a Tolosa necropoli, in solidarietà con gli/le compagn* vittime una volta di più dell’oppressione e della repressione di stato.

tlse1-2
Pietra dopo pietra, muro dopo muro, distruggeremo le prigioni. (A)
2-2
Pandora. Morte allo stato che imprigiona i/le nostr* compagn*
3-2
Se ci cercano porta a porta, resisteremo gomito a gomito! Pandora – (A)
tlse3
Crepino la galera e lo stato. (A)
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Pandora. Libertà innocenti e ancora di più se colpevoli! (A)
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Lo stato distrugge delle vite… distruggiamo lo stato!

Che crepino la repressione, la Francia e lo Stato!

 

Parigi: Qualche considerazione su un progetto di lotta per la distruzione delle frontiere

Parigi 13 settembre 2015

Assistiamo ogni giorno a un’intensificazione del massacro perpetuato dalle frontiere degli Stati. Migliaia di uomini e donne che fuggono dalle guerre, la miseria e le catastrofi ecologiche, conseguenze dirette dello sfruttamento delle materie prime, e persone ridotte allo stato di materie prime. Assistiamo quotidianamente a ciò che somiglia sempre di più a un’ecatombe, alle porte dei luoghi dove viviamo, e ci abituiamo a essere spettatori dell’orrore di questa normalità.

Di fronte a questa massa di esseri umani che, rischiando la loro vita, sfidano le frontiere e affrontano i cani da guardia dell’Europa, gli uomini di Stato si riempiono la bocca di discorsi sui valori democratici e proclamano la necessità di regolarizzare una parte di loro, stabilendo i criteri necessari per smistarli, selezionare la buona mercanzia e respingere quella avariata. Si stabiliscono delle politiche comuni, si costruiscono grandi centri di smistamento, si rinforzano gli apparati burocratici e militari e la sorveglianza delle frontiere. Frontiere che oggi non sono solamente dei limiti territoriali tra Stati, ma che si materializzano anche nei controlli e nelle retate, nei trasporti pubblici e nelle stazioni, sui posti di lavoro e nei rapporti di sfruttamento, agli sportelli di banche ed amministrazioni, nei centri di detenzione amministrativa e nel lavoro dei gestori umanitari.

In questi ultimi mesi, nelle strade di Parigi, centinaia di uomini e donne hanno vissuto sulla loro pelle l’accoglienza dello Stato francese. Cacciat* da ogni piazza, da ogni strada, da ogni parco, da ogni ponte sotto cui cercavano di trovare rifugio, picchiat* e intossicat* con il gas dagli sbirri perché continuavano a restare insieme. Questa situazione ha portato alla creazione di “gruppi di sostegno” da parte di cittadin*, vicin* e militant* di diverse estrazioni. Tra loro, alcuni individui sinceri per i quali l’aiuto è un fine in sé, animati dalla rabbia o l’indignazione, ed altri, rappresentanti di partiti o di organizzazioni umanitarie, per i quali i migranti costituiscono un mezzo per accrescere la propria visibilità nelle strade e nei media, aumentare il proprio potere politico e così ottenere maggiori finanziamenti pubblici e privati. Nel complesso, questi gruppi hanno cercato di fornire sostegno materiale e appoggiare politicamente le rivendicazioni portate dalla maggior parte di questi uomini e donne: le loro richieste di asilo e di alloggio. Rivendicazioni che invocano i diritti dell’uomo e considerano come interlocutore lo Stato. Quello stesso Stato che, più o meno direttamente, è implicato in sanguinosi affari nei loro paesi di origine, che li massacra alle frontiere e che li bracca perché dormono per strada, accogliendoli con gas e manganello per sbarazzare la vetrina turistica che è Parigi da questa gentaglia.

Probabilmente, molt* di loro riusciranno a ottenere i documenti e a farsi scannare per le vie legali dello sfruttamento del sistema economico francese, grazie a mobilitazioni più o meno cittadine. Molt* altr* continueranno a morire alle frontiere o resteranno nella massa di indesiderabili agli occhi del mercato e dello Stato, condannati alla miseria e la repressione.

Fino a quando esisteranno gli Stati e le loro frontiere, ci saranno dei/lle sans-papiers indesiderabil*, fino a quando ci saranno guerre e lo sfruttamento capitalista continuerà, milioni di persone non avranno altra scelta che esiliarsi per sopravvivere. Fino a quando esisteranno i documenti, la cui sola ragione di esistere è il controllo del bestiame umano, la gestione degli inclusi e degli esclusi, certi avranno i “buoni” documenti e altri i “cattivi”, e altri ancora non li avranno affatto, essendo gli Stati a gerarchizzare le vite umane secondo i propri criteri. È per questa ragione che allo slogan “documenti per tutti e tutte”, noi preferiamo questo slogan irragionevole, “né documenti né frontiere”, che non chiede nulla agli Stati, auspicando piuttosto la loro distruzione, poiché non saremo mai liberi fino a quando ognuno e ognuna non potrà vivere come preferisce e andare laddove le sue scelte lo portano.

D’altra parte, nessuno scappa alle grinfie del capitalismo. Gli sfruttati e le sfruttate si confrontano ovunque alla violenza dell’economia e dello Stato, ed è la stessa logica di sopravvivenza che uccide a fuoco lento i nostri corpi e nostri spiriti. È la ragione per cui vogliamo far saltare le barriere (e il linguaggio stesso forma la parte più visibile dell’iceberg) erette tra un “noi” immaginario e i “migranti”. Uscire definitivamente dalla logica del “sostegno” che apporta assistenza a un soggetto creato sulla base di una discriminazione positiva, incarnando la figura dell’oppresso per eccellenza. È proprio facendo di una molteplicità di uomini e donne un tutto omogeneo che si dimentica che hanno traiettorie e idee differenti. Ed è proprio sulla base di tali differenze che possiamo condividere momenti di complicità e di lotta, poiché come ogni oppresso, un “migrante” può rivoltarsi contro la sua condizione o servire fedelmente i suoi oppressori per ottenerne dei vantaggi.

Noi apprezziamo e valorizziamo l’aiuto reciproco che comprendiamo come uno slancio del cuore ma, in una prospettiva liberatrice, questa forma di solidarietà non può sostituirsi alla necessità dello scontro con gli uomini e le strutture dello Stato, la polizia e il controllo. Non può insomma accontentarsi degli ingranaggi democratici, mettendo da parte con il pretesto dell’urgenza, l’insieme multiplo e variegato degli atti di rottura – o almeno che tentano di crearne una – con l’ordine esistente. In caso contrario, ciò equivale ad aiutare lo Stato nel suo lavoro di gestione, ad assicurare dei servizi in sua assenza, a impedire che la situazione diventi realmente incontrollabile. Poiché è questo ciò che teme – e a ragione – lo Stato.

***

Ciò che ci muove è l’idea di un mondo senza Stato né dominazione, dunque concretamente la loro distruzione, così come l’idea di un mondo libero dal capitalismo, dunque concretamente la sovversione dell’insieme dei rapporti esistenti. Queste idee, a priori minoritarie, non sono un fagotto da aprire di tanto in tanto per rassicurarci o darci una speranza nel marasma quotidiano, ma costituiscono la nostra bussola. Per quello che riguarda la rivolta, la rabbia, la ribellione, l’insubordinazione, nelle diverse forme in cui esse si esprimono, sappiamo che sono reazioni diffuse e numerose,  proprie dei diversi antagonismi che attraversano la società. Queste due parti di noi sono inseparabili: non siamo disposti a mettere da parte le nostre idee per aggregarci, per esempio, a un momento di lotta collettiva; e allo stesso modo non storciamo sempre il naso di fronte a una lotta di cui non condividiamo necessariamente l’insieme dei mezzi e dei contenuti. “Io cerco una forza, poiché l’idea fa solo il suo compito. E se l’idea propone, la forza dispone”, diceva una volta un rivoluzionario. Secondo noi, questa – mal nominata – forza è la conflittualità sociale stessa, e si pone dunque la questione del nostro intervento all’interno di questa conflittualità.

Non cerchiamo alcuna legittimità, poiché anche quando avviene indirettamente, è il  potere che differenzia ciò che è legittimo da ciò che non lo è. La legittimità è dunque il riflesso di una sottomissione all’autorità, e quella della maggioranza (la cosiddetta “opinione pubblica”) non è meno temibile. Poiché la legittimità è per l’opinione pubblica ciò che la legalità è per lo Stato, cioè la negazione dell’auto-determinazione delle nostre vite. Una rivolta legittima è incapace di sabotare i fondamenti della società, propone solamente una ridefinizione della società fondata sul mito di uno stato e di leggi più “umane”, di una giustizia più “giusta”, di un’economia più “ugualitaria” e attende un riconoscimento dall’”opinione”.
Lontani da ogni opportunismo politico, il nostro intervento in una lotta sociale deve farsi sulle nostre proprie basi: noi non lottiamo per “aiutare i migranti ad ottenere i documenti”, ma contro la dominazione degli Stati su tutti e tutte. Avere una presenza nelle strade non per esserne in testa, e nemmeno per offrire un servizio a chicchessia, senza chiarezza sulle nostre idee, diluendole o concentrandole secondo il nostro comodo, ma per diffondere idee e pratiche insurrezionali, per avanzare nella prospettiva di una rivoluzione sociale.

Per poter governare, ogni potere ha bisogno di creare delle categorie e di produrre delle divisioni che gli sono utili, assegnando a ciascuno dei ruoli che costituiscono altrettante catene destinate a favorire la servitù e l’assoggettamento. Come abbiamo già detto, noi vogliamo far saltare le barriere instaurate dal potere ed è per questo che non è l’appartenenza per default di tale individuo a tali supposte comunità – siano nazionali, culturali o etniche – o categorie (immigrati, clandestini, sans-papiers, devianti, fuorilegge, lavoratori, disoccupati, diplomati…) a condizionare i nostri rapporti con loro, bensì  il modo in cui essi si relazionano a tali appartenenze. Ciò che conta per noi è l’impegno, le posizioni, le scelte e i rifiuti che degli individui reali adottano in situazioni particolari, così come le ragioni che li animano.

***

Qualche anno fa, in Francia, la “lotta contro la macchina delle espulsioni” aveva un vantaggio che la lucidità ci fa riconoscere oggi con amarezza come obsoleto: quello della chiarezza. Gli incendi volontari dei centri di detenzione amministrativa (quelli di Vincennes, Mesnil-Amelot, Nantes, Plaisir, Bordeaux, Tolosa), le evasioni, le manifestazioni, l’appoggio agli accusati dell’incendio di Vincennes, i volantini, i manifesti e i molteplici attacchi, tutto questo – leggiamo oggi su un bollettino dell’epoca – non lasciava spazio ad equivoci: “o lottiamo contro i centri di detenzione e niente di meno che per la loro soppressione, come lo hanno sperimentato una parte dei sans-papiers a partire dalla loro situazione concreta, o desideriamo mantenerli”. La distruzione volontaria del centro di Vincennes ha “portato via con sé la sua vernice umanitaria: i reclusi hanno lottato praticamente per una rimessa in libertà pura e semplice, e non per un miglioramento di questa gabbia situata tra una scuola di polizia e un ippodromo”.
La questione della solidarietà poteva non solamente superare la semplice affermazione, ma anche proporre un altro percorso rispetto a quello del sostegno. Mirando all’insieme della macchina delle espulsioni e non ai soli centri di detenzione, ed esprimendo un contenuto chiaro che non si poneva in esteriorità, le azioni inserite nell’antagonismo diffuso potevano aprire un cammino a una solidarietà risolutamente offensiva.

Attualmente, almeno negli ultimi mesi, le nostre idee non hanno avuto abbastanza eco e non abbiamo contribuito sufficientemente con i nostri atti  a sovvertire una situazione che era potenzialmente ricca di possibilità. Non siamo riusciti a influire abbastanza affinché la rivolta prenda il sopravvento sulla logica del sostegno. D’altra parte – contrariamente agli anni riassunti qui sopra – gli atti di rivolta ai quali vogliamo esprimere una solidarietà offensiva sono stati rari.

Ma la rivolta è latente, a volte scoppia e non conosce frontiere come mostrano gli avvenimenti recenti: il 22 agosto dei migranti venuti dalla Grecia si scontrano con la polizia macedone alla frontiera tra i due paesi. Mentre due giorni prima era stato dichiarato lo stato di emergenza, l’esercito e le forze speciali di polizia inviate sul posto non sono in grado di arginare la situazione. Coloro che riescono a passare prendono d’assalto la stazione di Gevgelija per recarsi in treno in Serbia. A Calais (Francia), la notte del 31 agosto, dopo l’arrivo del primo ministro, 200 persone corrono sull’autostrada d’accesso al sito dell’Eurotunnel e la bloccano. Il 3 settembre delle persone bloccano l’entrata del centro Jules-Ferry  (gestito dall’associazione La Vie Active) dove ha luogo la distribuzione dei pasti, protestando contro l’aiuto umanitario e le condizioni di vita nelle quali sono mantenute. Qualche giorno più tardi, al centro di detenzione di Saint-Exupéry vicino all’aeroporto di Lione, dei detenuti ammassano materassi e lenzuola e accendono un fuoco. Respingono le guardie, distruggono mobili e vetrate, mentre due persone salgono sul tetto per evadere. Nello stesso periodo a Roszke, in Ungheria, un migliaio di migranti forza un cordone della polizia rifiutando di essere condotti a un centro di accoglienza e identificazione nelle vicinanze. Una parte di loro scavalca una barriera per accedere all’autostrada che porta a Budapest e continuare il tragitto a piedi. A Bicske (Ungheria), dei migranti saliti su treni pensando che si dirigessero in Germania rifiutano di essere deportati quando comprendono che questi treni hanno per destinazione dei centri di identificazione e di smistamento. Il 5 settembre, sull’isola di Lesbos, in Grecia, per il secondo giorno consecutivo dei migranti si scontrano con la polizia. Qualche ora prima, un migliaio di loro era uscito da un centro di accoglienza temporanea e aveva bloccato una strada dell’isola. Sempre a Lesbos, un migliaio di migranti si è raggruppato e ha tentato con la forza di salire un una barca in direzione di Atene. Il 6 settembre a Valencia (Spagna), una quarantina di prigionieri del centro di detenzione si  ribella contro gli sbirri e riesce a impadronirsi delle chiavi. Un gruppo cerca di evadere mentre all’interno vengono incendiati dei materassi, del materiale viene distrutto e cinque sbirri feriti. Il 7 a Bedford, in Inghilterra, delle donne detenute nel centro di detenzione  Yarl’s Woos occupa il cortile e dichiara “Siamo in cortile e protestiamo (…). Esigiamo la nostra libertà. Cantiamo per la nostra libertà. Gridiamo (…). Non vogliamo il loro cibo. Non vogliamo le loro attività. Vogliamo semplicemente la nostra libertà”.

Ogni settimana porta con sé la sua quota di morti che ci torce le budella e ci spacca il cuore.  Di fronte a quest’orrore in cui sono immerse  centinaia di migliaia di persone, di fronte a questa guerra di tutti i giorni che costituisce il capitalismo, è la nostra rabbia contro questo mondo e la vita al ribasso che ci promette che si acuisce di giorno in giorno. Ma, come è stato già detto in passato, noi non siamo solidali della miseria, bensì del vigore con il quale gli uomini e le donne non la sopportano: alla solidarietà nell’oppressione noi opponiamo la complicità nella rivolta. Allora, pur faticando a trovare delle prospettive offensive concrete a cui esprimere una solidarietà particolare, vogliamo comunque credere che sia possibile pensare a tali prospettive per esprimere un rabbia – che d’altra parte non ha bisogno di tali prospettive per esprimersi – che noi sappiamo essere diffusa, e che per questa ragione potrebbe aprire la via a dei momenti di scontro e rottura con l’ordine esistente. E durante questo percorso, una volta sbarazzati del racket politico, della vernice umanitaria, di questa putrida indignazione del cittadino “che si lamenta ma che vuole il mantenimento del sistema” – vera chiave di volta della servitù democratica – si creeranno occasioni in cui la solidarietà potrà acquisire una maggiore portata.

“Dire che nulla può cambiare, che non possiamo deviare la marcia del destino, è l’incentivo accordato a tutte le nostre debolezze”.

“Non esistono cose fatte, vie preparate, non esiste modo o lavoro finito, grazie al quale tu possa pervenire alla vita. Non esistono parole che possano darti la libertà: poiché la via consiste precisamente a creare tutto a partire da sé stessi, a non adattarsi ad alcuna via. La lingua non esiste ma tu devi crearla, devi creare il suo modo, devi creare ogni cosa: affinché la vita sia la tua”.

Non c’è alcuna buona ragione di attendere per compiere ciò che il nostro cuore e la nostra ragione suggeriscono, né movimento sociale, né appuntamento con la storia. Se rifiutiamo di rinviare la diffusione delle nostre idee e delle pratiche che ne derivano a ipotetici domani più propizi, sentiamo allo stesso tempo la necessità di contribuire a creare le condizioni che rendono possibile un capovolgimento dell’ordine sociale, un fatto sociale ancora sconosciuto, imprevedibile ma devastante.

Parigi: E uno, e due, e tre…

Nella notte da domenica 30 a lunedì 31 agosto le finestre del centro Emmaüs-Solidarité al numero 47 di via Raymond-Losserand nel XIV° Arrondissement di Parigi sono state ridecorate con la scritta “Emmaüs collaborazionista“. Collaborazionista con la polizia, perché durante l’occupazione del centro nel giorno di mercoledì 11 agosto da parte di migranti che chiedevano condizioni di vita migliori, il personale di Emmaüs chiamò la polizia con il risultato della detenzione di quattro persone che a inizio ottobre affronteranno un processo con l’accusa di sequestro.

Due passi più in là, una succursale della banca LCL finiva con la vetrina e il bancomat copiosamente distrutti mentre sulla parete a lato il giorno dopo i/le passanti potevano leggere il seguente messaggio: “Il capitalismo uccide – Abbasso tutte le frontiere”.

Inoltre le vetrine della sede del Partito Socialista al numero 2 divia Ernest Lefévre nel XX° arrondissment di Parigi sono finite a pezzi e sulla parete vicina appariva la scritta “Abbasso tutte le frontiere”.

È sempre l’ora di ribellarsi.
Abbasso lo Stato, il capitalismo e gli amministratori umanitari.
Libertà per tuttx.

traduzione dal castigliano mc, galera Menzingen, CH, ottobre 2015

in spagnolo

Ai clienti – Insurrezione e bispensiero

CIII

«Quando allarga la coda questo uccello,
bellissimo da vedere
con le penne che strascicano a terra,
sembra ancor più bello
ma si scopre il sedere»
Guillaume Apollinaire, Il pavone

Il secondo libro del Comitato Invisibile, come il primo, è stato pubblicato in Francia per conto della stessa casa editrice La fabrique il cui nome è un omaggio all’ideologia operaista. Il suo animatore è Eric Hazan, una sagoma di editore, nonché storico e filosofo. Oltre ad essere, naturalmente, un acerrimo nemico dell’ordine costituito, benché le sue Prime misure rivoluzionarie (titolo di un suo libro scritto assieme allo zombi di Kamo, si sussurra anch’egli riesumato sull’altopiano di Millevaches) non siano riuscite del tutto a far dimenticare le sue ultime misure controrivoluzionarie (la sua propaganda elettorale a favore del socialista François Hollande, ora primo ministro*). Come il precedente, anche Ai nostri amici fa parte della collana da battaglia delle edizioni La fabrique, la stessa che accoglie opere di Marx, Engels, Lenin, Mao, Blanqui, Gramsci, Robespierre, ben tre titoli di Tiqqun… Ma Hazan non ha occhi solo per nonni e nipotini del pensiero rivoluzionario autoritario: il suo catalogo dal 2010 può vantare anche Les mauvais jours finiront. 40 ans de combats pour la justice et les libertés, il cui titolo dal piccante sapore comunardo-situs serve a condire una pietanza sfornata da un autore insipido quale il Sindacato della magistratura. Beh? Che c’è di strano? Proprio niente, considerando che nel 2003 Hazan si era già distinto per la pubblicazione del diario del fondatore del Sindacato della Polizia Nazionale, venti anni trascorsi a fare questo «buon mestiere in cui si aiuta la gente e si protegge la società», mentre nel 2005 aveva editato il libro di un medico ausiliario della polizia desideroso di far sapere al pubblico quanto si prendano cura della salute degli arrestati nei commissariati.
Insomma, lo avrete capito, Eric Hazan è un rivoluzionario, colto e privo di pregiudizi.

Il retro copertina del nuovo libro del C. I., oltre ad elencare a chi si rivolge, si conclude con l’ormai immancabile affettazione di umiltà, un vero e proprio marchio di fabbrica di certi ambiti movimentizi. Questa nuova fatica editoriale viene leziosamente presentata dai suoi autori come un «modesto contributo all’intelligenza di questo tempo». Ora, già è seccante sentire un sapiente complimentarsi per la propria erudizione, o una musa vantare la propria bellezza, o un nerboruto rivendicare la propria forza. Ma la modestia? Sbandierare la propria modestia significa cadere in flagranza di ipocrisia, è urlare la propria vanità. Ma il C. I., come vedremo, è sommo maestro di contraddizioni.

Comincia con una ostentazione di umiltà nel farsi annunciare in pompa magna. Nella scheda promozionale del libro leggiamo infatti: «Nel 2007 pubblicammo L’insurrezione che viene. Un libro che oggi si è finito coll’associare al “caso Tarnac”, dimenticando che era già un successo in libreria… Perché non basta che sia incluso nella sua integralità in un fascicolo di indagine antiterroristica perché un libro si venda, occorre anche che le verità che articola tocchino i lettori per una certa giustezza. Ora bisogna pur ammettere che molte affermazioni del C. I. si sono viste confermate da allora, a partire dalla prima e più essenziale: il ritorno fragoroso del fatto insurrezionale. A partire dal 2008 non è trascorso un semestre senza che una rivolta di massa o un sollevamento abbiano portato alla destituzione del potere in carica… Se è stato il seguito degli eventi a conferire il suo carattere sovversivo a L’insurrezione che viene, è l’intensità del presente che fa di Ai nostri amici un testo eminentemente più scandaloso. Non ci si può accontentare di celebrare l’ondata insurrezionale che percorre attualmente il mondo, pur felicitandosi di averne avvertito la nascita prima degli altri… Ai nostri amici è così scritto al culmine di questo movimento generale, al culmine dell’esperienza. Le sue parole provengono dal cuore dei disordini e si rivolgono a tutti coloro che credono ancora sufficientemente nella vita per battersi. Ai nostri amici vuole essere un rapporto sullo stato del mondo e del movimento, uno scritto essenzialmente strategico e apertamente partigiano: la sua ambizione politica è smisurata: produrre una intelligenza condivisa dell’epoca, a scapito della estrema confusione del presente».

Il linguaggio della pubblicità conosce solo il superlativo assoluto. Le parole di questa presentazione suonano così poco modeste da risultare inappropriate se rivolte a potenziali amici, solitamente poco inclini a gradire una tale supponenza. Ma perfette qualora si intenda rivolgersi a potenziali clienti da attrarre con la promessa di emozioni forti. Non è forse vero che ogni nuovo prodotto immesso sul mercato viene presentato come se fosse un «capolavoro», una «esperienza da non perdere», una «sensazione unica»? Lo faceva notare nel 2006 anche un saggio sulla propaganda del quotidiano comparso in Francia per conto delle edizioni Raisons d’agir, in cui si denuncia che «Un altro sintomo dell’influenza pubblicitaria è l’inflazione dell’iperbole, in particolare nelle… recensioni di libri e film. (…) I giornalisti facilitano il lavoro ai creativi delle agenzie disseminando i loro articoli di formule entusiaste, ricche di aggettivi… La relazione incestuosa con la pubblicità contribuisce a fare [della lingua] uno strumento di emozione programmata, una lingua impulsiva così come si definisce “un acquisto impulsivo”». Curioso — ma non siamo affatto sorpresi — che l’autore di questo saggio intitolato LQR sia proprio monsieur Eric Hazan, il quale nelle vesti di saggista frusta quell’invasione della pubblicità nella lingua che nelle vesti di editore accoglie al fine di programmare i lettori all’acquisto impulsivo dei suoi prodotti.

Mettendo da parte la miseria dei trucchetti auto-promozionali, una presunzione simile ci fa venire in mente alcune considerazioni di un vecchio e noto anarchico italiano, il quale irrideva alla «dolce mania di tutti gli idolatri. Così i marxisti attribuiscono tutto a Marx, ed uno passa per marxista anche se dice che i padroni derubano gli operai (ah! dunque ammettete la teoria del plus-valore, vi gridano contro con accento di trionfo) o se afferma quella millenaria verità che per far valere la ragione ci vuole la forza. Se dite che il sole splende, i mazziniani diranno che lo disse Mazzini, e i marxisti risponderanno che lo disse Marx. Gli idolatri son fatti così». Anche il C. I. è fatto così, è un idolatra di se stesso. Ricorda solo i disordini scoppiati dopo che il suo libro è stato benedetto dalla Fnac o da Amazon — manco le insurrezioni e le sommosse esplose nel mondo a partire dal 2007 fossero merito suo, manco i rivoltosi di tutto il pianeta fossero insorti perché eccitati dalla lettura del suo testo. E quanto è accaduto, ad esempio, a Oaxaca o in Kurdistan nel 2006, in Francia o in Iran nel 2005, a Manipur o in Siria nel 2004, in Iraq e in Bolivia nel 2003, in Argentina nel 2002, in Algeria nel 2001, in Ecuador nel 2000, in Iran nel 1999, in Indonesia nel 1998, in Albania nel 1997… per non parlare delle continue rivolte che scuotono un paese impenetrabile all’informazione occidentale come la Cina?
Che i cialtroni del C. I. si rassegnino. Non hanno predetto nulla, non hanno scoperto ed annunciato alcuna novità. Le tempeste non scoppiano per confermare le parole del meteorologo. Le insurrezioni accompagnano e attraversano la storia e per esplodere non hanno bisogno di nessuno che le teorizzi. Né di rivoluzionari che ne discutano sulle loro pubblicazioni autonome, né di intellettuali che le trasformino in logo di successo sul mercato editoriale. Se poi costoro si vantano di essersi accorti del fatto insurrezionale prima di altri, allora c’è da chiedersi chi siano questi altri: i loro concorrenti nella scalata alle classifiche di vendita con titoli di critica politica? Quel Toni Negri che tanto li ossessiona nella competizione per l’egemonia teorica dell’estrema sinistra, o quello Stéphane Hessel che incita all’insurrezione civica delle coscienze, o quella Naomi Klein icona del movimento antiglobalizzazione, i cui libri hanno tutti venduto molto più del loro, evidentemente perché… hanno articolato verità ancora più giuste?

Comunque sia, ne conveniamo, il C. I. un primato l’ha ottenuto. Prima di tanti altri, ha mercificato l’insurrezione.
E poi, laddove non arriva l’iperbole pubblicitaria, interviene il coinvolgimento emotivo. Nella premessa del libro i rudi membri del C. I. avvincono i lettori con le loro confidenze, rendendoli partecipi della loro vita avventurosa: «A partire da L’insurrezione che viene siamo andati lì dove l’epoca si incendiava. Abbiamo letto, abbiamo lottato, abbiamo discusso con compagni di ogni paese e di ogni tendenza, insieme a loro ci siamo scontrati con gli ostacoli invisibili del tempo. Alcuni di noi sono morti, altri hanno conosciuto la prigione. Abbiamo perseverato. Non abbiamo rinunciato a costruire dei mondi né ad attaccare questo mondo».
Ecco che riaffiora quella sensazione di profondo imbarazzo, quasi di vergogna per qualcun altro.

La forza dell’anonimato sta nella sua capacità di sgravare il significato di una idea o di una azione dall’identità di chi la formula o la compie, restituendola così ad una piena disponibilità nella sua essenza universale. Ma che dire quando viene usato solo per prendersi la licenza di vantare o millantare chissà quali imprese? Su chi vuole fare colpo il C. I. quando — sicuro di non poter ricevere smentite — evoca la sua onnipresenza nei disordini, la morte e la galera subite dai suoi appartenenti, nonché la sua irriducibile tenacia? Una simile sbruffonaggine potrà forse impressionare i suoi clienti, ma incita ad un sarcasmo feroce tutti gli altri. Diamo pure per buono che la riscossione dei diritti d’autore gli abbia permesso di fare turismo insurrezionale, ovvero di fare a gara con pompieri, poliziotti e giornalisti nel precipitarsi ovunque ci fossero focolai di rivolta. Ma già dubitiamo che abbia discusso con compagni di tutte le tendenze (va bene, non siamo troppo pignoli: «e di quasi ogni tendenza», escludendo chi non lo adora). Infine, fra i suoi adepti, chi e come sarebbe morto? Non lo dice, così da far volare la fantasia. Sta forse parlando dei caduti sul campo nel corso delle insurrezioni? O più semplicemente dei dedicatari di questo nuovo libro? Forse che Billy e Guccio e Alexis facevano tutti parte del Comitato? E quale suo appartenente sarebbe finito in prigione? L’hacker Jeremy Hammond?
Ne dubitiamo fortemente, ma è del tutto inutile dilungarsi con simili interrogativi. Dopo essersi autoproclamato portavoce del «partito storico» dell’insurrezione, al C. I. non resta che passare in rassegna i propri possedimenti cooptando la rivolta altrui attraverso l’uso di quel plurale maiestatis che lo fa riflettere su «l’azione mondiale del nostro partito», o ricordare che «Il 5 maggio 2010 eravamo in 500.000 a marciare nel centro di Atene». Così come in passato gli intellettuali dell’I. S. si vantavano di esprimere la teoria rivoluzionaria, sostenendo con sprezzo del ridicolo che le loro idee erano «in tutte le teste — è ben noto», allo stesso modo gli intellettuali del C. I. si vantano nel presente di esprimere il fatto insurrezionale, sostenendo — con pari sprezzo del ridicolo e parassitando lo slogan di Anonymous — di essere legioni e di essere ovunque sulle barricate erette nel pianeta. È ben noto!

Eccolo qui l’ultimo pavone dello zoo dell’estrema sinistra, tutto intento ad aprire la coda dalle penne fosforescenti per mettersi in mostra davanti al suo pubblico.

Ai clienti
insurrezione e bispensiero
pp 88, € 5,00

(da 5 copie sconto del 40%)
richieste a:
nosennemis(at)gmail.com

*Nota di Contra Info: François Hollande è stato eletto Presidente della Repubblica

Francia, Rennes: Tag sulla prigione femminile

Nella notte di lunedì 19 ottobre, il muro di cinta della prigione femminile di Rennes è stato taggato con un estintore pieno di vernice: “LIBERTÀ”

Questa è la più grande prigione in Europa che rinchiude delle donne.

Su una delle arterie principali della città, nel cuore di questo quartiere in piena riqualificazione per poter accogliere sempre più ricchi e potenti, questo grido di LIBERTÀ ha senso tanto all’interno che all’esterno di queste mura.

CONTRO TUTTE LE RECLUSIONI
CONTRO LA RIQUALIFICAZIONE DEL QUARTIERE ATTRAVERSO IL PROGETTO €URORENNES

SOLIDARIETÀ CON LA COMPAGNA LUCILE, IN CARCERE A PARIGI DA UNA SETTIMANA PER OLTRAGGIO E RESISTENZA.

MORTE ALLO STATO! LIBERTÀ PER TUTTE!

Dispositivo di sorveglianza trovato, documentato e distrutto

Trovate altre foto qui.

panoramaA fine settembre abbiamo messo fine all’incertezza riguardo la presenza di un dispositivo di sorveglianza che aveva come obiettivo la biblioteca anarchica La Discordia nel Nord-Est di Parigi. Un dispositivo che si trovava nella scuola Montessori «Plaisir d’enfance» situata proprio di fronte alla biblioteca, al primo piano, in uno sgabuzziono che dava sulla finestra (il dispositivo aveva la forma di un «dossier di cartone»).

Martedì 6 ottobre abbiamo deciso di entrare nella scuola per contattare la direzione. Insistendo abbiamo finito per ottenere un appuntamento con la direttrice amministrativa e finanziaria della scuola. In un primo tempo questa ha negato, ma, messa alle strette, ha finito per riconoscere (a mezze parole) l’esistenza del dispositivo nella sua scuola (e quindi l’autorizzazione/collaborazione da parte della direzione). Dopo lunghe «negoziazioni» con lei e il suo superiore, e grossi sforzi per temporeggiare (per poter «chiamare il suo contatto»), abbiamo finito, dopo la fine delle lezioni, per ottenere l’accesso allo sgabuzzino. Prendendoci le nostre responsabilità abbiamo rapidamente deciso di appropriarci del dispositivo con la forza. Ci siamo quindi resi conto che tutti erano al corrente della sua presenza nella scuola. Siamo riusciti a uscire rapidamente nonostante qualche «resistenza». Il bullo della scuola è uscito per guardare dove andassimo per facilitare ancor di più (e una volta di più), il lavoro dei pulotti. Abbiamo d’altronde saputo che il dispositivo era lì almeno dalla seconda settimana di luglio 2015.

Considerazioni tecniche

Il dispositivo si presentava sotto forma di una scatola rettangolare, rumorosa (ventole) di circa 40x25x25 cm in plastica dura, collegato alla rete (senza pile). La scatola presentava un buco di circa 4 cm di diametro per la telecamera, ne uscivano tre cavi in fondo ai quali si trovavano due antenne a punta (probabilmente dei sensori sonori) e un terzo sensore piccolo e quadrato. Aprendo la scatola, abbiamo scoperto materiale tecnologico high-tech:
• Un routeur wifi con due carte SIM (Bouygues), un GPS, tre entrate cellulari, un’entrata stereo.
• Un processore.
• Un dispositivo telefonico con una SIM Orange (il che significa che i dati non erano immagazzinati ma trasmessi in diretta).
• Una telecamera con due livelli di zoom, regolabile a distanza.
• E materiale di altro tipo che non siamo riusciti a identificare (ma che potete trovare sulle foto scaricabili qui di seguito).
Mettiamo a disposizione un certo numero di foto invitando chi ha le conoscenze tecniche a condividerle: 1 et 2.

In conclusione

Questi dispositivi che hanno come scopo iniziale quello di sorvegliare, hanno anche come obiettivo secondario quello di farci paura e di insegnarci a darci noi stessi dei limiti. Ma non funziona. Non sono né la paura né la repressione che determinano le nostre pratiche, ma soltanto le nostre idee. Comunque è logico sospettare che questo tipo di «attenzioni» (tutto sommato piuttosto banali) toccherà ancora La Discordia come tutti gli altri luoghi considerati sovversivi dallo Stato.

Sappiamo per esempio che altri dispositivi di sorveglianza sono stati scoperti in questi ultimi anni in diverse località francesi (Montreuil, Cévennes, Lille, etc.). Ma lo sappiamo soltanto attraverso le nostre «conoscenze» mentre ci sembra importante rendere pubbliche queste informazioni perché possano essere utili a tutt*, piuttosto che rinchiudersi in riflessi di panico stupidi e controproduttivi.

Per la DGSI (Direction générale de la sécurité intérieure) e i loro amici: se cercate il vostro materiale lo ritroverete, a pezzi, a qualche metro di profondità nel canale dell’Ourcq, all’altezza della rue de Nantes. Buona pesca! (Da sempre sogniamo di vedere dei maiali galleggiare)

Libri, non poliziotti!

Qualche partecipante della biblioteca La Discordia.
ladiscordia (at) riseup.net

Nota Bene (08/10/2015) : Ci dissociamo totalmente dalla ripresa di questo comunicato da parte di siti o gruppi razzisti/razzialisti, complottisti e/o di estrema destra in generale (come quello, in questo caso, di Alain Soral). A volte i nemici dei nostri nemici sono anche nostri nemici. Per quando riguarda i giornalisti: non abbiamo assolutamente niente da dichiarare, perché come voi, abbiamo scelto il nostro campo nella guerra sociale, e non è lo stesso.

 

Azioni internazionali coordinate in solidarietà con Evi Statiri

Dal 12 al 17 settembre 2015, alcun* participant* alla rete di Contra Info hanno effettuato una serie di azioni in solidarietà con Evi Statiri, prigioniera in lotta in Grecia, che il 14 settembre ha cominciato uno sciopero della fame esigendo la sospensione della misura di custodia cautelare impostale 6 mesi fa.

Evi Statiri si trova in galera a causa della mania vendicativa scatenata dagli apparati repressivi della democrazia greca dopo il fallito piano di evasione dei/lle compagn* prigionier* della Cospirazione delle Cellule del Fuoco all’inizio del 2015, che ha messo nel mirino i/le familiar* e amic* dei membri dell’organizzazione. Quando il Potere non riesce a piegare i/le prigionier* sovversiv*, mette le mani su amic* e parenti, cercando di seminare il panico e punire quello che non rientra nelle grosse bibbie della legislatura, quello che supera i muri del carcere, quello che è più lontano dalla dicotomia innocenza-colpevolezza: la solidarietà.

Dopo la decisione di Evi Statiri di scegliere come strumento di lotta lo sciopero della fame, facciamo appello ai/lle compagn* di tutto il mondo per rinforzare questo grido di libertà attraverso l’azione anarchica multiforme. Che nelle strade risuoni: EVI STATIRI LIBERA!

Qui sotto vi proponiamo alcune delle foto delle azioni realizzate nei territori controllati dagli Stati di Bolivia, Francia, Grecia, Portogallo, Cile, Spagna… e aspettiamo i vostri contributi a: contrainfo(chiocciola)espiv.net

Uno striscione è stato esposto a La Paz (Bolivia): “Compagna Evi Statiri, sequestrata dallo Stato greco, ti salutiamo dalla Bolivia”; sono anche stati distribuiti dei volantini: “Dalla Bolivia alla Grecia, libertà per Evi Statiri – La tua lotta dall’interno della prigione è un segno d’indomabile ferocia di fronte al Potere e la repressione”.

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Volantini a Tolosa, Francia: “Solidarietà con Evi Statiri, prigioniera politica in Grecia. Evi Statiri si trova in custodia cautelare nella prigione di Koridallos, in Grecia, dal 2 marzo 2015, arrestata perché compagna di Gerasimos Tsakalos, membro incarcerato della Cospirazione delle Cellule di Fuoco (organizzazione anarchica rivoluzionaria internazionale). Dopo essersi vista rifiutare ancora una volta la scarcerazione, il 14 settembre comincia uno sciopero della fame. Fuoco alle frontiere. Fuoco alle prigioni”

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toulouse3-768x1024Due striscioni sulla cancellata del Politecnico, a Exarchia, Atene: “Né innocenti, né colpevoli – Solidarietà con Evi Statiri” // “Evi Statiri tieni duro // Siamo tutti parenti delle Cellule del Fuoco // Morte ai giudici!”

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Uno striscione è stato esposto in una delle località più centrali e turistiche di Lisbona, Portogallo: “Libertà per Evi Statiri”; sono anche stati distribuiti dei volantini firmati da alcun* anarchic* con un aggiornamento sulla situazione di Evi: “Solidarietà internazionalista e anarchica con Evi Statiri – Dopo 6 mesi di custodia cautelare, un atto arbitrario di pura vendetta del Potere, Evi Statiri ha cominciato uno sciopero della fame il 14 settembre 2015, nelle prigioni della democrazia greca, fino al suo rilascio incondizionato. (…) Libertà per chi si trova nelle celle della prigione – Rilascio immediato per Evi Statiri – Revoca delle misure restrittive contro Athena Tsakalou!”

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Striscione a Santiago, Cile: “La paura può governare, ma non regnerà nei cuori e le menti degli esseri umani liberi” – Evi Statiri libera!”

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Degli slogan sono stati scritti nelle vie di  Iruña/Pamplona, Navarra (Spagna) — Evi askatu! (“Liberate Evi!” in Basco) e altri…

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Fino alla distruzione totale di tutte le prigioni. Evi libera
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Libertà per Evi Statiri
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Libertà per Evi Statiri, compagna greca

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Francia, Mosa: Attacco di un sito tecnico dell’ANDRA

mosaNon lontano da Bure, un sito di analisi dell’ANDRA è stato attaccato da qualche nottambul* determinat*.

A Bure, nella Mosa, il potere tenta con ogni mezzo di far accettare un progetto di interramento di scorie nucleari 500 metri sottoterra.
Anche se ufficialmente il progetto non ha ancora visto la luce e le scorie nucleari non arriveranno prima del 2025, le installazioni dell’ANDRA (Agenzia Nazionale per la gestione dei rifiuti radiattivi, responsabile del progetto d’interramento) pullulano già nei dintorni.
Una notte, verso il 25 giugno, un sito comprendente diverse installazioni elettriche e un pozzo destinato ad analizzare lo stato della roccia e della nappa freatica è stato devastato.
Il pozzo è stato forzato e cementato, e tutti i quadri sono stati scassinati e distrutti dalla rabbia di chi non vuole aspettare di aver esaurito tutti i ricorsi legali per attaccare questo progetto.
Attacchiamo le infrastrutture del potere ovunque si trovi, nella Mosa come altrove.

Contro Cigéo e il suo mondo, resistenza e sabotaggio!

in inglese

Parigi: Camminata notturna

Nella notte tra il 21 e il 22 giugno delle ruote sono state bucate nel 19° arrondissement, a Pantin e ai Lilas.

È estate, e per invogliare burocrati, ex poliziotti, sfruttatori, borghesi etc a fare un po’ di movimento e approfittare così delle belle giornate invece di perdere tempo col culo sul sedile della propria auto, abbiamo deciso di far riposare un po’ le loro macchine.

Le vetture le cui ruote riposano ormai in pace sono le seguenti:

– 22 autolib’ (car sharing parigino).

– 1 vettura con un adesivo di un’associazione di pensionati della gendarmeria.

– 1 della GDF Suez.

– 1 della ERDF (azienda elettrica francese).

– 1 del consiglio generale della Seine Saint-Denis.

– Una decina di belle automobili borghesi.

Vandal* a piedi

Tolosa, Francia: A proposito delle persone arrestate, condannate e rinchiuse a Tolosa tra novembre e febbraio. Appello alla solidarietà.

A Tolosa come altrove lo Stato imprigiona

Mentre è in corso una campagna internazionale di solidarietà contro la condanna di un manifestante di novembre ci sembra importante fare un punto generale sulle condanne e fornire il nostro modesto punto di vista sulla situazione. E fare ampiamente appello alla solidarietà di tutt*.

Ricordiamo che le manifestazioni di novembre sono iniziate con la morte di un ragazzo. Nella zona del Testet erano in molti a dire che un giorno o l’altro l’azione selvaggia, determinata e legale delle forze dell’ordine sarebbe finita male. Per molti l’emozione è stata forte, perché tutti noi avremmo potuto essere quel ragazzo. L’identificazione non è stata la stessa quando, qualche giorno prima, in pieno centro di Tolosa, un membro della BAC abbatteva un altro ragazzo durante una rapina.

Le manifestazioni sono cominciate domenica 25 ottobre e non è che dal 1° novembre che a Tolosa la repressione si fa sistematica.

A nostra conoscenza contiamo:

il 1° novembre, 16 arresti;
l’8 novembre verranno fermate 21 persone;
il 22 novembre ci saranno 17 arresti, 18 se contiamo la persona che si è fatta arrestare davanti al tribunale il martedì successivo durante un presidio di sostegno.
il 21 febbraio, 13 accusati.

Per un totale di almeno:
6 persone incarcerate, di cui 4 ancora dietro le sbarre a Seysses
47 mesi di prigione
34 mesi di condizionale
860 ore di lavori socialmente utili
5 000€ di multa
10 450€ di risarcimento danni per i poliziotti
2 400€ per gli avvocati dei poliziotti (solo per febbraio)
45 500€ di risarcimento per danni materiali

In tutto, nell’insieme delle manifestazioni tolosane sono state arrestate 68 persone. Un buon numero verrà rilasciato senza procedimenti giudiziari o con un richiamo alla legge.
Senza contare la repressione contro la ZAD e contro le manifestazioni che si sono svolte nel Tarn (41 accusati).

(le cifre qui riportate sono suscettibili di cambiare in seguito ai vari appelli in corso e a condanne che possono esserci sfuggite)

Non vogliamo cedere alla tentazione di vedere in questi atti semplicemente qualcosa di nuovo ed eccezionale. Abbiamo constatato la militarizzazione crescente della polizia, l’utilizzo sistematico nei quartieri popolari, l’uso di forza d’assalto e di aggressioni, che provocano fatalmente morti, feriti, mutilazioni. Non si tratta di eccessi o incidenti, ma della conseguenza logica della missione del mantenimento dell’ordine. Pensiamo che dobbiamo organizzare la solidarietà e armare la nostra difesa, di fronte ai problemi di ordine pratico che ci pongono la giustizia, la polizia e le sue armi nelle nostre lotte. Bisogna fare il collegamento tra la repressione quotidiana degli illegalismi popolari e quelle delle lotte. Farla finita con l’idea che la polizia fa un buon lavoro tranne quando ci reprime. La polizia, la giustizia, la prigione sono gli strumenti che rendono possibile la distruzione sociale.

Abbiamo mandato, e ancora lo facciamo, dei vaglia mensili alle persone in prigione; in maniera più generale aiutiamo sul piano finanziario le persone accusate in questi casi. Per noi è una spesa non indifferente e facciamo appello a un’ampia solidarietà.

Potete aiutarci inviando dei doni all’ordine della “C.A.J” (è sufficiente) a: CAJ c/o Canal sud 40 rue Alfred Duméril 31200 Tolosa.

La Cassa di Autodifesa Giuridica di Tolosa (CAJ)

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Parigi: L’antifascismo nei fatti, non nei video

Nota di Attaque / 9 giugno 2015:

Qualcuno ha fatto quello che andava fatto: una risposta parziale all’omicidio di Clément Méric. Poco dopo la sua morte abbiamo potuto leggere rivendicazioni di attacchi con cui delle persone volevano prendere di mira tutto un mondo che produce, tra tanti altri orrori, il fascismo. Oggi leggiamo che altri hanno scelto di prendersela con uno dei responsabili diretti della morte del giovane compagno. In effetti c’è chi non si limita ad aspettare la giustizia di stato raccogliendo soldi per pagare gli azzeccagarbugli delle parti civili. Salutiamo la scelta di quei/lle compagn* che non si sono limitat* alla verbosità, le marce commemorative o la pubblicità attraverso video pieni di autocongratulazioni e autocelebrazione.

Senza grande sorpresa, nessuna informazione su quello che è accaduto (e, ancor peggio, nessuna dichiarazione di solidarietà con i/le due compagn* accusat*) è stata diffusa, per ora, dai siti antifascisti. In effetti è stato soltanto leggendo per caso i giornali che ci siamo imbattuti nella notizia. Per una volta che gli ”acta” seguono davvero ai “verba“…

Su questo blog non diffondiamo esempi di antifascismo se non quando ci sembrano andare nel senso dell’attacco a questo mondo di autorità e mercificazione. In pratica verso una rottura con l’esistente, non quando si tratta soltanto dell’espressione di una moda, di una contro-cultura di bande o di una stampella della democrazia. Ma per una critica più approfondita del modo in cui “gli antifa” hanno reagito alla morte di Clément Méric, vi rimandiamo volentieri all’ottimo testo “Riposa in pace sociale” [in francese].

Infine, al di là dell’augurio di un non-luogo per i/le due compagn*, poco ci importa sapere chi, concretamente, ha picchiato quel fascista. Il messaggio è chiaro e condivisibile da tutti i nemici di questo mondo. Noi lo condividiamo ed è per questo che le mani che stringevano quell’asse di legno erano anche le nostre, come lo sono quelle che, in mille altri modi, se la prendono con questo mondo.

Pubblicando queste informazioni, vogliamo metterci dalla parte dei due compagn* sotto accusa. E vogliamo, soprattutto, metterci dalla parte di chi, senza aspettare nessun’altra legittimazione che la propria rabbia e la propria determinazione, hanno fatto quello che andava fatto.

Solidali e complici!

Alcun* redattori/ttrici di Attaque, 9 giugno 2015

Besançon, Francia: Tafferugli e solidarietà

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Contro l’occupazione poliziesca solidarietà con i rivoltosi di Planoise e dei “408” All Cops Are Bastards

Nel maggio 2015, tafferugli sono scoppiati nelle vie di Besançon. Le fiamme hanno illuminato le notti di diversi quartieri, preso di mira e distrutto vetture aziendali, scuole, diverse istituzioni dello Stato «sociale»…
L’occupazione poliziesca dei quartieri dura da diversi mesi, con tutto ciò che ne consegue, e suscita una resistenza determinata. Lanci di cocktail molotov sono atterrati – purtroppo a lato – sulle pattuglie delle CRS a Planoise e nel quartiere dei «408», il lancio di pietre sulla polizia e le telecamere di sorveglianza messe fuori uso sono ordinaria amministrazione.
E negli ultimi mesi degli attacchi minori sono stati condotti in solidarietà con questi atti di rivolta urbana nelle zone franche di questa città-prigione.

Una lista dei veicoli che si sono ritrovati con le gomme bucate:
una vettura a noleggio della ‘Hertz’
un veicolo aziendale dell’agenzia immobiliare ‘Foncia’
una vettura della società APRR, che appartiene al gruppo EIFFAGE
una trentina di biciclette della J-C Decaux (oltre al fatto di contribuire in gran parte all’imborghesimento dei quartieri in cui installa i suoi parcheggi per biciclette, il suo ruolo di sfruttatore di prigionieri di cui l’azienda si vanta pubblicamente è ormai risaputo)
il parco macchine del Consiglio del Dipartimento del Doubs (più di una decina di vetture in totale: automobili e furgoncini).
Una scavatrice del cantiere di EIFFAGE (costruttore di prigioni) che costruisce un gigantesco complesso di appartamenti di lusso e un centro commerciale in pieno centro città si è ritrovata col serbatoio distrutto.

Sostegno ai rivoltosi dei quartieri bisontini che sono nelle mani del nemico!
Forza e solidarietà ai/lle compagn* anarchic* sequestrati durante l’operazione Piñata, come anche a  Monica e Francisco ! Solidarietà con i/le prigionier* della guerra sociale in tutto il mondo!
Abbasso la gentrificazione!
Distruggiamo tutto quello che ci addomestica e ci distrugge!

in inglese

Nantes: Il tribunale riverniciato di rosso. La giustizia mostra il vero volto

nantescourtAll’alba di una giornata di lotta storica, abbiamo voluto rendere manifesta la violenza quotidiana della giustizia nei confronti dei/lle dominat*, che siano sans-papiers, abitanti dei quartieri popolari, roms o militanti anticapitalist*.

Lo scorso aprile, il procuratore di Nantes Brigitte Lamy ha scelto di non perseguire i poliziotti che hanno accecato i/le manifestanti anti-aeroporto del 22 febbraio 2014.
Ancora una volta la giustizia avalla la licenza di uccidere e mutilare in tutta impunità della polizia.

La giustizia e la polizia hanno le mani sporche di sangue. Oggi il tribunale mostra il suo vero volto.

Vendetta per Freddie, Wissam, Zyed, Bouna, Malik, Rémi, Daranka, Quentin, Damien, Emmanuel e tutt* gli/le altr*.

Da Nantes a Baltimore, né oblio né perdono!

inglese

Francia: Attaccata la sede del partito UMP di Tolosa

Martedì 14 aprile 2015 la sede del partito Unione per un Movimento Popolare (UMP) di Tolosa è stata espulsa.

Il Comune UMP di Calais mena da diversi anni una politica razzista e securitaria contro i poveri e in particolare i/le migranti. Ultimamente ha aperto un centro d’accoglienza diurno con lo scopo di allontanare i/le migranti dal centro città e poterli/e quindi controllarli/e meglio. In queste ultime settimane ha fatto di tutto per costringerli/e a radunarsi in un’ex discarica non lontano dal centro diurno. L’8 aprile 2015 dei consiglieri UMP, spalleggiati da alcuni impiegati comunali, sono andati in uno squat di migranti a Calais e hanno obbligato gli/le occupanti ad andarsene. Poi hanno devastato la casa per renderla inabitabile.

IL COMUNE UMP DI CALAIS ESPELLE!

Anche a Tolosa il Comune UMP designa dei capri espiatori, che si tratti dei/lle giovani dei quartieri, delle prostitute, di chi ha dei problemi di alloggio. Ogni volta questo partito basa la propria legittimità sulle opposizioni di classe, razza, sesso, scegliendo orgogliosamente il campo degli oppressori. E così un gruppo si è introdotto nella sede UMP in pieno cuore di Tolosa, per ricordargli il loro sporco lavoro. Il mobilio è stato spostato in strada, i dossiers sono stati un po’ sparpagliati, la facciata ridipinta : niente in confronto a quello che subiscono ogni giorno i/le migranti di Calais (pressioni, trasferimenti forzati, espulsioni, molestie da parte delle forze dell’ordine e dell’amministrazione).

Oggi il bersaglio è stato l’UMP ma non dimentichiamo la responsabilità del PS, dello Stato o dei fasci.

Di notte o in pieno giorno, da soli/e o in 300, ognuno/a di noi può agire!

Qui sotto, il volantino distribuito durante il trasloco forzato dell’UMP:

L’UMP di Calais espelle!
Espelliamo l’UMP !

In Francia, come altrove, migliaia di migranti fanno le spese della guerra ai poveri intrapresa dagli Stati, e ormai da tutta l´Europa. Costretti a lasciare il loro paese – fin troppo spesso a causa dei disordini provocati dall’avidità delle potenze occidentali – queste persone si ritrovano braccate dalla polizia, esposti a pericolo di morte quando tentano di attraversare una frontiera, e disprezzati da tutte le amministrazioni. Mentre la situazione peggiora, alcuni/e ritengono che non tutte le vite hanno lo stesso valore: questo permette loro di sottrarsi alle loro responsabilità. Noi urliamo il contrario: nessuno è illegale, tutti/e i/le rifugiati/e sono i/le benvenuti/e.

A Calais, il comune UMP cerca di approfittare di questo stato di cose in maniera oscena. Favorisce in ogni modo il razzismo nei confronti dei e delle migranti, quando non manda semplicemente i propri impiegati comunali a fare lo sporco lavoro di espulsione generalmente riservato ai poliziotti. Questo partito nauseabondo tenta di approfondire la spaccatura tra i diversi popoli in funzione del colore della loro pelle, della loro lingua o del loro paese di origine.

Oggi prendiamo di mira questo covo di reazionari: se questa volta i poliziotti non hanno nemmeno dovuto espellere manu militari, la pressione esercitata sui sans-papiers resta comunque inammissibile. Ma che sia ben chiaro, sarebbe assurdo additare un partito politico come unico responsabile. In effetti la prefettura “socialista” del Pas-de-Calais non è da meno quando si tratta di mandare i propri scagnozzi in uniforme a terrorizzare le migranti e i migranti. Non ci aspettiamo niente dai politici, che non trovano niente di meglio che aizzarci gli uni e le une contro gli altri. In compenso pensiamo che la solidarietà tra chi subisce la violenza dello Stato è l’unica riposta adeguata al loro cinismo.

Attaccheremo i responsabili e le strutture che appoggiano tali iniquità.
Continueremo a combattere il razzismo, ovunque si trouvi.

Abbasso le frontiere!
Morte agli Stati e alle nazioni!

fonte: indymedia nantes