Il 22 maggio, circa 200-250 persone sono scese in strada a Basilea per una manifestazione contro Frontex e il programma europeo sull’immigrazione in occasione delle giornate di azione internazionale contro il decimo anniversario di Frontex.
La manifestazione si è recata davanti al centro di detenzione “Bässlergut”, dove un’imponente unità di poliziotti antisommossa ha impedito alla gente di avvicinarsi al recinto della prigione. Sono stati pronunciati slogan e discorsi contro le frontiere e le prigioni e in solidarietà con le persone rinchiuse. La reazione dei/lle prigionier* è stata rumorosa e potente, con slogan contro la polizia e colpi sulle sbarre di ferro, per esempio.
Più tardi nella serata un più nutrito gruppo di persone ha attaccato il “Waaghof” con pietre e vernice. Nell’edificio sono situati l’ufficio del pubblico ministero e una cella per i/le detenut* in attesa di giudizio, come anche alcune unità di polizia.
Nella notte tra domenica e lunedì 4 maggio 2015, abbiamo reso visita al commissariato di polizia e abbiamo lasciato vernice e slogan. Da 2 mesi 1000 poliziotti rabbiosi si battono durante la marcia neo-nazista di Pegida attraverso Karlsruhe. I poliziotti utilizzano tutti i modi a loro disposizione per liberare la strada ai fascisti. Parecch* antifascist* sono finiti all’ospedale, un numero considerevole di persone sono state ferite da lacrimogeni, calci e pugni, i blocchi sono stati attaccati ed espulsi con enorme violenza. Anche i pensionati e i bambini sono stati colpiti a più riprese. Inoltre più di 50 procedure giudiziarie sono state avviate contro gli/le antifascist*.
Quando la città e i poliziotti pensano di dover lasciare campo libero ai nazisti in ogni circonstanza, allora il prezzo da pagare aumenterà.
Non sopportiamolo più! Il prossimo 12 maggio cacciamo Pegida dalla città!
Lunedi 20 aprile, al mattino presto, siamo andat* nel quartiere di Pláka per ricoprire un murale nauseabondo di disegni e slogan nazionalisti e razzisti fatti da un sedicente artista che si fa chiamare Tom e che utilizza quel muro di via Sotiros già da qualche anno. Questo murale di merda, che trasmette fra le altre cose messaggi che sostengono che le persone che arrivano dall´Africa sono portatori di malattie, era là da almeno tre mesi, quindi abbiamo pensato di reagire in qualche modo. Abbiamo gettato della vernice, e abbiamo coperto il muro coi seguenti messaggi e con dei simboli anarco-femministi:
Né patria, né padroni: autogestione (in portoghese)
Nessuna frontiera, nessun padrone (in inglese)
Fanculo la patria (in greco)
Spazziamo via i fasci (in francese)
Le vite nere contano (in inglese)
PS: Il giorno dopo l’azione il muro è stato ridipinto di blu. In caso riapparissero dei messaggi razzisti, seguiranno altre azioni.
Martedì 14 aprile 2015 la sede del partito Unione per un Movimento Popolare (UMP) di Tolosa è stata espulsa.
Il Comune UMP di Calais mena da diversi anni una politica razzista e securitaria contro i poveri e in particolare i/le migranti. Ultimamente ha aperto un centro d’accoglienza diurno con lo scopo di allontanare i/le migranti dal centro città e poterli/e quindi controllarli/e meglio. In queste ultime settimane ha fatto di tutto per costringerli/e a radunarsi in un’ex discarica non lontano dal centro diurno. L’8 aprile 2015 dei consiglieri UMP, spalleggiati da alcuni impiegati comunali, sono andati in uno squat di migranti a Calais e hanno obbligato gli/le occupanti ad andarsene. Poi hanno devastato la casa per renderla inabitabile.
IL COMUNE UMP DI CALAIS ESPELLE!
Anche a Tolosa il Comune UMP designa dei capri espiatori, che si tratti dei/lle giovani dei quartieri, delle prostitute, di chi ha dei problemi di alloggio. Ogni volta questo partito basa la propria legittimità sulle opposizioni di classe, razza, sesso, scegliendo orgogliosamente il campo degli oppressori. E così un gruppo si è introdotto nella sede UMP in pieno cuore di Tolosa, per ricordargli il loro sporco lavoro. Il mobilio è stato spostato in strada, i dossiers sono stati un po’ sparpagliati, la facciata ridipinta : niente in confronto a quello che subiscono ogni giorno i/le migranti di Calais (pressioni, trasferimenti forzati, espulsioni, molestie da parte delle forze dell’ordine e dell’amministrazione).
Oggi il bersaglio è stato l’UMP ma non dimentichiamo la responsabilità del PS, dello Stato o dei fasci.
Di notte o in pieno giorno, da soli/e o in 300, ognuno/a di noi può agire!
Qui sotto, il volantino distribuito durante il trasloco forzato dell’UMP:
L’UMP di Calais espelle!
Espelliamo l’UMP !
In Francia, come altrove, migliaia di migranti fanno le spese della guerra ai poveri intrapresa dagli Stati, e ormai da tutta l´Europa. Costretti a lasciare il loro paese – fin troppo spesso a causa dei disordini provocati dall’avidità delle potenze occidentali – queste persone si ritrovano braccate dalla polizia, esposti a pericolo di morte quando tentano di attraversare una frontiera, e disprezzati da tutte le amministrazioni. Mentre la situazione peggiora, alcuni/e ritengono che non tutte le vite hanno lo stesso valore: questo permette loro di sottrarsi alle loro responsabilità. Noi urliamo il contrario: nessuno è illegale, tutti/e i/le rifugiati/e sono i/le benvenuti/e.
A Calais, il comune UMP cerca di approfittare di questo stato di cose in maniera oscena. Favorisce in ogni modo il razzismo nei confronti dei e delle migranti, quando non manda semplicemente i propri impiegati comunali a fare lo sporco lavoro di espulsione generalmente riservato ai poliziotti. Questo partito nauseabondo tenta di approfondire la spaccatura tra i diversi popoli in funzione del colore della loro pelle, della loro lingua o del loro paese di origine.
Oggi prendiamo di mira questo covo di reazionari: se questa volta i poliziotti non hanno nemmeno dovuto espellere manu militari, la pressione esercitata sui sans-papiers resta comunque inammissibile. Ma che sia ben chiaro, sarebbe assurdo additare un partito politico come unico responsabile. In effetti la prefettura “socialista” del Pas-de-Calais non è da meno quando si tratta di mandare i propri scagnozzi in uniforme a terrorizzare le migranti e i migranti. Non ci aspettiamo niente dai politici, che non trovano niente di meglio che aizzarci gli uni e le une contro gli altri. In compenso pensiamo che la solidarietà tra chi subisce la violenza dello Stato è l’unica riposta adeguata al loro cinismo.
Attaccheremo i responsabili e le strutture che appoggiano tali iniquità.
Continueremo a combattere il razzismo, ovunque si trouvi.
Abbasso le frontiere! Morte agli Stati e alle nazioni!
Dodici morti. Da esseri umani a corpi senza vita in soli pochi minuti. Sappiamo che nelle guerre muoiono moltissime più persone in molto meno tempo, a causa di una bomba lanciata da un aereo, a causa di gas letali, a causa di una mina antiuomo. Però non siamo in una guerra. Siamo in una democrazia. Il mondo libero sognato. L’immagine a cui il mondo intero anela: la grande Europa, la civilizzazione esemplare.
Dodici morti assassinati a spari da alcuni personaggi che sì sono in guerra, che sì sono addestrati per uccidere.
Non confondetevi. Non si tratta dell’immagine, sfruttata in tutti i modi, della morte di alcuni vignettisti e altri membri di una rivista satirica parigina, avvenuta pochi giorni fa, quella che ci viene in mente, ma il ricordo dei dodici corpi di quei migranti del sud del Sahara crivellati e affogati in pochi minuti dalla Guardia Civil a Ceuta quasi un anno fa, il 6 febbraio del 2014, quando questa polizia militare li obbligava a retrocedere verso il mare. Furono di più i morti assassinati ma furono ritrovati solo dodici corpi. Gli altri li inghiottì il mare.
Non ci furono grandi marce né proteste, e nessuno pensò allo slogan “Tutte e tutti siamo migranti che muoiono alle porte dell’Europa”. Certo, non erano bianchi né provenivano da paesi ricchi, però furono assassinati in modo crudele e terribile. Non in difesa di qualche religione o fondamentalismo, apparentemente, ma in difesa della sacra frontiera e dello Stato. Per marcare a sangue e fuoco, una volta di più, la propria frontiera. Non volevamo uccidere i migranti che osavano entrare in territorio spagnolo, assicurano il Ministro degli Interni Jorge Fernández e la sua Guardia Civil, ma “volevamo tracciare una sorta di frontiera acquatica per mezzo dell’impatto delle pallottole sull’acqua”. Non c’è spazio per gli scherzi. Lo dicono seriamente.
Solamente nel mar Mediterraneo, la frontiera marittima d’Europa, il 2014 ha battuto tutti i suoi record, (come dicono i media) con più di 3.200 migranti che in meno di 12 mesi sono affogati nel tentativo di entrare nel continente, senza contare tutti i morti nelle diverse frontiere, nei deserti dove sono abbandonati senza cibo né acqua dalle differenti polizie frontaliere o per mano di sicari fascisti e forze dell’ordine, e neppure quelli che sono morti, una volta arrivati nel paradiso europeo, nei Centri di Internamento per Stranieri o nelle strade per mano della polizia, visto che una volta giunti nel territorio europeo il benvenuto non è molto diverso dal trattamento che ricevono nelle sue porte d’ingresso. La persecuzione della polizia contro popolazioni intere (principalmente quelle che hanno marcata sulla pelle la propria provenienza), la crescente xenofobia, il razzismo fomentato dai mezzi di comunicazione e dai politici, le campagne contro tutto ciò che non sia identificabile come “europeo”.
Charlie è europeo e per questo non tutti siamo Charlie. Ci sono valori, tradizioni, perfino battute (alcune un po’ pesanti) che si identificano molto con questo ente astratto che si vuole far chiamare “europeo”. Però è sicuro che esiste moltissima gente, principalmente coloro che non si possono identificare con i valori dominanti, quelli che definiscono ciò che “è” e ciò che “non è” europeo, che non si possono identificare con Charlie né con i suoi valori, e ancor meno con il suo senso dell’umorismo.
Questo “Je suis Charlie” che tenta di stabilire una linea molto precisa: chi non è con noi è contro di noi. All’insegna di questo motto a Parigi hanno marciato migliaia di persone. All’appuntamento non è mancato Rajoy, che è anche lui uno di quelli che terrorizzano i migranti nelle frontiere e nelle prigioni spagnole, fra le molte altre prodezze, neppure è mancato Netanyahu, che mitraglia con il suo esercito centinaia di palestinesi nella sua Terra Sancta e ingabbia ogni anno quegli israeliani che si rifiutano di partecipare al suo personale metodo di terrorizzare e, com’era da aspettarsi, non è mancato neppure il presidente turco Erdogan, che semina il terrore contro il popolo kurdo. Non sono mancati neppure i capi delle principali potenze capitaliste. Tutti i capi di Stato, guardiani dell’impero e della civilizzazione hanno marciato contro la barbarie. Insieme a loro, migliaia di fascisti sparsi per il continente hanno approfittato dell’impulso di Charlie per uscire a seminare in terreno più che fertile la loro merda che a breve comincerà a dare i più acidi frutti.
E le strade di Parigi e Barcellona, fra le moltissime altre città, si militarizzano ancor più in difesa di questi valori. Si possono vedere i mercenari dello Stato con fucili e mitragliatrici pronti per marcare a spari, come fecero nelle acque di Ceuta, una frontiera: con l’impatto delle pallottole si tracceranno i limiti che separeranno il dentro e il fuori, ciò che è e ciò che non è Charlie.
Cosa dice Charlie di questo terrorismo? Anche di questo fa graziose e divertenti vignette? Perché a noi poco piace il mondo di merda nel quale viviamo. Questo significa appoggiare il fondamentalismo? Per niente. Non vogliamo che alcun fondamentalismo ci spaventi e ci schiacci. Non ci importa che nella sua epigrafe si legga “Stato islamico”, “Stato laico”, “Stato Charlie” o semplicemente “Stato”.
Ci parleranno di libertà di espressione. Come sempre. Però noi che conosciamo la “libertà di espressione” dello Stato sappiamo la relazione che questo intrattiene con il terrore: la sua esistenza si basa sulla paura. La “libertà”della quale parla lo Stato è l’espressione del monopolio della violenza.
Per questo, una volta di più, questi fatti ci dimostrano che tutti ogni Stato è terrorista.
Il 6 dicembre 2014 occupiamo il Centro Culturale Melina, all’incrocio tra la strada Irakleidon 66 e Thesalonikis, nel quartiere Thissio, ad Atene.
L’occupazione è in solidarietà con la lotta in corso di Nikos Romanos, sei anni dopo la morte di Alexandros Grigoropoulos.
Il nostro obiettivo è una continuazione e escalazione dell’azione anarchica multiforme. Sosteniamo tutte le iniziative che contribuiscono all’inasprimento della guerra sociale.
Vittoria per la lotta degli scioperanti della fame Nikos Romanos, Yannis Michailidis, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Dimitris Politis.
Forza al compagno G.S., da Mesolongi, che è in sciopero della fame dal 3 dicembre 2014.
Sosteniamo la lotta dei rifugiati e delle rifugiate provenienti dalla Siria.
Un pugno alzato per i detenuti nelle carceri greche che si rifiutano di entrare nelle loro celle, o si astengono dal cibo della prigione, o attuano simbolici scioperi della fame in solidarietà con l’anarchico Nikos Romanos.
FUOCO ALLE FRONTIERE – FUOCO ALLE CARCERI
NON DIMENTICHIAMO – NON PERDONIAMO
PS: Ci vediamo sulle strade, barricate e occupazioni
Un’operazione poliziesca chiamata “mos maiorum” è stata preparata dall’Unione Europea e avrà corso dal lunedí 13 alla domenica 26 ottobre 2014. Durante due settimane, 18.000 sbirri faranno la caccia alle persone senza documenti. Vogliono scoprire le vie e le strade delle migrazioni e arrestare il maggiore numero di persone possibile.
Avvertite e parlatene a tutt* i senza documenti! I controlli si faranno nei treni, nelle stazioni, negli aeroporti, sulle autostrade e sulle frontiere interne all’unione europea.
La sera del 28 di agosto c’è stata una manifestazione partita da Frankturter Tor di circa 500 persone. La polizia ha tentato di interromperla due volte. Hanno colpito gente. Un arresto è stato confermato. La manifestazione è terminata dopo che il gruppo ARAB (gruppo comunista antiimperialista, che ha anche organizzato la “manifestazione rivoluzionaria del primo maggio”) ha annunciato che la polizia ha tentato di assalire il tetto dell’ostello. Gente in bicicletta si è precipitata all’angolo di Gürtelstraße. Questo ha causato allarmi anche all’angolo dove c’erano i manifestanti, perchè nessuno, a parte il gruppo ARAB, ne sapeva qualcosa.
Intorno alle 21.30, dopo che la manifestazione è giunta al termine, come al solito, discorsi, slogan, gruppi politici con i loro striscioni, etc, c’era molto cibo gratis, che la gente ha anche preso volentieri, ma subito dopo hanno cominciato di nuovo ad andar via tutti, e prima di mezzanotte solo poche persone erano rimaste. Un gesto di solidarietà è stato espresso da un vicino con una specie di laser show con lo slogan “nessun essere umano è illegale” sul suo balcone. Più tardi questi è sceso quando ha visto che i rifugiati che provavano a dormire all’angolo non avevano abbastanza coperte, ed ha oltrepassato le transenne portandogliene due pesanti. Quando ha cercato di riattraverssare le transenne, gli sbirri l’hanno fermato e gli hanno chiesto di mostrare la sua carta d’identità, che non aveva con sè. Per cui hanno cominciato a crear casini finchè sua moglie ha urlato “potete far entrare di nuovo mio marito?…” e l’hanno fatto passare ma forzandolo ad entrare in casa, prendere i documenti, scendere di nuovo e mostrarli agli sbirri. Nel frattempo i rifugiati sul tetto hanno iniziato a tambureggiare insistentemente, probabilmente usando pentole, e a dare segnali di luce e urlare dalla cima del tetto. I manifestanti hanno risposto urlando slogan, soffiando fischietti, c’era anche un megafono. Ma subito la polizia ha respinto tutto questo.
Tra l’altro, si è presentato anche un gruppetto di nazi. I compagni ne hanno riconosciuti almeno quattro. Tre di questi sono apparsi nel mezzo della strada in Scharnweberstrasse, urlando uno slogan nazista, mentre l’altro è passato in macchina, ma è stato riconosciuto troppo tardi. Di sicuro ce n’erano altri che non sono stati riconosciuti (la protesta si svolge direttamente al confine con Lichtenberg, il loro distretto-fortezza).
Il 29 e il 30 di agosto, la situazione è rimasta relativamente la stessa. Le autorità ancora lasciano i rifugiati morire di fame sul tetto dell’ostello di Gürtelstraße, e il supporto dei dimostranti è ancora poco.
Oggi, martedì 1 luglio, sospendiamo lo sciopero della fame di massa che abbiamo cominciato (dal 23 giugno) contro il disegno di legge per la costruzione di carceri di massima sicurezza.
Sospendiamo lo sciopero della fame ma non terminiamo la nostra mobilitazione. Al contrario, recuperiamo le forze e comunichiamo al ministero della Giustizia che non accetteremo il funzionamento del Guantánamo greco, né nelle prigioni di Domokos, nè dovunque.
Restiamo diffidenti rispetto alle proposte di miglioramento al disegno di legge che sarà presentato giovedì (3/7) da parte del ministero, e siamo pronti a lottare con tutti i mezzi per evitare che questo disegno di legge-mostruosità per le carceri di massima sicurezza.
Sappiamo che non ci sarebbero state proposte di miglioramento se non avessimo fatto lo sciopero della fame. Ma il ministero dovrebbe anche sapere che di fronte all’organizzato silenzio imposto dalla stampa che ha taciuto sullo sciopero della fame di massa portato avanti nelle carceri greche (con la partecipazione di 4500 prigionieri), da ora cambiamo i mezzi di lotta e se necessario avanzeremo forme di lotta più incisive. Senza inutili indugi…
Dal 18 giugno 2014 tutti i prigionieri in Grecia hanno fatto lo sciopero del carrello in segno di protesta contro il disegno di legge fascista sulle carceri di tipo C) e in difesa del diritto al permesso temporaneo e alla concessione di libertà condizionale.
Tuttavia, il ministro di Giustizia e il governo insistono a ignorare la nostra protesta. Non hanno risposto assolutamente alle nostre giuste richieste e in modo provocatorio tendono ad approvare il disegno di legge nella sessione parlamentare estiva, per tentare di impedire la reazione popolare.
Contro questo disegno di legge che ci condanna a rimanere prigionieri per sempre senza diritti o speranza poniamo i nostri corpi e spiriti come scudi. Questo è la sola cosa che ci è rimasta.
Da lunedì 23 giugno 2014 inizieremo uno sciopero della fame di massa in tutte le prigioni della Grecia. Rivendichiamo i nostri diritti e lottiamo per restare degli individui, invece di fantasmi umani rinchiusi e dimenticati nella disperazione.
Chiediamo:
1. Il ritiro del disegno di legge fascista sulle carceri di tipo C). Siamo contro la Grecia ‘Guantanamo’, “prigione nella prigione” senza la concessione di permessi temporanei, visite, senza domani…
2. Permessi e libertà condizionale devono essere un diritto innegabile per tutti i prigionieri. La Grecia è l’unico paese in cui il detenuto è sottoposto a processi e punizioni ogni giorno. Mentre la legge prevede che a chiunque abbia scontato 1/5 e 3/5 della sua pena (donne e uomini rispettivamente) siano concessi giorni di permesso d’uscita dalla prigione e libertà provvisoria, i prigionieri sono invece costretti a subire sempre più la santa inquisizione dei persecutori del carcere che respingono le richieste una dopo l’altra senza ragione o per azioni disciplinari pendenti. Questo è il modo con cui creano prigionieri disperati e riproducono la criminalità.
3. Sia applicata l’equità di fronte alla legge per tutti. I prigionieri detenuti per droga secondo la vecchia legge 3459/2006 (perché la polizia ha assicurato che rappresentano affermati trafficanti, invece di tossicodipendenti) devono avere il diritto a un nuovo processo, conformemente alla nuova legge e alle sue clausole beneficiarie per i tossicodipendenti (4139/2013).
4. Sia attuato il diritto alle visite coniugali. In prigione si è privati della propria libertà. Ma nelle prigioni greche ti privano persino del piacere della comunicazione sociale e del contatto diretto con i propri cari. In tutte le prigioni dei paesi europei sono permesse le visite coniugali, solo in Grecia al detenuto viene negato il diritto alla comunicazione umana.
5. Infine, ora parliamo della continua prigionia di chi subisce la deportazione. Centinaia d’immigrati sono detenute per le burocrazie delle ambasciate, anche quelli che hanno scontato l’intera pena. Chiediamo il loro immediato rilascio.
Chiediamo che il ministro di Giustizia affronti questi problemi riguardanti le prigioni e ritiri immediatamente il disegno fascista per la ‘Guantanamo’ greca nel carcere di Domokos.
Il ministro di Giustizia sarà considerato responsabile per ogni giorno di sciopero della fame e per ogni prigioniero la cui vita è in pericolo.
Il compagno Damien Camelio è stato condannato a 2 anni di carcere per tre attacchi incendiari a Tarbes e Pau, in Francia, rivendicati dal GADI (Gruppo di Azione Diretta Internazionale).
Per scrivere al compagno:
Maison d’Arrêt de PAU
Damien CAMELIO – Ecrou 25622
14 Bis Rue VIARD
BP 1616, 64 037 PAU CEDEX, Francia
PROVINCIA DI GENOVA – SFONDATA VETRATA SEDE LOCALE LEGA NORD COME MINIMO GESTO DI SOLIDARIETA’ CON TUTTI I RECLUSI NEI CIE E CON TUTTI GLI INQUISITI NELLA LOTTA CONTRO LO STATO E I SUOI TENTACOLI. PER GUCCIO
I fratelli Mitsakos vendono vetri al loro negozio di riparazione di vetro, situato in Via Dekaneos Nikolaou nel quartiere di Aghios Dimitrios ad Atene (nei pressi di Piazza Panagouli). Ma vendono anche della spavalderia come membri della banda fascista dell’Alba Dorata.
Sull’incrocio prossimo di questa via, Zarras vende alcol al suo negozio di liquori. Ma vende anche la sua fedeltà all’Alba Dorata, come membro del gruppo del cazzo di nazisti.
I giorni in cui agivano indisturbati e in anonimia sono finiti. I fascisti hanno un nome e un indirizzo, e noi li scoveremmo. Mercoledì sera, 12 Febbraio 2014, abbiamo incendiato la Mercedes privata e il furgone della ditta dei fratelli Mitsakos. Abbiamo bruciato anche il furgone di Zarras.
Fascisti non potete più nascondervi, né nei vostri buchi né ovunque.
Sabato mattina, 25 Gennaio, nel quartiere di Keratsini a Pireo (porto di Atene), una numerosa milizia d’assalto di neonazisti ha profanato l’intera zona dove Pavlos Fyssas è stato assassinato da un membro dell’Alba Dorata nel mese di Settembre 2013. Subito dopo, circa 80 membri dell’Alba Dorata hanno attaccato lo spazio auto-organizzato “Resalto”. I neo -nazisti sono stati respinti da 15 compagni che si trovavano all’interno di Resalto. Secondo le prime stime, i fascisti si sono presentati presso il quartiere in gruppi di tre ed hanno attaccato l’esterno di Resalto con pietre, mattoni e vernici sotto la supervisione di agenti di polizia. Tutto questo è durato pochi minuti. I teppisti nazionalisti sono andati via non appena un poliziotto della squadra motorizzata “DIAS” è stato sentito dire a loro: “avete finito da qui”… Di seguito la polizia ha aiutato i fascisti di fuggire dalla scena dell’attacco attraverso la Via Lambraki. Durante l’attacco fascista sul Resalto, le finestre della porta di casa accanto sono state distrutte, ed inoltre dei mattoni sono stati gettati in camera da letto di un bambino. Alcuni dei fascisti sono stati riconosciuti; le loro squadre sono state arrivate dalle zone di Pireo, Perama, Nikaia e Atene. La maggior parte di loro erano giovani, ed alcuni portavano dei caschi con loro. Tutti i compagni sono in buona salute, mentre molti fascisti sono stati probabilmente colpiti alla testa con vari oggetti. L’incidente è durato per dieci minuti al massimo, in presenza dei poliziotti della DIAS che hanno offerto protezione ai neonazisti dell’Alba Dorata per tutto il tempo. Nel frattempo, gruppi di compagni anarchici ed altri antifascisti dal Pireo ed Atene sono stati informati di quanto accaduto e sono arrivati a Keratsini infuriati e pronti a scacciare via i neo- nazisti, ma i teppisti erano già spariti dalla zona. Mezz’ora dopo che i fascisti fossero andati, ulteriori unità motorizzate della DIAS così come dei squadroni anti- sommossa “MAT” sono stati dispiegati nel quartiere. Il collettivo di Resalto ha richiamato ad una manifestazione locale spontanea in Piazza Laou, in risposta all’attacco. Il corteo, con più di 400 manifestanti, è iniziato dopo 14:00 ed abbia attraversato le strade di Keratsini, passando anche dal luogo dove l’antifascista Pavlos Fyssas è stato accoltellato a morte.
Di seguito è riportato un testo (presente nel video seguente) circa le provocazioni fasciste a Keratsini:
Quattro mesi dopo l’omicidio di Pavlos Fyssas ad Amfiali da un battaglione d’assalto del partito dell’Alba Dorata, circa 100 squadristi fascisti hanno fatto la loro comparsa ancora una volta a Keratsini, presso i quartieri di Amfiali e di Tabouria. Marciando per la Via Tsaldari, i fascisti hanno profanato il luogo dove Pavlos Fyssas è stato accoltellato a morte -un omicidio che essi stessi hanno commesso- hanno cancellano gli slogan dipinti, le poesie e le dediche di decine di persone in suo ricordo abbassando lo striscione dell’associazione locale “Ploumpidis” degli insegnanti della scuola. Questa è stata una chiara rivendicazione di responsabilità dell’omicidio da parte loro, un assassinio che non avevano confessato pubblicamente prima, “scaricando” il loro assassino Roupakias.
Nella loro cammino, hanno abbassato molti altri striscioni degli insegnanti dell’associazione locale, hanno coperto graffiti antifascisti e dipinto le mura con abominevoli slogan fascisti-nazionalisti, e quando hanno raggiunto la piazza Laou (Piazza del Popolo) a Tabouria si sono mossi in modo aggressivo verso lo spazio auto-organizzato di solidarietà e di lotta “Resalto” (situato a 100m da quella piazza). A quanto pare, nel tentativo di riemergere nei quartieri del Pireo nel corso delle ultime settimane e riaprire i loro uffici a Nikaia, sono stati profondamente infastiditi dalla forte resistenza che hanno incontrato da parte delle persone in lotta (ecco perché hanno lanciato le loro provocazioni già dalla settimana precedente, dipingendo uno slogan sul muro dello spazio sociale autogestito “Pasamontaña” a Koridallos, mostrando i loro volti ancora nelle aree di Nikaia e Koridallos durante una delle loro solite sfilate patetiche).
Quasi la metà dei fascisti sono saliti dalla Via Ermou ed hanno attaccato lo spazio sociale, causando allo stesso tempo danni alle case, alle auto e alle moto degli abitanti, mentre il resto di loro aveva bloccato la Via Konstantinoupoleos, impedendo ai veicoli il passaggio e coprendo così il loro gruppo d’assalto. I 15 compagni, uomini e donne che erano dentro il Resalto in quel momento hanno difeso se stessi e il progetto e dopo cinque minuti di scontro sono riusciti a respingere i fascisti. Hanno dimostrato che la lotta collettiva tra compagni, senza le classificazioni della propria “capacità di combattimento” o del sesso è in grado di affrontare i battaglioni d’assalto nazisti quando le forze della repressione non li danno attivamente una mano. Inutile dire che le molte motociclette della polizia DIAS, che scortavano i fascisti dopo il loro attacco fino al loro ritiro da Keratsini, non fecero alcuna detenzione nonostante il fatto che le prime forze di polizia sono arrivate al posto mentre l’assalto-scontro era in corso ed anche anche se molti fascisti (quelli che sono stati in prima linea) si sono ritirati con vernice sui loro vestiti. È importante notare che il fatto principale che conferma la natura antisociale, pezzente e omicida degli fascisti fu la distruzione delle finestre e della facciata della casa accanto con delle pietre, anche se il proprietario stava urlando che si tratta di una casa e c’è un piccolo bambino dentro. La maggior parte delle decine di pietre che sono state gettate in questa casa sono cadute nella stanza del bambino e se la bambina non fosse stata subito spostata dai suoi genitori sarebbe stata gravemente o mortalmente ferita.
Un raduno antifascista fu subito chiamato in piazza Laou, e più di 400 antifascisti hanno effettuato una manifestazione spontanea a Tabouria e Amfiali (passando per le strade dove i fascisti avevano fatto la loro comparsa in precedenza), spazzando via anche gli slogan fascisti dalle mura. Molte persone della zona hanno partecipato al corteo, che è stato sostenuto anche da persone di solidarietà e di lotta dai quartieri circostanti del Pireo e di diversi quartieri di Atene.
I fascisti sono i cani fedeli dello Stato e del Capitale -non importa se continuano a presentarsi come “anti-sistemici”- che sono caduti in disgrazia insieme ai loro padroni (probabile una fase temporanea) a causa di tendenze autonomistiche e una serie di proprie scelte-mosse incontrollabili, come ad esempio il tentativo di omicidio dei sindacalisti del PAME [organo sindacale stalinista] a Perama e l’omicidio di Pavlos Fyssas a Keratsini. Diremo ancora una volta: nelle zone dei profughi, della resistenza, della dignità e della solidarietà, i fascisti, i loro battaglioni d’assalto e i loro sostenitori non sono solo indesiderati ma nemici. Assassini fascisti, non c’è posto per voi nelle nostre zone. Lo confermeremo ogni istante, in ogni modo.
Sabato 25/01/2014
Spazio auto-organizzato di solidarietà e di Lotta “Resalto”
Assemblea antifascista autonoma di Keratsini
Assemblea di piazza di Keratsini-Drapetsona
Di seguito è riportato una ripresa da un vicino di casa (i neo- nazisti gridano “sangue-onore-Alba Dorata” e “anarchici figli di puttana”), riprese dall’interno di Resalto , e momenti dalla manifestazione spontanea a Keratsini:
Link video: dai.ly/x1abj6v. Ulteriori foto, che mostrano i manifestanti dall’ambiente anarchico/antiautoritario ma anche dallo spettro della sinistra, a fianco con alcuni vicini del quartiere: Social-Revolution
PROSSIMA AZIONE:
Corteo antifascista a Keratsini – Venerdì, 31 Gennaio 2014, alle 18:00
Raduno a piazza Nikis, in via Tsaldari, Amfiali
Nell’alba del 27 Dicembre abbiamo collocato due ordigni incendiari di bassa potenza in due filiali delle “Panetterie Christou” (negli incroci di Via Ippocratous con Via Voulgaroktonou, e Via Acharnon con Via Olympias). La catena delle panetterie in questione appartiene alla moglie del parlamentare dell’Alba Dorata, Germenis, e la sua famiglia. La stessa è un membro di spicco del nucleo femminile dell’Alba Dorata, portando in disgrazia il passato sindacalista del suo padre. Prendiamo di mira qualsiasi “infrastruttura” che fornisce dei soldi all’organizzazione nazista dell’Alba Dorata, ciascuna azienda-business di loro interessi.
Saluti incendiari a tutti i combattenti imprigionati.
Solidarietà alla nostra sorella Mónica Caballero e al nostro fratello Francisco Scolar, prigionieri nello stato spagnolo per delle azioni incendiarie.
Rivendichiamo l’attacco spontaneo contro la sede Barnardo’s sita nel centro commerciale Broomhill di Glasgow nella notte del 28/10/2013. Due sassi sono stati lanciati, distruggendo le vetrine della sede.
Solidarietà a tutti i prigionieri nelle mani dello stato e dei suoi strumenti di oppressione razzista. Facciamo appello per un aumento degli attacchi contro tutti i responsabili e gli affiliati nel campo della detenzione, deportazione e politiche razziste di immigrazione effettuate dall’agenzia delle frontiere del Regno Unito (UKBA), imprese di sicurezza private come G4S, e contro chi, come Barnardo’s rende possibile il sequestro e la tortura di persone innocenti.
Frazione Solidarietà Internazionale/FAI
Nota del sito 325: Barnardo’s è un ente di beneficenza infantile che legittima il ruolo del regime del Regno Unito per il controllo delle frontiere nell’abuso sui bambini. La beneficenza di questo ente ha un ruolo simile alla Croce Rossa in Italia, dove molti compagni hanno attaccato questa ONG a causa del suo coinvolgimento “umanitario” nella detenzione e nel “salvataggio” dei migranti.
Ieri sera (27/12/2013) abbiamo violato i posti di blocco della polizia in tutto il porto ed intorno e con nostro alleato l’oscurità siamo diventati noi il primo posto di blocco in attesa del pullman dei fascisti che faceva ritorno dall’inaugurazione dei loro uffici dal Corfù accompagnato dalla polizia antisommossa. Abbiamo attaccato con delle pietre i neo-nazisti dell’Alba Dorata e dei MAT sull’autostrada Egnatia.
Un’azione per far capire ai neo-nazisti che anche se tutto l’esercito li salvaguarda li avvicineremmo sempre.
I sbirri devono sapere che anche se coltivano la paura nella società custodendo i loro padroni, alcuni non abbiamo paura.
Un’azione dedicata al compagno Stratoulis che si trova nel 48esimo giorno di sciopero della fame.
Ci sono grandi notizie dalla Finlandia in questo momento. Circa 500 persone hanno contestato, il 6 dicembre, i festeggiamenti presidenziali a Tampere con una manifestazione di hockey sul ghiaccio contro il nazionalismo e il capitalismo. Le vetrine di banche e negozi di abbigliamento sono state sfasciate, e gli sbirri sono stati attaccati.
Il 6 dicembre è la Giornata dell’Indipendenza. E’ anche il giorno dell’annuale festa d’elite organizzata dal Presidente della Finlandia. Normalmente i loro festeggiamenti si tengono nel Palazzo Presidenziale di Helsinki, ma quest’anno il palazzo era sotto restauro, quindi hanno spostato la loro festa nazionalista ed elitista al municipio di Tampere.
Nel 1918 Tampere era la roccaforte dei Rossi durante la Guerra Civile. Non lo abbiamo dimenticato. Nella piazza centrale e nelle vie circostanti migliaia di rivoluzionari sono stati uccisi. Volevamo mostrare che qui ci sono ancora rivoluzionari, che non abbiamo dimenticato il nostro passato. E’ stata organizzata una manifestazione a tema “hockey sul ghiaccio”, che qui è così popolare. Il nome ovviamente era “Festa Hockey sul Ghiaccio dell’Intruso” (Kiakkovierasjuhlat).
Hanno partecipato circa 500 manifestanti; alcuni fedeli al tema hockey sul ghiaccio, altri al tema pirotecnico. Non siamo riusciti ad imbucarci al gala presidenziale, ma la realtà della società di classe è stata resa nota nella notte e nei giorni seguenti su tutti i principali quotidiani, che apparivano scioccati delle vetrine rotte e dei poliziotti feriti.
La manifestazione è andata avanti per strade laterali dopo che la polizia ci ha bloccato e impedito di continuare sulla strada principale. Quando la maggior parte delle persone pensavano la protesta fosse finita e avevano già abbandonato la scena, alcuni partecipanti volevano tornare al posto della festa presidenziale. A questo punto, una persona è stata arrestata. Dopo essere tornati alle reti del Municipio di Tampere ed essere riusciti a provocare e attaccare gli sbirri ancora una volta, la maggior parte delle persone se ne sono gradualmente andate, e la polizia ha arrestato un po’ di gente a caso.
In totale sono state arrestate 28 persone. Sono state rilasciate nei due giorni successivi con accuse minori e multe da 60 a 200 euro.
Nella notte tra il sabato e la domenica (16/17 novembre 2013) i nazi-fascisti locali hanno attaccato lo spazio anarchico “Infoshop Iskra” (“Scintilla”) a Zadar. Gli aggressori hanno distrutto tutti i vetri e lasciato scritte sui muri che inneggiano agli ustascia (i nazi-fascisti croati) e alla “guerra patriottica” degli anni Novanta, corredate da una svastica. Comunque, non si tratta di una novità, perché è già il terzo attacco che “Iskra” subisce negli ultimi due anni (i primi due nell’agosto e nel novembre del 2011). Il terzo è avvenuto alla vigilia della commemorazione della “caduta” della città di Vukovar nelle mani dell’esercito serbo, quando le menti dei nazionalisti/fascisti croati sono all’apice della loro irrazionalità aggressiva.
Infoshop Iskra è un’iniziativa che ha dato vita ad un luogo di lettura e ad una biblioteca di testi anarchici e libertari, situati nel circolo dei libri “Knjigozemska”, all’indirizzo R.K. Jeretova 5 a Zadar. Negli stessi spazi si trovano anche un punto per “Prendi/Lascia” e un’officina per le bici. Il collettivo dell’infoshop è attivo nel campo dei cambiamenti sociali radicali basati su idee libertarie.
Un gruppo di anarchici ha dipinto slogans sulle mura e sui cartelli pubblicitari intorno alla zona di Mecidiyeköy–Şişli, ad Istanbul, riguardanti l’omicidio di Pavlos Fyssas in Grecia, antifascismo, anarchia, ribellione, il massacro di animali in Romania, liberazione animale e la rivolta di Gezi.
Con quest’azione, che riflette sulla lotta in corso ad Atene, Istanbul ed ogni altra città nel mondo, ricordiamo che la battaglia contro il fascismo, contro lo Stato e il Capitale, dovrebbe essere intensificata ed espansa.
Nelle prime ore del 17 ottobre 2013, Paulo Roberto Pinho de Menezes, 18 anni, è stato pestato a morte da ufficiali dell’Unità di Pacificazione della Polizia (UPP) nella favela Manguinhos di Rio de Janeiro. I poliziotti hanno immobilizzato il ragazzo e lo hanno portato in un vicoletto oscuro, dove lo hanno fieramente picchiato fino ad ucciderlo. Le circostanze esatte del suo assassinio non sono ancora chiare. Tuttavia, sua madre e altri residenti hanno verificato che Paulo Roberto era tra un gruppo di giovani quando i poliziotti della UPP sono arrivato per un controllo nella favela.
Nel tardo pomeriggio del 17 ottobre giovani in rivolta hanno attaccato i poliziotti con pietre, inferociti dall’assassinio di Paulo Roberto. La violenza brutale delle forze di repressione è aumentata perfino oltre, quando i poliziotti hanno utilizzato veri proiettili ferendo diversi individui. Una ragazza di 17 anni è stata colpita alla gamba da un proiettile della polizia e trasportata all’ospedale. Gli sbirri non hanno esitato nemmeno a minacciare la sorella di Paulo Roberto, puntandole una pistola alla testa.
Il funerale per il ragazzo era previsto per venerdì 18 ottobre, giornata in cui era in programma anche una protesta mattutina per denunciare l’ennesimo omicidio per mano della polizia.
Si può leggere un approfondimento sul ruolo esatto della Unità di Pacificazione della Polizia nella “pulizia” delle favelas, in nome della preparazione per i Mondiali del 2014 in Brasile e delle Olimpiadi d’Estate del 2016 qui.Un video con sottotitoli in inglese su un altro omicidio nella favela di Manguinhos, nel marzo 2013, è visibile qui.
Il 13 ottobre, in tarda notte, la palestra-covo fascista di proprietà di Apergis in via Thivon nella zona di Peristeri è stato attaccato con vernice e pietre. Apergis, membro organizzato di Alba Dorata da molti anni, è stato il braccio destro di Panagiotaros, e allenatore della milizia patriota.
Nella serata del 18 ottobre 2013 si è svolta una passeggiata fuori controllo da St. Pauli al quartiere di Schanze. Con uno striscione, slogans, posters, volantini, graffiti, pietre e martelli, circa 80 persone hanno portato in strada la loro rabbia contro le “zone di pericolo”, i controlli razzisti, il meccanismo delle deportazioni e queste condizioni della realtà.
Alcune banche e negozi hanno avuto le vetrine sfondate, e sui muri sono stati scritti slogans contro la macchina delle deportazioni e lo Stato. La passeggiata è terminata all’arrivo della polizia.
Contro le autorità e la loro città! Per una vita incontrollabile senza Dominio, per tutt*!