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Carcere di Spoleto: Lettera del prigioniero in lotta Maurizio Alfieri

La lettera che pubblichiamo e che chiediamo di diffondere il più possibile (siti, radio di movimento, situazioni di lotta ecc.) è un coraggioso atto di accusa contro il carcere di Terni e contro tutta l’amministrazione penitenziaria. Non ci facciamo certo illusioni su di un’inchiesta da parte della magistratura, ma non possiamo lasciare solo Maurizio, uomo retto che non ha mai avuto paura di esporsi. Il DAP e i carcerieri devono sapere che a fianco di Maurizio ci siamo tutti/e noi ad urlare che sono degli assassini.

Una coraggiosa denuncia da parte di Maurizio Alfieri

Carissimi/e compagni/e

Prima di tutto vi devo dire una cosa che mi sono tenuto dentro e mi faceva male… ma la colpa non è solo mia e poi potete capire e commentare la situazione in cui mi sono trovato e che ora rendiamo pubblica.

L’anno scorso mentre a Terni ero sottoposto al 14 bis arrivarono due ragazzi, li sentivo urlare che volevano essere trasferiti perché le guardie avevano ammazzato un loro amico… così mi faccio raccontare tutto, e loro mi dicono che un loro amico di 31 anni era stato picchiato perché lo avevano trovato che stava passando un orologio (da 5 euro) dalla finestra con una cordicina, così lo chiamarono sotto e lo picchiarono dicendogli che lo toglievano anche dal lavoro (era il barbiere), lui minacciò che se lo avessero chiuso si sarebbe impiccato, così dopo le botte lo mandarono in sezione, lui cercò di impiccarsi ma i detenuti lo salvarono tagliando il lenzuolo, così quei bastardi lo chiamarono ancora sotto e lo presero a schiaffi dicendogli che se non si impiccava lo uccidevano loro. Così quel povero ragazzo è salito, ha preparato un’altra corda, i suoi amici se ne sono accorti ed hanno avvisato la guardia, ma nel frattempo era salito l’ispettore perché era orario di chiusura, l’agente iniziò a chiudere le celle, ne mancavano solo tre da chiudere, tra cui quella del povero ragazzo, i due testimoni gridano all’ispettore che il ragazzo si sta impiccando e per tutta risposta ricevono minacce di rapporto perché si rifiutavano di rientrare in cella, finché dalla paura anche loro sono rientrati dopo aver visto che il loro amico romeno si era lasciato andare dallo sgabello con la corda al collo, e quei bastardi hanno chiuso a tutti tornando dopo un’ora con il dottore che ne costatava la morte e facendo le fotografie al morto…

Quei ragazzi mi hanno scritto la testimonianza quando sono scesi in isolamento, poi li chiamò il comandante Fabio Gallo e gli disse che se non dicevano niente li avrebbe trasferiti dove volevano… quei ragazzi vennero da me piangendo, implorandomi di non denunciare la cosa e di ridargli ciò che avevano scritto, io in un primo tempo non volevo, mi arrivò una perquisizione in cella alla ricerca della testimonianza ma non la trovarono, loro il giorno dopo furono trasferiti, poi mi scrissero che se pubblicavo la cosa li avrebbero uccisi, io confermai che potevano fidarsi. I fatti risalgono a luglio 2013, ai due ragazzi mancava un anno per cui ora saranno fuori. La testimonianza è al sicuro fuori di qui, assieme ad un’altra su un pestaggio di un detenuto che ho difeso e dice delle cose molto belle su di me. Ecco perché da Terni mi hanno trasferito subito!

Ora possiamo fare aprire un’inchiesta e a voi spetta una mobilitazione fuori per supportarmi perché adesso cercheranno di farla pagare a me, ma io non ho paura di loro.

Perdonatemi se sono stato zitto tutto questo tempo ma lo ho fatto per quei due ragazzi che erano terrorizzati… ora ci vuole un’inchiesta per far interrogare tutti i ragazzi che erano in sezione, serve un presidio sotto al DAP a Roma così a me non possono farmi niente.

Non possiamo lasciar impunita questa istigazione al suicidio… devono pagarla.

Ora mi sento a posto con la coscienza, sono stato male a pensare alla mamma di quel povero ragazzo che lavorava e mandava 80 euro alla sua famiglia per mangiare, quei due ragazzi erano terrorizzati, non ho voluto fare niente finché non uscissero, adesso per dare giustizia iniziamo noi a mobilitarci… sono sicuro che voi capirete perché sono stato zitto fino ad ora.

Un abbraccio con ogni bene e tanto amore.

Carcere di Spoleto, 20 settembre 2014

Maurizio Alfieri (a-cerchiata)

Rio de Janeiro: Poliziotti uccidono un ragazzo di 18 anni

Nelle prime ore del 17 ottobre 2013, Paulo Roberto Pinho de Menezes, 18 anni, è stato pestato a morte da ufficiali dell’Unità di Pacificazione della Polizia (UPP) nella favela Manguinhos di Rio de Janeiro. I poliziotti hanno immobilizzato il ragazzo e lo hanno portato in un vicoletto oscuro, dove lo hanno fieramente picchiato fino ad ucciderlo. Le circostanze esatte del suo assassinio non sono ancora chiare. Tuttavia, sua madre e altri residenti hanno verificato che Paulo Roberto era tra un gruppo di giovani quando i poliziotti della UPP sono arrivato per un controllo nella favela.

Nel tardo pomeriggio del 17 ottobre giovani in rivolta hanno attaccato i poliziotti con pietre, inferociti dall’assassinio di Paulo Roberto. La violenza brutale delle forze di repressione è aumentata perfino oltre, quando i poliziotti hanno utilizzato veri proiettili ferendo diversi individui. Una ragazza di 17 anni è stata colpita alla gamba da un proiettile della polizia e trasportata all’ospedale. Gli sbirri non hanno esitato nemmeno a minacciare la sorella di Paulo Roberto, puntandole una pistola alla testa.

Il funerale per il ragazzo era previsto per venerdì 18 ottobre, giornata in cui era in programma anche una protesta mattutina per denunciare l’ennesimo omicidio per mano della polizia.

Si può leggere un approfondimento sul ruolo esatto della Unità di Pacificazione della Polizia nella “pulizia” delle favelas, in nome della preparazione per i Mondiali del 2014 in Brasile e delle Olimpiadi d’Estate del 2016 qui. Un video con sottotitoli in inglese su un altro omicidio nella favela di Manguinhos, nel marzo 2013, è visibile qui.

Menidi, Atene: Poliziotto della squadra motorizzata DIAS uccide bimba zingara di 6 anni

Il 5 di gennaio, un poliziotto della squadra motorizzata DIAS, ha trascinato e ucciso una bimba zingara di 6 anni nella zona di Menidi ad Atene (nel nordest di Atene, dove ci sono gli accampamenti zingari). Secondo i testimoni oculari, la bambina è stata trascinata mentre era per le strade, cantando i canti tradizionali natalizi di porta in porta con altri bambini (in Grecia, I bambini usano andare per le strade e le case a cantare canti tradizionali la vigilia del giorno dell’ epifania). I testimoni oculari inoltre affermano che Il poliziotto ha trascinato la ragazza avanti per 150 metro e non hanno smesso di offrire qualsiasi aiuto. Circa 100 persone si sono riunite sul luogo dell’ uccisione ed hanno attaccato le squadre antisommossa dopo che le notizie della morte della ragazza sono state sparse (foto qui). La stessa sera, l’ assassino della squadra motorizzata DIAS, è presentato davanti al procuratore generale ed è stato rilasciato su cauzione, malgrado le testimonianze dei locali che ha abbandonato la sua vittima. Continue reading Menidi, Atene: Poliziotto della squadra motorizzata DIAS uccide bimba zingara di 6 anni