Attraverso un comunicato emesso la notte del 18 aprile 2015, i compagni Antonis Stamboulos, Giorgos Karagiannidis, Fivos Harisis, Argyris Ntalios, Grigoris Sarafoudis, Andreas-Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis e Yannis Michailidis, membri della Rete dei Prigionieri Combattenti (DAK), hanno annunciato la fine del loro sciopero della fame, considerando che buona parte delle loro rivendicazioni erano state in parte soddisfatte dopo il voto del nuovo progetto di legge in parlemento:
– Il quadro legislativo che stabilisce il funzionamento delle prigioni di tipo C è stato ritirato. (Nonostante questo l’articolo 187 sulle organizzazioni criminali e l’articolo 187A sulle organizzazioni terroristiche rimangono).
– Abolizione dell’aggravante di azione realizzata a viso coperto («legge del passamontagna») per i casi di arresto durante le manifestazioni, ma viene mantenuta in caso di rapina (anche se la pena minima che si aggiunge a quella per rapina, se a viso coperto, passa da 10 a 5 anni).
– Presenza di un esperto indipendente fin dalla prima fase di raccolta del materiale genetico (ma il prelievo forzato del DNA conserva comunque il suo carattere obbligatorio).
– I/Le prigionier* che hanno passato in prigione 10 anni e il cui grado di invalidità supera l’80% potranno uscire di prigione per scontare il resto della condanna ai domiciliari con un bracciale elettronico, cosa che apre la strada alla liberazione di Savvas Xiros (il cui grado di invalidità raggiunge il 98%).
AUGURIAMO FORZA E RIPRESA RAPIDE AI COMPAGNI DELLA RETE DEI PRIGIONIERI COMBATTENTI
Il 6 dicembre 2014 occupiamo il Centro Culturale Melina, all’incrocio tra la strada Irakleidon 66 e Thesalonikis, nel quartiere Thissio, ad Atene.
L’occupazione è in solidarietà con la lotta in corso di Nikos Romanos, sei anni dopo la morte di Alexandros Grigoropoulos.
Il nostro obiettivo è una continuazione e escalazione dell’azione anarchica multiforme. Sosteniamo tutte le iniziative che contribuiscono all’inasprimento della guerra sociale.
Vittoria per la lotta degli scioperanti della fame Nikos Romanos, Yannis Michailidis, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Dimitris Politis.
Forza al compagno G.S., da Mesolongi, che è in sciopero della fame dal 3 dicembre 2014.
Sosteniamo la lotta dei rifugiati e delle rifugiate provenienti dalla Siria.
Un pugno alzato per i detenuti nelle carceri greche che si rifiutano di entrare nelle loro celle, o si astengono dal cibo della prigione, o attuano simbolici scioperi della fame in solidarietà con l’anarchico Nikos Romanos.
FUOCO ALLE FRONTIERE – FUOCO ALLE CARCERI
NON DIMENTICHIAMO – NON PERDONIAMO
PS: Ci vediamo sulle strade, barricate e occupazioni
Esaminati tre testimoni. Il direttore della filiale Agrotiki bank (oggi filiale Pireus), un dentista che gli autori della rapina trovarono lungo la strada verso Veria e che portarono con loro, e un pensionato della compagnia nazionale elettrica che è stato testimone oculare della seconda rapina alle Poste (ELTA) di Velventòs.
Due dei tre, testimoni oculari delle rapine, hanno detto di non poter identificare nessuno degli autori, perché avevano il volto coperto e indossavano tute da lavoro. Il direttore della banca ha detto che alcune delle caratteristiche di uno degli autori “sarebbero simili” a quelle di uno degli arrestati brutalmente picchiati. Ovviamente, tali “simulazioni” non sono abbastanza per identificare qualcuno. Il presidente del tribunale e soprattutto l’accusa hanno cercato di utilizzare le testimonianze riguardo la simulazione di alcune caratteristiche al fine di ottenere un’identificazione dei compagni come autori della rapina in banca a Velventòs. Il testimone ha detto categoricamente di non poterlo identificare e di non voler accusare un innocente…
Al testimone è stato anche chiesto se ci fu terrore o paura per i cittadini che erano in banca in quel momento. Lui ha descritto il comportamento degli autori come impeccabile, sia verso se stesso che verso gli impiegati e tutti i clienti. Gli autori hanno anche permesso ai presenti di uscire dall’edificio mentre la rapina era ancora in corso.
Il dentista preso in ostaggio dagli autori, sebbene pressato per fornire un’identificazione, non l’ha data e ha detto di non poter identificare nessuno. Uno dei compagni accusati ha comunque dichiarato che il testimone ha raccontato solo metà di quanto successo.
Alla questione di un membro della corte, se i cittadini si siano sentiti spaventati da questa rapina, dato che era stata fatta da “membri della CCF”, i testimoni hanno risposto di non aver avuto paura.
La richiesta della difesa di rinviare l’udienza, visto che l’avvocato Spyros Fitrakis era in corte d’appello dove il compagno Argyris Ntalios (il caso di questo compagno è stato rinviato al 21 Marzo 2014) doveva presentarsi in aula, è stata accettata.
Il seguente testo è una presentazione di ciò che è seguito dopo l’incidente e anche alcuni pensieri generali riguardo all’istituzione del carcere e a come ci rapportiamo ad esso in quanto anarchici. Il nostro desiderio era di farlo prima, ma il nostro trasferimento in un altro padiglione, il pestaggio di Yannis Naxakis da parte della CCF e altre questioni carcerarie lo hanno rallentato.
Il 13/12/2013 quando è stato chiuso il cortile abbiamo ridato alla guardia di persone Yannis Milonas una piccola parte della violenza che lui applica quotidianamente tenendo una chiave. Questa persona specifica aveva insistito col suo atteggiamento litigioso quando alcuni compagni lo avevano richiamato per dei commenti ironici fatti il giorno prima.
L’incidente è stato, per l’amministrazione, il motivo per rompere la nostra comunità che era diventata una spina costante per essa. In tempi recenti ci sono stati numerosi scontri che abbiamo cercato in vari modi e per motivi che riteniamo nodale per (sciopero della fame dei comunisti turchi, collocamento del filo spinato sopra i cortili) sabotare, in modo possibile, il funzionamento del carcere.
La prima mossa dell’amministrazione è stata trasferire cinque di noi nelle celle punitive, due nel 4° padiglione, uno nel 5° e i tre rimasti nel 1°. Le prime ore sono state acute e abbiamo capito subito le intenzioni dell’amministrazione di romperci e indebolirci. I compagni che si sono trovati nelle anguste celle punitive del 3° padiglione, in celle dove neanche un cane starebbe, hanno deciso di iniziare uno sciopero della fame e della sete per richiedere la riunione immediata della nostra comunità e cosi non c’è stato tempo per l’amministrazione di pianificare mosse successive.
La richiesta era di tornare tutti al 1° padiglione dato che li stavano la maggioranza dei compagni (oltre a quelli nelle celle punitive), le persone con cui abbiamo relazioni amichevoli e anche le nostre cose. Inoltre venne proposto il 1° padiglione per assicurarci contro un possibile nostro trasferimento in un padiglione di isolamento. La condizione complicata che si è creata ha mostrato che sarebbe stato più saggio non proporre questo padiglione specifico ma uno qualsiasi. Spiegheremo perché. Continue reading Prigione di Koridallos, Atene: Testo collettivo sullo sciopero della fame e della sete di Dicembre 2013→
Dopo le procedure di rito per avvocati e accusa, l’avvocato A. Paparousou ha chiesto di intervenire per fare una dichiarazione riguardo al suo cliente A.-D. Bourzoukos. Il suo cliente, oltre al presente processo, è accusato di azioni avvenute nel 2012 verso le quali non ha alcuna implicazione e per le quali un secondo mandato d’arresto è stato spiccato a suo carico. In questo sono menzionate le azioni per le quali è accusato e sono le stesse del processo in corso. Questa è una pratica che viene fatta dall’antiterrorismo negli ultimi anni, ha notato l’avvocato.
I compagni presenti A. Ntalios e A. D. Bourzoukos, ai quali il presidente ha chiesto se volessero rilasciare dichiarazioni, hanno risposto di aver già reso pubblica la loro posizione. Dopo gli interventi degli avvocati Paparousou e Fytrakis, A.-D. Bourzoukos ha fatto una dichiarazione, dicendo di rifiutare tutte le accuse a suo carico, aggiungendo che nel suo codice di valori la rapina in banca è un momento di lotta, mentre per i giudici è un crimine, così come le sue idee anarchiche, e che i giudici sono una parte del meccanismo oppressivo che agisce senza scrupoli, spesso fabbricando accuse o colpendo in modo spropositato, in base agli ordini dell’antiterrorismo. “Fino a quando ci saranno persone come voi, ci saranno anche quelli che combatteranno per la sovversione e la distruzione del sistema che servite”, ha concluso.
Dopo l’esame di uno “strano” testimone da parte di giudici e avvocati, i compagni Harisis, Ntalios e Bourzoukos hanno fatto alcune domande. Il testimone ha dato un misto di risposte contraddittorie, tra le quali due bugie rilevanti: che avrebbe riconosciuto Michailidis in base agli occhi (che erano gonfi e quindi chiusi a causa dell’infame pestaggio) e che non ha ricevuto pressioni da parte degli agenti per riconoscerlo!
Queste risposte sono state l’ultima goccia per la pazienza dei compagni, i quali gli hanno detto che il suo comportamento è da infame. La risposta del testimone sugli occhi del compagno ha causato la reazione della madre di Michailidis che era in aula. Sua madre ha ricordato che, a causa del pestaggio ricevuto da suo figlio in caserma, quando venne portato in manette ad Atene, neanche lei stessa riuscì a riconoscerlo.
Il processo riprenderà martedi 4 Febbraio 2014, con l’esame dei testimoni dell’accusa.
È certamente bello e allo stesso tempo necessario trovare sempre le parole per interpretare e analizzare il significato più profondo della solidarietà.
Lo sviluppo della teoria, tanto a livello di essenza che di diffusione, è la forza motrice nel percorso che porta alla crescita di una comunità di lotta. La reciprocità di relazione si conferma attraverso una comunicazione continua e una capacità di esprimere a parole questo miscuglio di esperienze, di esperienza personale e percezione di lotta in generale, come anche il tema della solidarietà in particolare.
Ciò che abbiamo vissuto il 29 Novembre in aula è la dimensione materiale delle nostre progettualità e dei nostri “sogni”. Ogni tentativo di parlare e di “catturare” tutti questi sentimenti, emozioni e la loro forza per iscritto, è condannato alla mediocrità. Non potremo mai – almeno noi – descrivere a parole, parole che, fortunatamente o no, portano l’oscurità di un mondo privo di libertà, la sensazione dell’avverarsi dei nostri desideri più forti.
Dopo vari mesi di isolamento fisico, la presenza dei/lle compagni/e e l’intensità con la quale “ci siamo uniti” con i loro abbracci e sguardi, ci ha dato la sensazione/impressione di due fiumi in piena che si uniscono subito dopo aver distrutto una diga.
Questo, compagni, la rottura dell’isolamento, che sia immaginario o reale.
L’abbiamo vinta qui questa scommessa.
Si, la solidarietà è una delle nostre armi. E nessuno sbirro potrà mai scoprire il “posto sicuro” dove nascondiamo questa arma.
PS. Abbiamo scritto questo testo per il primo giorno del nostro processo, senza dubbio ogni slogan, striscione, manifesto fatto, ogni incendio ed ogni iniziativa solidale ci hanno riempiti di forza allo stesso modo.
INSIEME FINO ALLA DISTRUZIONE DI QUESTO MONDO PUTRIDO
INSIEME FINO ALLA LIBERTÀ
Gli anarchici: Nikos Romanos, Fivos Harisis, Argyris Ntalios, Andreas-Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis e Giannis Mihailidis
Nego il capo d’accusa che mi viene attribuito da un tribunale nei sensi della legalità borghese. Nel mio mondo la rapina in banca è un momento di lotta, un’azione concreta di resistenza di fronte alla dittatura del denaro e del profitto. Per voi questa azione è un crimine come i miei pensieri anarchici e il progetto per una vita libera dall’autorità, traducendolo come terrorismo.
Gli unici terroristi che vedo io qui dentro li tengo difronte a me, siete voi, che con questa calma criminale condannate persone nella continua tortura della carcerazione. Siete parte di un meccanismo repressivo che in base alla politica -eliminare il nemico interno- agisce spietatamente, molte volte ”gonfiando” capi d’accusa o anche costruendo interamente accuse, in accordo sempre con le indicazioni del reparto antiterrorismo. Vi ricordo allora che sono nemico di tutto quello che volete mantenere intatto, sono nemico del mondo della sottomissione e del vassallaggio che voi volete imporre.
Secondo voi terrorista, secondo me e tanti ancora compagni anarchico.
E come anarchico, l’unico significato di giustizia che potrei accettare sarebbe quello di una giustizia che viene fatta dal basso, una giustizia che rigurgiterà l’etica del capitalismo, dove parole e significati come proprietà, autorità, sfruttamento, dio, stato, legge smetteranno di avere senso.
Sono pericoloso per la vostra democrazia per adesso, e questa è l’unica accusa che riconosco in sostanza.
Anche se è una verità che cercate di camuffare dietro i processi legali, il vostro agire repressivo ha come scopo primario quello di eliminare ogni tipo di resistenza e di concreta negazione delle vostre leggi e dei vostri valori.
Fino a quando esisteranno persone come voi, esisteranno anche coloro che con ogni mezzo lotteranno per il vostro rovesciamento e per la distruzione del sistema che asservite.
Il motivo della mia presenza – davanti a voi – non è elemosinare la vostra compassione, chiedere clemenza o un giusto processo. Parole e significati come giusto e sbagliato sono degenerati e resi insignificanti dal sistema che servite. Non accetto che alcuna guardia della legalità borghese, nessuno schiavo dell’autorità mi giudichi e condanni. Sono qui oggi, in questo teatro di simbolismi, per ricordarvi che ci saranno sempre persone decise, persone che lottano che non sono sottomesse alla vostra apparente onnipotenza. Sono qui, come anarchico, e come vostro nemico, per rovesciare i termini del conflitto, per uscire dalla posizione difensiva che voi volete per me e andare all’attacco. Per sottolineare il confine tra due mondi. Uno di sfruttamento, oppressione a autorità da voi rappresentato e uno di lotta, solidarietà, rivoluzione del quale io sono una parte.
Un’altra battaglia nell’eterna guerra dei rivoluzionari contro il dominio. E come in ogni battaglia, non siamo da soli, abbiamo vicino a noi, mentalmente e fisicamente, compagni, combattenti, persone che danno vita ad un mondo di lotta. Io sono qui per me, per tutti i compagni che sono stati nella mia posizione prima di me ma anche per quelli che ci si troveranno in futuro. Aggiungendo cosi un momento di lotta alla memoria collettiva.
Forse, quindi, per adesso sono qui e voi deciderete quanti anni affibbiarmi, anni che per voi non sono niente di più che un altro numero che si aggiunge alle migliaia che dispensate cosi facilmente – vedete, il peso “etico” è più leggero cosi e vi offre un sonno tranquillo. Forse, allora, per adesso i ruoli sono questi, ma state sicuri che arriverà il momento – se non per voi, per chi continuerà il vostro sporco lavoro – quando riempiremo di incubi i vostri sogni. Quando le voci di migliaia di insorti echeggeranno, destabilizzando la vostra apparente calma. E allora i ruoli non significheranno nulla, la vostra autorità e il vostro potere crolleranno e le vostre scelte vi si ritorceranno contro. Forse questo giorno arriverà tardi, molto probabilmente neanche vivrò abbastanza per vederlo. Ma comunque, finché l’aria mi arriverà nei polmoni e il sangue nelle vene, non smetterò di lottare per questo. Per la rivoluzione, per la libertà.
Il 29 Novembre 2013 inizierà il processo per la doppia rapina a Velventos-Kozani. Si terrà nella sezione femminile del carcere di Koridallos (e non -come annunciato all’inizio- nel tribunale sulla via Loukareos). L’aula, sacro bordello della giustizia, è sempre stata lo spazio dove la classe dominante – l’autorità – ha dimostrato il suo dominio sugli “illegali” di questo stato.
Ecco perché la questione della solidarietà è un fastidio permanente, nel caso degli anarchici, e i poliziotti di ogni categoria, antisommossa, in borghese, antiterrorismo, si affrettano a riempire le aule nel tentativo di ostacolarne l’espressione. Comunque visto il fallimento di queste pratiche e con l’evidente interesse di rendere “sicuro” il trasferimento (dal carcere al tribunale) di un nutrito gruppo di anarchici, hanno risolto entrambi i problemi grazie alle aule speciali (due per ora) dentro la sezione femminile. E’ ovvio che il cambio di sede è il risultato di entrambi i motivi. Da un lato il minimo rischio a livello logistico e dall’altro la registrazione di tutti i solidali che vorranno entrare.
Per noi la sede non fa differenza, l’aula è un territorio ostile, che sia in prigione o nei giardini pensili di Babilonia. E se la tattica di registrare ostacola la presenza dei compagni in aula, niente e nessuno può fermare la forza che avremo dal sentire le voci e le urla che entreranno oltre le mura della prigione e i furgoni blindati. Un presidio fuori dal tribunale può rompere l’isolamento che vogliono realizzare.
Inoltre, per noi la solidarietà rivoluzionaria non si limita ad eventi di supporto in occasione delle udienze. La corte non è altro che lo spazio dove il nemico convalida la propria vittoria, è il meccanismo di assimilazione della violenza repressiva nell’ideologia democratica. Soprattutto nel nostro caso non ci sarà la solita “pressione” sui giudici per avere sentenze più favorevoli. Le decisioni sono predeterminate. E questo non ci interessa, dato che abbiamo una condotta ostile verso i giudici non perché ci prendono di mira, ma perché il loro lavoro è distruggere le persone sotto lo stabile dell’autorità statale.
La solidarietà è una relazione continua. Le sue forme di espressione sono varie e trovano concretezza nei momenti d’attacco al sistema e ovviamente un presidio può essere uno di questi momenti per chi vuole farlo, ma non è un presupposto o l’unico momento per la solidarietà. E soprattutto, la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri non è una statistica dettata dal momento, è un bisogno, un’emozione, è la realizzazione di una comunità di lotta, con ogni mezzo scelto dai compagni per esprimere la propria solidarietà, sia con la presenza fuori dall’aula o con l’attacco alle rappresentazioni del dominio coinvolte nel nostro processo.
In chiusura, vogliamo chiarire che tutte le RELAZIONI TRA COMPAGNI che ci uniscono, la nostra comune visione della libertà, i sogni che condividiamo non saranno mai incrinati da qualsiasi tipo di divisione riguardo alla gestione del processo o dalle diverse accuse a nostro carico. Il fatto che alcuni di noi avranno gli avvocati ad esempio, mentre altri no, che alcuni rivendicheranno la partecipazione alla rapina ed altri no, non sono motivi per dividere la comunità di lotta che ci tiene uniti dietro le sbarre.
In questo processo l’essenza è nel fatto che lo stato e i suoi meccanismi mettono alla prova gli anarchici avversi del sistema, suoi oppositori. E’ meno importate come essi cercheranno di tenerci prigionieri il più a lungo possibile (vedi le accuse).
Il loro interesse principale è la nostra condanna come NEMICI del sistema. Dal nostro lato non riconosciamo la dicotomia innocente-colpevole (in questo e in qualsiasi processo a carico di combattenti anarchici). Siamo colpevoli per il loro mondo, colpevoli per la loro “innocenza”. I nostri pensieri e i nostri cuori sono vicini ad ogni tentativo che cerca di combattere l’autorità.
Nelle prime ore di Venerdi 11 Ottobre 2013, abbiamo bruciato un furgone del corpo diplomatico, con targa DC 93-3, all’incrocio tra Pyrras e Delacroix nella zona di Neos Kosmos, Atene.
L’azione è dedicata con tutto il cuore ai nostri compagni accusati per la doppia rapina a Valventòs e Kozani, processo che inizierà a fine Novembre* ed anche in memoria dell’antifascista ucciso Pavlos Fyssas.
Non dobbiamo farci condizionare dall’idea della paura e della morte. Dobbiamo resistere con ogni mezzo al totalitarismo contemporaneo.
Creiamo le nostre strutture, rafforziamoci ed estendiamo le relazioni tra compagni, facendo spazio all’anarchia e al comunismo. Rivoluzione sociale, l’unica alternativa…
*Il processo per la doppia rapina a Velventos è previsto per il 29 Novembre 2013 presso la corte d’appello in Loukareos street ad Atene. I compagni accusati sono: Andreas-Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis, Nikos Romanos, Yannis Michailidis, Fivos Harisis-Poulos, and Argyris Ntalios.
Il processo per la doppia rapina a Velventos-Kozani è stato fissato per il 29 Novembre 2013. I compagni accusati sono: Andreas-Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis, Nikos Romanos, Giannis Michailidis, Fivos Harisis e Argyris Ntalios.
Il processo si terrà al tribunale d’appello di Atene (Efeteio), sulla Via Loukareos.
Solidarietà ai compagni. Nessun ostaggio nelle mani dello stato.
Presentiamo la lettera di A.D.Bourzoukos, uno dei 4 compagni anarchici arrestati il 1 Febbraio 2013 per la doppia rapina realizzata nella località di Velventòs.
“Mancava ancora molta luce perchè albeggiasse
Ma io non ho accettato la sconfitta”
Mezzogiorno e 25 minuti. L’ultima volta che ho guardato l’orologio. Dietro di noi un’auto pattuglia, dentro nel furgone i miei due compagni, l’“ostaggio” e io. Solo alcune ore prima le nostre emozioni erano totalmente differenti. Per un istante, all’apparenza, tutto andava perfettamente, fino a che hanno arrestato il nostro compagno nell’“ambulanza”. Quindi, di colpo la situazione ci ha abbattuto, ma nonostante tutto questo abbiamo mantenuto la mente lucida, per quanto fosse possibile, e in questo modo siamo riusciti ad assicurare la fuga dei nostri compagni.
Tornando alla nostra immagine iniziale: noi tre insieme con l’ “ostaggio” nel furgone e un incontro “accidentale” (non è stato per niente accidentale, poiché l’allarme era scattato in tutti i villaggi dei dintorni) con un’auto pattuglia. Gli ultimi minuti della nostra libertà già avevano iniziato il conto alla rovescia. Quello che ci siamo detti nel furgone in questi minuti è poco rilevante per la nostra storia, quello che conta è la nostra decisione finale. Non avremmo aperto il fuoco, non avremmo messo a rischio la vita del medico. Era l’unica scelta che avevamo in quel momento. In ogni caso, l’unica arma che avevamo in quelle condizioni era la nostra passione per la libertà. E la abbiamo spremuta finchè abbiamo potuto. Dopo un inseguimento per le strade di Veria, quasi come fossimo in un film, alla fine siamo rimasti intrappolati da parte di una pattuglia che casualmente passava di lì, in una strada senza uscita. Non so che senso abbia raccontare un’altra volta il resto di questa storia. L’unica cosa che sento di voler mettere in chiaro, poiché questa cosa ha preso dimensioni enormi, è la parte delle torture. So che in gran parte della società l’immagine di una persona che ha ricevuto un pestaggio può generare paura, compassione o dubbi. Ma non in noi, compagni. Quello che posso dire, inoltre, è che lo Stato ha intenzionalmente permesso che si pubblicassero le nostre foto, e questo con l’obiettivo di terrorizzare coloro che pensano di agire come abbiamo fatto noi. Forse è stato anche un “errore” fatto di fretta, a causa dell’automatismo che caratterizza qualunque operazione dell’Unità Antiterrorista. Sia come sia, al momento non mi interessa concentrarmi su questo. Mi piacerebbe esprimere una breve opinione personale su queste ore di pestaggi.
Nè al principio né in qualunque momento mi sono sentito una vittima, e ovviamente non voglio che altri mi vedano così. Durante quelle quattro ore di continui pestaggi, naturalmente una delle cose che pensavo erano i possibili scenari su quale “finale” avessero in mente quelle merde codarde e spacconi. Non la paura né il dolore, solo la rabbia. Nonostante quanto faccia male la verità, prendi quello che “vuoi” per i capelli e lo metti in ginocchi. Per tutto il tempo in cui continuava il pestaggio e non si fermava, mi si confermavano tutti questi anni durante i quali avevo scelto di scontrarmi con questo sistema marcio. Tutte le mie scelte, tutti i miei pensieri si sono fatti carne e ossa. Può darsi che alla fine sia bastato anche solo un minuto con le mani legate. Forse alla fine questi momenti di tortura sono il sigillo che conferma il marciume di questo sistema.
Ma parliamo ora del denaro. Denaro che fluisce abbondantemente (anche nei tempi di crisi in cui viviamo) nelle succursali bancarie, negli uffici di proprietà pubblica, e in tutti i tipi di investimenti del gran capitale (come Cosco). Il sangue del capitalismo.
Il mio rifiuto di situarmi come un ingranaggio ben oliato in più in questo sistema è una delle tante ragioni per cui ho scelto la rapina (personalmente la definisco come “esproprio”) in banca. Con questo voglio dire che non ho mai avuto voglia di essere un altro “pedone” in più su questa terra, uno che ha un lavoro “normale”, una vita “normale”. Non ci ho messo molto a rendermi conto che il lavoro aveva come unico obiettivo la strumentalizzazione dell’essere umano con il fine del beneficio del “Capitale” di turno. Un accumulo permanente del capitale per sempre meno persone. Qualcosa che non ha tardato di mostrare i suoi effetti secondari. Più o meno a questo punto anch’io mi sono posto i miei interrogativi. Continue reading Grecia: Lettera del prigioniero anarchico Andreas-Dimitris Bourzoukos→
ULTIME NOTIZIE: Doppia rapina a Velventos vicino a Kozani
BENE…
Alcune persone sono andate ad espropriare un po’ da quello che le banche ci rubano ogni giorno, dagli oppressi, dai proletari, dagli esclusi. Queste istituzioni “caritatevoli” hanno lasciato tanti oppressi senza riparo o cibo, ed hanno spinto molte persone al suicidio.
Loro che rimpiangono qualsiasi rapina in banca e sostengono il diritto delle banche, stano accanto agli assassini degli oppressi. D’altra parte, stiamo consapevolmente accanto agli espropriatori anarchici che attaccano il Capitale; Siamo solidali con i nostri compagni e approviamo le loro parole:
SBIRRI, GIUDICI, POLITICI, NON AVETE ALCUN MOTIVO PER DORMIRE TRANQUILLI! ABBIAMO PERSO UNA BATTAGLIA MA NON LA GUERRA! VIVA L’ANARCHIA…
Solidarietà con Dimitris Politis, Nikos Romanos, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Yannis Michailidis
La DB brucia in segno di solidarietà con gli anarchici imprigionati in Grecia!
Nelle prime ore del 27 Febbraio, in cerca di un obiettivo adatto per un’azione di solidarietà con Nikos Romanos, Dimitris Politis, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Yannis Michailidis, abbiamo individuato un veicolo appartenente alla Deutsche Bahn nel quartiere di Prenzlauer Berg, a Berlino, che abbiamo avvolto nelle fiamme della solidarietà internazionale.
Alla Deutsche Bahn AG (società ferroviaria tedesca), dieci dirigenti della sua filiale DB International hanno corrotto funzionari pubblici degli appalti di servizi di ingegneria in diversi Stati Africani e in Grecia, come la magistratura di Francoforte ha confermato (secondo un rapporto del “Süddeutsche Zeitung” nel mese di Aprile 2010).
Dal 2008, in una serie di battaglie legali, è stato documentato che le imprese tedesche Siemens, MAN Ferrostaal e Deutsche Bahn hanno comprato i politici in Grecia, su larga scala, e quindi hanno “finanziato” decisioni politiche a loro favore. Così, il Gruppo Siemens solamente ha “investito” a partire dalla metà degli anni 90 e per circa un decennio 15 milioni di euro all’anno in Grecia, al fine di propiziare in questo modo i politici di entrambi i partiti maggiori, Nea Dimokratia e PASOK.
Mentre un’altra filiale della Deutsche Bahn, la società di logistica Schenker, trasporta rifornimenti di guerra per la Bundeswehr (forze armate tedesche), la Deutsche Bahn e il Ministero della Difesa sono in esecuzione di una collaborazione simbiotica: “Il BwFuhrparkService GmbH ha sviluppato e realizzato un concetto di mobilità economico e orientato verso il cliente per l’esercito tedesco. […] La società è una joint venture tra il Ministero della Difesa e la Deutsche Bahn AG. Il BwFuhrparkService garantisce concetti logistici personalizzati, la riduzione dei costi e un aumento del tasso di utilizzazione e di fornitura di veicoli sicuri. In qualità di fornitore di servizi di mobilità per l’esercito tedesco, l’azienda offre una vasta esperienza nella gestione di veicoli della flotta più complesse e la produzione di soluzioni individuali di flotta”(brani tratti da dbfuhrpark.de / index.php? Id = 131).
Nel Gennaio del 2013, il Dr. Rüdiger Grube ha parlato sul tema “La Deutsche Bahn AG – Sfide Attuali e Prospettive” presso l’Accademia militare delle forze armate tedesche, mentre il 61enne presidente del consiglio di amministrazione della Deutsche Bahn in Berlino dal maggio 2009, Moorburgerdel, ha spiegato a più di 200 ospiti la strategia aziendale e i processi della DB AG.
Il 16 Aprile, La DB Mobility Logistics e il BFD di Berlino (“Servizio di avanzamento professionale” per l’educazione e la formazione del personale militare), terrano una Giornata per Soldati sotto il motto “Nessun lavoro come un altro.” L’evento si rivolge a gli uomini e le donne soldati che sono interessati ad essere addestrati e impiegati dalla Deutsche Bahn.
Pertanto, classificiamo la Deutsche Bahn come un potere di fatto belligerante e un componente dell’esercito tedesco / NATO, che non consentirà alcun cambiamento sociale in Grecia, ma piuttosto si sforzerà al fine di assistere la soppressione di una rivolta. La Deutsche Bahn è una delle imprese tedesche che traggono profitto dalla crisi in Grecia, come era il suo predecessore, il Reichsbahn durante il fascismo tedesco.
L’incendio di ieri sera aveva lo scopo di mostrare ai prigionieri Nikos Romanos, Dimitris Politis, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Yannis Michailidis che siamo consapevoli del loro arresto e la loro tortura il 1° Febbraio, dopo la doppia rapina a Kozani, e qui, nel cuore della bestia, proveremo tutto il possibile per il crollo del capitalismo e dei suoi aiutanti.
Corriamo verso la nostra uscita, mentre attorno a noi si sta giocando una caccia all’uomo a tutta velocità. Dietro di noi rimane una vita che è predeterminata, scolpita dalle mani della sovranità, con lo scopo di farci interiorizzare la sottomissione come condizione oggettiva, di legittimare moralmente sistemi di leggi e regole, di uniformare l’individuo a una logica statica di numeri. Di fronte a noi, il mondo delle nostre fantasie “utopiche” che può essere conquistato solo con la violenza. Una vita, una possibilità e scelte determinate.
Fissate il vuoto tra le nuvole e saltate, perchè la caduta non è mai stata una scelta più certa.
Venerdì 1 febbraio, insieme a un gruppo di compagn*, abbiamo condotto una doppia rapina, alla Banca Agricola e all’Ufficio Postale a Velventòs, Kozani. Secondo la nostra opinione è di qualche importante analizzare, fino a un certo punto, la parte operativa della rapina. Questo innanzitutto per sottolineare tutti gli elementi del caso, le scelte che abbiamo fatto, gli errori che abbiamo commesso e le ragioni che ci hanno portato a questi.
Quindi, quel venerdì mattina, abbiamo attaccato i due obiettivi divisi in due squadre. Il nostro scopo fin dall’inizio era di prendere i soldi da entrambe le casseforti, ed in effetti è andata così. Durante la nostra fuga, una serie di eventi sfortunati e una malgestione di questi hanno portato ad un’esposizione sia del nostro veicolo sia della nostra direzione alla polizia.
A causa della stretta che si era creata da parte della polizia, il compagno che guidava il furgone, che era stato esternamente trasformato per apparire come un’ambulanza, ha cercato vie d’uscita per la squadra che aveva condotto le rapine. Nel suo tentativo, ha fatto l’errore di passare tre volte di fronte a un veicolo degli sbirri, che si sono quindi insospettiti. È nato un inseguimento che lo ha portato, a causa della sua non familiarità con la zona in cui è finito, a raggiungere quattro vicoli ciechi tra le strade fangose delle cave, che è finito con l’accerchiamento da parte della polizia – e con la chiusura di ogni possibilità reale di fuga. Dopo avere dato fuoco al furgone, è stato arrestato. Seguendo questi sviluppi e mentre il nostro compagno con il veicolo per la fuga era già nelle mani degli sbirri, le nostre opzioni disponibili si erano estremamente ridotte.
Abbiamo quindi deciso di fermare il primo veicolo che passava, poiché questo garantiva una fuga più sicura per noi e i nostri compagni. La questione principale in questa condizione era che gli sbirri non venissero a sapere del nuovo veicolo di fuga dei nostri compagni – abbiamo quindi deciso di mantenere il guidatore nel veicolo con noi, fino a che non avessimo trovato un modo anche per noi di fuggire. È a questo punto circa che il nostro sentiero si è incrociato con quello di una macchina della polizia, che si è gradualmente trasformato in un inseguimento fino alla città di Veria, con la maggioranza delle forze di polizia disponibili nell’area alle nostre calcagna. Ovviamente non abbiamo pensato neanche per un momento di usare l’ostaggio come scudo umano (non avremmo avuto problemi, per esempio, se si fosse trattato del manager di una banca) – dopo tutto, la polizia non sapeva della sua esistenza. Alla fine, lui ha agito da scudo umano per gli sbirri, senza che loro lo sapessero – perchè la sua presenza è stata una delle ragioni per cui non abbiamo usato le nostre armi per fuggire. Poichè la nostra consapevolezza e il nostro codice morale non ci permettono di rischiare la vita di una persona a caso che si è trovata con noi contro il suo volere.
A questo punto vorremmo rendere chiaro che non avevamo delle armi solo allo scopo di spaventare, ma per usarle nella remota possibilità di uno scontro tra noi e gli sbirri. Quindi, la ragione per cui non abbiamo agito nella maniera corrispondente, allo scopo di fuggire, è stata la condizione in cui ci siamo trovati a causa di una serie di errori.
La sola opzione per una fuga a quel punto era la velocità – e il nostro tentativo di guadagnare terreno con il nostro veicolo dagli sbirri che ci stavano inseguendo. Ovviamente, la città di Veroia non si offre per qualcosa di questo tipo, e presto infatti ci siamo trovati intrappolati in una stradina, con il risultato del nostro arresto. Durante il nostro arresto, la sola cosa che abbiamo dichiarato è stata che la persona che avevamo con noi non aveva niente a che fare né con la rapina, né con noi. Nonostante questo, gli sbirri hanno continuato a picchiarlo, almeno finchè abbiamo avuto contatto visuale con lui.
Questa narrazione non è fatta per vantarci o auto-promuoverci, ma allo scopo di invertire il lascito degli arresti senza una lotta che le condizioni non ci hanno permesso.
Ieri sera, 21 Febbraio, abbiamo attaccato la stazione della polizia ad Exarchia in un minimo segno di solidarietà con i nostri compagni N. Romanos, A-D.Mpourzoukos, Y. Michailidis e D.Politis arrestati dopo la doppia rapina a Velventòs di Kozani. Insieme alziamo i nostri pugni e le nostre fiamme quando le opzioni diventano azioni, quando il viso rimane alto e non si abbassa, quando la guerra infuria.
Era atteso che la festa dell’Antiterrorismo-Media di Massa si sarebbe creata a tempo di record, come è successo, con le foto e i nomi dei nostri compagni in mercé da un canale televisivo all’altro accompagnate dalle pessime analisi e profili psicologici fatte da qualsiasi prezzemolo dei media, richieste di informazioni e reportage straordinari. Non ci sorprende, la copertura offerta agli sbirri cafoni di Veria e agli vigliacchi delle forze speciali della polizia (EKAM) all’ospedale dal ministro fascista dell’Ordine Pubblico, Dendias, e dai vari ufficiali dell’anti-terrorismo. Non crediamo che la divulgazione delle fotografie dei compagni maltrattati in questa situazione sia stato un errore dell’Anti-terrorismo con lo solo scopo della veloce raccolta di informazioni per l’azione degli arrestati, ma un’azione ben mirata per disperdere la paura a coloro che consapevolmente scelgono di attaccare l’esistere.
Non ci aspettavamo niente di meno dai meccanismi della repressione che furiosamente raccolgono il DNA in ogni occasione, col culmine i recenti episodi alla zona di Skouries a Halkidiki, col sequestro di persone e la violenta raccolta di materiale genetico per la costruzione di rinvii a giudizio e arresti in quanto viene utilizzato come un unico elemento di prova derivato dagli “indiscutibili” laboratori/cucine della Polizia.
Ministri, poliziotti, giudici, giornalisti, vicini di casa-testimoni e proprietari di appartamenti che avete fatto diventare il telefono un prolungamento della vostra mano, dimenticate una cosa: CHE NOI NON DIMENTICHIAMO.
Sui volti gonfi dei nostri compagni non riconosciamo l’immagine di alcuna “vittima”, al contrario, non fermiamo di vedere i sorrisi, i desideri, la rabbia, che diventano passaggi sul campo di battaglia, come il nostri attacchi successivi.
Dietro agli annunci per la lotta contro l’illegalità, il “terrorismo” e le nuove ordinanze d’arresto, non smettiamo di vedere i nostri passaggi. Li sfrutteremo fino all’ultimo.
(La reazione immediata dei sbirri è la fuga, come ha fatto la guardia armata e una macchina della polizia.)
PS 1. Nessuno è diventato forte colpendo un prigioniero in manette.
PS 2. Buona fortuna a forza ai compagni ricercati.
L’11 Febbraio 2013 abbiamo messo uno striscione nella città di Florina in solidarietà con i 4 compagni accusati nel caso delle rapine in banche a Velventós-Kozani. Forza, compagni! Ci state dando forza.
Fino a quando la guerra infuria, ci troverete impenitenti contro il Potere. Viva l’anarchia!
12 Febbraio 2013: Testo degli anarchici Nikos Romanos, Dimitris Politis, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Yannis Michailidis, qui
Un raduno si è svolto questa mattina (06/02) al tribunale di Kozani, dove sono stati portati i 4 arrestati del 1° Febbraio davanti al pubblico ministero e il giudice di interrogazione. Parenti, amici e compagni da Atene, Salonicco, Kozani, Veria e Larissa (circa 80-100 persone) abbiamo unito le nostre voci siamo stati accanto i 4 anarchici. Non ci siamo fermati, anche per un minuto, scandendo slogan di solidarietà fuori dal tribunale, cercando di scaldare i cuori dei compagni. Dei slogan sono stati dipinti sui muri del palazzo di giustizia ed abbiamo messo 4 striscioni di solidarietà nella zona. Il raduno si è concluso con un corteo verso la piazza centrale di Kozani, nel corso del quale siamo stati seguiti da decine di poliziotti anti-sommossa.
Tutti e quattro compagni sono stati rinviati in carcerazione preventiva in attesa del giudizio, e sono stati trasferiti alla prigione di Koridallos ad Atene.
TERRORISMO È DI PENSARE CHE SEI LIBERO
LIBERTÀ PER COLORO CHE SONO NELLE CELE DELLE PRIGIONI
LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA
Di seguito un messaggio dei 4 arrestati verso i solidali
Salutiamo i compagni solidali che si sono trovati al tribunale di Kozani.
I loro slogan hanno riscaldato i nostri cuori.
Anche in modo immaginario alziamo i nostri pugni accanto a loro.
VIVA L’ANARCHIA
I anarchici:
Nikos Romanos, Andreas-Dimitris Bourzoukos, Yannis Michailidis, Dimitris Politis
Nelle prime ore del 6 Febbraio, abbiamo fatto una passeggiata per le vie del centro di Atene, in modo da dipingere slogan anarchici sui muri e fare qualsiasi altra cosa possa venire. Tra l’entusiasmo, abbiamo accecato 3 telecamere di sorveglianza delle filiali della Banca Agrotiki e della Banca Nazionale ed abbiamo incasinato anche i loro bancomat.
Libertà per i 4 ostaggi del caso di Kozani, per Freddy, Marcelo, Juan in Cile, e per Marco Camenisch: non dobbiamo lasciarlo invecchiare dentro le galere svizzere!
Rubiamo un paio di parole dalle celle del centro di detenzione dove siamo ostaggi per dichiarare i propri obiettivi e le intenzioni in modo di chiarire la situazione sugli ultimi eventi.
Come anarchici consideriamo la scelta della rapina di una banca come una scelta consapevole di resistenza. La nostra azione non aveva lo scopo dell’arricchimento personale. L’attacco contro i templi del capitale fa parte della nostra azione rivoluzionaria generale.
A proposito della nostre tortura da parte delle forze di repressione, non vogliamo che essa contribuisce come punto per la nostra vittimizzazione. Non ci aspettavamo nulla di diverso dai nemici della libertà. Non dimentichiamo quante persone sono state schiacciate nelle stazioni della polizia e nelle loro prigioni. Che diventino i segni della tortura un’altra occasione per trasformare la rabbia in azione.
Verso i rappresentanti istituzionali della giustizia, il nostro atteggiamento sarà intransigente e senza compromessi.
NON COLLABORIAMO – NON CI APOLOGIAMO
VIVA L’ANARCHIA
I anarchici Nikos Romanos Andreas-Dimitris Bourzoukos Yannis Michailidis
PS. Seguirà un testo dettagliato di tutti e quattro arrestati in riguardo al nostro caso.
Il 3 Febbraio gli anarchici Dimitris Politis e Yannis Michailidis sono stati portati al pubblico ministero presso il tribunale di Atene in materia di appello per quanto riguarda i mandati contro di loro sul caso CCF. Il 4 Febbraio sono stati portati al tribunale speciale di Koridallos durante la 25imma sessione del processo CCF. Entrambi sono stati rimandati nel carcere di Koridallos, dove sono imprigionati pure i membri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
Dal 5 Febbraio, tutti i quattro compagni accusati del caso della rapina in banca a Velventós-Kozani, vale a dire Dimitris Politis, Yannis Michailidis, Nikos Romanos e Andreas-Dimitris Bourzoukos (gli ultimi due non sono stati ufficialmente rimandati finora) sono stati trasferiti a Kozani, dove il 6 del mese dovranno attendere un’altra udienza al tribunale locale.
Dopo un contatto dei solidali con i genitori di Andreas-Dimitris Bourzoukos, vogliamo informarvi di quanto segue:
Tutti gli arrestati sono stati trasferiti (da Kozani) al quartier generale della polizia di Atene (GADA) da Sabato sera tardi, 2 Febbraio.
La mattina della Domenica, 3 Febbraio, i genitori sono stati in grado di entrare in contatto con i loro figli, come hanno fatto anche i loro avvocati difensori. Fino ad allora, la polizia aveva negato tutte le rispettive richieste ripetutamente.
I genitori sono stati autorizzati a visitare gli arrestati solo per 15 minuti, al 12° piano del quartier generale della polizia di Atene.
In particolare, Andreas-Dimitris Bourzoukos è stato ammanettato ad una sedia per tutto il tempo della visita.
Egli ci ha informato che, mentre era ammanettato con le mani dietro la schiena nelle celle di detenzione di Veria, i poliziotti gli hanno messo un cappuccio sulla testa, lo hanno costretto a inginocchiarsi e lo hanno picchiarono per circa quattro ore sulla testa, sul volto e sullo stomaco, e alcuni dei suoi capelli sono stato strappati con la forza. Ciò è avvenuto senza alcuna resistenza da parte sua. Si intende che i poliziotti l’hanno anche minacciato per tutto il tempo e lo insultavano nel modo più volgare.
Le conseguenze della suddetta tortura sono state le seguenti: sangue nelle urine, forti capogiri, mal di testa, edemi sul suo viso, ematomi su entrambi gli occhi, così come lividi ed ecchimosi ovunque sul suo corpo.
I suoi genitori riferiscono che il suo volto era irriconoscibile e la sua voce era alterata da tutte le botte sulla sua mascella.
Durante questi tre giorni, gli è stato consentito di bere solo acqua in bottiglia, mentre i suoi genitori non sono stati autorizzati a dargli pacchi di alimentari confezionati e succhi di frutta.
Tutti i fatti di cui sopra non sono descritti, al fine di presentare come vittime qualsiasi degli arrestati, ma al fine di evidenziare le torture e le violenze che si praticano “legalmente” dagli apparati statali.
Nonostante tutto, Andreas-Dimitris Bourzoukos tiene forte e dignitoso, e il suo morale resta fermo.
Forza agli compagni arrestati. Cercheremo di condividere ulteriori aggiornamenti a breve.
C’è anche una lettera aperta di Pantelia Vergopoulou, madre di Andreas-Dimitris Bourzoukos, che denuncia inequivocabilmente le torture contro i quattro compagni e dichiara, tra l’altro, i seguenti:
“I meccanismi della persecuzione in Grecia seguono le torture legate agli standard delle prigioni di Guantanamo. Mio figlio, proprio come i altri tre arrestati, non è stato trattato come gli altri accusati di reati del codice penale, ma con particolare odio perché è un anarchico. Allo stesso tempo, i loro aguzzini nascosti dietro i cappucci rimangono intoccabili.
Fino a quando?
[…] Infine, essendo io stesso un medico (specializzata nella medicina d’urgenza pre-ospedaliera), segnalo che le prime ore che seguono i traumi sono fondamentali per possibili lesioni cerebrali ed ulteriori lesioni. La necessità elevata per l’esame immediato e le cure ospedaliere si riferisce a tutti gli arrestati che hanno subito abusi.
Tengo coloro che si occupano del caso principalmente responsabili per eventuali danni che possano essere causati.”