“Odio l’individuo che china il suo corpo sotto il peso di una potenza sconosciuta, di un X qualsiasi, di un Dio. Odio tutti coloro che cedendo ad altri per paura, per rassegnazione, una parte della loro potenza di uomini non solamente si schiacciano, ma schiacciano anche me, quelli che io amo, col peso del loro spaventoso concorso o con la loro inerzia idiota. Li odio, sì, io li odio, perché lo sento, io non mi abbasso sotto il gallone dell’ufficiale, sotto la fascia del sindaco, sotto l’oro del capitale, sotto tutte le morali e le religioni; da molto tempo so che tutto questo non è che una indecisione che si sbriciola come vetro…”
–Joseph Albert (Libertad)
Ci sono momenti nella storia in cui la casualità di alcuni eventi può provocare delle variabili dinamiche in grado di paralizzare quasi interamente lo spazio-tempo sociale.
Era la notte di sabato 06 dicembre 2008 quando in pochi istanti c’è stato il culmine del conflitto tra due mondi. Da un lato la violenza insurrezionale, giovanile, entusiasta, spontanea e impetuosa; dall’altro l’apparato ufficiale e instituzionale dello stato che, legittimamente, reclama il monopolio della violenza attraverso la repressione.
No, non si è trattato di un ragazzino innocente e un poliziotto paranoico che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma di un giovane compagno ribelle che ha attaccato una pattuglia, in una zona in cui gli scontri con le forze di repressione erano frequenti, e di un poliziotto che pattugliava quella stessa zona e, obbedendo all’idea personale di onore e reputazione della polizia, ha deciso di affrontare da solo gli agitatori. È stato un conflitto fra due forze opposte: da una parte l’Insurrezione, dall’altra il Potere, con i protagonisti principali di questo conflitto che rappresentavano il proprio campo.
L’assassinio di Alexandros Grigoropoulos da parte del poliziotto Epameinondas Korkoneas, e l’ampia sommossa che ne è conseguita, hanno causato un elettrochoc sociale potente, perché l’immagine di “pace sociale” ne è uscita distrutta e l’esistenza di questi due mondi contrapposti è diventata visibile nel modo più evidente, scatenando situazioni da cui non era facile tornare indietro, almeno non senza la creazione e la manifestazione di eventi la cui dinamica nessuno poteva più fingere di non aver notato, di non aver visto, di non aver sentito, di non aver preso in conto.
La rivolta del 2008 ha scosso una società che, per la maggior parte, approfittava ancora della benedizione consumistica e della cultura dello stile di vita occidentale, e ignorava le conseguenze insopportabili dell’incombente crisi economica. Ha causato imbarazzo, torpore e paralisi percettiva, poiché la maggioranza del corpo sociale era incapace di capire da dove saltassero fuori le tante migliaia di rivoltosi che creavano disturbi di tale portata.
All’indomani della rivolta, numerosi intellettuali, analisti politici, professori, sociologi, psicologi, criminologi, e persino artisti, approfittando tutti del loro prestigio e della loro notorietà professionale, hanno partecipato al dibattito pubblico, non solo per interpretare Dicembre ’08, ma anche per privarlo di senso, diffamandolo e condannando allo stesso tempo la violenza, da dovunque venisse, rendendo ben chiaro quale fosse il loro reale ruolo sociale.
C’è molto da dire su Dicembre ’08 e la sua eredità insurrezionale, come è stato manifestato attraverso decine di gruppi di azione diretta che si sono moltiplicati in maniera esplosiva in tutto il paese, creando un fronte di minaccia interna. Un periodo in cui l’azione diretta anarchica ha minato la normalità sociale quasi quotidianamente. Ma quello che vogliamo innanzi tutto è ricordare…
Ricordare cos’è stato Dicembre ’08 e come l’anarchia, assumendo un ruolo da protagonista, ha contribuito all’apparizione di situazioni dinamiche che hanno acquistato risonanza nel movimento anarchico internazionale.
Ricordare il momento in cui l’anarchia ha superato la paura dell’arresto, della prigionia e della repressione violenta, acquisendo così un’enorme fiducia in se stessa, passando ad azioni e gesti che fino ad allora sembravano impossibili; una fiducia che si è manifestata con l’intera gamma di azioni anarchiche multiformi, dai semplici interventi pubblici a ogni tipo di occupazioni, e dalle pratiche conflittuali spontanee alle azioni offensive più organizzate.
Vogliamo ricordare il nostro giovane compagno colpevole della propria spontaneità che ha pagato con la vita. In altre circostanze avremmo potuto essere al suo posto, poiché lo stesso entusiasmo insurrezionale ci pervade da allora, e tra l’altro, TUTT* dovremmo ricordare le nostre origini invece di esorcizzarle.
Vogliamo ricordare la bellezza del paralizzare lo spazio-tempo sociale attraverso corto-circuiti sociali piccoli o grandi.
Vogliamo ricordare quanto può diventare pericolosa l’anarchia, quando vuole…
Vogliamo rivivere i giorni in cui “morte non avrà dominio, i morti nudi saranno uno con l’uomo nel vento e la luna occidentale, e irromperanno nel sole fin che il sole cadrà” (versi parafrasati da un poema di Dylan Thomas).
* * *
“È così che impariamo l’umiltà.
Quante volte la gente è rimasta seduta
a casa e aspettato da sola,
aspettato che i compagni
tornassero?
La battaglia è pianificata
Ogni minuto conta
Ogni persona sa quello che deve fare
Sono state prese tutte le precauzioni.
Stanotte quanti guerriglieri stanno combattendo?
Stanotte la radio annuncia
che la polizia sta cercando di ricacciare
dalle strade centinaia di manifestanti.
Le pietre volano,
puoi sentire i canti, i vetri che si spaccano,
le sirene dietro il chiacchiericcio nervoso del cronista.
Le undici.
Non è ancora finita.
Quanti sono passati prima di noi?
Le linee risalgono
lungo la storia.
Quante ne restano ancora da fare?”
–La tribù dell’Aquila orgogliosa del Weather Underground
Partendo da una semplice osservazione, il bisogno imperativo di tracciare una strategia il cui nucleo sia l’azione anarchica molteplice che si scontri frontalmente col Potere e i suoi esponenti, siamo sicuri che il contributo di un’altra proposta teorica sull’organizzazione anarchica non sarebbe proficuo, se dovesse restare all’interno della struttura ristretta dell’inflessibilità ideologica. Se non tentiamo di sciogliere le nostre contraddizioni quotidiane attraverso azioni che siano complementari della lotta di liberazione nel suo complesso, siamo destinati ad annegare nella marea di introversione che pervade i circoli anarchici.
Crediamo che per elaborare una strategia – sui cui assi si incroceranno gruppi di affinità, lotta multiforme e insurrezione anarchica permanente – dobbiamo mettere alla prova nella pratica le nostre forze, il nostro slancio, le nostre capacità e i nostri limiti. In questo modo saremo in grado di porre i fondamenti logici basati su reali esperienze di lotta e non su acrobazie teoriche. Viviamo l’inizio della fine del mondo come lo conosciamo.
Il tentativo da parte dello Stato di risolvere pacificamente i conflitti sociali è un lontano ricordo, come lo è la prosperità economica, e i modelli d’interventismo di stato nell’economia sono finiti in pattumiera – dato che ai giorni nostri la dominazione delle multinazionali e la possibilità del Capitale di oltrepassare i confini nazionali senza restrizioni sono state istituzionalizzate dai centri di potere dominanti. La narrazione storica degli stati-nazione che ha servito lo sviluppo capitalista per diversi decenni attraverso le economie nazionali sta collassando, la fascizzazione tecnologica crea infinite possibilità per la gestione delle emozioni umane, la complessità in continua crescita della struttura sociale destabilizza gli automatismi sociali e militarizza la vita sociale delle metropoli, le macchine per la digitalizzazione della vita tolgono vigore al complesso funzionamento critico del pensiero degli esseri umani e creano cimiteri di coscienze, le immagini dell’orrore umano vengono assimilate nella coscienza sociale e cessano di creare sentimenti al di là della sensazione di choc.
Ci troviamo nel processo di un aumento qualitativo della “guerra civilizzata”, in cui la felicità di uno convive col tormento di un altro; in questo nuovo ambiente fa la sua comparsa la specie di umani contemporanei, geneticamente atti ad accettare come ovvio un modo di vita malato, in un mondo degenere da cui ogni selvatichezza della natura è sparita a causa della rigenerazione urbana e le tendenze espansive delle condizioni artificiali della civilizzazione. Viviamo in mezzo a roditori industriali che vivono con una dieta controllata, in un ambiente controllato, e si trasformano in modelli sociali che dobbiamo seguire per sopravvivere.
In questo contesto l’anarchia acquista una possibilità strategica di incendiare tutte le forme di rappresentazione politica e di diventare un fronte di guerra aperta e non convenzionale contro la dominazione, che trasformerà la diversità e il pluralismo delle opinioni all’interno della comunità anarchica in un vantaggio e riunirà gli oppressi che decideranno di spezzare le catene della loro sottomissione ai centri di lotta creati. Spesso le osservazioni più importanti vengono dette nella maniera più semplice. Vogliamo vedere il mondo del Potere distrutto dalle mani armate di uomini e donne ribelli. Quindi superiamo gli schemi teorici, e riportiamo il peso del discorso al punto iniziale, al punto in cui il sasso lascia la nostra mano per finire sulla testa di un poliziotto, il punto in cui decidiamo di spezzare le catene della prigionia, il punto in cui le volontà sovversive si manifestano in maniera combattiva nelle strade, il punto in cui le lancette di un ordigno esplosivo si allineano per far esplodere la nebbia assassina dell’ordine legale.
Invertendoil flusso del dialogo predeterminato, non parliamo in anticipo del modo in cui agiremo, ma proponiamo la coordinazione dell’azione anarchica e una rete informale di progetti anarchici tramite la forza vitale dell’azione multiforme; in questo modo saremo in grado d’individuare i nostri errori e le nostre debolezze misurando allo stesso tempo le nostre capacità di arrivare a una valutazione critica che sarà la base della nostra strategia che favorirà l’azione anarchica frontale contro ogni autorità.
La nostra proposta di scommettere sulla formazione di un fronte anarchico insurrezionale molteplice è semplice; una campagna d’azione col nome di ‘Dicembre Nero’ che sarà il detonatore della ripresa dell’insurrezione anarchica, dentro e fuori le prigioni.
Un mese di azioni coordinate per conoscerci fra noi, uscire in strada e distruggere le vetrine dei grandi magazzini, occupare scuole, università e municipi, distribuire testi che diffonderanno il messaggio di ribellione, piazzare ordigni esplosivi contro fascisti e padroni, esporre striscioni su ponti e strade, sommergere le città di manifesti e volantini, far saltare le case dei politici, lanciare molotov contro la polizia, taggare i muri con slogan, sabotare il flusso tranquillo di merci in pieno periodo natalizio, saccheggiare l’ostentazione di abbondanza, organizzare attività pubbliche e scambiare esperienze e motivazioni su diversi temi della lotta.
Incontrarci nelle strade della città, e dipingere con le ceneri sugli orridi edifici di banche, commissariati, multinazionali, basi militari, studi televisivi, tribunali, chiese, associazioni benefiche.
Sconvolgere in mille modi la mortale normalità sociale delle droghe psicotrope, l’asfissia economica, la miseria, l’impoverimento e la depressione, regolando la nostra esistenza sui ritmi dell’insurrezione anarchica, in cui la vita assume un significato nella battaglia incessante contro la dominazione e i suoi rappresentanti. Incendiare la fragile coesione sociale e uscire in strada per strangolare per prima cosa il mostro dell’economia, prima che ci stermini attraverso i suoi meccanismi burocratici e i suoi killer in giacca e cravatta che riempiono i centri di comando della guerra economica.
Dicembre Nero non cerca semplicemente di trasformarsi in qualche giorno di rivolta; quello che vogliamo creare invece – attraverso l’azione anarchica multiforme e multilivello – è una piattaforma di coordinazione informale sulla cui base confluiscano gli impulsi sovversivi; un primo tentativo di coordinazione informale dell’anarchia, al di là del quadro predeterminato, che aspira a creare quest’esperienza di lotta per mettere in moto proposte sovversive e strategie di conflitto.
Questa nostra proposta è legata allo stesso tempo con eredità di lotta corrispondenti al di là dei nostri confini geografici; qualche mese fa, in Messico, un gruppo di compagn* ha attaccato l’istituto nazionale elettorale con un ordigno esplosivo, e chiamato a una campagna anti-elettorale multiforme e dinamica per un Giugno Nero, appello che è stato raccolto da una parte significativa del movimento anarchico. Seggi elettorali e ministeri sono stati travolti dalle fiamme, scontri con la polizia sono nati nelle strade delle città, sono state tenute riunioni pubbliche, e testi di propaganda anarchica contro le elezioni sono stati distribuiti. Un mosaico di attività molteplici, con riferimenti politici e punti di partenza diversi, con cui l’anarchia ha risposto al circo elettorale della democrazia, avendo come strumenti i principi di orizzontalità, coordinazione informale e insurrezione perenne; tali esperienze di lotta, in cui l’immaginazione collettiva e la determinaione creano fuochi di guerra liberatori nel nuovo ordine dele cose, dimostrano chiaramente che esiste una prospettiva per l’abolizione effettiva della nota pseudo-polarità tra legale e illegale, e allo stesso tempo rende la progettualità anarchica opportuna attraverso i fuochi dell’insurrezione.
La scommessa della sovversione rimane aperta; il destino di questa proposta si trova nelle mani dei/lle compagn* di tutto lo spettro di lotta che sceglieranno se vale la pena metterla in movimento.
“La prima notte in cella, pensieri della sua vita libera viaggiavano a velocità vertiginosa nei neuroni del suo cervello. Sapeva che la prigionia è la conseguenza logica dello scontro con un nemico che possiede una potenza di fuoco superiore a tutti i livelli.
Per chi ha sabotato i binari del treno del terrore appartenente a una realtà sociale che elimina in ogni modo possibile coloro che lo mettono in questione, le sbarre della prigione saranno una realtà; ma naturalmente questo non significa che questa realtà verrà accettata senza lottare.
Con questi pensieri in testa, chiuse gli occhi e sognò non che gli sarebbe piaciuto vivere fuori dalle mura ma l’incubo di molti anni di inerzia, attesa e corruzione dei propri istinti.
Il mattino seguente, affrontando per la prima volta la monotonia di una routine carcerale quotidiana e ripetitiva, era già stanco di essere paziente; l’aveva visto viaggiare senza scopo attraverso il labirinto della tolleranza nei primi segni di una vigliaccheria nascosta. Rinchiuse l’odio nella valigia delle emozioni intatte accanto all’amore per la libertà, e passò la chiave a un compagno, chiedendogli di lasciarla acanto alle tombe dei/lle compagn* assassinat* che sono caduti in battaglia contro il nemico.
Gli anni sono passati e l’unica cosa che la prigione è riuscita a fare è stato riempirlo di rabbia, renderlo impaziente per il dopo, fargli cercare un modo di applicare praticamente la guerra anarchica; a quel momento aveva realizzato che l’unica alleanza fattibile è col mondo delle possibilità.
Poche possibilità per convincere la maggioranza delle persone in questa società che la sua scelta non si trova tra la follia e un’impasse, ma abbastanza perché valga la pena scommetterci per la grandiosa idea di distruzione. La grandiosa idea di una collisione frontale con il mondo delle ombre e i suoi sottomessi. La porta della prigione si apre, e ora sa cosa fare; tenere viva la memoria, non lasciare spazio all’oblio, non dimenticare mai i compagni lasciati indietro, riprendere il filo dell’insurrezione dove si era spezzato, versare il veleno dell’insubordinazione nelle reti riproduttive della società capitalista.
Per un’insurrezione anarchica permanente!
Nessuna tregua col Potere e i suoi burattini!”
Per un Dicembre Nero!
Per l’offensiva anarchica contro il mondo del Potere!
PS. L’11 dicembre di due anni fa il nostro fratello Sebastián ‘Angry’ Oversluij ha perso la vita durante l’espropriazione armata di una banca in Cile, ucciso dal tiro di un servo in uniforme del sistema. Crediamo che questo Dicembre Nero sia l’occasione per onorare la memoria del nostro fratello anarchico, unendo la memoria anarchica e abolendo di fatto confini e distanze.
Nikos Romanos
Panagiotis Argirou, membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco – FAI/IRF
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