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[Messico] Fernando Barcenas rilasciato!

Fernando è uscito dal carcere l’ 11giugno 2018 verso le 21h. Una volta fuori ha bruciato l’uniforme beige che ha dovuto portare per quattro anni e mezzo

Lunedì 11 giugno 2018, il compagno anarchico Fernando Barcenas Castillo è uscito di prigione.

Arrestato il 13 dicembre 2013, durante le proteste contro l’aumento del prezzo dei biglietti del metrò, Fer era stato accusato di aver appiccato il fuoco all’albero di Natale della Coca-Cola, e da allora si trovava nella prigione Nord, detta ReNo, a Città del Messico.

Nel dicembre 2014 era stato condannato a 5 anni e 9 mesi di detenzione per i reati di disturbo della quiete pubblica e associazione a delinquere. Poco dopo la sua incarcerazione Fernando ha cominciato a organizzare diversi progetti: atelier di musica, di scrittura, di diffusione e informazione come delle fanzine e il giornale indipendente, anti-carcerario e di lotta: «El Canero», che vuol dire «colui che è in carcere». Si tratta di un media libero prodotto da prigionier* che si trovano dietro le sbarre di diverse prigioni della capitale messicana e di altre località

Per Fernando «Il Canero è un progetto che vuole spiegare la realtà vissuta all’interno delle prigioni e metterla in relazione con un contesto sociale più ampio, di cui siamo tutt* prigionier* a diversi livelli. Questo giornale contribuisce a diffondere la lotta anti-carceraria tessendo legami di comunicazione tra i/le prigionier* e l’esterno». Per lui si tratta «Di dimostrare che la lotta si conduce qualunque sia il luogo e con i mezzi a disposizione, senza aspettare che tutte le condizioni siano riunite».

Il primo Canero è uscito nel giugno 2014, e fino ad oggi sono stati scritti cinque numeri: col passare del tempo, il contenuto evolve. Il giornale è il risultato di numerosi riunioni di prigionier*, di scambi e riflessioni, di azioni congiunte, scioperi della fame… Lungo il suo percorso, il Canero vede nascere organizzazioni informali de prigionier* in resistenza, azioni coordinate, comunicati che denunciano la bestia penitenziaria, l’autorità e l’isolamento dentro e fuori le mura.

A partire dal mese di novembre 2017, Fernando lancia una nuova idea: organizzare una biblioteca autonoma gestita dagli stessi prigionieri, e dopo parecchi mesi di lavoro e di costruzione, la biblioteca viene inaugurata il 28 aprile 2018 col nome di Xosé Tarrío González *, e continua a crescere. Ad oggi conta numerosi documenti, tra libri, riviste e opuscoli… la biblioteca continua per la sua strada.

Per tutti questi anni Fer ha anche incoraggiato e lanciato l’organizzazione de* prigionier* in resistenza, dapprima incoraggiando la formazione del C.C.P.R (Coordinazione Combattiva dei Prigionieri in Resistenza), più tardi parteciperà alla coordinazione degli scioperi della fame, con altri prigionieri anarchici di Città del Messico. In seguito, Fer lancia e incoraggia la formazione della C.I.P.RE (Coordinazione Informale dei Prigionieri in Resistenza) come forma e spazio di organizzazione per tutt* quell* che sono stati oppress* e torturat* dal macchinario penitenziario. La CIPRE era un’organizzazione informale ormai sciolta e oggi sbiadisce non senza lasciare dietro di sé tutta un’esperienza organizzativa. Fer lancia una nuova proposizione che darà vita al collettivo di prigionieri CIMARRON, che fa riferimento al significato di «scappare, fuggire», sottrarsi alla proprietà di un padrone.

Un forte abbraccio Fer, un abrazo compañero!
Finalemente nelle strade.

Fino alla libertà totale!

*NOTA: Xosé Tarrío González è nato nel 1968 a la Coruña. A 11 anni viene rinchiuso il est enfermé dans un internat, poi en maison de redressement per ritrovarsi in prigione a 17 anni dove contrae l’AIDS. In prigione, mette in pratica l’anarchismo e la rivolta, guidando diversi tentativi di evasione, praticando una reale solidarietà tra prigionieri, lottando fermament contro la prigione e i secondini; questi suoi comportamenti gli sono costati umiliazioni, periodi in isolamento e viene torturato parecchie volte. Nel 2004 la sua salute peggiora nuovamente a causa della sua malattia e alla fine muore il 2 gennaio 2005, vittima dell’istituzione carceraria e della società che la sostiene. Xosé era uno dei prigionieri del regime speciale FIES (Ficheros de Internos de Especial Seguimiento / Casellari dei Reclusi di Trattamento Speciale) e autore del libro « Huye, hombre, huye »

[Messico]: Lettera di Fernando, 20 luglio 2017

Dopo essere stato rinchiuso in una cella dela zona 7 C.O.C (Centro d’osservazione e di Classificazione), ho assistito, mercoledì 19 luglio 2017, all’audienza del Consiglio tecnico interdisciplinare, che ha deciso che non potevo tornare con i detenuti comuni a causa del conflitto scoppiato la settimana scorso, e sono quindi stato condotto nell’Unità di Massima Sicurezza (M.M.S.), e attualmente, per motivi di sicurezza, sono isolato nella zona del Panal*.

Allo stesso tempo le mie cose sono state controllate all’entrata del M.M.S. I secondini, durante la perquisizione, hanno trovato i fogli con i miei scritti e delle lettere personali tra cui si trovava un abbozzo della rivista « El Canero », che mi hanno confiscato, e da quel momento hanno adottato un atteggiamento violento, violando la privacy della mia corrispondenza personale, e finendo con una minaccia: « Puoi farti ammazzare per quello che dici» e «Falla finita col tuo giornale», facendomi sapere che scrivendo ed esprimendo le mie idee attentavo alla sicurezza dell’istituzione, ragion per cui dovevo restare in isolamento.

C’è da sottolineare che a causa del conflitto precedente non posso più dividere una cella, per proteggere la mia integrità e la mia vita. Malgrado ciò, dopo il mio trasferimento al Panal, mi hanno piazzato in una cella con 8 persone a me sconosciute e che non mi ispirano alcuna fiducia.

Per tutte queste ragioni, ritengo il Consiglio Tecnico responsabile di quello che può capitarmi, dato che si tratta ancora una volta di un pretesto ulteriore per continuare a mantenermi in condizione di confino e punizione.

– Fernando Bárcenas –

Note:

« El Canero » vuol dire «colui che è in galera». Si tratta di un media libero prodotto da prigionieri et prigioniere dietro le sbarre di diverse prigioni della capitale messicane.

* «Il Panal» – Quartiere di alta sicurezza.

Il compagno Fernando esige di venire ritrasferito nella zona 3 dov’era prima.
Attualmente Fernando Bárcenas Castillo si trova nell’Unità di Massima Sicurezza (M.M.S.) Reclusorio Preventivo Varonil Norte : Calle Jaime Nuno no. 155, Colonia Guadalupe Chalma, Cuautepec Barrio Bajo, C.P. 07210, Gustavo A. Madero, Ciudad de México.

in francese / Les trois passants, spagnolo

Città del Messico: Attacco con esplosivo all’Istituto delle Donne

Cliccare sull’immagine per scaricare la raccolta di comunicati

21 dicembre 2016

Dopo mezzanotte…

Attorno alle due di notte, il 20 dicembre 2016, abbiamo collocato presso l’Istituto delle Donne di Città del Messico, in via José María Izazaga 148, un esplosivo che è esploso efficacemente provocando seri danni all’ingresso dell’edificio. La ragione per cui l’abbiamo fatto è semplicemente perché ne avevamo voglia.

I. Le strade della vita sono diverse da come pensavo…

Un intreccio di dominazioni multiple disseziona quotidianamente il corpo delle donne. Noi ci chiediamo: com’è possibile che molte donne, la maggioranza, decidano di accettare docilmente questo bisturi sociale che hanno addosso, a volte quasi desiderandolo?

Abbiamo sentito dappertutto discorsi da parte di femministe che si felicitano dei ‘progressi’ verso ‘l’uguaglianza tra i sessi’… ma vediamo nel frattempo le chiese piene di donne che si offrono docilmente in ginocchio.

Ci arrivano notizie di grandi manifestazioni contro la violenza sulle donne… vediamo però i tribunali pieni di donne disposte ad abbandonare la propria volontà e il proprio destino in mano ad esseri spregevoli, che accettano come superiori, e che cosa è più violento della sottomissione – e l’auto-sottomissione – della volontà umana?

La crudeltà femminicida che tocca noi, le nostre sorelle, figlie, cugine, zie, amiche, compagne, madri ci fa male… Mentre allo stesso tempo vediamo i congressi e i ‘movimenti femministi’ combattere per ottenere più leggi, più categorie penali, più accordi con lo stato, quando è proprio l’esistenza delle leggi e del sistema di dominio di rappresentazione gerarchica statale lo scenario sine qua non di questa violenza!

Se queste ‘femministe’ chiamano questa postura di sottomissione ‘emancipazione’ beh allora… ci si dovrà emancipare… dall’emancipazione emancipata!!!

Sicuramente ci saranno delle buone compagne che pensano davvero che sia possibile per le donne ottenere un cambiamento della nostra condizione di sottomissione patriarcale mediante la creazione di leggi e istituzioni, noi però pensiamo che le leggi sono fatte piuttosto per perpetuare questo stato delle cose perché sottraggono alle donne il potere di decidere da sé sul proprio destino, convincendole a cedere le loro vite per farle dirigere ad altri.

Sorelle! Non sottomettetevi a questi esseri orribili che usano i vostri corpi e vi dicono come sentire, come pensare e come fare!!

Come potrebbe una legge cambiare la realtà del dominio se le leggi sono parole, mentre il dominio è fatto di relazioni sociali? Come possiamo vedere, ci rallegriamo di vivere nell’era che si è lasciata alle spalle il pensiero magico, ma viviamo volteggiando in un mondo di fantasia.

La religione’, ‘lo stato’, ‘la scienza’, ‘la merce’, ‘la ragione’, ‘l’umanità’, ‘la giusta causa’: sono tutte finzioni che sottomettono la volontà umana. Feticci che si rivoltano contro i loro stessi creatori. Frutto di paura, superstizione e violenza. Se però togliamo il feticcio vediamo che sotto ci siamo noi e i nostri corpi, la nostra sessualità, le nostre vite fatte a pezzetti e disposte per la riproduzione di un sistema il cui unico risultato può essere la condanna alla fame, alla miseria, alla morte, alla devastazione.

II. E sembrerebbe ora che…

Nell’aria c’è un’idea falsa quanto perversa che ci ricorda i dibattiti ipocriti del secolo scorso sulla partecipazione delle donne alla politica. Sta prendendo forza l’immagine secondo cui basta la semplice presenza delle donne in questa piramide gerarchica del potere per purificare ogni residuo patriarcale. Anzi, si costruisce un immaginario sociale con quest’idea assurda per cui i seggi, i troni presidenziali o le sale dei tribunali occupati da donne saranno automaticamente sufficienti per combattere le disuguaglianze diseguali, ridurre la corrotta corruzione o impartire la giusta giustizia. Vogliamo una candidata! Vogliamo donne giudice! Vogliamo rappresentanti donne al congresso! gridano euforici gli ipocriti, gli sprovveduti e i complici.

Ora, certamente nessuno potrebbe accettare la sciocchezza di ritenere noi donne intellettualmente meno capaci, rispetto agli altri, di realizzare questi infami lavori, ed è precisamente questo il punto.

La presenza delle donne all’interno del potere politico non può di per sé comportare il minimo cambiamento nella composizione di un sistema di disuguaglianze sociali per la semplice ragione che la società in cui ci è stato imposto di vivere è basata proprio su tali disuguaglianze. La società stessa è corrotta e ingiusta, e senza queste caratteristiche la società smetterebbe di esistere. Altrimenti come potrebbe sopravvivere, se non fondandosi sulla disuguaglianza, una società basata sullo spossessamento della vitalità altrui?

Le nostre argomentazioni si possono comprovare anche solo dando uno sguardo al passato. In Messico dalla metà del secolo scorso noi donne abbiamo il ‘diritto di voto’, e abbiamo via via occupato i seggi, i tribunali e posti importanti nella ripartizione del potere politico. Ma forse da questo si deduce un qualche tipo di miglioria nella nostra penosa posizione di sottomissione, violenza, fame e miseria? Sembra piuttosto che queste donne una volta arrivate a questi ignominiosi scranni, come se avessero bevuto un intruglio velenoso, si mostrino indifferenti davanti alla nostra terribile situazione e che non esitino persino a mostrarsi apertamente nostre nemiche, guardandoci con sdegno dall’alto della loro posizione di privilegio.

Quale impegno verso la nostra situazione possiamo aspettarci da signore che in un giorno spendono quello che noi guadagniamo in un anno con il nostro miserabile salario? Come possiamo continuare a pensare che troveremo una soluzione ai problemi che ci perseguitano attraverso il voto, le elezioni (ed è lo stesso eleggere o essere eletta), le istituzioni statali, o la religione?

Ci dicono ancora che dobbiamo ‘lottare per avere un salario pari a quello degli uomini’. Nessuno ci dice di non essere altrettanto produttive come i nostri colleghi maschi, e di lottare per distruggere la divisione sessuale dei lavori. Ma non dovremmo invece concentrare i nostri sforzi, insieme ai nostri compagni, per abolire il lavoro piuttosto che per perpetuarlo? Proprio grazie al lavoro avviene il furto delle nostre vite! Perché lottare con l’obiettivo di mantenere lo sfruttamento sul nostro lavoro?

III. La prima per il coraggio, la seconda per capriccio, la terza per il piacere

E un’altra ancora. Finché esisterà nelle nostre idee il principio dell’autorità gerarchica esisterà la disuguaglianza. E il potere politico è la mera dimensione organizzatrice del principio di autorità. Dunque non c’è nessuna via d’uscita né destinazione. Però… abbiamo sentito dire in giro che pensano di mandare una donna indigena come carne da cannone per le bestie del potere. Ed ecco un’altra volta il disprezzo per le donne, ci trattano come appendici di qualcosa o qualcuno… eccoli che si mettono a usare i nostri corpi come fossero i loro stracci da pavimento.

IV. Non ce ne andiamo, resteremo qui

Speriamo che le femministe ‘belle e brave’ non ci apostrofino come antifemministe e non vogliano mandarci al rogo, anche se sicuramente non mancherà qualcuna che lo farà. Dopotutto, esiste la convinzione che essere femminista significa dipingere un bello striscione con scritto: ‘Dì di no alla violenza e sottomettiti alle istituzioni’. Come se le istituzioni non fossero le massime organizzatrici della violenza. Noi non saremo mai docili. Noi siamo per l’azione diretta e l’insurrezione. Se a voi piace continuate a inginocchiarvi davanti ai vostri oppressori. Continuate a essere complici e a leccare le vostre manette. State certe però che per quanto ci riguarda, noi continueremo il nostro attacco diretto alle vostre istituzioni femministe e borghesi…

Speriamo anche di non essere etichettate come razziste. Ovvero, alcune di noi sono indigene. Ma a nessuna di noi succederà di servire da zerbino per nessuna organizzazione, piuttosto il contrario… sputiamo su ogni organizzazione e ogni pretesa di dominio sui nostri corpi. Non siamo oggetti di nessuno, non sottometteremo i nostri cervelli e i nostri corpi per realizzare i desideri di nessuno.

MORTE ALLO STATO, VIVA L’ANARCHIA!

NÉ DIO, NÉ STATO, NÉ MARITO, NÉ PADRONE!

A TUTTX LX COMPAGNX SEQUESTRATX NELLE GALERE, FORZA!

MÓNICA CABALLERO Y FRANCISCO SOLAR, FORZA!

AI COMPAGNI A KORIDALLOS, FORZA!

SALVADOR OLMOS, IN MEMORIAM.

la Cellula di Diffusione del Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria

Ana “la mariposa negra”

Fonte: Anarcoqueer

[Mexico] Fernando Barcenas : non abbiamo bisogno di amnistie perché non abbiamo bisogno di leggi che decidano della nostra vita

reclunortePrigione Nord di Città del Messico, ottobre 2016

La legge è un artificio che castra i comportamenti umani; che pensa, dirige, inventa le nostre vite al posto nostro, e una tale concezione implica la mutilazione del frammento più unico e autentico di noi stessi.

È per questa ragione che chi decide di prendere in mano la propria vita ai margini del macchinario marcio viene considerato come “strano”, “antisociale”, “criminale”, etc…

Non possiamo pensare delle soluzioni all’interno del “quadro democratico”, che con la sua politica di sterminio spaventa gli/le abitanti con furti, violenza e morte.

Mi sono arrivate voci riguardo un’amnistia promossa da qualche partito e istituzione politica. Mi sembra necessario precisare la mia posizione di rifiuto a ogni forma di strumentalizzazione delle energie del popolo per conservare l’ordine. Qualcun* pensa che un’amnistia possa guarire gli interessi del popolo, ridotto in mille pezzi dall’imposizione della ricchezza e grazie alla schiavitù economica; noi non vogliamo “uscire” da una prigione per entrare in un’altra. Vogliamo essere liber*, davvero liber*, al di fuori di tutte le loro realtà virtuali, e questo implica necessariamente distruggere la società. Lo faremo pensando che qualcosa di nuovo deve nascere per far crollare per sempre questa civilizzazione marcia che ci trasforma in automi e ingranaggi del suo macchinario.

Non ci interessano le “lotte politiche”, ma piuttosto il conflitto permanente che esiste ovunque; possono imprigionarci ma non fermeranno la rivolta. I/Le vicin* scontenti che scendono in strada per rifiutare i progetti immobiliari causa dello spoglio e del trasferimento forzato di migliaia di famiglie che non hanno la possibilità di finanziare la privatizzazione dello spazio pubblico. La privatizzazione dell’acqua è un altro sintomo lampante, riflesso della considerazione in cui ci tengono in realtà i/le potenti. Schiavitù moderna, alienata e addolcita da lusso, droga e altre aspirazioni capitaliste.

Non abbiamo bisogno di amnistie perché non abbiamo bisogno di leggi che decidano della nostra vita; lo specchio per allodole del progresso ci fa credere che lo Stato e il governo sono indispensabili e d’un tratto non ci rendiamo conto degli indizi che ci mostrano che ci trasformano in complici del massacro dei nostri popoli…

Vogliamo vedere diffondersi ovunque l’insurrezione che distruggerà il potere centralizzato, giogo comune sotto il quale noi, tutt* i/le pover* soffriamo.

Salutiamo ogni atto d’insubordinazione contro gli standard di vita internazionali che pretendono di convertirci in pezzi indispensabili al loro macchinario.

Noi altr* emarginat* siamo coloro che sopportano il peso di questa società e siccome ormai siamo inutili a questa società tecnologica, giustificano il nostro massacro con delle guerre informali contro la droga, lanciate appunto nei luoghi in cui vivono persone che hanno tradizioni comunitarie e conducono vite diverse da quella imposta dallo Stato.

Chiunque viva in un quartiere povero sa fin da piccolo che il traffico di droga è gestito da organismi semi-pubblici, ossia che l’insediamento della mafia come istituzione regola il controllo interiore del territorio mentre la polizia mette in piedi una politica di due pesi due misure, senza risparmiare gli sforzi per il buon funzionamento della mafia. In questo modo la mafia non è nient’altro che una sottospecie di polizia che regola non soltanto il traffico di droga ma anche le imprese formali e informali esistenti sul territorio.

Nonostante questo, se la situazione è diventata massiccia, questo è dovuto al fatto che all’origine il traffico di droga non è nient’altro che un’attività supplementare dell’idra capitalista.

Un* capitalista resterà sempre un mostro vorace e predatore, che si dedichi a un’impresa “legale”, oppure a quelle che chiamano “illegali”.

L’unica motivazione dei capitalisti è il loro insaziabile desiderio di profitto. Sono pronti a tutto per i soldi e d’altronde è per questo che i rapporti tra capitalisti “legali” e il “crimine organizzato” sono così stretti.

Non possiamo mettere né le nostre vite né quelle dei/lle nostr* car* nelle mani dello Stato/Mafia, perché sono loro i responsabili del genocidio e dei massacri che respiriamo ogni giorno.

Come anarchic* conduciamo una guerra contro il potere, contro tutto quello che cerca di condizionare gli individui e allontanarli da loro stess*.

È per questo che bruciamo tutte le gabbie, che sabotiamo le loro marche commerciali, che attacchiamo i simboli della loro società. Le città le prendiamo d’assalto perché l’urbanizzazione è l’apice dell’imprigionamento di  massa, della privatizzazione delle risorse economiche. Persino i trasporti pubblici sono un simbolo che non smette di ricordare agli/lle emarginat* che non sono i/le benvenut* nei grandi centri urbani. L’aumento del prezzo del metrò, il monopolio di un’unica azienda che tenta di accaparrarsi l’intero mercato dei mezzi pubblici della città, imponendo così il suo schema terrestre di trasporto, sono altrettanti sintomi della privatizzazione totale delle città.

In questa era tecnologica, la prigione è un luogo banalizzato, ragion per cui dobbiamo inventare sentieri e vie che ci aiutino a vivere ai margini, reinventare le nostre vite giorno dopo giorno riappropriandocene.

In guerra, finché non saremo tutt* liber*!

Fernando Bárcenas

in francese

Città del Messico: Azioni in solidarietà con i/le compagn* imprigionat*

Ricevuto il 3 febbraio, con l’immagine:

fireIl 31 gennaio abbiamo coordinato due azioni di solidarietà con i/le prigionier*. Non soltanto in solidarietà con i/le prigionier* anarchic* ma con chiunque sia stat* e sia incarcerat* dallo stato o che fugge da questa oppressione vigliacca.

Abbiamo effettuato due azioni simultanee. Abbiamo spiegato degli striscioni in viale Xola e Tlalpan (Città del Messico): “Solidarietà con i/le prigionier*anarchic*” e “Fuoco alle prigioni e a tutti i giodici”. Nello stesso momento, nella parte sud di Città del Messimo, abbiamo dato fuoco a un’automobile TELMEX, che appartiene al miliardario Carlos Slim.

Non siamo tornat* sul posto, e partiamo dal presupposto che le azioni siano andate a buon fine. Azioni che provengono da cuori impetuosi, con amore e rabbia, contro il viso delle orride strutture che minacciano di sopprimerci tutt*. Speriamo che la gente veda i nostri messaggi, il fuoco; che riproduca e intensifichi.

Alcun* anarchic* <3

in inglese, tedesco, spagnolo

Città del Messico: Molestie poliziesche nei confronti dei membri della Croce Nera Anarchica – Messico

Negli ultimi anni abbiamo assistito all’intensificarsi della repressione nei confronti del movimento libertario e anarchico tramite le strategie utilizzate qui a Città del Messico: stabilire cifre altissime per le cauzioni, e applicare lo stesso pacchetto di accuse, con le stesse aggravanti, senza prestare importanza alla situazione specifica ma piuttosto alle prescrizioni dello Stato; persecuzione e segnalazione nei media come elemento fondamentale del loro piano: registrare nomi di gruppi (esistenti davvero o no) di persone o di luoghi, inventando legami che non sussistono in realtà, confrontando tutt* e tutto da un punto di vista verticale, cercando di farci rientrare in uno schema di leadership e dimostrando con questo una profonda ignoranza e/o un profondo disprezzo per le idee anarchiche, che non hanno niente a che fare con questo tipo di logica gerarchica.

D’altra parte abbiamo gli sforzi del governo per qualificare l’anarchismo o il “comportamento anarchico” secondo la classificazione giudiziaria di terrorismo, applicando accuse gravi e operando secondo parametri di massima sicurezza, solo per poi ritirare le accuse con l’argomento dell’insufficienza di prove – ma lasciando in sospeso la minaccia che le “investigazioni continuano.” Investigazioni insensate, afflitte da referenze arbitrarie a gruppi e individui che esistono in spazi  diversi.

Tutto questo in parallelo con il controllo e la sorveglianza di alcuni individui nel tentativo di intimidirli, come anche di provocare certi spazi autonomi.

Circondato da questa strategia, e insieme a molt* altr* compagn*, gruppi, e collettivi, il nome della Croce Nera Anarchica – Messico ha cominciato a spiccare nelle note, “investigazioni” e dichiarazioni politiche o poliziesche.

Crediamo che sia importante rendere noto che nelle ultime settimane degli individui che sembrano essere elementi di “investigazione” della polizia di Città del Messico si sono presentati fuori dalle case e i posti di lavoro di alcun* di noi, minacciando i/le nostr* vicin* e familiari e affermando di svolgere un lavoro di sicurezza e sorveglianza.

Oltre a esigere la fine di questa persecuzione, diffondiamo questa denuncia pubblica come campanello d’allarme; sappiamo che la repressione è intrinseca allo stato di cui ci dichiariamo nemici, sappiamo che le sue prigioni e la sua polizia sono la base del suo potere e della sua dominazione. E sappiamo che il nostro lavoro sul pensiero anticarcerale, di sostegno e accompagnamento dei/lle compagn* imprigionat* è in diretta contraddizione col suo potere e la sua dominazione.

Ma sappiamo anche la SOLIDARIETÀ TRA ANARCHICI NON SONO SOLO PAROLE SULLA CARTA!

In questo contesto, chiediamo agli individui, ai collettivi, ai gruppi affini e ai/lle compagn* con cui abbiamo lavorato negli ultimi anni, di stare attent* e di continuare a mostrare la stessa solidarietà che abbiamo ricevuto finora.

Abbasso le mura delle prigioni!

Liberi tutti!

Croce Nera Anarchica – Messico

in spagnolo (16/6) | inglese, greco

Messico: Cade l’accusa di terrorismo per Carlos, Amelie e Fallon

Fine delle indagini per Carlos, Amelie e Fallon, denunciati per danni e attacco alla quiete pubblica. Cade la montatura di terrorismo.

Il 17 Febbraio 2014 sono scaduti i 40 giorni di indagine che la Procura Generale della Repubblica aveva deciso per il nostro compagno Carlos Lopez e le nostre compagne Amelie Pelletier e Fallon Poisson.

Durante questi quaranta giorni hanno tentato di accusarle/i di terrorismo e delinquenza organizzato, senza dubbi, usando metodi intimidatori e inquisitori, tuttavia non sono riusciti a montare il caso, quindi sono stati scarcerate/i per mancanza di prove; tuttavia la polizia locale del distretto federale li ha nuovamente arrestati per l’accusa pendente di danni e attacchi alla quiete pubblica.

Le compagne si trovano al Reclusorio Femenil di Santa Martha e hanno ricevuto la visita degli avvocati, mentre Carlos ha informato che sta nel Reclusorio Oriente, e a breve riceverà le visite.

I reati dei quali sono accusate/i non sono gravi, quindi dovrebbero ottenere la cauzione, ma ricordiamo che nella stessa situazione c’è il compa Mario González al quale è stata sempre negata la cauzione col pretesto del pericolo sociale.

Continuiamo a solidarizzare con le nostre sorelle e i nostri fratelli sequestrati/e dallo Stato!

Libertà per Carlos, Amelie e Fallon!
Libertà per Mario, Salvador e Fernando!

Libertà per tutti/e!
Abbasso le mura delle prigioni!

Croce Nera Anarchica Messico

Messico: Lo scioperante della fame Mario González trasferito in un ospedale

22 Novembre 2013: I famigliari e l’avvocata di Mario González informano che quache ora fa il compagno Mario è stato trasferito all’ospedale Tepepan contro la sua volontà. Ricordiamo che oggi Mario compie 44 giorni in sciopero della fame. Per il momento non abbiamo ulteriori informazioni sulla sua salute. Ancora una volta facciamo un appello a mostrare la nostra solidarietà con Mario e la sua lotta.

Mario non è solo ! Libertà per tutti i compagni !

Croce Nera Anarchica del Messico.

Città del Messico: La solidarietà non conosce confini

Sullo striscione si legge: "Dal Messico alla Grecia: Skaramaga, Villa Amalias e ogni altra occupazione non siano sole! La solidarietà è una delle nostre armi. Non ci aspettate…siamo il vostro incubo peggiore, in carne e ossa, e siamo già qui!"
Sullo striscione si legge: “Dal Messico alla Grecia: Skaramaga, Villa Amalias e ogni altra occupazione non siano sole! La solidarietà è una delle nostre armi. Non ci aspettate…siamo il vostro incubo peggiore, in carne e ossa, e siamo già qui!”

Nel pomeriggio del 10 Gennaio, compagni da Contra Info hanno messo un striscione sulla ringhiera nel perimetro dell’ambasciata greca in Messico, come un piccolo gesto di solidarietà con i nostri compagni sequestrati nelle evacuazioni di Villa Amalias e l’occupazione di Skaramaga durante la mattina/pomeriggio del 9 Gennaio ad Atene (Grecia).

“Compagno, compagna! È il momento di rompere questo ciclo che blocca le nostre menti e strappare la benda che acceca la ragione, e sputare parole con punta di fuoco, un fuoco che devasta questo sistema corrotto che ci incatena agli artigli del Capitale. E sulle sue ceneri costruiremo questo nuovo mondo di uomini e donne liberi” (dalla canzone “per un mondo nuovo / Por Un Mundo Nuevo” di Los Muertos de Cristo)

Parole di Contro-informazione sputate dal fuocco. Né questo progetto, né la solidarietà in se conosce confini; tanto meno la libertà.

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Giù le mani dai centri sociali, una volta per sempre!

Rilascio immediato di quelli rapiti
dai cani dello Stato/Capitale!