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Prigioni ceche: Messaggio di solidarietà ai/lle ribelli delle prigioni statunitensi da parte dell’anarchico Lukáš Borl

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Il prigioniero anarchico Lukáš Borl, attualmente trattenuto in una prigione preventiva in Repubblica Ceca, ha espresso la propria solidarietà con tutte le persone oppresse e sfruttate in tutto il mondo, a prescindere dalle loro origini, orientamento sessuale o genere. Da questa prospettiva, ha deciso di mandare qualche linea di solidarietà a tutte le persone in sciopero nelle prigioni degli Stati Uniti.

Il 10 settembre 2016, il compagno scrive:

“A voi e anche a me stesso auguro che lo sciopero cresca e resista alla repressione. A voi e anche a me stesso auguro di essere in grado di collegarlo con altre lotte importanti nelle prigioni e al di fuori. A voi e a me auguro che lo sciopero non venga fuorviato per impantanarsi nel fango della politica social-democratica e della pace sociale con gli sfruttatori. Perché la strada verso la libertà non passa dalla riforma dello sfruttamento ma soltanto dalla sua abolizione. A voi e a me stesso auguro che lo sciopero vada oltre le richieste riformiste di un cambiamento del regime carcerario e migliori condizioni di lavoro. Tutte le prigioni del mondo, e tutto il lavoro retribuito e non, nelle prigioni e fuori, fanno parte della dittatura del capitale. Lottiamo per abolirla, non per riformare queste prigioni e queste forme di sfruttamento. Non dobbiamo chiedere niente. Riprendiamoci quello che ci appartiene.
Le nostre vite e la nostra dignità umana. Le prigioni, gli stati, e il capitalismo — tutto deve cadere.”

Potete leggere questa lettera aperta in inglese su ANTIFÉNIX.cz

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Repubblica Ceca: Dichiarazione dell’anarchico Lukáš Borl, catturato e arrestato

barbwire-544x426Dichiarazione a proposito del mio arresto
Domenica 4 settembre 2016 sono stato arrestato dalla polizia di Most e portato in custodia cautelare alla prigione di Litomerice. Sfortunatamente è accaduto quello che non volevo accadesse, ma che sapevo poteva succedere da un momento all’altro. Fortunatamente mi ero preparato mentalmente per una situazione del genere, cosa che mi ha permesso di gestire con una certa calma questa realtà spiacevole cui sono  esposto, così come le persone che mi sono vicine, a quanto pare.

Sono stato catturato da chi difende il ruolo del capitale sulle nostre vite. Nonostante questo, la mia volontà di continuare sulla strada che ho scelto non cambia di una virgola. Continuerò a distruggere e creare. A battermi e amare. Rimango un anarchico, con tutto quello che questo comporta. Ho deciso di scrivere qualche paragrafo sulla mia incarcerazione. Sicuramente a breve esprimerò la mia opinione su altri temi che considero importanti.

Prima dell’arresto
Non è un segreto che a un certo momento ho deciso di “sparire”, preoccupato dal fatto che la polizia avesse previsto il mio arresto. Ho espresso le mie ragioni nel testo “Disappearance of supervision of state power”, pubblicato su diversi siti del movimento anarchico. La mia scelta mi ha permesso di vivere nascosto e piuttosto serenamente per mesi. Mi spostavo liberamente e mangiavo bene. Il mondo intero è diventato la mia casa, e ho potuto trovare dei ripari per avere una vita culturale e sociale. Grazie al sostegno emotivo e materiale avevo abbastanza energia per continuare a lottare per l’emancipazione. Sapevo dei rischi associati con questa lotta, ma non ho mai pensato di metterci fine e non ci penso nemmeno adesso. Liberarsi dalla dittatura dello stato e del capitalismo è un obiettivo così attraente che è impossibile distogliere la mia attenzione. Anche se il potere mi minaccia con il dito, il bastone o la prigione… Essere anarchico per me significa capire che queste minacce sono un’inevitabile conseguenza del mio desiderio evidente di libertà. È legato a una vita di ribellione quotidiana. Minacce che non posso evitare ma posso sfidare.  Cosa che faccio e continuerò a fare.

Le circostanze del mio arresto
La polizia mi ha arrestato a Most, la cittadina dove sono nato e ho vissuto a lungo. Lì si trovano parte della mia famiglia e molti amici. A Most con altre persone gestivamo il centro sociale “Ateneo” e abbiamo organizzato una lunga serie di eventi, legati al movimento anarchico. In breve, in questa città sono una persona abbastanza conosciuta, sia alla popolazione sia alla polizia e i burocrati.

Per alcune persone decidere di venire in questa città è stata una manifestazione di “stupidità”, visto che ero sottoposto a un mandato d’arresto europeo. Anche chi mi è più vicino lo penserebbe, e non li biasimo. Perché guardano la questione da una posizione diversa dalla mia. E capisco che alcun* non comprendano i pensieri e le azioni di una persona che sceglie la clandestinità per un lungo periodo. La vita di un* clandestin* è legata alla separazione dalle persone che ama e che prima frequentava spesso. È una delle cose più difficili con cui deve fare i conti una persona in quella situazione. Raccogliere fondi, mangiare, trovare un riparo o mettersi al sicuro, in confronto, sono compiti relativamente facili. Ci sono due modi per gestire questa separazione. O accettarla passivamente, il che significa esporsi alla sofferenza e un’infinita frustrazione. O cercare di superare la separazione con dei contatti occasionali, che naturalmente aumentano considerevolmente il rischio di farsi catturare dalla polizia. “Istintivamente” ho scelto la seconda opzione. Sapevo cosa rischiavo e cosa potevo perdere. Ma sapevo anche che con l’isolamento potevo perdere qualcosa che per me è molto importante – il contatto con le persone che mi sono care e a cui sono caro. Ecco perché ho deciso di venire a Most, consapevole dei rischi.
Tutto avrebbe potuto filare liscio e avrei potuto spostarmi in un luogo sicuro in breve tempo, non era difficile, e avevo previsto la cosa con attenzione. Ma come tutti sanno, nella nostra vita a volte entrano in gioco degli eventi inaspettati, che non possono essere previsti né evitati. In questi casi la preparazione, la volontà o l’abilità non servono. Siamo trascinati dagli eventi senza poterlo impedire o cambiare il corso delle cose. È esattamente quello che è successo nel mio caso. Come risultato non solo non sono riuscito ad avere il contatto che cercavo, ma mi sono anche fatto arrestare. Non spiegherò ora come e perché è successo. Forse lo farò in un altro momento.

Decisione della polizia
Poco dopo l’arresto mi è stata comunicata la decisione di avviare un’azione penale. Durante l’intero processo ho deciso di esercitare il diritto di rimanere in silenzio. L’inchiesta è stata svolta dal dipartimento di polizia di Lotta al Crimine Organizzato (ÚOOZ). Mi accusano di aver creato, sostenuto e promosso un movimento che mira a sopprime i diritti umani e la libertà. Secondo la ÚOOZ ho creato una rete di cellule rivoluzionarie (SRB), participato a degli eventi della SRB e anche di aver scritto alcuni dei comunicati della SRB e di averli pubblicati sul sito “Asociace Alerta”. Affermano inoltre che ho commesso almeno quattro danneggiamenti di beni, deteriorando proprietà altrui. Due volte con un attacco incendiario a una pattuglia. Una volta durante l’attacco incendiario sulla soglia di un negozio. E una per aver taggato il muro della prigione Ruzyne di Praga. E per finire la ÚOOZ mi accusa anche di aver ricattato il proprietario del ristorante di carne “Řízkárna”.

Ho studiato attentamente tutte le accuse per scoprire su quali basi la ÚOOZ crede che io abbia commesso tali atti. Onestamente mi sono tranquillizzato, perché le loro “prove” sono un misto di congetture e valutazione degli “indizi”, che in realtà non provano in alcun modo il mio coinvolgimento nei fatti in questione.

Difesa
Come noto, non ho simpatia per il sistema giudiziario. Lo considero parte degli strumenti repressivi del capitalismo cui mi oppongo. Nonostante questo ho deciso di cercare di difendermi in aula visto che le “prove” presentate contro di me dall’ÚOOZ sono deboli. Mi rendo conto che questa scelta significa combattere sullo stesso terreno del nemico con mezzi limitati. È per questa ragione che non ho grandi aspettative o illusioni sul fatto che la corte si comporti come un’istituzione indipendente che possa servire alla lotta di emancipazione.

In aula mi difenderò, ma considero ancora che la lotta anarchica si deve basare principalmente sulla logica sovversiva dell’azione diretta piuttosto che fare affidamento sugli strumenti istituzionali dello stato e forme di azione indirette (mediate da rappresentanti). Da quello che dico e faccio da anni, è chiaro quale sia il tipo di lotta che preferisco. Continuerò ad agire di conseguenza e chiedo la stessa cosa alle persone che mi sono solidari.

Ancora armato e pericoloso
Mentre ero nascosto, la polizia e i media mi hanno definito come armato e pericoloso. L’ho confermato in un testo – Lukáš Borl v hledáčku policie. (Lukas Borl nel mirino della polizia.) Dopo l’arresto, la polizia mi ha confiscato lo spray al pepe, un tirapugni, una pistola a gas con due caricatori e 23 munizioni (NdT In Repubblica Ceca queste armi sono disponibili legalmente senza porto d’armi). Ora mi tengono in galera. Mantengo di essere ancora armato e pericoloso. Pericoloso (per il capitalismo), perché anche dietro le sbarre rifiuto di adattarmi alle condizioni di sfruttamento e incoraggio gli altri a ribellarsi. Sono ancora armato della mia volontà di essere solidale. Fino ad ora non sono stati capaci di portarmela via e l’hanno registrata come importante nei procedimenti criminali. Solidarietà e rivolta sono armi che ho ancora con me e sono pronto a usarle. L’ho già fatto, lo sto facendo e continuerò a farlo.

Terreno di lotta
Da anarchico, sono sempre stato consapevole della possibilità di poter essere arrestato. Dopotutto ogni regime elimina l’opposizione in questo modo. Ora sono in detenzione predibattimento, ma non la considero come la fine del cammino anarchico. La prigione è soltanto una delle fasi che un* rivoluzionari* può (ma non ha bisogno di) attraversare. Non è la fine. Soltanto un cambiamento di circostanze e di terreno da dove continuerò a combattere contro i responsabili dell’oppressione. Mi fa piacere poter continuare a battermi con altr* anarchic*. Con chi capisce che la lotta collettiva è l’unico modo per uscire dal fango capitalista.

Azioni di solidarietà
Chiunque senta il bisogno di sostenermi può scegliere modi e tempi secondo la propria riflessione. Non dirò a nessuno cosa fare e come. Ma che sia ben chiaro che non voglio vedere nessuno, senza il mio consenso, disconoscere le azioni dirette fatte in mio sostegno. Se non sono d’accordo con un’azione, lo dirò io stesso, se lo considero importante.

Un consiglio per chi ha dei dubbi su quale tipo di azione sarà la benvenuta: informatevi sul mio passato, per capire per quali posizioni ideologiche mi batto. Se vi è comprensibile allora non avrete più dubbi su quali azioni mi faranno piacere e quali no. Non c’è tempo da perdere.
Nessuna pace sociale con chi ci opprime e ci sfrutta. La lotta continua!

Saluti anarchici dalla prigione!
Vostro fratello, amico, compagno Lukáš Borl – 11.9.2016, Litoměřice

Indirizzo:
Lukáš Borl 1.3.1982
Vazební věznice Litoměřice
Veitova 1
412 81 Litoměřice

Per aggiornamenti: antifenix

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Atene, Grecia: Gesto di solidarietà con i/le 6 compagn* arrestati recentemente in Italia e con Lukáš Borl in Repubblica Ceca

uroborus-544x352Come gesto di solidarietà con i/le compagn* arrestati ultimamente in Italia e in Repubblica Ceca abbiamo esposto uno striscione nel centro di Atene, che dice: “Attacco armato fino alla distruzione della civiltà del Potere e dei suoi esecutori; per tutt* i fratelli e le sorelle anarchic* prigionier*; per tutti i momenti rubati. Solidarietà & complicità con gli/le anarchic* recentemente arrestat* in Italia & Repubblica Ceca”.

Unione di individualità anarchiche Uroborus
[12 settembre 2016]

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Praga: L’occupazione di Villa Milada è stata evacuata brutalmente dalla polizia, dopo un tentativo simbolico di rioccupazione

Villa Milada era una nota occupazione di abitazioni e luogo di riunione politica a Praga, ed è stata uno dei spazi più importanti per la scena indipendente underground. La sua storia risale al Primo Maggio del 1998.

Tre anni fa, l’ultimo gruppo d’occupanti che la formavano hanno resistito al violento sfratto da parte delle guardie di sicurezza private, che l’avevano preso d’assalto con la stretta collaborazione della polizia locale, fino a quando questo progetto si è concluso il 30 Giugno del 2009.

Il Sabato 30 Giugno 2012, una trentina di persone occupò l’edificio della Villa Milada per onorare quel anniversario cupo, mettendo in piedi un concerto improvvisato con bande hardcore punk.

Le autorità erano state avvertite che si trattava di una organizzazione di una volta, che aveva quindi il carattere di un singolo evento. Di conseguenza, non si trattava d’un tentativo permanente di rioccupazione della villa ma d’un occupazione simbolica col fine di evidenziare l’approccio passivo dello stato ceco per quanto riguarda l’amministrazione degli edifici inutilizzati e la repressione contro le forme alternative di cultura.

Tuttavia, i sbirri hanno reagito contro la manifestazione con una massiccia operazione di polizia, ed hanno scatenando un attacco aggressivo contro gli spettatori non violenti del concerto, col risultato di avere molte lesioni sanguinanti ed arresti temporanei di decine di persone.

Almeno venti persone sono state picchiate brutalmente e umiliate psicologicamente all’interno dell’edificio, lontano da telecamere e testimoni oculari, mentre sette altri attivisti sono andati a nascondersi dietro il camino sul tetto della palazzina di quattro piani, temendo per la propria integrità fisica e rimanendo in una pericolosa lacuna sopra il terreno per ore.

Dopo lunghi negoziati ed alcuni stupidi tentativi della polizia ceca di intimidire le decine di solidali che si erano riuniti davanti alla villa, gli occupanti hanno deciso di scendere dal tetto, se i poliziotti li avrebbero consentito di raccogliere le loro cose dalle camere sottostanti della casa.

Nel primo pomeriggio di Domenica, 1 Luglio, si sono resi conto che la squadra dei sbirri che aveva effettuato l’irruzione aveva rotto tutte le loro attrezzature come computer portatili, casse, amplificatori e chitarre elettriche.

Il proprietario della villa ha minacciato di fare causa contro gli attivisti, i quali rischiano gravi accuse.

fonte attraverso squat.net