Vorrei chiarire subito che mi trovo qui come un nemico dello Stato e della società. Lunga dall’essere una vivace comunità che condivide il benessere sociale e la gioia della vita, quello che viene definito come la società non è altro che l’organizzazione sorda della disuguaglianza e dello sfruttamento attraverso i ruoli sociali e la proibizione. La legge è il filo spinato che tiene tutto a posto, ed è stata interiorizzata a tal punto che essa costituisce la base inconscia, l’abitudine quotidiana e la routine anche per coloro che la applicano. I media formano opinioni per mantenere il consenso e la delegazione della responsabilità individuale a quel organo del terrore istituzionalizzato, lo Stato. Lo Stato, che comprende i suoi soggetti, è alla base di ogni relazione sociale, al momento attuale, compresa questa qui in questo tribunale oggi.
Sono venuta per stare faccia a faccia con il nemico all’interno di questo bastione del terrore dello Stato perché sono stata invitata dai tre compagni della Lotta Rivoluzionaria. Non sono venuta per entrare in dialogo relativamente a questi compagni, o di qualsiasi altro. La mia presenza qui è un atto di solidarietà e di una continuità della mia lotta come un’anarchica. Almeno il presente procedimento giudiziario ha rigettato ogni traccia della finzione democratica, rivelando la vera essenza del potere. È impossibile passare sopra il fatto che questo processo si svolge all’interno di una prigione, il più grande crimine perpetrato dall’uomo sull’uomo, e la vicinanza fisica del giudice con il carceriere è un’insolita se non una dichiarazione non intenzionale della verità. Il giudice non è nulla senza il carceriere. Il carceriere è nulla senza il giudice. Sono uno, portano la stessa responsabilità, pari per le loro azioni. Terroristi e criminali sono i servitori dello Stato e del capitale, non quelli che lottano per sopravvivere o combattono contro un mondo di conflitti, di guerra, di povertà e d’oppressione.
È nel contesto di questa lotta che ho sentito parlare dell’anarchico Nikos Maziotis per la prima volta. Era nella fase estrema e pericolosa di uno sciopero della fame per far rispettare il suo rifiuto di indossare l’uniforme e diventare un assassino al soldo dello Stato. A quel tempo molti anarchici in Italia, dove vivevo, avevano anche loro rifiutato di fare il servizio militare, scegliendo di andare in prigione piuttosto che unirsi alle forze armate che tengono l’umanità divisa in classi e intervengono violentemente per eliminare ogni tentativo di liberazione. Ma anche e soprattutto perché il servizio militare è uno delle armi dello Stato per la costruzione di modelli di cittadini privi di personalità, individualità e del proprio modo di pensare, contro il quale è necessario ribellarsi e rifiutare.
Ero già a conoscenza della lotta anarchica, l’importanza della lotta anarchica in Grecia a fianco degli sfruttati, gli studenti, i conducenti degli autobus, gli insegnanti, la gente dei villaggi di Halkidiki, ecc ed avevo letto dei rapporti ispiranti sulle loro azioni e anche sulla repressione dello Stato contro di loro. Ma era Nikos Maziotis, che senza saperlo, doveva essere l’elemento propulsivo del mio arrivo in Grecia in persona. È stato in occasione del suo processo nel 1999, che sono venuta ad Atene per la prima volta, per essere presente alla corte in solidarietà con lui. È stato allora che ho scoperto la bellezza selvaggia dei compagni anarchici greci, la loro passione per la libertà che trovava espressione immediata in mille modi e non cessa mai di crescere e di intensificarsi, ispirando ed infuocando i spiriti liberi in tutto il pianeta. Due cose in particolare mi hanno colpito in quella occasione. Prima di tutto l’insuperabile coraggio e la dignità di Nikos Maziotis nel affrontare i responsabili del potere e del privilegio. La sua dichiarazione al tribunale, le sue affermazioni come un uomo, un individuo, un rivoluzionario, un anarchico, sono state fatte guardando nella canna della pistola del giudizio, senza alcuna preoccupazione per le conseguenze in termini degli anni che stava rischiando di essere rinchiuso in un cella. Ciò che ha detto quel giorno è un testo classico della teoria anarchica in merito alla necessità del attacco violento contro il nemico di classe in prima persona e personalmente ho contribuito a diffonderlo nella lingua inglese (il testo, voglio dire, si spera anche gli attacchi). Ha ispirato compagni e ribelli in tutto il mondo. Un’altra cosa che mi ha colpito ed ha influenzato la mia vita da quel ora è stata l’immediatezza dell’azione di tanti compagni nella solidarietà, senza mediazioni, senza i tabù sulla cosiddetta violenza che mettono un freno alla giusta rabbia degli sfruttati. Hanno espresso la solidarietà nella sua unica manifestazione autentica, continuando la lotta, l’attacco cosciente sui profitti dei padroni e gli strumenti di repressione, anche e soprattutto quando il nemico di classe era fuori in tutta la sua forza per proteggere la proprietà e l’arroganza dei governanti del pianeta. Ciascuno con i propri mezzi, ognuno con la propria responsabilità.
Sotto processo è la lotta armata. Anche gli anarchici. Qualsiasi lotta per essere degna di questo nome deve essere armata e auto-organizzata, lontano da qualsiasi delega ai sedicenti rappresentanti del movimento dei lavoratori, che hanno spudoratamente tradito quest’ultimo ed hanno collaborato con i padroni controllando le “cattive passioni” di coloro che non hanno nulla da perdere se non le loro catene. Gli anarchici sono contro la gerarchia, e questo vale anche per le armi utilizzate nella lotta. L’armamento degli anarchici combina l’idea, il concetto di libertà e la necessità di distruggere non solo la disuguaglianza e la povertà, ma anche nello stesso tempo, l’autorità, la gerarchia e l’obbedienza. Essi hanno la capacità di organizzarsi e andare all’attacco senza padroni o capi, e spingono gli altri di fare lo stesso. Parole, pietre, fuoco, pistole, dinamite, bombe molotov, graffiti, mazze, seghetti, teoria, analisi, identificazione del nemico di classe man mano che cambia al fine di rimanere lo stesso, mitragliatrici, bombolette spray, bazooka sono alcuni delle armi per l’auto-gestione dell’attacco…(ho dimenticato la catapulta, la fionda…) Tutti combinati nella distruttiva alchimia giocosa lontana dalla logica mortale del giudizio. Anche quando un nemico di classe è colpito, è solo una cosa da fare e si deve farla finita per andare avanti.
Gli anarchici odiano la cieca violenza istituzionalizzata dello Stato con il suo arsenale di robot in uniforme, taser, carri armati, gas velenosi, granate, manganelli, stivali, veicoli blindati, telecamere a circuito chiuso, gli elicotteri che volano sopra le nostre teste, i tribunali, le carceri, i campi di concentramento, bombardieri, missili, la religione istituzionalizzata, i media, la manipolazione delle menti delle persone, ecc. Solo lo Stato ha il potere di mandare uomini alla loro morte o ad uccidere, sempre con la benedizione del sacerdote, dopo averli infusi col patriottismo e la xenofobia dalla nascita. La Grecia è stato il primo paese ad utilizzare le bombe napalm contro la guerriglia in montagna. Ora, ironia della storia, utilizza lacrimogeni con gas nervino importato dallo Stato di Israele che, dopo aver sfrattato milioni di palestinesi dalle loro case per sopravvivere nei campi, rivendica la propria legittimità dal genocidio di 6 milioni di ebrei da un altro Stato più di mezzo secolo fa.
Gli anarchici sono contro il carcere anche per i loro nemici e sanno bene che quando la disposizione attuale dei mezzi della produzione sarà distrutta e la ricchezza sociale sarà di tutti, a ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo i propri desideri, ci sarà poca motivazione per conflitti. Lo Stato farà di tutto per ostacolare la lotta per la libertà in qualsiasi forma assuma, con qualsiasi strumento utilizza. Dall’inizio del movimento anarchico intorno alla metà del XIX secolo gli organi del potere hanno sempre reagito particolarmente violentemente contro gli anarchici, perché lo Stato, qualsiasi Stato, sia esso rosso, nero o la versione multicolore della democrazia sociale, non può tollerare la libertà, sia nella forma delle idee o nell’azione auto-organizzata degli sfruttati. Potrei citare molti esempi, ma credo che siamo a corto di tempo e andrò avanti. E, naturalmente, non solo gli anarchici sono stati massacrati da parte dello Stato, ma gli sfruttati in ogni tentativo che abbiano fatto per auto-organizzare il loro attacco contro l’oppressione, e l’abbiamo visto l’altro giorno in Sud Africa, quando 27 minatori furono uccisi in una manifestazione contro le condizioni alle miniere.
Nel giro di un secolo e mezzo il numero degli anarchici che sono stati imprigionati, esiliati, ghigliottinati, decapitati, fulminati dagli elettroshock, torturati, uccisi durante l’azione, sparati da plotoni di esecuzione, picchiati a sangue per strada e lasciati a morire in una cella, spinti fuori dalle finestre della stazione di polizia o uccisi in “incidenti stradali”, arrivano a migliaia, e spesso la parola scritta del rivoluzionario anarchico è stata così severamente punita col proiettile. Lungi dal mostrare segni di penitenza o implorando la pietà questi combattenti fieri hanno affrontato la morte come avevano affrontato la vita, senza paura, con un grido orgoglioso di Lunga vita all’anarchia! Viva la libertà! Per questo motivo il delirio sterminatrice dello Stato è una battaglia persa sin dall’inizio. Per ogni anarchico e ribelle ucciso dallo Stato migliaia saltano fuori dal nulla dell’incerto e dell’indeciso. E questo è stato visibile nel 2008 in questo paese, qualcosa che ha ispirato le persone di tutto il mondo. Ogni secondo che un anarchico trascorre in carcere il suo spirito si rafforza, si espande al di là delle mura e nutre la solidarietà che lui o lei ispira.
La lotta anarchica è qualitativa non quantitativa. Il suo scopo non è quello di controllare e guidare le masse nella battaglia o agire al loro posto, ma di spingere gli sfruttati e gli esclusi di agire in prima persona per attaccare il nemico di classe e le sue strutture. A volte è il contrario, l’esplosione di una massa di rabbia che esplode dopo che qualche lacchè esaltato dello Stato prende la legge nelle proprie mani e spara contro un studente, un rivoltoso, un anziano rispettato nel ghetto o un bambino nelle periferie. Quando gli anarchici si mettono a fianco degli sfruttati non sono i loro salvatori, ma lottano insieme con loro per estendere ed ampliare il loro attacco, per trasformare le rivolte in insurrezioni. A volte la realtà agisce nella direzione opposta, i ribelli superano gli anarchici nella loro furia distruttiva. Negli ultimi anni in Grecia e in molte parti del mondo, vi è stata una proliferazione degli attacchi diretti contro le strutture del capitale e dello Stato da piccoli gruppi o individui. A differenza degli anni Settanta e Ottanta, quando il capitalismo era in fase di ristrutturazione feroce ed affrontato in parte, non solo, dalla lotta armata altamente strutturata in gruppi marxisti-leninisti, dagli anni novanta l’attacco ha preso una forma più flessibile da parte di gruppi anarchici sulla base di affinità, spesso senza nome o acronimo. L’elemento operaista della lotta è stato più o meno scomparso insieme alla classe operaia industriale a causa dell’introduzione della robotizzazione e delle operazioni in tempo reale grazie alla tecnologia dell’informazione e la capacità conseguente del capitale di sfruttare i salari di fame dall’altra parte del pianeta.
Il gruppo armato della Lotta Rivoluzionaria è apparso nel 2003 in un momento in cui vi è stata un frenesia anti-terrorista globale, che in Grecia abbia coinciso con la cattura dell’organizzazione rivoluzionaria “17 Novembre” seguita da un vero delirio dei media. In un primo momento i loro obiettivi erano i simboli del potere e dello Stato – polizia, l’ambasciata americana, il Ministero delle Finanze e del Lavoro, e anche un tentativo contro il ministro dell’Ordine pubblico che era stato responsabile per il rafforzamento della repressione. Hanno agito direttamente senza la necessità dell’alibi delle masse, al fine di colpire il nemico comune, per la propria dignità e coerenza. Quando nel 2008 la cosiddetta crisi finanziaria è diventata ufficiale con la responsabilità dello Stato e delle imprese bancarie, le loro azioni si sono svolte verso obiettivi di carattere finanziario, come la Borsa, la Citibank, la Eurobank, ecc.
Durante l’intero periodo il gruppo ha pubblicato analisi approfondite che sono state combinate con le loro azioni e contenevano una forte posizione di classe, esortando la classe degli sfruttati ad insorsi ed attaccare i responsabili. Sono una parte di questa nuova realtà complessiva della lotta contro il capitale e lo Stato, che sta spingendo verso una svolta rivoluzionaria auto-organizzata. La loro scelta di lotta armata nel senso specifico non si presenta come un fine in sé, ma semplicemente come uno strumento per portare la prospettiva rivoluzionaria in primo piano e presentare l’ipotesi della necessità di un attacco immediato in un discorso inequivocabile rivolto sia al movimento anarchico e del più ampio movimento degli sfruttati.
I compagni che hanno rivendicato la responsabilità di questa organizzazione sono individui che sono stati combattenti attivi nelle lotte del movimento anarchico in Grecia, nelle sue molteplici forme per decenni e sono ben noti nel movimento e non solo. Di fronte all’oltraggio dei media e l’allarmismo seguito dai loro arresti sono venuti fuori e con orgoglio hanno sostenuto l’organizzazione, depenalizando quest’ultima nella faccia dell’attacco terroristico dei media sulle menti della popolazione, fatto al fine di preparare il terreno per il consenso e il sostegno per il loro annientamento politico e fisico per mano degli organi repressivi dello Stato. Hanno scritto volumi che spiegano le ragioni degli attacchi e la necessità della ribellione sociale, in particolare in questo momento in cui, in molte altre parti d’Europa e del mondo, il crimine organizzato dello Stato, dei padroni e delle banche ha portato ad un’ulteriore estorsione dei diseredati che ora sono al punto del collasso. Il loro messaggio è quello della necessità dell’attacco diretto, che le strutture del capitale e dello Stato non sono invincibili.
Le parole e le azioni del gruppo della Solidarietà Rivoluzionaria [eh, vuoi dire la Lotta Rivoluzionaria? interprete] al gruppo della Lotta Rivoluzionaria, (sì. .. è la stessa cosa… la solidarietà è lotta e la lotta è solidarietà…) sono state tradotte in molte lingue nella dimensione della continuazione e dell’intensificazione della solidarietà rivoluzionaria nella dimensione dell’attacco. Ciò ha portato ad azioni multiformi, da striscioni, sabotaggi, attentati incendiari alle banche e le strutture della repressione, discussioni, incontri internazionali, pubblicazioni, manifesti, ecc, e sono stati una delle fonti più recenti di ispirazione per gli anarchici in tutto il mondo.
In un momento in cui la vita è stata ipotecata al Capitale e diventa poco più che una questione di contabilità in cui ogni giorno la gente viene bombardata dai media con cifre di miliardi mentre sta lottando per rimanere in vita e nutrire i loro figli, la Lotta Rivoluzionaria ha avuto un impatto notevole su coloro che vedono la crisi non come qualcosa che deve essere nuovamente affrontata e corretta, ma affrontata a testa alta e distrutta, insieme con il lavoro e l’intera economia. La povertà non potrà mai essere eliminata fino a quando non distruggeremo il lavoro, perché è la condizione che obbliga le persone a trascorrere la loro vita facendo lavori che distruggono l’anima per salari da fame.
Milioni di giovani in tutto il pianeta, si fanno sentire inutili e senza speranza a causa della diffusione della disoccupazione. È il momento di distruggere il lavoro come un concetto stretto e riprendere la nostra vita. Il lavoro è un crimine, una imposizione ideologica e fisica sulla grande massa degli esseri umani, gli animali e la terra stessa, a beneficio di una piccola percentuale di benestanti, ma creduto e difeso dall’intera strutturazione sociale, sfruttatori e sfruttati allo stesso modo. Nelle sue parole Herman J. Schuurman uno dei fondatori del Mokergroep, un gruppo di giovani proletari nel 1923 ha scritto questo:
“Vogliamo creare da persone libere e non lavorare come schiavi, quindi noi distruggeremo il sistema della schiavitù. Il capitalismo esiste solo a causa del lavoro degli operai, così noi lo saboteremo e porremo fine a tutto questo. Se non stiamo lavorando per la distruzione del capitale, stiamo lavorando verso la distruzione dell’umanità! Non vogliamo essere distrutti dal capitalismo, perciò il capitalismo dovrà essere distrutto da noi”.
Non so se i compagni della Lotta Rivoluzionaria stanno sostenendo la distruzione del lavoro, ma è li dove ci porta la totalità della lotta per la distruzione dell’esistente, in assenza di compromesso o di mezze misure.