Grecia: Testo dell’anarchico Tasos Theofilou – Diario dell’operazione Angela Davis

Diario dell’operazione “Angela Davis”

18/8/2012
Esco dalla stazione di Keramikos (Atene). Cerco un internet-cafè, che si trova lì vicino. La mia disintossicazione dal mio avatar durerà ancora un po’. Mi avvio verso Thissio.

Due motociclette si fermano di fronte a me. Un branco di persone mi piombano addosso e mi immobilizzano. Non so cosa sta succedendo. Urlo. Mi ammanettano e mi mettono un cappuccio nero sulla testa. Non si identificano a me. Mi mettono in un’auto, una Toyota Yaris o qualcosa del genere.

Non importa. Mi dicono “Hai rovinato la nostra estate, segaiolo! Dobbiamo pensarci noi adesso, eh?”. Ecco, penso. Questa è la battuta delle forze anti-terrorismo. “Hey, l’abbiamo preso”, fa sapere l’autista al cellulare. “Sei sicuro che sia lui?”, chiede quello che mi tiene dietro.

“Come ti chiami?”, mi domandano. Glielo dico, sono sollevati. Ho sentito storie con un inizio come questo circa una dozzina di volte, non potevo immaginare un seguito di questo tipo. Nemmeno nei miei racconti. Sono in un garage sotterraneo. All’ingresso.

Ho ancora addosso il cappuccio e le mie mani sono ammanettate dietro la schiena. Aspettiamo l’ascensore. “Al 13°”, ordina qualcuno appena entriamo. Penso alla mia dannata fortuna e alla loro semiologia. Quello che riesco a vedere attraverso il cappuccio sono le scarpe di una linea infinita di poliziotti in abiti civili, e il pavimento.

Mi portano in una stanza. La riconosco. E’ la famosa stanza in cui ogni tanto vari anarchici hanno posato per i bisogni dei filmati dell’ormai famosa squadra antiterrorista. Siedo su una sedia con le mani sempre legate dietro la schiena.

“Hai fatto qualcosa di illegale?”, mi chiede uno. “Mi avete arrestato voi, vi aspettate che ve lo dica io?”, penso. Non rispondo. “Hai fatto qualcosa che ti fa sentire colpevole?”, continua. Ancora una volta non rispondo. Non capisco cosa sta cuocendo in pentola. Qualcuno mi afferra la testa da dietro. Mi apre la bocca e vi mette dentro un cotton-fioc.

Protesto. Non che porti a qualcosa. So molto bene che l’antiterrorismo è al di sopra delle leggi. So che vanta prestigio e incontrollabile autorità, non grazie alle autorità della giustizia penale ma alle regole della barbarie giornalistica.

Dopo un po’ di tempo e dopo avermi preso le impronte, senza rispondere alla mia fondamentale domanda se sono o meno in arresto, una nuova coppia di sbirri entrano nell’ufficio. “Lo hai ucciso?”, mi chiedono. Penso: questo trucco devono averlo imparato da CSI. Ti minacciano di volerti accusare di omicidio così che tu, nel panico, ammetta qualcos’altro.

Non rispondo. Sì o No. Non solo non so cos’hanno in pasto per me ma, principalmente, non so nemmeno come ce l’hanno. Mi tolgono il cappuccio e mi fotografano. Lo rimettono e mi mettono in piedi con le mani ammanettate dietro la schiena, di fronte a un muro. Dietro di me alcuni fanno rumori stupidi. Fingono che sia l’aria o un aeroplano.

Mi sussurrano: “Ti fotteremo, pelato!”. Le ore passano. Conto i secondi nella mia testa per non perdere il senso del tempo. Uno, due, tre fino a sessanta e poi ancora dall’inizio. Appena arrivo a dieci minuti mi confondo ma almeno in questo modo posso grosso modo calcolare quanto dura un’ora. Quando penso sia passata un’ora, mi fermo e ricomincio. Una, due, tre… Ho l’ansia. Non riguardo a cosa mi faranno, ma a cosa stanno architettando questa volta.

So di essere il piatto principale questa volta ma non so in quale ricetta. Qualcuno arriva dietro di me. Mi dice: “Qualunque cosa tu dirai, dilla ora, perchè fra due ore cambieremo la melodia. Tra due ore prenderemo il tuo DNA e ti fotteremo”. Mi domando di che DNA stiano parlando e perchè mostrino tutta questa sicurezza. Non rispondo. “Cosa è successo sull’isola? Il lavoro è andato male? Anche noi presto ci metteremo a rapinare le banche visto come vanno le cose, ma uccidere qualcuno è diverso!”.

Prima di tutto, penso, non ho ucciso nessuno e non ho rapinato nessuna banca, nonostante il fatto che ci faccia delle fantasie ogni volta che ne vedo una. Inoltre, rapina qualche povero venditore di biglietti della lotteria come fai di solito e lascia perdere le banche. Non mordere la mano che ti nutre… Le ore passano… Sono sempre in piedi faccia al muro, che posso a malapena vedere attraverso il cappuccio. “Il DNA è venuto fuori”, sento acclamare qualcuno.

Questa esplosione di gioia è accompagnata da pugni, schiaffi, calci. Cado a terra. Loro mi saltano più volte sulla schiena. Penso alle parole di Chronis Missios: “Qualunque cosa mi possano fare, dovranno rimettermi insieme”. Penso che i tempi sono cambiati. Qualunque cosa mi facciano, devono consegnarmi alle telecamere come l’esecutore, non come la vittima.

Si fermano dopo un paio di minuti. Mi rimettono in piedi e mi dicono: “Starai qui per tre giorni! Ti faremo sputare l’anima”. Mi dicono: “Ti seguivamo dal 2009, cosa facevi con Karagiannidis ad Agrinio? Pensavi che non ti potessimo vedere?”. Penso. Non sono mai stato ad Agrinio e conosco Karagiannidis solo dalle vostre foto.

Il loro delirio continua. Tra promesse e minacce sento la parola “Setta” e il nome “Nektarios Savvas”. Anche la frase “Siamo su due lati opposti”. Ok, penso, ma dove arrivo io in questa storia? Mi dicono “Gli altri due danno tutta la colpa a te, dì qualcosa per alleggerire la tua posizione!”. Mi chiedo chi possano essere questi altri due? All’apicentro dell’interrogatorio ci sono ora le mie narrazioni. Cercano di arrivare a una qualche conclusione.

L’interrogatorio continua per alcune ore e la coppia che interroga cambia tutto il tempo. Mi chiedono tutto quello che gli viene in mente. Se ho mai provato paura nella mia vita e cose del genere. A un certo punto mi lasciano. Se ne vanno dall’ufficio mentre sono ammanettato a una sedia dietro la mia schiena. Non so per quanto durerà. Sicuramente molto. Sicuramente sarà senza fine. Guardo il muro.

Le mie mani sono insensibili dalle manette. La pelle intorno ai miei polsi sanguina, si è gonfiata così tanto che copre le manette.

19/8/2012
Secondo i miei calcoli adesso sono circa le 10 di mattina. Le prime 24 ore sono andate. Mi tolgono le manette e mi guardano i polsi. Discutono se ho bisogno o meno di un dottore. Decidono di no. Mi mettono la canottiera bianca antiproiettile.

La canottiera bianca della vergogna. Quando le società erano influenzate dall’Illuminismo esisteva la presupposizione di innocenza. Lo stesso vale per il rispetto della personalità dell’accusato. Nell’oscurantismo moderno post-industriale, l’accusato non viene punito, come accadeva nel medioevo, con la vergogna pubblica ma qualcosa di più. L’accusato viene fatto vergognare come prova di colpevolezza. L’accusato è la “feccia”, con l’antico significato greco della parola (katharma: il meschino, l’immorale). Mi portano in giro come un trofeo tra dozzine di telecamere.

Penso: queste persone stanno cercando di contendersi Umberto Eco. Ci sono notizie anche ad agosto. Tutto quello che ti serve dopotutto è il controllo dei media ed hai stabilito le dittature moderne. I carriarmati possono essere passati di moda ma le jeep Cherokee delle Forze Speciali sono adesso un must. Ritorno al Quartier Generale (GADA). Mi gettano in una vera e propria gabbia di 1×3 metri senza ovviamente neanche una finestra, senza contatto con l’ambiente esterno e con la luce costantemente accesa. Lì verrò tenuto nei successivi cinque giorni. È sigillata da una porta di acciaio.

Mi lasciano riposare per qualche ora e mi portano ancora ammanettato nell’ufficio degli interrogatori. Mi dicono: “Non è niente di personale, se avessimo voluto ti avremmo schiacciato. Siamo semplicemente su due fazioni diverse”. Mi chiedono se ho qualcosa da dire. Dico di no. Loro dicono: “Portatelo fuori di qui e finchè non va in prigione non dategli nemmeno dell’acqua”. Torniamo alla mia gabbia. Mi dicono: “Le altre celle (i membri della CCF) hanno avuto molto più coraggio!”. Che “altri”? Mi chiedo. Mi accuseranno anche della partecipazione nella CCF? È un’organizzazione rivoluzionaria o un passe-partout? Io nella CCF?! La mia critica verso questa organizzazione è uguale in tensione agli esplosivi che hanno messo, e in lunghezza ha raggiunto i loro testi. Ma voi feccia, se è quello che volete, sarà così che andrà. In questa lotta saremo insieme. Cerco quello che mi connette con qualunque cosa sia ostile al vecchio mondo, e qualunque cosa mi divida o fermi l’emergere del nuovo. Le successive 15 o 24 ore mi vedono sempre nella mia gabbia.

Ogni tre minuti battono l’acciaio della porta molto forte e più volte. Il rumore che ne esce è indescrivibile. Ogni tre minuti per ore interminabili. Sono così stanco che a volte riesco ad addormentarmi tra una battitura e l’altra. Hanno preso le mie storie come eventi reali. Dai loro commenti e le loro reazioni sospetto che non se ne intendano. Sono furiosi con me. Penso, come è stato fortunato Kokkinopolous, come sono stati fortunati Miller, Mancet, Tarantino e Rodriguez!

Non sono mai stati nelle attenzioni dell’antiterrorismo. Penso, sfortunatamente per me, come scrittore sono ispirato dal crimine e non dalla vanità delle relazioni della classe media. A un certo punto mettono su della musica. “Cell 13” (una vecchia canzone dei Rebetiko su un prigioniero). Ridono. Arriva un superiore: “Metti un po’ di Aggelakas o Thanasis a “Tasouli” (diminutivo di Tasos)! È questo che gli piace!”

Continua: “Con Makis (intende ovviamente Gerasimos Tsakalos) a Kavourotripes, e con Papadimoulis un amico su facebook e hai votato per Syriza!” Se ne va. A un certo punto sento delle persone parlare di Paleokostas con grande ammirazione. Lo chiamavano “Rambo”! Alcuni commentano sul fatto che hanno trovato tracce della sua connessione con l’omicidio di Vasilakis. “E tu ci credi?”, scherza un altro.

21/8/2012
L’interrogatore speciale mi aspetta nel suo ufficio.

Mi accoglie con lo sguardo di migliaia di Pretenderis (un giornalista greco del crimine e della politica) e mi mostra il fascicolo del processo che è alto circa mezzo metro! Riguarda la mia presunta partecipazione nell’organizzazione rivoluzionaria Cospirazione delle Cellule di Fuoco. Mi chiede di incontri esistenti e non esistenti con altri accusati di partecipazione nella stessa organizzazione. La cosa divertente è che loro negano la loro partecipazione nella specifica organizzazione. Voglio dirglielo. Stiamo parlando di terrorismo o di un virus che si trasmette con una stretta di mano? Non glielo dico. Voglio dirgli: non ho visto nessuno accusato di partecipazione in un network para-giuridico perchè ha mangiato kebab con un amico d’infanzia di Bourboulias. Non glielo dico. Voglio dirgli che Maccartismo è rimasto nella storia come una tragedia, ma in Grecia viene ripetuto come una farsa. Ma mi sento intrappolato. Glielo dico. Mi sembra come se il Maccartismo, paragonato a quello che sta succedendo ora, sia una canzona da bambini. Glielo dico. È sollevato.

L’imprigionamento è “rinchiuso”. Di nuovo alla mia gabbia. Non mi preoccupa la prigione. Inoltre la mia posizione è vicina ai dannati di questo mondo. La sola cosa che mi preoccupa sono le accuse false e ingiuste. Ma non mi sento nemmeno arrabbiato. Qualcuno si sente arrabbiato solo quando qualcuno ti ruba il posto nella coda del supermercato, non se un servizio di polizia decide di intrappolarlo nel 2009 e finalmente ci riesce nel 2012.

Guardo il muro alla mia destra, qualcun altro che è stato ospite in questa gabbia prima di me ha scritto con una penna: “La Lotta continua”. Sorrido. Penso, la Rivoluzione sta andando, la Lotta si evolve, i dannati della terra devono alla fine giocare a pallone.

PS: Nella mia casa a Lamia sono state trovate “prove evidenti” che giustificano, secondo l’opinione dei giornalisti e delle autorità di polizia, il mio procedimento giudiziario. Secondo i giornalisti, hanno trovato un modello digitale per imitare le carte identificative della polizia, alcuni video con un idiota texano che finge di essere un commando, e una canotta anti-proiettile. Sono stati trovati anche dozzine di libri e film. Vestiti sporchi e puliti. Lenzuola, coperte, prodotti per la pulizia del bagno, appunti per le mie storie e storie finite. Insieme con il resto dei ritrovamenti, per esempio il mio letto, il resto dei mobili, la tv, il camino e il cibo, mi chiedo, l’anti-terrorismo la caratterizzerà come una casa sicura?

A.K. Theofilou
2° braccio della prigione di Domokos
27 Agosto 2012

in greco qui, in inglese qui
per il caso di Tasos Theofilou puoi anche leggere qui

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