Atene: Processo contro la CCF (udienze 24-33) e lettera di 3 compagni accusati per lo stesso caso

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Mercoledì 30 gennaio (udienza 24)
Si presentano 7 dei testimoni dell’accusa, 3 di loro per il caso dell’invio dei pacchi-bomba e gli altri per i due nascondigli, quello di Volos (in cui sono stati arrestati 5 compagni della Cospirazione dopo che l’appartamento era stato circondato da decine di uomini dell’EKAM (Unità Speciale Repressiva Antiterrorista). In questo appartamento-nascondiglio furono trovate pistole, revolvers, Kalashnikov, uniformi da poliziotti, TNT, detonatori, micce, documenti di identità falsi, ecc.) e quello del quartiere ateniese di Kallithea (che era stato svuotato).
Tra i testimoni c’era un poliziotto dell’Unità Antiterrorista, che al momento di testimoniare cercava di nascondersi la faccia perchè non la vedessero i compagni della CCF.

Lunedì 4 febbraio (udienza 25)
I due compagni che erano ricercati accusati di appartenenza alla CCF, Giannis Mihailidis e Dimitros Politis, e che sono stati arrestati il 1° febbraio dopo aver realizzato una doppia rapina (Banco Rural e Ufficio delle Poste) a Velventos, vicino a Kozani, sono stati portati al processo. Il tribunale ha deciso di sospendere il processo per dare tempo ai due compagni, i quali appaiano chiaramente “affaticati” dopo il loro arresto. L’udienza seguente, quella dell’11 febbraio, è stata anch’essa sospesa.

Venerdì 15 febbraio (udienza 27)
Si presentano 9 dei testimoni dell’accusa. Uno di loro è un poliziotto della guardia costiera e allo stesso tempo proprietario del veicolo che è stato rubato dai compagni della Cospirazione (secondo la stampa “per realizzare una rapina a mano armata alla succursale del Banco Nazionale”). Gli altri sono titolari delle carte d’identità i cui dati sono stati utilizzati per i documenti falsi che avevano i compagni della CCF. Allora, i giornalisti della stampa e della tv menzionarono che i membri della Cospirazione vestiti da poliziotti facevano “controlli” per copiare i dati delle persone reali e poi utilizzarli per documenti falsi, fabbricati da loro stessi e affittare appartamenti-nascondigli.

Giovedì 21 febbraio (udienza 28)
Il processo è cominciato con una tensione, perchè i poliziotti hanno cercato di separare Olga Ikonomidou dal resto dei compagni della CCF e Theofilos Mavropoulos, mettendola in un’altra cella. Il pretesto era che “non possono stare insieme per ragioni di sicurezza”. Bisogna segnalare che il resto delle persone che attualmente sono sotto processo ma negano la loro appartenenza alla Cospirazione, rimangono in un’altra cella. I membri della CCF hanno interrotto il procedimento e hanno abbandonato la sala, dicendo che non accettavano la separazione della compagna. Alla fine i poliziotti hanno ceduto e Olga è potuta rimanere insieme con gli altri.

Lunedì 25 febbraio (udienza 29)
Si presentano i due poliziotti rimasti feriti dalle pallottole del compagno Theofilos Mavropoulos durante la sparatoria a Pefki. Uno di loro racconta lo scontro, dicendo che mai prima di allora aveva visto tanta veemenza di attacco da parte di un perpetratore. Ha menzionato nello specifico di essere stato il conducente dell’auto-pattuglia e, come abbiano visto, di aver notato due persone sospette (una era Theofilos) che si spostavano su una mota (che era rubata). Hanno fermato la pattuglia, sono scesi e con l’altro poliziotto si sono avvicinati ai compagni. Appena uno dei poliziotti ha afferrato uno dei compagni cercando di arrestarlo, Theofilos ha estrato una pistola 9 mm ed ha cominciato a sparare contro i poliziotti, facendoli cadere a terra. Uno di loro ha ricevuto pallottole nel petto, un altro nel collo. Nonostante tutto questo, uno dei poliziotti, poiché aveva un giubbotto anti-proiettile, è riuscito ad aprire il fuoco e ferire Theofilos ad una gamba. Il secondo compagno è potuto salire sull’auto-pattuglia e fuggire con essa. Theofilos da parte sua ha dichiarato: “un poliziotto, che tenga l’arma in mano o nella fondina, costituisce un ostacolo per la mia stessa libertà…”

Mercoledì 27 febbraio (udienza 30)
Come testimoni dell’accusa c’erano i poliziotti che hanno arrestato il compagno Theofilos mentre era ferito, e due cittadini i cui dati sono stati trovati nelle carte d’identità false nei nascondigli della Cospirazione.

Venerdì 1 marzo (udienza 31)
Si presenta il capo del Servizio Antiterrorista, vale a dire l’ufficiale che ha supervisionato tutta l’operazione realizzata contro la CCF a Volos. Come ha dichiarato egli stesso, il suo servizio possedeva un’informazione su una macchina utilizzata da due persone sospette legate ai tre membri della Cospirazione che erano ricercati.

Lo stesso ufficiale, evidentemente per non rivelare i segreti operativi del suo servizio, ha sostenuto che l’auto in questione è stata localizzata “per pura casualità” mentre circolava per le strade di Atene. Quindi è scattata “l’allerta” nell’Unità Antiterrorista e decine di poliziotti hanno cominciato a inseguire l’auto e gli incontri dei due compagni. In questo modo è venuto fuori che si sono incontrati con altre persone allora sconosciute (una delle quali, secondo i poliziotti, era uno dei compagni arrestati per la rapina a Velventos) per conversare in maniera cospirativa. Dopo questa riunione si sono allontanati separatamente e il giorno seguente l’auto si è diretta a Volos*.

A questo punto il capo dell’Antiterrorismo ha spiegato che visto che i “sospetti” avevano spesso preso misure di contro-inseguimento, i poliziotti molte volte non hanno potuto seguirli e perdevano le loro tracce. Inoltre ha chiarito che in questo caso non ci sono state intercettazioni telefoniche, perchè i compagni della Cospirazione per comunicare non usavano telefoni cellulari. Ha poi commentato che la CCF aveva tutte le regole cospirative e che sono stati particolarmente bravi nelle misure di contro-inseguimento. Per questo, l’Unità Antiterrorista ha chiamato l’EKAM perchè assaltassero l’appartamento-nascondiglio di Volos. Ha menzionato anche che oltre ad armi ed esplosivi, si trovavano gli schemi, i piani e i progetti per derubare la sede centrale della Banca Nazionale di Volos. Secondo quanto sostiene, i compagni della Cospirazione progettavano di avvicinarsi alla banca in questione con un’auto rubata trasformata in auto-pattuglia. Alcuni altri membri della CCF sarebbero stati già lì, di fronte alla banca, fingendo di essere “clienti”. Quelli della Cospirazione vestiti da poliziotti avrebbero dovuto entrare dentro e prendere il direttore in ostaggio per aprire la cassaforte centrale.

Ha concluso dicendo che secondo la sua opinione ci sono ancora membri della CCF che non sono stati arrestati.

L’udienza è stata sospesa fino al 6 marzo, quando continuerà la testimonianza dello stesso poliziotto.

Nota:
La descrizione più dettagliata di questo inseguimento si può leggere (in spagnolo) nella prima lettera, puramente informativa, della compagna Olga.

Dopo il riassunto delle ultime udienza, presentiamo la lettera scritta da 3 anarchici prigionieri attualmente nello stesso processo delle CCF, e che negano l’appartenenza all’organizzazione (Kostas Sakkas, Giorgios Karagiannidis e Aleksandros Mitrousias). Quello che rivelano nel loro testo rispetto alle relazioni intime tra il mondo politico, giornalistico e poliziesco è chiaramente solo un esempio, ma abbastanza significativo. Abbiamo accorciato una piccola parte del testo, perchè fa riferimento a personaggi politici e mediatici sconosciuti al di fuori della Grecia e può risultare molto noioso per la gente di fuori.

Mercoledì 6 marzo (udienza 32)
Il testimone fondamentale per l’accusa, il capo dell’Unità Antiterrorista che personalmente aveva organizzato e coordinato l’operazione repressiva terminata con l’assalto delle forze speciali (EKAM) alla casa di Volos che è stata il nascondiglio della Cospirazione, era assente. Il giudizio è stato sospeso fino al 13 marzo.

Mercoledì 13 marzo (udienza 33)
Si è presentato il capo dell’Unità Antiterrorista. Ha detto che è al servizio dell’Antiterrorismo da moltissimi anni e che per questo ha una grande esperienza in casi come questo. Ha menzionato nello specifico di essere stato il capo operativo delle tre operazioni dirette contro la CCF: l’assalto dell’EKAM alla casa di Volos nel marzo 2011, gli arresti per possesso di armi realizzati nel dicembre 2010 nei quartieri di Nea Smyrni e Pireo, e l’arresto di Tasos Theofilou accusato di una rapina in banca sull’isola di Paros nell’agosto 2012. Rispondendo alle domande del tribunale e della difesa ha detto che la Cospirazione delle Cellule di Fuoco è un’organizzazione che appartiene, come affermano loro stessi, all’ambito anarchico. Agli inizi della loro attività (gennaio 2008), la Cospirazione era nel mirino della Sicurezza dello Stato e nella continuazione, dopo la collocazione di 4 congegni incendiari-esplosivi artigianali in 4 “templi sacri” (chiese), a condurre l’investigazione fu l’Unità Antiterrorista. Il poliziotto ha dichiarato che la Cospirazione delle Cellule di Fuoco è esattamente quello che dice il suo nome: una rete di cellule che agiscono in maniera autonoma. Ha detto: “chi è d’accordo con i valori della Cospirazione può appropriarsi di quel nome e prendere parte alla loro rete”. Secondo il capo dell’Unità Antiterrorista i/le 9 compagnx che hanno rivendicato la partecipazione nella CCF (“qualcosa che parla in loro onore”, come ha detto nello specifico), costituiscono il nucleo duro. Inoltre ha aggiunto che “la CCF è l’organizzazione-madre delle altre cellule”. “Sia nelle loro azioni come nei loro testi sono molto concreti e molto chiari”, ha continuato. Ha detto poi che “si tratta di persone che non si nascondono dietro il discorso della “criminalizzazione delle relazioni di amicizia”, ma si dichiarano come guerriglieri urbani non pentiti”. Ha continuato raccontando che nel momento in cui è stata localizzata l’auto in cui si spostavano due compagnx della Cospirazione, che non avevano un mandato di cattura (Olga Ikonomidou e Giorgios Polydoros), l’Unità Antiterrorista (in cui lavorano più o meno 600 persone) si è messa in allerta. Decine di agenti hanno partecipato agli inseguimenti, alternandosi continuamente per non destare sospetti. Poi, l’ufficiale ha sottolineato che i/le compagnx della CCF durante tutto questo tempo continuavano a tenere misure di contro-inseguimento (cambiavano continuamente mezzi di trasporto, si dirigevano agli appuntamenti ognunx separatamente ma tenendosi a vista su marciapedi opposti, si guardavano sempre alle spalle, non utilizzavano i cellulari, ecc.), e per questo diverse volte l’Unità Antiterrorista ha perso le loro tracce. Ha dichiarato che l’Unità ha fatto moltissima attenzione per evitare qualunque confronto armato durante gli inseguimenti e che per questo motivo non sono intervenuti immediatamente, ma hanno chiamato le forze dell’EKAM che alla fine hanno realizzato l’assalto.

Il capo dell’Antiterrorismo ha detto un’altra volta che l’auto “sospetta” è stata localizzata “per caso”, e che tutto è presumibilmente cominciato con una chiamata telefonica anonima in cui un uomo ha rivelato che i tre membri latitanti della Cospirazione si trovavano a Volos, e che altre due persone con l’auto in questione gli stavano facendo visita. E’ ben nota la tattita dell’Unità Antiterrorista di menzionare le presunte “chiamate anonime”. Lo fanno per mantenere il segreto sul modus operandi utilizzato per scoprire i/le compagnx della guerriglia urbana anarchica. Ma come ha detto uno dei compagni della CCF rivolgendosi al capo dell’Antiterrorismo: “questa volta avete avuto fortuna e ci avete arrestato, la prossima volta la fortuna sarà con noi”. Il processo è sospeso fino al 21 marzo.

Lettera dei tre compagni in occasione delle dichiarazioni del testimone dell’Unità Antiterrorista Eleftherios Hardalias nel tribunale di Koridallos:

Cos’hanno in comune uno che ha rapinato un locale di scommesse, uno che è stato arrestato per possesso e traffico di pornografia infantile, un gruppo di cacciatori d’oro e antichità le cui attività sono state scoperte durante le indagini relativo all’assassinio di un imprenditore, un gruppo di bulli che “offrivano la protezione” ai locali notturni della città di Halkida e uno che è responsabile di aver divulgato alla stampa una lista estremamente confidenziale e legata al terrorismo, e inoltre coinvolto nello scandalo finanziario del monastero Vatopedi?

Sono coloro che servendo nell’Unità Antiterrorista e nell’EKAM stanno salvando l’intera società dal crimine e dal terrorismo.

Sono i più incorrotti degli incorrotti, la selezione della selezione.

Quelli che, con l’ordine del primo ministro, si sono incaricati di “togliere i cappucci”.[1]

Quelli che in nome della sicurezza giorno dopo giorno seguono migliaia di persone, intercettano le loro chiamate telefoniche, inserendole in alcune liste di sospetti e sottoponendole a diversi gradi di sorveglianza, a seconda di come ne hanno voglia.

Sono quelli che in nome della legge, a volte inventano e volte occultano prove, secondo come gli conviene. Quelli che, come si è verificato, facendo pressione sui testimoni manovrano i riconoscimento dei sospetti perchè il caso “esca bene”. Quelli che sequestrano, torturano e colpiscono, calpestando i diritti legali di questa stessa civilizzazione borghese che, si presume, stanno proteggendo.

Nel prossimo periodo nel processo che si sviluppa attualmente e in cui si giudicano i casi dell’invio di pacchi incendiari, degli arresti di Volos relativi all’organizzazione rivoluzionaria CCF, dello scontro a Pefki durante il quale fu arrestato l’anarchico rivoluzionario Theofilos Mavropoulos e il caso per il quale siamo processati noi (gli arresti del 4 dicembre 2010), testimonierà il più fondamentale dei testimoni dell’accusa.

Chi è in realtà questo falso testimone? Falso perchè si tratta di questo, poiché nella dichiarazione che ha reso nell’udienza scorsa del processo le cose che ha dichiarato erano talmente poche e vaghe – nonostante egli stesso affermava di essere il testimone principale – che chiunque può rendersi conto che la sua presenza nelle operazioni se non è stata nulla, è stata perlomeno scarsa.

Se qualcuno, plausibilmente, si domanda perchè non hanno mandato a testimoniare i poliziotti che erano davvero presenti nelle operazioni, significa che non ha mai osservato prima altri processi simili, perchè in questo caso saprebbe che ci sono molti pochi poliziotti che riescono a rendere una dichiarazione senza “fare delle gaffes”. Inoltre, coloro che hanno assistito all’udienza del 6 marzo sanno che se c’è qualcosa di incontestabile rispetto a questo testimone nel concreto è la sua capacità nel dare ordini e la sua esperienza nel giocare il ruolo di “testimone fisso”.

Si chiama Elefterios Hardalias e serve nell’Unità Antiterrorista. E’ il capo del Terzo Ufficio di Informazione della Prima Sezione (incaricata del terrorismo nazionale) della Direzione di Repressione dei Crimini Violenti Speciali (DAEEV). Secondo alcune fonti giornalistiche ben verificate, in questo stesso momento sta aspettando il processo, dopo che i suoi stessi servizi lo hanno licenziato e gli hanno aperto un procedimento penale, accusandolo di aver conseguato al quotidiano “To Vima” una lista segnalata come confidenziale, una lista che contiene 82 nomi di giornalisti, impresari e giudici che secondo la polizia costituiscono “possibili obiettivi per i terroristi” e che è stata pubblicata l’11 marzo 2009 su quel quotidiano.

Poco dopo, l’indagine messa in moto per ordine del p.m. Kiriakos Karoutson “ha portato alla conclusione che il documento pubblicato sul quotidiano è stato inviato dal fax del capo della Prima Sezione, che era allora Hardalias. Naturalmente, è stato prima fotocopiato e poi corretto a mano con carattere di scrittura corrispondente a Hardalias”.

Dopo le elezioni del 2009 e il cambio di governo, l’allora ministro dell’Ordine Pubblico M. Chrisochoidis, ripristina Hardalias nei servizi antiterroristi, nonostante quest’ultimo abbia un processo pendente. E nel dicembre dello stesso anno, due giorni dopo l’anniversario dell’assassinio di Grigoropoulos, in una conferenza stampa che include il tema del “vittorioso modo in cui si sono arginati gli scontri”, il ministro naturalmente menziona specificatamente quel “bugiardo poliziotto” e in un tentativo di riabilitarsi lancia minacce contro tutti i presunti “complottisti”. Per caso Hardalias è il “figliol prodigo” di un ministro o forse dell’intero governo?

Torniamo un po’ indietro. Il 13 marzo 2009 questo poliziotto dell’Unità Antiterrorista sta dichiarando di fronte ai suoi colleghi incaricati di questioni interne. Alla domanda se conosce il redattore dell’articolo (Kostas Hadzidis) in cui è stata pubblicata la lista in questione, Hardalias dice che nella riunione che hanno avuto (e che è stata organizzata grazie ad Athanasios Katerinopoulos, poliziotto-sindacalista candidato al parlamento con il PASOK e ora ufficiale in pensione), il giornalista gli aveva proposto di fare da mediatore perchè Stamatina Madeli (suocera di Hardalias e a sua volta direttrice della sezione di terreni civili del Ministero dell’Agricoltura, una degli accusati nello scandalo finanziario del monastero di Vatopedi) entrasse in contatto con i parlamentari del PASOK che erano membri della commissione che investigava il caso. Allo stesso modo considerevole è il fatto che Hadzidis, oltre ad essere giornalista è stato anche l’incaricato delle comunicazioni nell’Istituto di Studi Strategici e dello Sviluppo creato da Papandreu. (…)

Se pubblichiamo questa “specie di denuncia” non è perchè si tratti di un caso isolato ma nemmeno perchè si tratti di qualcosa che, naturalmente, va contro le loro leggi. Proprio il contrario: secondo noi è la natura stessa del Potere che genera questa corruzione. Gli apparati repressivi e il Potere economico-politico, data la loro natura, sono così vicini tra di loro che uno riflette la miseria dell’altro, e questo perchè lottano dallo stesso lato e molte volte i loro confini sono indistinguibili. Si sa che coloro che si sono assunti il dovere “sacro” della protezione del cittadino sono portatori della corruzione, approfittando della forza che dà loro la legge. La sicurezza, che sia esterna o interna, è sempre stata e sarà sempre un argomento “forte” che ha il Potere quando parla della necessità che esista lo Stato e soprattutto di quello che sarebbe in gioco se lo Stato non esistesse.

La divulgazione e pubblicazione di questi incidenti causa sempre mal di testa ai governi di turno per la semplice ragione che rimette in gioco la fiducia che la società assegna a quelli incaricati della loro presunta sicurezza. Specialmente nel periodo in cui viviamo, in cui la pace sociale è indubbiamente molto fragile dato il carattere totalitario e autarchico della politica come lo applicano i potenti e i sovrani, ma anche dati i processi storici che si stanno sviluppando nella stessa società rispetto a questa politica, è chiaro che l’ultima cosa che vogliono ora quelli che stanno al governo e quelli che appartengono a questo “servizio dei servizi” del DAEEV sia di vedere svelati questo tipo di casi.

Riteniamo che noi da parte nostra non dobbiare lasciare sotto silenzio questo tipo di cose, agendo in nome di una qualche presunta “purezza ideologica” che non vuole altro che formulare posizioni e menzioni molto generali sullo “Stato e i suoi meccanismi”.

Kostas Sakkas, Giorgos Karagiannidis, Alexandros Mitrousias

10/03/2013
Carcere di Koridallos

Nota:
[1] Un po’ di tempo fa il primo ministero aveva affermato che “agli incappucciati toglieremo il cappuccio”.

fonti: i, ii

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