Le maschere sono cadute. I denti dietro i sorrisi hanno già iniziato a triturare e masticare le parti molli. E non si tratta della repressione, degli omicidi o delle persecuzioni. Bensì ciò che sta marcendo in silenzio e preparando la carne per il pranzo a seguire. Indifferenza, paura, avidità, ozio. La lenta ma costante umiliazione per i limiti del mito di parole come coraggio, responsabilità, fiducia, idea, integrità. La perdita di ogni traccia e caratteristica, che rende questo mammifero bipede responsabile e capace di grandezze. Il passato diventa un’ancora di salvezza, mentre il futuro un proseguire colpevole verso la notte del genere umano.
Ma ancora qualcosa dentro questo carrion non è stata alterata, qualcosa resiste ancora. Una voce che alza il suo No, non sarò un anello nella catena che ci trascina tutti giù nell’abisso. Un nodo della corda di chi si suicida, che contribuisce a diffondere la piaga. Posso anche perire ma nessun altro lo faccia insieme a me.
Quindi a queste, non solo, silenti esplosioni, che rovinano la festa, rivolgo il mio cuore, la mia mente e le mie mani. Per abbracciarle, per imparare e per dare. A tutti voi compagni, ma soprattutto a quelli che hanno agito col fuoco con ogni mezzo necessario, bruciandosi mani e occhi, controllandolo e nutrendolo fino al suo dispiegare le ali.
Alla O.R. CCF. «Compagni, possa la vostra fuga diventare anche la “mia”».
P. H.
Komotini 27/1/14