I miei riferimenti alla decisa scelta dello sciopero della fame non vogliono necessariamente dire che io la sceglierei come mezzo. Senza dire se concordo o no con il mezzo, perché non c’è giusto o sbagliato in situazioni come queste e tutto è rimesso in discussione continuamente. Sciopero della fame- Contraddizione in una battaglia di posizione.
Lo sciopero della fame è il mezzo di lotta estremo di un rivoluzionario. Storicamente è stato usato da un ampio spettro di combattenti tenuti in ostaggio per la loro azione sovversiva principalmente contro i regimi democratici. Dagli scioperanti della O.R. RAF deceduti e le morti dei combattenti di IRA e ETA, fino a quelli risultati vittoriosi dei compagni anarchici come Christophoros Marinos e Kostas Kalaremas, i membri di Lotta Rivoluzionaria e della CCF. I punti in comune che li uniscono possono essere minimi rispetto all’esistente, ma c’è una decisione che rimane la stessa, “lotterò fino alla fine”.
Questa scelta è stata capace di creare un particolare ricatto contro lo stato. Un ricatto che potrebbe suonare come un ossimoro ma che ha ottenuto un forte potere negoziatore a causa della morte degli scioperanti. Ovviamente visto che parliamo di poteri negoziatori riconosciamo l’esistenza di equilibri all’interno della guerra rivoluzionaria che è formata da condizioni sociali, politiche ed economiche di ogni era e la polarizzazione che esiste tra gli uomini di stato e i rivoluzionari. Ciò non significa che li rispettiamo e l’obiettivo è attaccarli e distruggerli. Né comunque significa che non li localizziamo e sfruttiamo per il nostro vantaggio.
Questo caso è proprio quello dello sciopero della fame, dove la facciata umanista della democrazia viene sfruttata per far accogliere le richieste del combattente. Una battaglia che ha luogo contro la rappresentazione politica del sistema, la democrazia, un dispositivo esplosivo che il/la combattente sceglie di collocare all’interno del suo corpo e dirigersi verso le fondamenta della coesione democratica rendendo note le proprie richieste, l’esplosione che seguirà avrà una reazione a catena all’interno della democrazia.
Questa richiesta va richiesta in modo multiforme dai compagni fuori. Con una strategia militante che sarà adattata in base alle circostanze, mirante simultaneamente a creare un grosso costo politico per ogni giorno in cui lo stato non accoglie le richieste del combattente. Ovviamente tutto ciò richiede la cancellazione di ogni mediazione istituzionale e la nostra chiara divisione dai politicanti di sinistra e i loro sgherri.
Andando dalla teoria alla pratica renderò noti pubblicamente alcune riflessioni intorno a pratiche e strategie realizzabili durante questa lotta decisa e circoscritta. Credendo che la comunicazione tra ostaggi e compagni liberi debba andare in ambo i sensi e non essere limitata a ricerche teoriche ma collocarsi nell’unico campo dove viene testata la sua concretezza, la pratica.
Parte prima: Continua controinformazione
Il punto di vista: esso funziona come anticipo di guerra con un chiaro e aggressivo discorso anarchico, salvaguarda la lotta del compagno nel momento e allo stesso tempo informa gli interessati e non che nessun nostro compagno è solo e che fin quando lo stato non cederà l’attacco continuerà.
I modi: striscioni, manifesti, volantini, stencil, riempire ogni angolo della città, occupazione di stazioni radio in modo che la lotta del compagno sia una ferita aperta per lo stato, interventi e impianti audio nei punti centrali dove trasmettere i concetti anarchici e le dichiarazioni del compagno, tracciando slogan su bus, tram, treni, stazioni e piattaforme della metro, facendo passare oltre l’apatia e lo stress dei passeggeri un messaggio chiaro – non un passo indietro per la lotta del nostro compagno.
Parte seconda: l’azione guerrigliera
Le azioni di guerriglia realizzate mirano tra le altre cose a creare pressione e causare tensioni sociali e conflitti all’interno del sistema, il cortocircuito della coesione sociale e la costruzione di una crescente intensità che mira ad un obiettivo specifico lasciando la scelta di decomprimere allo stato, che non sarebbe altro che l’accoglimento delle richieste del compagno.
Gli attacchi guerriglieri devono essere sostanzialmente e strategicamente mirati, che si parli di attacchi che saranno noti a causa della loro dinamica o la scelta di obiettivi come politici e giornalisti che verranno scelti a causa della notorietà del loro ruolo istituzionale. Il messaggio resta lo stesso, la lotta del compagno.
Nel caso di attacchi diffusi al dominio è necessario che gli autori dichiarino il motivo e le ragioni dell’azione. Nei pressi dei bancomat bruciati e dei muri dei palazzi governativi anneriti dagli incendi, slogan solidali e volantini che informano i passanti che finché lo stato non cederà l’attacco andrà avanti. Così anche gli indifferenti e i moderati funzioneranno come strumento di pressione politica dato che temeranno una possibile insurrezione a causa dell’arbitrarietà dello stato e l’azione illegale che potrebbe diventare diffusa e pubblica.
Le pratiche sovversive connesse tra loro sotto una richiesta e una lotta comune con significati concreti e non astratti ottengono una dinamica e diffusione maggiore, l’intensità degli attacchi crea un clima esplosivo. Gli esempi migliori e più recenti per capire quanto detto sono gli attacchi guerriglieri e le dinamiche politiche e sociali ottenute dopo l’attacco dello stato alle occupazioni, agli spazi auto- organizzati e alle strutture del movimento.
Parte terza: in caso di sconfitta
Visto che ogni battaglia comporta la possibilità della sconfitta, nel caso tragico in cui il compagno morisse a causa della condotta intransigente dello stato è necessario creare subito un contro-bilancio che farà capire ai futuri politici che per la gestione di casi simili dovranno valutare molto bene le conseguenze di tali scelte.
Gli esempi storici delle esecuzioni politica nell’europa occidentale. Colpire individui che hanno avuto molta responsabilità nella morte dello scioperante. I dottori-aguzzini che hanno effettuato l’alimentazione forzata agli scioperanti (Spagna-GRAPO), i giudici reazionari che hanno fatto carriera sulle spalle dei combattenti (Germania- morte di Holger Meins), i supervisori politici, i segretari generali, i ministri e il loro branco di sgherri sono stati e sono un obiettivo. Tutte queste esperienze sono parte della storia rivoluzionaria che non si dovrebbe ripetere come una farsa, ma con sempre più passione per la libertà e più odio verso i nostri nemici.
Riguardo al caso dell’anarchico Kostas Sakkas
L’anarchico K. Sakkas è in sciopero della fame dal 4 Giugno richiedendo il suo immediato rilascio. Il motivo è la durata vendicativa della sua carcerazione pre processuale di 36 mesi, ovvero tre anni di custodia. Il trattamento vendicativo e l’arbitrarietà dello stato non ci sorprende né dovrebbe farci optare per la legalità.
Non dimentichiamo che viviamo in un mondo dove le operazioni militari, i bombardamenti e gli omicidi di massa di guerre invasive condotte dagli imperi avvengono in nome della pace, ed anche lo sterminio della gente mediante una morte lenta in prigione nel nome della sete di sangue e della meschina giustizia di una società che lo è ancora di più. Ma usando le loro stesse contraddizioni e sfruttando la loro debolezza si ha una possibilità per sferrare la battaglia decisiva per la liberazione di un compagno anarchico. A questo punto è importante necessario che la stessa situazione straordinaria di custodia vale per il guerrigliero della CCF Gerasimos Tsakalos.
La conclusione che traiamo da questa scelta arbitraria dello stato è che le individualità risolute possono causare importanti ferite allo stato. Un prezzo che preferiscono pagare a costo di una detenzione illegale, una scelta di stato che incrina la facciata “umanitaria” e la giustizia di cui parlano. É un fatto che lo stato spingerà la situazione all’estremo puntando al crollo fisico del combattente al fine di scuotere la sua decisione.
Contro lo sterminio del nostro compagno dobbiamo insorgere. Con ogni mezzo per stare vicini a lui.
ATTACCO COSTANTE PER IL RILASCIO DELL’ANARCHICO KOSTAS SAKKAS
TUTTO PER LA LIBERTÀ
LUNGA VITA ALL’ANARCHIA
P.S. Per evitare incomprensioni, il motivo per cui non faccio lo sciopero del carrello è perché dal carrello non prendo nulla e mangio da me (cucinando ecc). Dire di farlo sarebbe ipocrita e una presa in giro per i compagni che lo leggerebbero. Per i compagni che prendono il cibo dal carrello può essere una privazione ma negli altri casi è una cosa finta e senza sostanza.
Nikos Romanos
Prigione di Avlona, Giugno 2013