Lettera aperta ai/lle compagn*.
Nota: L’uso della parola prigione in questo testo fa riferimento a tutti gli ambienti artificiali che ci addomesticano per inserirci di forza nel sistema di produzione capitalista; è un contributo per approfondire la riflessione di tutti gli esseri viventi in mano alle potenze economiche e al progetto tecnologico…
Compas, vi saluto con amore ribelle, perché queste parole di guerra possano arrivare fino a voi; saluto anche i giorni di rivolta che vengono, mentre le idee sbocciano nei campi come fiori che non dovremmo smettere di curare.
Non sappiamo se vinceremo, ma quello che sappiamo è che non occuperanno i nostri sogni e le nostre vite…
L’unico momento davvero libero è quando lottiamo per la libertà, perché preferiamo morire che accettare questo stile di vita, e senza rendercene conto siamo già liberi, perché niente occupa le nostre menti tranne il solo desiderio d’incendiare la realtà…
Ma cosa si nasconde dietro questa guerra distruttiva, dietro la cupa oscurità dello spirito umano? Non sono forse il riflesso e la manifestazione poetica di esseri umani che si riappropriano della propria vita e influenzano attivamente l’organizzazione della vita quotidiana?
Se ogni persona che si vanta della propria “libertà” si rendesse conto della propria condizione, sarebbe l’inizio dell’ultima guerra, la nostra ultima opportunità.
Ho imparato che la possibilità di una reale forza capace di opporsi e negare il capitalismo vengono rivelati nel corso della vita quotidiano delle persone.
Sono semplici connessioni tra idee e azioni; non vogliamo essere gradevoli alle moderne masse consumatrici, ecco perché credo che una vera forma di auto-organizzazione può esistere solo tra le persone più colpite ed emarginate, che vivono quotidianamente una guerra condotta dall’istinto e dai sentimenti più che dalla ragione…
E una coscienza selvaggia e incontaminata, non troppo manipolata dal sistema educativo, è sempre più aperta alle posizioni anarchiche…
E per gli/le altr*, che intuiscono istintivamente, e si sentono portati verso la disobbedienza, si tratta soltanto di provocare la “scintilla” che accenderà la fiamma…
Ma in generale per far riflettere un* prigionier*, per esempio, consideriamo che le semplici parole non sono abbastanza, perché si tratta di qualcun* che vive la guerra quotidianamente e che conosce il panorama molto meglio di noi e non accade attraverso le parole, ma ad azioni e comportamenti reali, che siano in linea con quello che pensiamo e diciamo.
In molti questionano le “tattiche” o “metodi” come se fosse una gara, e con questo non voglio dire che dovremmo isolarci ed evitare la critica cosciente, ma il contrario; l’unico problema è che ci trasciniamo dietro, come collane, le influenze borghesi che hanno storicamente contaminato le forme d’organizzazione di coloro che si definiscono libertari…
Radicalmente contrario, non penso sia necessario razionalizzare tutti gli aspetti della vita. La rivoluzione sociale si costruisce giorno dopo giorno, senza manuali o dogmi, sia nella vita sociale sia nell’ombra, e non perché uno debba essere rivoluzionario per decreto, ma perché la parola rivoluzione per me, e per quanto ne so per molti altri, significa avere un ruolo attivo in questa guerra, ma sempre a modo nostro, e per questo non possiamo continuare a chiudere gli occhi di fronte a nessuna dottrina o ideologia scientifica o religiosa, dato che l’istruzione e la conoscenza vengono acquisite nelle trincee popolari, nella sperimentazione, nella confusione, nella spontaneità, non vogliamo avere obiettivi o norme, perché vorrebbe dire condannarci all’ignoranza e la schiavitù…
Il problema delle grandi civiltà che sono esistite finora è che hanno tutte basato la loro visione del mondo sulle scienze esatte e quantificabili…
L’umano sente una tale angoscia di fronte all’insignificanza della propria esistenza a causa dell’abbandono assoluto del vivere nel regime carcerale delle città e delle prigioni che cerca rifugio e sollievo cercando di imporre un “ordine” fittizio alla vita; si consacra a cercare di capire tutti e riduce tutto al proprio mondo e alla propria taglia. Se ci concentrassimo più sull’approfittare della nostra vita splendida troveremmo il sollievo a tutti i mali creati in noi dall’addomesticamento della cività, e tutte le guerre catastrofiche che l’esser umano ha portato sulla terra cercando ingenuamente di spezzare l’ordine naturale della vita avrebbero potuto essere evitate…
Ed è per questo che in questa guerra imposta, in cui viviamo e soffriamo della schiavitù e della miseria per mano dei pochi che in nome del capitale si sono arrogati il diritto di dirigere la nostra esistenza, non è ancora troppo tardi per tealizzare che i secoli di storia che hanno preceduto ci hanno insegnato che qualsiasi sia la forma di governo è sempre la stessa storia; la giustificazione del diritto di limitare e di punire per sfruttare…
Anche il più primitivo degli organismi viventi sa in modo istintivo che se non è capace di adattarsi all’ambiente finirà con lo scomparire. E la questione è: l’essere umano sarà capace di adattarsi ale condizioni di vita artificiali che gli impone l’ambiente tecno-industriale?
Nella natura selvaggia e in noi stessi esistono gli ingredienti che rendono possibile la vita come la conosciamo ed è per questo che è assurdo pensare di possedere tutte le risorse naturali e materiali che ci circondano. È una visione coloniale e antropocentrica di vedere la vita ed è per questo che il riprodurla condurrà a breve alla creazione del principio di autorità e potere, con la schiavitù e la guerra come conseguenza…
La nostra partecipazione alla guerra dev’essere quindi radicalmente diversa dai metdoi di guerra imperialisti… Non è la guerra per la guerra, non è la guerra fine a se stessa ma la nostra difesa selvaggia…
È un appello alla solidarietà rivoluzionaria contro la schiavitù e lo sterminio impostoci dal saccheggio economico… in America del nord, America latina, Medio-oriente, Europa e tutti i luoghi raggiunti dalla civilizzazione, all’interno delle prigioni messicane, che sappiano che ci prepariamo, ma le azioni lo dimostreranno…
In guerra a fianco dei/delle nostr* fratelli e sorelle prigionier*, schiav* degli Stati Uniti, che stanno organizzando e coordinando per il 9 settembre 2016 uno sciopero nazionale nelle prigioni dell’America del Nord e con tutt* gli/le altr* prigionier* e schiav* nelle prigioni esterne…
Finché non saremo tutt* liber*.
Fernando Bárcenas Castillo