La serata di Mercoledì 13 Settembre i precari decidono di impedire l’ingresso nell’ Acropoli, come ultima forma di protesta contro il mancato pagamento degli stipendi e la loro sorte riservata. I guardiani del sito archeologico di Acropoli di Atene sono dipendenti, sia fissi o precari, del ministero della Cultura e del Turismo. Oltre 400 precari lavorano senza essere pagati per almeno 22 mesi. Si tratta di dipendenti che hanno almeno 20 anni di servizio anteriore. Quindi, chiedono il pagamento di arretrati e la loro stabilizzazione. In compenso, il governo li condanna alla disoccupazione. La maggior parte dei precari saranno licenziati dopo tanti anni di lavoro flessibile e sottopagato.
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La matina seguente, giovedi 14 settembre, il direttore del Primo Direttorato delle Antichità Classiche e Preistoriche intenta causa contro i precari, facilitando così l’intervento degli agenti dei reparti antisommossa (Mat). I circa 80 dependenti rifutano di liberare l’entrata principale, contrastando la polizia, anche quando i sbirri entrano dall’entrata laterale, facendo uso di bombe lacrimogene e manganelli e battendo con furore tutte le persone senza distionzione. I lavoratori sono determinati a rimanere nel sito archeologico, che rimane chiuso per tutta la giornata.
Al pomeriggio dello stesso giorno, e sotto pioggia forte, si organizza una protesta di solidarietà sotto la presenza di una grande forza di polizia e di diversi agenti infiltrati. I manifestanti vanno ingiuriati dalla polizia. Alcuni degli slogan sono: “Facciamo sciopero Sotto l’Acropoli, piuttosto que a Fidia pensiamo ai schiavi”, “La solidarietà è l’arma dei popoli,guerra contro la guerra dei boss”.
I mezzi di disinformazione di massa deridono gli scioperanti e propagandano il pericolo dei turisti che sono stati impediti di visitare il Partenone, affinché preparino l’ opinione pubblica ad accetare la brutale repressione da parte della polizia. Utilizzano così una ricetta famosa, il lavaggio del cervello.