Eccoci in questa aula di tribunale.
Circondati dai maiali della polizia, davanti a chi giudice le nostre vite.
Imprigionati dalle leggi del vostro sistema.
Il mercanteggiare numeri sopra la nostra libertà ferita.
E alcune parole molto adatte per ribadire nel miglior modo possibile IL CONFLITTO CHE ESISTE TRA I NOSTRI MONDI. “Tutte le parole che si scrivono sono complici del contenuto semantico del loro testo. Non esistono parole libere.” (T. Sinopoulos)(1)
Meglio che sia cosi. Le parole sono complici delle bocche che le pronunciano. Portano le nostre opinioni, nascondono significati, dichiarano le nostre intenzioni. Sono queste le parole che abbiamo scelto per riflettere la nostra rabbia e sbloccare le porte delle nostre celle. Da un lato svantaggiati perché da più di sei mesi siamo privati della nostra libertà, dall’altro siamo decisi ad affrontare faccia a faccia i vostri discorsi ostili, affrontare le chiacchiere della prigionia e le grida servili del mondo carcerario.
Iniziamo. Voi siete soliti parlare di “innocenti” e “colpevoli”. E non solo parlare: classificate le persone in “dentro” o “fuori” in base alla loro “innocenza” o “colpa”. Voi invocate termini come “giustizia” e “ingiustizia” o altri come “legalità” e “illegalità”.
Noi non cercheremo di convincervi aprendo un dialogo. Parliamo lingue diverse, facciamo scelte diverse. La vostra ipocrisia straborda, la vostra codardia è lampante. E la vendetta che subirete è stata, è e sarà caricata da tutta la rabbia del mondo, dalla rabbia di tutte quelle persone che voi una volta – in aule come questa – avete esiliato nel “paese che non esiste”, dove voi stessi non potreste vivere nemmeno nei peggiori incubi. Non avete fastidio nel farlo. Nelle righe dei vostri libri costituzionali, leggi e paragrafi che avete davanti non rientrano i nostri sogni, i nostri desideri e i nostri sentimenti armati. Non andiamo a discutere qui delle nostre idee “innocenti” e ideologie “pure”. Le idee e le ideologie riposano li dove appartengono, nelle fiabe. E questa fiaba del vostro mondo gronda sangue, crea muri e recinzioni, si ferma per dar luogo a torture ed è ipocrita. Questa fiaba del vostro mondo dietro l’apparenza ornata di immagini suggestive e belle parole nasconde nient’altro che la MORTE stessa.
Qualsiasi movimento che osa sfidare le tenaglie della vostra legge diventa un bersaglio, va localizzato e punito. Per confermare l’essenza dell’onnipotenza del vostro sistema. Per dissuadere chiunque può pensare di fare altrimenti.
Qualunque movimento che si discosta dalla morale, dalla normalità, dai confini imposti dalla salute o dalla sessualità, era e sarà perseguito. La carne degli infedeli bruciati dalla Santa Inquisizione puzza ancora, anche se i tempi sono cambiati e il vostro mondo si è raffinato. Oggi i lebbrosi non vengono esiliati senza cura, la scienza medica avanti e i “pazzi” non sono uno spettacolo pubblico fatto per essere visto dai borghesi durante le passeggiate della domenica, vengono “curati” in psichiatria. Gli esempi sono tanti. Alcuni di questi insistono nel preservare la brutalità e la crudeltà dei tempi andati. E alcuni si mettono gli abiti migliori per ingannarci. Le parole intorno a colpa e innocenza – non ci illudiamo -, non provengono solo dalle vostre bocche quando termina il processo. Anche molto prima, questi concessi girano nelle teste di ogni cittadino, stigmatizzano le parole come “pericolose”, “sacrileghe” o “esclusi dalla società”. Le sentenze e i tribunali sono un fenomeno quotidiano, accadono ovunque.
Nelle notizie dove i giornalisti non hanno nulla da invidiare ai vostri poteri e nelle retate poliziesche nei ghetti poveri. Pene severe per migranti e lavoratori dai padroni da Manolada fino a via Geraniou (2), condanne a morte per tante persone alle frontiere, in mare o dentro le celle delle caserme.
Nei sogni spezzati, nell’emarginazione violenta, nelle piccole e grandi umiliazioni, nelle attitudini fasciste molto diffuse e nei pogrom democratici. Il dito che sempre punta chi è diverso… L’ombra del giudice si nasconde dietro ai comportamenti che esistono vicino a noi e ai banchi pieni di accusati.
I volti dei migranti stanchi e tormentati, i ribelli delle carceri infernali come Amygdaleza(3). Le prostitute abusate in televisione. I piccoli delinquenti che voi state interrando nel cemento. I tossicodipendenti ai quali date condanne distruttive come una sorta di terapia. Tutto un mondo di esclusi da condannare al carcere, agli ospedali psichiatrici, ai centri di “accoglienza”, una condanna al disprezzo e a tutto ciò che rispetta la legge. Tutto un mondo chiamato “il margine”, mentre intorno al quale si crea la paranoia della vostra storia sanguinosa. Ci chiediamo, dove stanno questi vostri “innocenti”? Si, i vostri stessi cittadini innocenti, degni di avere un posto negli ingranaggi oliati della macchina. Che li si debba cercare tra gli onesti sottomessi che lavorano duramente nella routine carnivora? Tra gli infami che per un trattamento migliore vendono la propria dignità? Tra le identità e i ruoli sociali che giorno per giorno ci regalano il teatro dell’assurdo che è una società come questa?
Abbiamo invertito i monologhi interni di ognuno/a e sinceramente ci preoccupiamo per le piccole frasi dovute all’innocente apatia.
L’innocenza puzza di indifferenza, egotismo, sottomissione, mancato pensiero critico e silenzio. Ciò che viene proposto è una vita nei limiti che voi avete posto, una vita definita da contratti, divieti e opzioni predeterminate.*** Viviamo in un mondo dove il potere e i suoi tentacoli penetrano nella vita quotidiana di tutti noi, in ogni luogo dove esiste l’essere umano.
Le strutture fisse come la polizia, i politici, la gente come imprenditori o tecnocrati scientifici, costituiscono la personificazione diretta del nemico. Un nemico con nomi e indirizzi. È il potere accumulato da persone concrete che hanno responsabilità molto chiare e posizioni controrivoluzionarie ben definite. Un complesso di antropoidi che dalle loro rispettive posizioni amministra, controlla, sottomette, uccide e sperimenta.
È vero che questo gruppo di individui ha fatto le sue scelte di vita e di lavoro, ciò li pone dall’altro lato di questa immaginaria linea divisoria che abbiamo tracciato. Bisogna affrontarli senza dialogo o critica. Attacco.
A questo insieme appartiene anche la loro sporca casta.
Quali altri motivi per schiacciare i poliziotti che seminano violenza nei quartieri, nei cortei e che armati difendono la santa legalità?
Quali altri motivi abbiamo per cercare di attaccare i fascisti o i capi politici di questo marcio sistema?
Perché giustificare le nostre incursioni e assalti alle banche che sorvegliano le loro casseforti piene del tempo rubatoci?
Nonostante tutto questo, l’obiettivo per il quale dobbiamo usare mezzi adeguati per attaccarlo non è solo il nucleo del potere centrale. Parliamo del potere come di una relazione sociale diffusa tra le persone. Di quelle reti di potere invisibili che esistono nello sfruttamento, nell’ipocrisia e nell’imposizione del più forte. Relazione consumista e relazione di scambio. Il rapporto tra alienazione e spettacolo.
Le relazioni sociali e i poteri che sembrano generare questo gioco russo chiamato “matrioska”. Il famoso gioco dove una bambola di legno ne ha altre uguali al suo interno ma più piccole. E anche se le bambole possono variare per dimensioni, sono uguali per caratteristiche, forme e colore. Sempre con lo stesso sogno di avanzare e lo stesso perfido sorriso. Questa metafora la usiamo per dimostrare la riproduzione delle relazioni di potere dall’altro del potere statale centralizzato agli innumerevoli campi della vita sociale. Siamo passati attraverso la scuola dell’abbrutimento, la noia dei banchi e delle ore perse tra quattro mura. Siamo passati dalle università con i suoi studenti e l’atteggiamento combattivo, quello della supposta “gioventù ribelle”. Che ironia!
Abbiamo sperimentato l’abbrutimento dell’isolamento generato dal mondo moderno. In case-carceri, nelle strade soffocanti e nei bar pieni di gente. Nelle famiglie, nelle relazioni tra amici e quelle amorose. Li dove la ripetizione violenta la vividezza dell’esistenza, dove i numeri violentano l’ignoto e il casuale e dove l’economia incatena le esperienze. Abbiamo ascoltato attentamente i sogni inquieti nelle metropoli, abbiamo visto gli sguardi vuoti, abbiamo sentito gli ordini dei padroni e vissuto la galera della schiavitù salariale. Tutti i “must” della vita moderna. Il nostro mondo ha una grande abilità. È capace di trasportare le voci che reagiscono, le proteste e i dilemmi che esso stesso genera al proprio ritmo, alla sua velocità vertiginosa. Per seppellire le sue contraddizioni. Un torrente impetuoso di sovraccarico informativo, di evoluzione tecnologica e anestesia. Finendo. Siamo tra chi lotta contro il Potere.
Sulla riva della diversità.
Tra i nemici giurati della normalità.
Accanto ai perseguitati, gli oppressi e gli emarginati.
Come parte del mondo dell’illegalità che non regala la propria Dignità e rabbiosamente cerca la libertà.
LI DOVE OSIAMO ATTACCARE E PERDERE TUTTO
***
E ora per finire questo “manifesto” o come volete chiamarlo, ci piacerebbe dedicare alcune riflessioni ai nostri fratelli che tanto amiamo e che tanto ci mancano, con i quali abbiamo avuto tanti momenti insieme e altri ne vivremo di nuovo quando ci incontreremo.
Non si sa dove siamo. Bene, guarda. I miei occhi nascondono una grande passione per la vita, le mie mani sono armate.
Loro mi hanno armato. Mi hanno insegnato cosa è l’odio, cosa è la paura, come attaccare. Sai una cosa? Può essere che ora la solitudine è tua amica e la tristezza amica mia. Senza dubbio allo stesso tempo le pale dei mulini girano muovendo i nostri sogni. Qui le mura della prigione si fanno più alte ogni giorno, facendo un cerchio gelato intorno a me soffocandomi. I fari violentano l’oscurità della notte nella quale facciamo danni…
Si tratta del libro della nostra vita. Passi rischiosi, animi aggressivi, gente che amiamo.
Allarmi ovunque. Rumori secchi – spari – grida. Molto sangue che esce.
E il tuo respiro mi fuoco mi perforò il petto.
Ah, ti ricordi quei fusi che ballano come matti? Il fotogramma seguente? Correndo per sfuggire alla pattuglia.
La mia vita tutto un caos. Una serie di ricordi e continui motivi di disubbidienza.
Di qui e di la. Fuggitivi dai compromessi sociali, illegali secondo le regole che intaccano le nostre vite.
Avete mai pensato di smettere?
Di diventare altro?
Un sorriso impacciato può sfuggirci, una lacrima può aspettare un po.
Finendo, in ogni caso ti sussurro che non c’è nulla di irrealizzabile e io non ho niente a cui non rispondere.
Quindi devi correre fuori da queste regole quotidiane.
Per ora rinnoviamo il nostro appuntamento li, tra le nostre stelle, quelle speciali, quelle inespugnabili…
E RICORDATI PER SEMPRE: Li dove, una mattina di Aprile, ci hanno rubato la nostra libertà, mi ricordo come sei uscito con la testa abbassata. E li dove il tempo diventa un conto alla rovescia ci sono anche io, ci siamo anche noi.
Guardando al passato e ansiosi del Cambiamento.
FINO ALLA LIBERTÀ
TUTTO PER TUTTO
Fivos Harisis
Argyris Ntalios
Note di traduzione:
1 – Takis Sinopoulos (1917-1981) poeta e scrittore greco. Le sue opere erano piuttosto liriche e pessimiste.
2 – Manolada è un quartiere nel Peloponneso, simbolo dello sfruttamento dei lavoratori migranti nelle regioni rurali della Grecia. Via Geraniou una delle vie del centro di Atene considerate come “ghetto pericoloso di immigrati”.
3 – Una delle carceri per migranti, in spagna chiamate CIE (Centro di Internamento per Stranieri). Lo scorso inverno ad Amygdaleza c’è stata una grande rivolta.