Trento, Italia : Le nostre parole e le nostre idee. Sul processo del 28 settembre a un compagno di Genova.

27.09.2016, Trento

Nel maggio del 2012 a Genova due compagni anarchici, armati di idee, coraggio e piombo, spararono all’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare. Nello stesso mese uscì un mio articolo sul giornale anarchico “Invece”, dove facevo emergere la vera veste del carabiniere Pierpaolo Sinconi. Poco tempo dopo l’azione a Genova e l’uscita del mio scritto, fui fermato a Trieste dai carabinieri e portato in caserma, dove subii delle pressioni per le mie idee.

Io ho sempre collegato i due fatti per il semplice fatto che se degli uomini sparano o qualcuno definisce come giusta la violenza contro i propri oppressori, questo spaventa chi vuole difendere questa società basata sul danaro e sulla sopraffazione. Quel mio scritto mi vale ora, in primo grado, un anno e tre mesi di carcere con l’accusa di “istigazione alla violenza”. Un altro compagno, ha mosso una dura critica ad un testo dissociativo riguardo al fatto del maggio 2012, appoggiando l’azione avvenuta a Genova in quel giorno di sole e sottolineandone il valore in seno alle lotte tra sfruttati e sfruttatori. Questo compagno subirà un processo simile al mio, ma con accuse più gravi. Altri compagni e compagne indagati per l’Operazione Shadow, altri a Palermo e a Udine, vengono indagati ed accusati di reati simili, riguardo a scritti sovversivi.

Recentemente nelle carceri greche vengono fatte pressioni pesanti a compagni e compagne che continuano a scrivere testi che fomentano la rivolta e propagandano le idee anarchiche e la giustezza dell’utilizzo della violenza rivoluzionaria. È evidente come, in giro per l’Europa, la tattica degli Stati sia di soffocare le idee sovversive a partire dalla loro divulgazione attraverso i testi. Essere solidali con certe pratiche, appoggiarle e condividerne la giustezza è reato. Questa storia va avanti da oltre centocinquanta anni: spaventa parlare di queste cose, lo Stato sa che la nostra piccola minoranza è pericolosa e non deve espandersi tra le linee degli sfruttati. È necessario invece fare il possibile per portare le nostre idee nelle strade, con le azioni e le parole.

In questi tempi grigi e confusi ecco che le nostre idee, che cercano di andare a fondo dei problemi sociali, quindi individuali, possono creare quell’apertura verso la Rivoluzione Sociale invece che verso la barbarie degli Stati tutti, occidentali o orientali che siano. Eppure il monopolio della violenza non appartiene a noi rivoluzionari, bensì agli Stati. Se noi come minoranza ci organizziamo, e se gli sfruttati si organizzano in modo simile, se un individuo si arma e spara ai carabinieri davanti al Parlamento mentre cerca di eliminare dei politici, ecco che tutto questo deve essere represso, infangato e distorto o, meglio ancora, dimenticato. Non bisogna parlarne.

Ma noi, noi anarchici, quando decidiamo di armarci, anche di parole feroci contro chi ci vuole sottomessi, siamo quelli che vogliono un mondo diverso, che le donne e gli uomini e i loro rapporti non si basino sulla violenza e sul sopruso, ma su reciprocità, solidarietà, rispetto e tante altre cose. Purtroppo la violenza è un aspetto importante del nostro essere, non siamo pacifisti, non porgiamo ramoscelli d’ulivo a chi ci fa violenza, sappiamo che chi ora ha tutto non lo mollerà dopo una chiacchierata. Per chi ci governa il tavolo del dialogo è lo zucchero della sottomissione. A questo tavolo non ci sediamo e invitiamo tutti a non farlo, perché il lordume che c’è sulla superficie si è infiltrato molto a fondo. Noi, invece, proclamiamo come legittima l’autodifesa per riprenderci quello che ci spetta ed anche di più. L’autodifesa è allo stesso tempo anche l’attacco, una delle migliori sfaccettature dell’essere anarchici in quanto imprevedibile e nascosta nelle nostre menti che cospirano ogni giorno.

Nei nostri circoli o occupazioni, durante i nostri presidi, cortei, comizi, concerti, nei volantini, libri, manifesti, facciamo questi ragionamenti cercando complici o semplicemente facendo questo lavoro di propaganda con l’intenzione di far tornare a casa anche una sola persona con dei ragionamenti diversi dal solito? Quanti sforzi in tal senso? Quanti di noi si sono avvicinati alle idee anarchiche tramite questi piccoli gesti? Penso che valga la pena parlare apertamente delle nostre idee, ecco tutto; c’è sempre più bisogno di essere chiari e di avere delle proposte di lotta che vadano sempre di più al nocciolo dei problemi sociali. Certo, a volte bisogna essere accorti, possiamo far intendere i nostri contenuti con dei giri di parole senza rischiare denunce che appesantiscono i nostri casellari. Ma a volte siamo testardi e, anche sapendo che stiamo rischiando, scegliamo di dir qualcosa. Lo scritto del compagno di Genova va proprio in questo senso. Il silenzio fa male dopo che la parola altrui ha svilito e offeso l’azione di qualcun altro, tra l’altro precisa nel suo obiettivo. Abbiamo delle idee e ce le teniamo ben strette. Posso capire che un fatto come la gambizzazione di Adinolfi possa creare disorientamento, in Italia lo scontro con lo Stato non è alto di questi tempi, ma mi chiedo… la Rivoluzione Sociale cosa sarà se non uno scontro duro contro le forze a noi nemiche? Per evitare di far danni, bisogna allora darsi i giusti strumenti per confrontarsi tra compagne e compagni, per affrontare il possibile arrivo della repressione, restando lucidi e sereni nella valutazione della giustezza di alcune cose che ci accadono attorno. A volte si può anche stare zitti. È proprio per il nostro amor proprio, delle nostre idee, di tutti e tutte quelli caduti per esse e per il mondo che abbiamo nel cuore, che disapproviamo certi modi di fare e che li combatteremo. Il lavoro che ci compete sarà lungo e faticoso per tenere alta la bandiera della libertà e dell’anarchia. Il mondo che abbiamo attorno ci provoca, ci stanca, ci ricatta continuamente, ma sono sicuro che stringendo i ranghi e spargendo le nostre idee riusciremo a portarle anche dove non immaginiamo.

Ecco che qui porto il mio saluto e sostegno a Carlo accusato a Genova del reato 414 cp.
A* compagni e compagne di Palermo, dell’operazione Shadow ed a tutte e tutti quell* sottoposti a inchieste mando i miei più caldi saluti fraterni.
Ai compagni e compagne arrestat* per l’operazione Scripta Manent va tutta la mia solidarietà.
Solo ribadendo i nostri principî possiamo sentirci retti nelle nostre azioni e idee.

Luca Dolce detto Stecco
Anarchico

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