MURA VISIBILI E INVISIBILI – UNA CRITICA ALLA O.R. CCF
Il fine di questo testo è prima di tutto rifiutare la propaganda che costruisce la realtà in base a ostilità personali, e anche contribuire alla (ri)considerazione degli incidenti e le nostre relazioni per il superamento di annosi problemi nel movimento anarchico.
E’ difficile resistere al naturale impulso di rispondere allo screditamento subdolo in modi che non corrispondono alle nostre idee. Ma diventando anarchici insurrezionalisti, abbiamo sacrificato molto e non intendiamo svendere i nostri valori. Quindi ancora una volta risponderemo alla mancanza di rispetto col rispetto che è adatto tra anarchici rivoluzionari. Al posto dello sterile, insultante, disprezzante e affascinante linguaggio di allusioni, che alimenta il gossip che dovrebbe odiare, parleremo il chiaro linguaggio della critica costruttiva.
UNA RISPOSTA IN RELAZIONE AL DISPREZZO VERSO DI NOI
Prima di tutto chiariamo che la falsa carta di identità sulla quale si basa la recente accusa fatta da Gerasimos Tsakalos, non era stata fatta per essere conservata ma perché la consideravamo ancora utile. Un nostro serio errore, che comunque abbiamo fatto, esattamente perché avevamo delle relazioni con i membri della CCF e perché credevamo ancora che lui potesse uscire di prigione, nonostante lui dica che abbiamo interrotto tutte le relazioni un anno fa!
Il fatto che essa sia stata trovata in una casa per la quale non avevamo pronto un piano di rimozione di oggetti in caso di arresto è sicuramente il secondo nostro errore, e di conseguenza accettiamo una critica (anche pubblica) su questo.
Inoltre, nessuno va volontariamente in carcere, ma per errori, omissioni, arroganze. Perché semplicemente gli errori non sono fatti da chi non fa nulla. Accettiamo le conseguenze della legge come risultato naturale della nostra scelta di attaccare lo stato e la diffusa civilizzazione dell’autorità, scelta che include anche errori che ci costeranno, cosi come ai nostri compagni.
Per esempio non abbiamo mai immaginato di dare la colpa per i mandati spiccati contro di noi agli errori operativi della controsorveglianza fatta dai membri della CCF, al contrario Gerasimos Tsakalos fa riferimento alla “incapacità o indifferenza” cosi come al rifiuto di accettare la nostra identità di anarchici in ostaggio usando il termine “individui”, dimostrando odio e malignità. Il pretesto della critica collassa, mentre è molto chiaro quanto ipocrita sia la giustificazione di questo vergognoso riferimento come avviso per i nuovi compagni.
Cose semplici: Gerasimos Tsakalos usa un nostro errore operativi per attaccarci pubblicamente in modo banale e apolitico, a causa degli scontri e delle rotture personali. E’ davvero contraddittorio che la CCF stessa usi una “critica agli errori”, simile a quella che la destina agli abissi della passività e dell’inattività passando sugli arresti dei suoi membri, soprattutto quando nel loro recente testo senza pietà hanno rimproverato tali pratiche.
Per la storia la nostra opinione è che in una rottura entrambi i lati fanno errori e hanno una responsabilità. Nella dialettica ci sono state scelte e posizioni della CCF che hanno portato in grande misura alle nostre decisioni, e vice versa. Ovviamente qualunque dettaglio di questa rottura non ha posto in un testo pubblico, ma al fine di evitare confusione e nonostante i pregiudizi vogliamo dire che senza dubbio abbiamo una grande parte di responsabilità.
RIFIUTO DEL DISCORSO PROPAGANDISTICO
La ripetitiva tecnica della propaganda è la proiezione dei soli elementi positivi dell’organizzazione e il nascondimento tattico di quelli negativi insieme alla ripetizione o anche l’invenzione di elementi negativi a carico degli avversari. Come ad esempio nell’ultimo testo dell’organizzazione, dove parlando la lingua della confusione, si livella in un unico insieme tutte le opinioni anarchiche che differiscono dalle loro, anche se esse sono antitetiche tra loro. In questo contesto oltre al riferirsi a noi come co-accusati dei suoi membri nel processo per i 160 attacchi, si fa riferimento a noi con idee a noi ostili (ad esempio la separazione delle azioni guerrigliere dal movimento), e implicitamente conclude che noi diciamo di essere innocenti in base alla loro colpa!
Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e abbiamo dovuto rispondere scrivendo questo testo. Perché noi abbiamo presenziato solo alla prima udienza del processo citato, e l’abbiamo lasciato dopo aver letto un comunicato nel quale tra le altre cose abbiamo espresso la nostra ostilità verso la corte, che siamo una parte dell’azione anarchica e della sua guerriglia, e non abbiamo neanche detto di essere o non essere membri della CCF… Fino ad ora, non abbiamo presenziato a questo processo, e non abbiamo nominato un avvocato, facendoci “rappresentare” da quelli d’ufficio, procedura che non possiamo evitare. Se facciamo un intervento, come in ogni processo, esso sarà sempre politico e mai di stampo legale.
Nel caso in cui questa confusione non sia accaduta di proposito, chiariamo che è responsabilità dell’organizzazione parlare chiaramente, ma tutte le indicazioni mostrano che ciò è un’altra tecnica propagandistica. Cosi come tutti i riferimenti verbali a se stessi senza l’ombra di una concreta autocritica.
DA SEPARAZIONI E DIVISIONI…
La separazione “innocente” – “colpevole” è un prodotto dell’autorità al fine di creare divisioni. Sfortunatamente, negli anni passati, essa è stata usata anche dalla tensione neonichilista della quale la CCF e porzione degli anarchici solidali sono parte, riproducendo le divisioni che lo stato stesso importa tra gli anarchici. Come abbiamo detto prima, noi non replichiamo i dilemmi-trappola.
Riguardo alle vaghe allusioni riguardo ai codardi che implorano, non supportano le loro scelte ecc., davvero non sappiamo cosa rispondere. La posizione e i pensieri di ognuno di noi è pubblicamente diffusa e ogni persona dotata di intelletto può giudicare da sé. Non ci scomoderemo per dar prova di non essere elefanti.
Oltre al rifiuto della propaganda, andiamo ad una critica più concreta. No, non entreremo nella guerra del fango, non ritorneremo i colpi sotto la cintura.
Il problema è sito nella logica del metro anarchico. Cioè, alcuni si autoproclamano custodi della purezza anarchica. Purezza che essi stessi sono incapaci di seguire.
Una critica agli anarchici non è fertile quando non è anche autocritica, quando non è fatta nella direzione del miglioramento e dell’autosviluppo ma cerca divisioni per ottenere autoaffermazione. La più pericolosa della propaganda neonichilista alla fine è l’autosuggestione causata dall’autoproclamazione ad anarchici perfetti, facendo apparire gli altri come spazzatura.
Perché ad esempio, prigionieri da 9 mesi, sappiamo che per ogni anarchico che finisce in galera, ci saranno momenti dove le sue azioni “contrasteranno” con i suoi valori. Chiunque ad un certo punto guarderà dall’altra parte, la dignità di chiunque sarà “incrinata”, chiunque tollererà la guardia che chiude le celle come una procedura assolutamente naturale. Perché semplicemente alcune convenzioni abbiamo la forza per non seguirle, altre no. Ecco perché né noi né nessun altro è pulito. Questo comunque non significa che una convenzione automaticamente ti classifica come una persona compromessa con il mondo dell’autorità.
Non è la prima volta che c’è un tentativo collettivo di ergersi a custodi dell’anarchia. Nel passato soprattutto, ma anche recentemente, Sispirosi Anarhikon (ad Atene) senza pietà ha calunniato i suoi oppositori politici nel movimento. L’elemento comune è che alcuni rivoluzionari giudicano che una ricca storia di lotta permetta loro critiche superiori. La differenza è che la “critica” della CCF neanche pretende di “colpire le logiche e non gli individui”. Essi giudicano la gente che criticano come persone senza possibilità di autoevolversi, e senza riconosce le contraddizioni interne di queste persone può solo buttarle nella spazzatura. Questa esatta logica porta i membri dell’organizzazione a considerata la società complessivamente come autoritaria, l’ambiente anarchico complessivamente come spazzatura, e loro stessi come perfetti.
Sono privi dell’abilità di fare autocritica e incapaci di affrontare la fluidità delle tensioni dell’autorità o dell’anarchia, sia nella società che nell’ambiente dal quale veniamo fuori e che quindi ci unisce. Fino ad ora il contesto del pensiero della CCF è basato sulle divisioni e il considerare le persone come esseri monolitici, piuttosto che cercare punti di unione, dai quali una coesistenza può iniziare e allo stesso tempo una concreta critica-autocritica che miri ad evolvere e autoevolvere. Ecco come hanno scavato la fossa dell’autoisolamento.
… AL RIPROPORRE ATTEGGIAMENTI DOMINANTI
Un risultato di questa logica divisoria che cerca nemici ovunque e la mancanza di percepire la comunità di lotta è che le relazioni solidali dell’organizzazione sono caratterizzate dall’introversione. Una diretta conseguenza è il continuo tentativo di imporsi invece di cercare elementi d’unione su qualcosa di diverso.
Ovviamente se nella nostra critica abbiamo isolato questi elementi e sottolineato l’intera storia di lotta dell’organizzazione, sarà stato perché abbiamo abboccato all’esca dell’ostilità implacabile inerente alla logica divisoria. Ovviamente non riteniamo che questa organizzazione abbia smesso di essere anarchica, la mentalità di denuncia non ci riguarda. Riconosciamo che le persone che fanno parte di questa organizzazione si sono identificate con l’azione anarchica insurrezionali sta, sfidando e ottenendo cose importanti, dai numerosi attacchi ad obiettivi-simboli dell’autorità fino alla scelta di rivendicare a costo di dure condanne, ecco perché abbiamo scelto di unirci a loro per un periodo di tempo senza aver cura delle conseguenze legali. E la nostra occupazione e critica esprime esattamente questo apprezzamento, visto che non abbiamo voluto rispondere ad ogni calunnia gettata contro di noi da gente che screditiamo.
Infatti, non pensiamo che la parte della critica che segue esprima pienamente la logica dell’organizzazione, ma una tensione nella sua mentalità, verso la quale suoniamo il campanello d’emergenza.
Concludendo, il punto più sostanziale della critica è l’ossessione per l’accumulo di potere con mezzi e modi che contraddicono i valori anarchici, cosi come li concepiamo. Come è già stato scritto, i mezzi hanno una relazione dialettica con la causa, non vengono sacralizzati da essa. Quindi quando vengono usate pratiche dominanti, esse nascondono obiettivi autoritari. La storia ha conosciuto molte autorità rivoluzionarie – non dimentichiamo che le potenti democrazie sono un’evoluzione dei regimi rivoluzionari – e un mondo di autorità “anarchica” non farebbe la differenza.
Ovviamente qualcosa di simile a questo non è coerente con il punto di vista anarchico-individualista dell’organizzazione dato che la relazione di autorità, nonostante sembri di rafforzare il dominatore, non smette di co-definirlo, in contrasto alla relazione anarchica che completa tutte le sue parti.
Vedendo i nostri ex compagni lasciare prontamente gli auto-evidenti valori anarchici, ricordiamo loro la fine della fattoria degli animali di Orwell, dove gli animali ribellatisi contro gli oppressori, fanno l’errore di diventare capi. Lentamente lentamente, i loro leader si trasformano in persone…
Dimitris Politis, Yannis Michailidis
Prigione di Koridallos