Tag Archives: Italia

Cosenza: Presentazione del giornale anarchico “Vetriolo”

Cliccare sull’immagine per scaricare il PDF

Sabato 10 giugno, presentazione della rivista “Vetriolo”

“Lo Stato, in quanto organismo vivente, non è autosufficiente, ha una sua funzione ed ha bisogno di nutrimento e appagamento morale. Lo Stato vive in simbiosi e talvolta in conflitto con il sistema più complesso della cui difesa armata è incaricato. Talvolta non si riesce bene a distinguere fra lo Stato e il Capitale. Un ingegnere di una azienda pubblica è un uomo dello Stato o del capitalismo? Un professore universitario, un tecnico del ministero dell’economia, un giuslavorista, sono uomini dello Stato o uomini dei padroni?”

Ore 18.30: presentazione e discussione
Ore 21.00: cena vegana
Ore 22.00: concerto di Pat Atho (folkpunk da Roma)

Spazio anarchico Lunanera
viale della repubblica 293 – Cosenza

lunanera[at]mortemale.org / vetriolo[at]autistici.org

[Italia]: Per un Giugno Pericoloso

Scritto a partire dalle riflessioni degli incontri ‘A testa alta’

In questo sistema di dominio la repressione statale è parte fondamentale e una delle sue espressioni più infime; non ci sorprende che storicamente ad essere attaccati con più forza siano quelli che non si lasciano recuperare dal sistema di potere, ovvero le individualità anarchiche, rivoluzionarie e ribelli.

Queste ultime, alla repressione fisica, psicologica, morale, sociale ed economica portata avanti da tutte le componenti del potere democratico ed alla brutale violenza indiscriminata dei loro bracci armati e della magistratura, contrappongono l’azione diretta mirata contro i responsabili dell’oppressione, la distruzione creativa e liberatrice dei luoghi del dominio e il sabotaggio ai danni delle sue infrastrutture, per porre fine o quanto meno ostacolare le cause dello sfruttamento e dell’oppressione dell’essere umano sull’essere umano, sulla terra e sugli animali.
Nell’ottica della liberazione totale, assistere passivi alla riproduzione del dominio è essere complici, perciò c’è chi continua ad alzare la testa e ribellarsi.

In conseguenza a ciò il potere mette in atto le sue strategie repressive e continuano i processi e i procedimenti contro compagni in riferimento ad azioni, momenti di conflittualità e scritti; il prossimo mese si terrà l’udienza in cassazione della cosiddetta operazione Shadow, in cui alcuni compagni ed una compagna sono accusati, tra le altre cose, di istigazione a delinquere per la pubblicazione della rivista KNO3. * (NdR: L’Operazione Shadow è il procedimento per 270 bis che la Procura di Perugia attuò nel 2008. Il reato associativo cadrà in primo grado ed in appello si concretizzerà, nel 2015, ad una condanna di 3 anni per due compagni e ad un terzo compagno indagato a piede libero per 302 c.p. con l’aggravante di finalità al terrorismo per gli articoli di KNO3 ed a condanne ad altri compagni per tentato sabotaggio ad una linea ferroviaria e furto d’auto.)

Questi procedimenti sono un’espressione della guerra che l’autorità porta avanti contro il connubio tra pensiero e azione che è il fondamento della pericolosità dell’anarchismo. Ogni operazione sbirresca, aldilà degli individui e delle lotte specifiche, mira a colpire i concetti cardine del pensiero e del metodo anti-autoritario come l’azione diretta, il rifiuto della delega e la solidarietà.

A partire da queste riflessioni, negli incontri che si sono sviluppati a seguito degli arresti dell’operazione Scripta Manent, anziché soffermarsi a discutere delle strategie repressive, si è sentita la necessità di non ridurre la solidarietà a un sostegno tecnico a chi è in carcere, ma di allargare lo spettro delle nostre analisi.
In questo senso, ci si è confrontati su come la solidarietà sia un elemento fondamentale del nostro agire anarchico e dei rapporti di complicità volti alla distruzione del dominio; una solidarietà che vada quindi al di là degli attacchi della repressione, e sia in grado di non farsi soffocare dalle specificità dei percorsi di lotta, nel momento in cui ci si riconosce in una tensione comune di attacco. In particolare, la solidarietà attiva è uno strumento essenziale per rispondere alla violenza dello stato, per non ricevere passivamente i suoi colpi, per mantenere un carattere di attacco di fronte ad essi, così da non sviluppare atteggiamenti al ribasso e vittimistici, che è proprio ciò che la repressione si auspica. Ragionando in un’ottica offensiva, di conflittualità permanente ed internazionalista, al di là dei differenti percorsi di ognuno, si riduce il rischio dell’isolamento, invalidando uno degli obiettivi principali del nemico.

Esprimere solidarietà nei confronti di contesti e progetti specifici non significa doversi uniformare ai discorsi ed alle pratiche di chi viene colpito, e nemmeno inserirsi necessariamente nella scia di una lotta o di una pratica: riconoscendoci in un orizzonte comune, è possibile agire in solidarietà secondo la propria tensione individuale.

La creazione di rapporti di solidarietà, a livello locale come internazionale, è un obiettivo strategico, che dovremmo porci per cercare di far fronte al potenziamento dei mezzi e delle volontà repressive nei confronti delle individualità anarchiche, rivoluzionarie e ribelli.

Pensiamo sia necessario indirizzare le nostre proposte, progettualità ed obiettivi verso la distruzione di questo sistema, che struttura i rapporti sociali e di dominio appiattendo il dissenso attraverso il recupero e, quando non è possibile, eliminandolo attraverso la repressione.

In questo senso, riconosciamo l’importanza della multiformità di tensioni e pratiche all’interno dell’anarchismo, proprio perché più differenze ci sono in un contesto, maggiore è la possibilità di non immobilizzarsi su posizioni prestabilite e dogmatiche, a condizione che ogni lotta e attacco specifico si inserisca nell’ottica più ampia della tensione alla sovversione.
Riconoscere il valore di questa diversità vuol dire anche porre le basi per contrastare ogni tendenza accentratrice ed egemonizzatrice nell’anarchismo.
Questo è possibile solo attraverso un atteggiamento di autocritica e critica costante tra i diversi approcci, che vada nella direzione di una crescita qualitativamente significativa, tanto dell’analisi di ciò che ci circonda, quanto delle diverse maniere possibili per organizzare la distruzione di ciò che ci opprime.

Rifiutando di catalogare e far catalogare le nostre diverse tensioni in aree identitarie, pensiamo che ogni attacco all’autorità interagisce all’interno dei meccanismi e rapporti sociali e contemporaneamente agisce contro la società stessa.

Da un punto di vista strategico una multiformità di pratiche è utile per alimentare la complessità di forme di organizzazione e di attacco, stimolando così la discussione su mezzi e fini all’interno delle diverse progettualità anarchiche d’azione. Capire come valorizzare questa multiformità, senza diluire i contenuti nell’ottica di un comune progetto di distruzione totale di questo sistema di dominio, è una necessità impellente.
È importante considerare le diverse proposte e progettualità non come antitetiche e statiche ma come strumenti, risorse e possibilità a disposizione degli anarchici e delle anarchiche, purché abbiano alcune caratteristiche che riteniamo fondamentali, quali la conflittualità permanente, l’attacco, l’indipendenza da strutture politiche istituzionali e/o organizzate gerarchicamente,  e l’informalità come strumento organizzativo.

Parlando di conflittualità permanente intendiamo una tensione all’irrecuperabilità delle nostre pratiche e discorsi, il rifiuto di sottoporre il nostro agire a valutazioni opportunistiche. Con questo non si esclude la possibilità di sviluppare una strategia relativa alle modalità e agli obiettivi, ma questa non può essere la giustificazione dell’attendismo, né dell’annacquamento dei propri contenuti in un’ottica di allargamento quantitativo.
Ribadiamo da questo punto di vista il rifiuto di ogni intervento di collaborazione con il potere o che presti il fianco al recupero. Con quest’ultimo termine intendiamo la strategia del potere di inglobare le esperienze ed i comportamenti per esso potenzialmente pericolosi, reindirizzandoli ai suoi scopi.

Nelle democrazie il meccanismo del recupero è complementare al volto più duro della repressione ed ha il  fine di perpetuare questo sistema di sfruttamento e oppressione: il tentativo di inclusione e integrazione di alcune forme di rifiuto è volto ad aumentare la partecipazione al gioco politico, creando divisioni per poter più facilmente attaccare chi allo spettacolo della società non vuole partecipare.

L’azione anarchica diretta alla distruzione della società del dominio risponde sia alla pulsione che rifiuta l’autorità e quindi non media con essa, mirando ad abbatterla violentemente, sia ad una più ampia strategia che parta dalla consapevolezza che non si vivrà mai liberi creando isole all’interno di questa società di massa.
È quindi imprescindibile che una lotta, affinché non sia riformista, contempli come pratica l’attacco diretto.

In seguito all’operazione Scripta Manent si trovano al momento, Alfredo, Nicola, Danilo, Valentina, Anna, Marco e Sandrone nelle sezioni di alta sicurezza, sottoposti a limitazioni e censura della comunicazione con l’esterno.
Altri anarchici si trovano nelle carceri in Italia e nel mondo, altri ancora qui e altrove sono sottoposti a diverse misure restrittive, come arresti domiciliari e obblighi di dimora.

Lanciamo per il mese di Giugno una mobilitazione in solidarietà alle individualità anarchiche, rivoluzionarie e ribelli colpite dalla repressione, come momento di coordinamento tra iniziative e pratiche.

Roma, 30 aprile 2017

Anarchiche e Anarchici

in portoghese

Torino: 24 aprile – Ora e sempre Resistenza (Animale)

Ora e sempre Resistenza (Animale)

24 aprile h 17.30 – Torino

Proiezione video e dibattito – Presso Radio Blackout, via Antonio Cecchi 21/a

organizza “Ah Squeerto!” Assemblea Queer

Tutti i prigionieri vorrebbero essere liberi, animali compresi. I tentativi di evasione dai furgoni diretti ai mattatoi, dai recinti di terra e d’acqua lo dimostrano, così come le fughe dai laboratori di ricerca, o le continue insubordinazioni che avvengono nei circhi e negli zoo, dove animali di diverse specie rispondono alle violenze degli addestratori, spesso suscitando la solidarietà di alcune persone, gruppi o settori dell’opinione pubblica.

Il movimento antispecista inizia a considerare in modo più radicale l’autodeterminazione dei non umani, chiedendosi se sia possibile porsi in modo non paternalistico di fronte al dominio antropocentrico, contestando il ruolo di “vittime passive” che lo stesso animalismo sembra aver assegnato agli animali. In fondo, è solo l’immensa sproporzione di forze a rendere vani i tentativi di fuga e di rivolta, non certo una differenza ontologica fra gli oppress* della nostra specie e quelli delle altre.

Quando gli umani si pongono al loro fianco, infatti, senza pretendere di parlare per loro, accade anche che la resistenza abbia successo, come nel caso di Camilla, di Scilla, di Queenie e di altri ancora. Adottare una prospettiva che riconosca la capacità di resistere a tutti gli animali significa smettere di pensarsi come i soli eroi liberatori, generosi campioni d’altruismo, ma come compagn* solidali nella lotta.

Ne parliamo con alcun* attivist* di Resistenza Animale, blog che documenta le evasioni e le ribellioni negli allevamenti, nei mattatoi e negli altri luoghi di prigionia.

[Italia]: Processo d’appello contro Silvia, Billy e Costa

Torino, 15 Febbraio 2017

Questa mattina si è svolta l’udienza di appello contro Silvia, Billy e Costa.

Nelle motivazioni di sentenza di 1° grado era stata evidenziata una non procedibilità per difetto di giurisdizione che si può appellare solo per Cassazione. È stato quindi respinto l’appello del PM e rinviato alla Cassazione per la decisione definitiva.

La Cassazione dovrà pronunciarsi sulla validità dell’appello, se non sarà ritenuto valido il tutto finirà in niente, diversamente si tornerà al processo d’appello.

www.silviabillycostaliberi.noblogs.org

Trieste: Arrestato anarchico di Udine. Presidio di solidarietà e indirizzo del compagno

Un compagno anarchico udinese da 8 mesi ai domiciliari a Trieste con le accuse di oltraggio e resistenza aggravata a pubblico ufficiale, il 3 febbraio 2017, circa due settimane prima della sua liberazione, viene prelevato dalle carogne in divisa nella sua abitazione e portato nel carcere di Trieste, le motivazioni sono l’accusa di rapina e violazione del foglio di via da Udine. Per queste accuse viene condannato a un anno e nove mesi, ma per decidere con che modalità deve scontare la pena bisogna aspettare che una commissione si riunisca e prenda la sua decisione, nell’attesa che trovino il tempo di riunirsi, vale a dire tra uno, due, tre, quattro o chissà quanti mesi, nel frattempo il magistrato prende la decisione di detenere il compagno in carcere.

Alla luce di tutto ciò, sabato 11 febbraio 2017, saremo sotto il carcere di Trieste (via Coroneo) per portare la nostra solidarietà al compagno costretto agli arresti.

Per scrivergli:
Via Coroneo 26, Trieste
Casonato Alberto.

Seguiranno aggiornamenti.

[Italia]: Nuovo opuscolo sui gruppi di guerriglia urbana Direct Action & Wimmin’s Fire Brigade

Cliccare sull’immagine per scaricare il PDF

È disponibile il nuovo opuscolo:

“Guerra al patriarcato, guerra alla tecnologia assassina”
Raccolta di dichiarazioni, comunicati, saggi e interviste dei gruppi
armati di guerriglia urbana Direct Action e Wimmin’s Fire Brigade.

“Il cambiamento totale che deve avvenire perché le nostre vite tornino
ad avere un reale significato e un’indipendenza, e perché il nostro
pianeta sopravviva, sembra così impossibile da realizzare. Eppure deve
realizzarsi. Ognunx di noi individualmente deve cercare di comprendere a
fondo la società plastificata che ci circonda e le nostre relazioni con
essa, e rigettarla interamente, sia nel pensiero che nell’azione. In
questo processo dobbiamo anche unirci con altrx che condividono questa
consapevolezza e preoccupazione per il futuro e avanzare con coraggio,
in ogni modo possibile, verso un nuovo e migliore modo di vivere. Un
modo di vivere basato sulla cooperazione, l’uguaglianza, e un profondo
rispetto per la terra.
_ La situazione è urgente. Il momento del cambiamento è ora.”_

Indice:
_ Introduzione_

Storie
Lotta armata, guerriglia e influenze dei movimenti sociali su Direct
Action di Ann Hansen

Saggi
L’etica protestante del lavoro e il sogno occidentale  di Gerry Hannah
pag. 13
Vivere nella realtà di Doug Steward
Resistenza femminista vs riforma di Ann Hansen
Conquista patriarcale e civilizzazione industriale di Brent Taylor

Dichiarazioni
Dichiarazione in tribunale prima della sentenza di Ann Hansen
Alle nostre sorelle, non siamo terroriste – un comunicato dal carcere
di Ann Hansen e Juliet Belmas

Comunicati
Attacco esplosivo cheekeye-dunsmuir
Attacco esplosivo litton
Attacco incendiario red hot video

Interviste dopo il carcere
Femminismo militante – intervista con Juliet Belmas
Resistenza armata – intervista con Ann Hansen

Comunicato di Ann Hansen
sul suo recente arresto, carcerazione e rilascio

Nota: la prima versione di questo opuscolo, diffusa solo in alcune
copie stampate, conteneva degli errori e soprattutto mancava di un
testo, “Vivere nella realtà”, che ora è stato inserito. Si prega quindi
di tenere come buona questa seconda versione per la diffusione.

Numero 2 della rivista anarchica quadrimestrale “I giorni e le notti”

È uscito il numero 2 della rivista anarchica quadrimestrale “I giorni e le notti”.

INDICE:
Editoriale
Anarchia e comunismo
Note sul comunismo anarchico
Violenza liberatrice o intangibilità della vita?
La determinazione qualitativa del gruppo
Colmare la misura

Editoriale:

Se c’è qualcosa di cui si può fare una quotidiana verifica empirica è che il discredito in cui è caduta la violenza rivoluzionaria ‒ discredito ottenuto con le bastonate e con il recupero della parte riottosa della società, non certo con le chiacchiere filosofiche ‒ è condizione di una profonda corruzione morale. La società non è mai stata così violenta e insieme così stupida da quando si è ampiamente introiettato il pregiudizio democratico in base al quale «violento è chiunque non rispetti le regole del dialogo civile» ‒ cioè da quando la violenza di classe si è fatta a senso unico.
«Senza una tipologia qualitativa della violenza, è impossibile pensare una violenza che non sia riducibile all’usurpazione praticata quotidianamente dal capitalismo».
Senza distinguere tra poveri e ricchi, tra guerra e resistenza, tra violenza dell’oppresso e violenza dell’oppressore, tra violenza puntuale e violenza indiscriminata, non solo non si trasforma il mondo, ma non si riesce nemmeno più a giudicarlo. La violenza dilaga ‒ con buona pace delle ipocrite lezioni di educazione civica ‒, ma nelle peggiori direzioni. Anche soltanto per ribadire alcune verità linguistiche serve oggi una «grande opera di demolizione urgente».
L’attuale sfacelo dei territori e delle coscienze può forse dare le vertigini. Ma senza quel senso di vertigine non è più dato pensare né agire.

Costo per copia 3 euro più le spese di spedizione.
Per i distributori 2 euro dalle tre o più copie più le spese di spedizione.
Per scriverci e richiedere copie: i giorni e le notti c/o Circolo Anarchico “Nave dei folli” – Via Santa Maria 35 – 38068  – Rovereto (TN).

rivistaigiornielenotti@autistici.org

Francia: Un’utilitaria d’Engie incendiata a Parigi

SCRIPTA MANENT ? ACTA NON VERBA !

Davanti alla repressione che colpisce dei/lle compagn* anarchic* in Italia (Operazione Scripta Manent), davanti ai nostri nemici che sono lo Stato e il capitale, pensiamo ancora e sempre che la migliore solidarietà sia l’attacco. Loro pagano per dei gesti che appartengono a tutt* gli/le anarchic* del mondo. Vogliamo mandar loro un segno della nostra vicinanza con delle azioni. Non come altr* qui e altrove che si accontentano di un po’ di retorica sui loro siti internet.

La notte fra il 3 e il 4 ottobre in via Candale Prolongée a Pantin, abbiamo bruciato un’utilitaria d’Engie, azienda che collabora con lo Stato all’imprigionamento (gestione di prigioni e di centri di retenzione).

Fuoco alle prigioni!
La solidarietà è l’attacco!

Altr* anarchic* solidal* di Parigi

in francese, inglese, greco, portoghese

Trento, Italia : Le nostre parole e le nostre idee. Sul processo del 28 settembre a un compagno di Genova.

27.09.2016, Trento

Nel maggio del 2012 a Genova due compagni anarchici, armati di idee, coraggio e piombo, spararono all’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare. Nello stesso mese uscì un mio articolo sul giornale anarchico “Invece”, dove facevo emergere la vera veste del carabiniere Pierpaolo Sinconi. Poco tempo dopo l’azione a Genova e l’uscita del mio scritto, fui fermato a Trieste dai carabinieri e portato in caserma, dove subii delle pressioni per le mie idee.

Io ho sempre collegato i due fatti per il semplice fatto che se degli uomini sparano o qualcuno definisce come giusta la violenza contro i propri oppressori, questo spaventa chi vuole difendere questa società basata sul danaro e sulla sopraffazione. Quel mio scritto mi vale ora, in primo grado, un anno e tre mesi di carcere con l’accusa di “istigazione alla violenza”. Un altro compagno, ha mosso una dura critica ad un testo dissociativo riguardo al fatto del maggio 2012, appoggiando l’azione avvenuta a Genova in quel giorno di sole e sottolineandone il valore in seno alle lotte tra sfruttati e sfruttatori. Questo compagno subirà un processo simile al mio, ma con accuse più gravi. Altri compagni e compagne indagati per l’Operazione Shadow, altri a Palermo e a Udine, vengono indagati ed accusati di reati simili, riguardo a scritti sovversivi.

Recentemente nelle carceri greche vengono fatte pressioni pesanti a compagni e compagne che continuano a scrivere testi che fomentano la rivolta e propagandano le idee anarchiche e la giustezza dell’utilizzo della violenza rivoluzionaria. È evidente come, in giro per l’Europa, la tattica degli Stati sia di soffocare le idee sovversive a partire dalla loro divulgazione attraverso i testi. Essere solidali con certe pratiche, appoggiarle e condividerne la giustezza è reato. Questa storia va avanti da oltre centocinquanta anni: spaventa parlare di queste cose, lo Stato sa che la nostra piccola minoranza è pericolosa e non deve espandersi tra le linee degli sfruttati. È necessario invece fare il possibile per portare le nostre idee nelle strade, con le azioni e le parole.

In questi tempi grigi e confusi ecco che le nostre idee, che cercano di andare a fondo dei problemi sociali, quindi individuali, possono creare quell’apertura verso la Rivoluzione Sociale invece che verso la barbarie degli Stati tutti, occidentali o orientali che siano. Eppure il monopolio della violenza non appartiene a noi rivoluzionari, bensì agli Stati. Se noi come minoranza ci organizziamo, e se gli sfruttati si organizzano in modo simile, se un individuo si arma e spara ai carabinieri davanti al Parlamento mentre cerca di eliminare dei politici, ecco che tutto questo deve essere represso, infangato e distorto o, meglio ancora, dimenticato. Non bisogna parlarne.

Ma noi, noi anarchici, quando decidiamo di armarci, anche di parole feroci contro chi ci vuole sottomessi, siamo quelli che vogliono un mondo diverso, che le donne e gli uomini e i loro rapporti non si basino sulla violenza e sul sopruso, ma su reciprocità, solidarietà, rispetto e tante altre cose. Purtroppo la violenza è un aspetto importante del nostro essere, non siamo pacifisti, non porgiamo ramoscelli d’ulivo a chi ci fa violenza, sappiamo che chi ora ha tutto non lo mollerà dopo una chiacchierata. Per chi ci governa il tavolo del dialogo è lo zucchero della sottomissione. A questo tavolo non ci sediamo e invitiamo tutti a non farlo, perché il lordume che c’è sulla superficie si è infiltrato molto a fondo. Noi, invece, proclamiamo come legittima l’autodifesa per riprenderci quello che ci spetta ed anche di più. L’autodifesa è allo stesso tempo anche l’attacco, una delle migliori sfaccettature dell’essere anarchici in quanto imprevedibile e nascosta nelle nostre menti che cospirano ogni giorno.

Nei nostri circoli o occupazioni, durante i nostri presidi, cortei, comizi, concerti, nei volantini, libri, manifesti, facciamo questi ragionamenti cercando complici o semplicemente facendo questo lavoro di propaganda con l’intenzione di far tornare a casa anche una sola persona con dei ragionamenti diversi dal solito? Quanti sforzi in tal senso? Quanti di noi si sono avvicinati alle idee anarchiche tramite questi piccoli gesti? Penso che valga la pena parlare apertamente delle nostre idee, ecco tutto; c’è sempre più bisogno di essere chiari e di avere delle proposte di lotta che vadano sempre di più al nocciolo dei problemi sociali. Certo, a volte bisogna essere accorti, possiamo far intendere i nostri contenuti con dei giri di parole senza rischiare denunce che appesantiscono i nostri casellari. Ma a volte siamo testardi e, anche sapendo che stiamo rischiando, scegliamo di dir qualcosa. Lo scritto del compagno di Genova va proprio in questo senso. Il silenzio fa male dopo che la parola altrui ha svilito e offeso l’azione di qualcun altro, tra l’altro precisa nel suo obiettivo. Abbiamo delle idee e ce le teniamo ben strette. Posso capire che un fatto come la gambizzazione di Adinolfi possa creare disorientamento, in Italia lo scontro con lo Stato non è alto di questi tempi, ma mi chiedo… la Rivoluzione Sociale cosa sarà se non uno scontro duro contro le forze a noi nemiche? Per evitare di far danni, bisogna allora darsi i giusti strumenti per confrontarsi tra compagne e compagni, per affrontare il possibile arrivo della repressione, restando lucidi e sereni nella valutazione della giustezza di alcune cose che ci accadono attorno. A volte si può anche stare zitti. È proprio per il nostro amor proprio, delle nostre idee, di tutti e tutte quelli caduti per esse e per il mondo che abbiamo nel cuore, che disapproviamo certi modi di fare e che li combatteremo. Il lavoro che ci compete sarà lungo e faticoso per tenere alta la bandiera della libertà e dell’anarchia. Il mondo che abbiamo attorno ci provoca, ci stanca, ci ricatta continuamente, ma sono sicuro che stringendo i ranghi e spargendo le nostre idee riusciremo a portarle anche dove non immaginiamo.

Ecco che qui porto il mio saluto e sostegno a Carlo accusato a Genova del reato 414 cp.
A* compagni e compagne di Palermo, dell’operazione Shadow ed a tutte e tutti quell* sottoposti a inchieste mando i miei più caldi saluti fraterni.
Ai compagni e compagne arrestat* per l’operazione Scripta Manent va tutta la mia solidarietà.
Solo ribadendo i nostri principî possiamo sentirci retti nelle nostre azioni e idee.

Luca Dolce detto Stecco
Anarchico

Atene, Grecia: Gesto di solidarietà con i/le 6 compagn* arrestati recentemente in Italia e con Lukáš Borl in Repubblica Ceca

uroborus-544x352Come gesto di solidarietà con i/le compagn* arrestati ultimamente in Italia e in Repubblica Ceca abbiamo esposto uno striscione nel centro di Atene, che dice: “Attacco armato fino alla distruzione della civiltà del Potere e dei suoi esecutori; per tutt* i fratelli e le sorelle anarchic* prigionier*; per tutti i momenti rubati. Solidarietà & complicità con gli/le anarchic* recentemente arrestat* in Italia & Repubblica Ceca”.

Unione di individualità anarchiche Uroborus
[12 settembre 2016]

in inglese

[Italia]: Due antenne ripetitrici della Wind/Ericson bruciate in Valsavignone

Ma che caldo fa!

Il 13 settembre, in località Valsavignone, abbiamo bruciato due antenne ripetitrici della Wind/Ericson.

Una risposta minima alla RECENTE INCARCERAZIONE DEI/LLE NOSTRI/E COMPAGNI/E Anna, Vale, Alfredo, Nicola, Danilo, Daniele, Divo, Marco e Sandro.

Che ogni colpo inferto dal nemico sia un ritorno di fiamma inflitto al nemico: il suo volto è ovunque… beh, noi anche!

Che le nostre quotidianità, con o senza repressione, siano (anche) distruttive!

Che la solidarietà, una volta di più quando la repressione colpisce, sia (anche) attacco!!

Giuriam giuriam vendetta, o Libertà o morte!

Tolosa, Francia: Sabotaggio di veicoli

barbwire

Nel corso del fine settimana, le ruote di un veicolo eiffage, di un veicolo bouygues, di due veicoli orange e di un veicolo di sicurezza privata sono state bucate.

Queste imprese partecipano attivamente alla costruzione di prigioni, allo sfruttamento dei/lle prigionier* o aiutano gli sbirri.

Pensiamo ai compagni e alle compagne alle prese con l’operazione repressiva in corso in Italia.

Baci

dei/lle sabotatori/trici di veicoli

Xanthi, Grecia del Nord: Solidarietà con i/le compagn* sospettat* di far parte della FAI (Italia)

xanthi-544x265Abbiamo esposto uno striscione all’entrata principale del Politecnico nel centro di Xanthi, che dice: “Rispetto e solidarietà ai/lle compagn* arrestat* della FAI”. Il nostro pensiero va ai/lle compagn* arrestat* per gli attacchi della FAI in Italia e a tutt* i/le compagn* arrestat* ovunque.

in inglese

[Italia]: Appello della procura di Torino contro Silvia, Billy e Costa

La Procura di Torino, nelle vesti del procuratore Arnaldi Di Balme, non contenta della sentenza di improcedibilità per il “Ne bis in idem”, il non poter condannare per lo stesso reato, quindi non dover procedere per difetto di giurisdizione per Silvia, Billy e Costa, ritorna alla carica ricorrendo in appello con tutta la giurisprudenza del caso riportandoli verso un nuovo processo.

Ancora una volta il procuratore insiste sul fatto che una parte del tentativo di attacco alla multinazionale IBM da compiersi in Svizzera sarebbe stato pianificato in Italia con il relativo trasporto di materiali esplodenti. A dimostrazione del tutto ci sarebbe la partecipazione di Silvia, Billy e Costa alla Coalizione contro le nocività, esperienza di lotta che, negli anni della sua attività, ha creato un’attiva progettualità contro le biotecnologie e le nanotecnogie.

Di questi tentativi repressivi niente di che stupirsi, la giurisprudenza è costruita appositamente per reprimere contesti critici e di lotta verso questo sistema di sfruttamento.

Per noi resta invece ben chiara la necessità di disfarsi di questo sistema ecocida con i suoi bracci armati chiamati scienza e ricerca.

Per chi volesse approfondire rimandiamo alla lettura della pubblicazione “Solidarietà e complicità”, raccolta di testi intorno al tentativo di sabotaggio del centro IBM sulle nanotecnologie in Svizzera e sulla solidarietà espressa quando la repressione ha avuto la meglio.

www.silviabillycostaliberi.org

Firenze: Sabotaggio antinucleare – Si chiude il processo d’appello

Giovedì 31 giugno a Firenze si è concluso il processo d’Appello contro cinque compagne e compagni accusat* di un attacco dinamitardo contro un traliccio dell’alta tensione della famigerata linea La Spezia Acciaiolo in Toscana, azione contro i nuovi progetti di ripresa dell’energia nucleare in Italia.

Questo processo, che si trascinava da oltre dieci anni, partiva dalle inchieste “gruppi d’affinità” e “anticorpi” del 2006, quest’ultima includeva per altr* compagn* l’accusa di un attacco contro un’agenzia di lavoro interinale Adecco, reato nel mentre andato in prescrizione.
Il pubblico ministero si è limitato a chiedere il rinnovo di tutta l’istruttoria con l’utilizzo di nuovi periti e nuovi digos. La corte ha confermato invece la sentenza di assoluzione del primo grado per tutte/i, prendendosi novanta giorni per dare le motivazioni, scaduti i quali il pubblico ministero se vorrà potrà ancora allungare i tempi di questo processo ricorrendo in cassazione.

Prendiamo questa occasione per ringraziare tutte/i coloro che in questi anni ci sono state/i vicino sostenendoci con svariate iniziative che hanno permesso una continuità che desse forza e attenzione a temi, quello repressivo ne è solo una parte, come la lotta contro il nucleare in qualsiasi forma si presenti e contro tutte le nocività che ammorbano il pianeta e ogni essere vivente.

Alcuni nemici delle nocività

Brescia: Sabotaggio linea ferroviaria contro Beretta e il suo mondo

Nella notte tra il 17 e il 18 giugno, in occasione dell’inaugurazione dell’ennesimo evento da carrozzone mediatico/turistico “the floating pears”, abbiamo deciso di agire.

Colpire là dove più ci aggradava, dove la notte e il bosco erano nostri più cari alleati.

2 legnose barricate erette sulle rotaie della linea ferroviaria Brescia-Iseo-Edolo bloccavno i primi treni, un cavo d’acciaio teso tra le due portava uno striscione con scritto: “Beretta complice della guerra e del suo mondo: frontiere e deportazioni. Sabotiamo tutto!”

Beretta azienda produttrice ed esportatrice di armi e morte in tutto il mondo è protagonista nell’evento “artistico” essendo proprietaria dell’intera isola san Paolo non solo circondata dalla passerella galleggiante ma anche sede di un’intera mostra sulle armi.

Le guerre da sempre prima fonte di enormi profitti per la famiglia Beretta, sono anche il primo ingranaggio del sistema frontiere-deportazioni, causa di morti, schiavitù ed oppressione.

MORTE AI PADRONI DELLA GUERRA E AI LORO SERVI!
-SABOTIAMO TUTTO!-

Alcunx teppistx guastafeste

Italia: Campagna contro i veleni in tutta la Lombardia – Comunicato del Nucleo Danaus plexippus Fai/Fri

Ricevuto con l’immagine:

ATTACCO SENZA LIMITI

…Per il momento abbiamo utilizzato gli strumenti del nemico contro di esso.
Abbiamo alimentato la civiltà con il veleno che produce…

Cellula Nicola e Alfredo
F.A.I./F.R.I.

LE SCELTE DELL’ATTACCO

La sicurezza è un tema ricorrente all’interno dell’attuale società industrializzata che sicura non può sentirsi, in quanto distribuisce e riversa su sé stessa quotidianamente odio, violenza e veleni. Stabilendo di volta in volta i limiti di tollerabilità dei cancri che sviluppa al suo interno, cerca di abituare alla loro accettazione. Per cui le “polveri sottili” possono accumularsi entro una certa soglia, la tortura in carcere dovrebbe limitarsi alla sola negazione della lettura di ogni tipo di testo all’interno delle sezioni detentive più punitive, l’acqua è potabile solo se contiene una determinata quantità di metalli pesanti… Quello che è “sicuro” è dunque l’avvelenamento continuo cui siamo sottoposti, è solo il potere a fissare la dose giornaliera consigliata.
In questi giorni abbiamo deciso di sottolineare l’ingestibilità di questi limiti. Quelli che potrebbero incatenare l’azione anarchica, facendone una mera ripetizione macchinosa di slogan violenti e pratiche innocue, li abbiamo superati da tempo, assaporando di volta in volta la bellezza di scoprire e reinventare nuovi modi d’attacco. I limiti che affrontiamo oggi, sono invece quelli che stabiliscono la sicurezza d’un prodotto alimentare.
Se il consumatore medio si ritiene tutelato dai controlli che gli stessi fabbricanti di nocività applicano a loro stessi, noi con questa azione rendiamo palese l’inattuabilità di un meccanismo d’autocontrollo all’interno di settori, come quelli dell’alimentare, chimico, agricolo, ingegneristico (che sempre più si somigliano), in cui il profitto non è vero che viene prima della salute dei consumatori, ma avviene proprio sulla loro salute in un circolo veleno-antidoto-veleno senza fine.

Attualmente ogni alimento destinato ad uso umano è accompagnato da un limite massimo residuo di pesticidi che può contenere “a norma di legge”. Abbiamo deciso di aumentare la quantità di questi residui che si trovano normalmente sugli scaffali di tutti i supermercati, nascosti all’interno di prodotti che ci spacciano per sicuri.
A partire dall’inizio della settimana a cavallo tra maggio e giugno, mentre i più si preparano ad eleggere chi prenderà decisioni sulla loro vita, noi stiamo man mano sostituendo alcuni prodotti presenti all’interno dei supermercati con i “nostri” dai limiti massimi residui superiori. Per ora abbiamo sostituito solo il numero di prodotti visibili negli allegati fotografici. Prevediamo di terminare il nostro stoccaggio entro fine giugno, termine massimo di tempo che abbiamo posto alla nostra azione odierna. Ogni settimana aggiungeremo una siringa di veleno alla soluzione acqua/veleno che andremo a sostituire. Lo faremo perché manipoliamo unicamente delle sostanze che l’industria alimentare utilizza a suo piacimento, e partiamo con un quantitativo leggero di veleno non conoscendo, al contrario dei camici bianchi, gli effetti che può avere. Ci interessa quindi essere incisivi e non giocare con le parole. Questo è il nostro test iniziale. La sua continuazione e inasprimento dipendono da quanto interessi economici ed interessi “sociali” entrino in conflitto.
La nostra operazione toccherà tutta la regione Lombardia facendosi beffa di varie catene di distribuzione visitate, studiate e infine scelte appositamente per la miglior riuscita di questa campagna contro i veleni.
Quello a cui puntiamo è chiaramente il ritiro dal mercato dei prodotti che abbiamo utilizzato, nel periodo di tempo che abbiamo posto, ma ci teniamo a far si che le contraddizioni su cui poggia l’intera società in cui siamo immersi siano sbattute in faccia a tutti, anche a chi cerca di girarsi dall’altra parte. Poiché sappiamo che una mano di verde non basterà a ripulire un intero mondo ormai assuefatto alle proprie tossicità, perché accettare di essere avvelenati un po’ per volta equivale a morire ogni giorno.

Partiamo con una spiegazione tecnica della nostra operazione:
il veleno utilizzato è il Roundup della Monsanto, bottiglia di liquido concentrato per 560 mq. Il nostro kit: una siringa, un imbuto, una bottiglia d’acqua da 1,5 litri, pinzette, cacciavite, pennello a punta fine, colla. I prodotti avvelenati: biscotti di soia Misura, salsa di soia Suzi wan, salsa di soia Kikkoman, salsa di soia Save (nelle versioni “traditional” e “japan style”).
Cerchiamo giustamente di dare meno indizi possibili agli sbirri che indagheranno, per questo alcune delle foto allegate sono state ritoccate (non siamo fotografi di professione e abbiamo dovuto supplire a qualche carenza tecnica, nonché distrazione in fase di “posa”). I lotti e altri codici dei prodotti sono stati coperti o cancellati per evitare il ritiro mirato di determinate partite lasciandone altre in vendita.

Abbiamo cominciato aggiungendo una siringa di Roundup alla bottiglia d’acqua, ma come già detto è solo la soluzione di partenza. Siamo stati attenti ad evitare qualsiasi possibile intaccamento nell’aspetto delle confezioni dei prodotti, abbiamo trovato per ognuno il modo perfetto di violarne la falsa sicurezza alimentare. A tutte le salse abbiamo estratto una siringa di salsa ed aggiunto una di soluzione. Per i biscotti abbiamo iniettato una siringa di soluzione di Roundup nella busta ed agitato. Delle pinzette per sopracciglia ci hanno aiutato nell’apertura di entrambi i tipi di salsa Save. Ne abbiamo inserito un’estremità sul retro dell’apertura del tappo, da lì poi un cacciavite ci ha permesso di estrarre tappo e relativo sigillo intatti. Per richiudere abbiamo dovuto solo fare pressione sul tappo. Con le salse Kikkoman ci è bastato svitare il tappo assieme alla pellicola di plastica, togliere il tappino anti-sgocciolamento e rifare il tutto all’inverso dopo la sostituzione. Anche quello per la salsa Suziwan è stato un procedimento abbastanza semplice. Tirare con forza il tappo assieme ai sigilli e premere il tutto per riconfezionare è stato rapido e pulito. Con i biscotti Misura siamo partiti dal fondo della confezione aprendo leggermente il sigillo a caldo, giusto lo spazio necessario a far entrare il nostro ago, per poi rimpacchettare con pennello e colla.
Fatto questo i primi corrieri hanno rifornito i supermercati per questo test iniziale.

È stato sin troppo immediato scegliere i protagonisti della nostra azione. Vari settori tecnologici convogliano i propri interessi nell’industria alimentare, tanto da inglobarla. Le stesse aziende che investono sulla ricerca tecnologica, che puntano a sdoganare gli organismi geneticamente modificati (OGM) nel mondo, leader nel settore chimico dei fitofarmaci, si fanno proprietari, letteralmente, anche di semi e piante. I brevetti infatti rendono possibile il copyright su qualsiasi cosa.
La Monsanto riveste un ruolo chiave in questo campo. Nata agli inizi del Novecento, ha fatto subito breccia nel settore chimico durante la seconda guerra mondiale grazie alla diffusione del DDT, spruzzato su intere popolazioni e fatto passare per panacea, nascondendone la reale tossicità. Da allora ha iniziato un lungo percorso costellato di intrecci politici, forzature e coercizioni per mezzo delle quali è diventata una delle maggiori forze economiche mondiali, tanto da ricevere le attenzioni di un altro colosso come Bayer che ne sta trattando l’inglobamento proprio in questi giorni. L’impero Monsanto spazia dalla chimica all’agricoltura, passando per l’ingegneria genetica. Si è resa responsabile dello spargimento dell’Agente Arancio (diossina al 100%) in Vietnam, dell’insabbiamento dei dati tossicologici relativi ai suoi brevetti PCB, di svariate ricerche in campo nucleare, fino ad arrivare ai giorni nostri. Apripista nella corsa all’appropriazione di ogni diritto sull’esistente, si è subito interessata a far equiparare gli OGM alle normali coltivazioni. Grazie a questa “equivalenza in sostanza”, avvenuta negli anni novanta negli Stati Uniti ad opera di un suo futuro dirigente infiltrato negli organi di controllo, è riuscita ad evitare test ed ottenere autorizzazioni in relazione alle sue nuove creazioni. Dopo la commercializzazione di una vasta gamma di pesticidi, con l’utilizzo dell’ingegneria genetica è riuscita ad ottenere brevetti su numerose piante OGM resistenti ai suoi stessi pesticidi, o che addirittura sviluppano esse stesse il pesticida al loro interno. È qui, in questo passaggio di rendere artificiale ogni aspetto delle nostre vite, pensando che alla spregiudicatezza delle loro azioni si risponderà con vile rassegnazione, che il nostro cerchio si chiude. Il Roundup è il pesticida più diffuso al mondo. Il suo principio attivo è il glifosato, erbicida che ritroviamo ormai in gran parte delle falde acquifere. È messo in relazione dagli stessi detentori delle verità scientifiche con vari tipi di cancro, problemi renali, Parkinson ed Alzheimer. La Monsanto ottenne il brevetto per il Roundup nel 2002 a cui seguì l’immissione sul mercato di una serie di piante OGM ad esso resistenti. Tra queste la soia Roundup Ready (praticamente la tipologia più coltivata al mondo) ha reso schiavi di questa multinazionale migliaia di contadini costretti a pagare i diritti di concessione per poter seminare. La “rivoluzione verde”, come venne nominata la vasta operazione di diffusione degli OGM in tutto il mondo capeggiata dalla “umanitaria” Fondazione Rockefeller, ha reso così possibile, grazie ai finanziamenti destinati agli agricoltori in difficoltà, la dipendenza di quest’ultimi dai “padroni delle sementi”.
Se milioni sono i litri di questo pesticida che vengono irrorati sulle piantagioni di soia in tutto il mondo una siringa in più è una goccia nell’oceano.
Mentre l’Unione Europea continua a sospendere il giudizio sugli effetti cancerogeni del glifosato, noi ributtiamo sul piatto il problema.

AI COMPLICI, AGLI INSORTI

Eravamo stanchi di pensieri di libertà atrofizzati dal realismo politico dei teorici della rivoluzione non qui, non ora e di azioni monche perché prive di consequenzialità, efficacia e chiarezza comunicativa, per cui abbiamo deciso di dare una svolta alle nostre vite e progettualità con questo primo contributo alla lotta alle nocività della civilizzazione ed all’evolversi delle strategie economiche del dominio, in chiave eco-sostenibile. La nostra svolta è stata duplice:
La svolta è avvenuta con il tipo di azione che abbiamo scelto. Ad una forma ormai consolidata di attacco, sempre e comunque incisiva, abbiamo aggiunto un nuovo avvelenamento goccia a goccia delle merci del nemico. Uno stillicidio di veleni che combatte e mette in evidenza l’avvelenamento quotidiano e globale che la società iper-tecnologica, consumista, alienata ed alienante impone. La somministrazione omeopatica dei loro veleni mette in evidenza la realtà quotidiana di auto-avvelenamento a cui la civilizzazione industrializzata sottopone corpi e menti.
La svolta è stata anche la decisione di inserirsi nel mare magnum del dibattito che rimbalza da un lato all’altro del globo grazie alle azioni che dal lontano 2003 portano avanti vari e differenti individui e gruppi affini che aderiscono alla Federazione Anarchica Informale, ed al suo ulteriore allargamento nel Fronte Rivoluzionario Internazionale, continuando a fornire prospettive vive e stimolanti al binomio pensiero-azione che sta alla radice dell’anarchia. Il dialogo che si è instaurato attraverso azioni e rivendicazioni lo abbiamo letto negli anni: alterna contributi critici e di metodo fondamentali a slogan e raccolte di saluti, spesso con riduzioni semplicistiche dei problemi. Proveremo a sviscerare alcuni problemi e sciogliere certi nodi di fondo, per noi fonte di fruttuose discussioni.

– Il binomio tra legalità ed illegalità lo crea il dominio a seconda di quanto voglia alzare l’asticella della propria tolleranza, in base a pressioni e tensioni sociali ed alla propria valutazione del rischio (si vedano ad esempio l’evoluzione delle legislazioni cosiddette anti-terrorismo, della repressione di piazza, ecc.). Legalità e recupero vanno di pari passo, per cui siamo noi a privilegiare determinate pratiche, non in quanto illegali, ma in quanto più efficaci. Ci rendiamo semplicemente conto che, se dobbiamo affrontare in maniera incisiva e seria un problema, la soluzione sfocia con naturalezza nell’illegalità, visto che gli strumenti legali che ci vengono “offerti” (contro-informazione, sensibilizzazione sociale su di un problema, manifestazioni e proteste) non ci bastano e non ci interessano.
– Siamo insorti, insorgenti non insurrezionalisti. Stiamo insorgendo ogni giorno, lavorando di lima a spezzare le nostre proprie, individuali catene. Non abbiamo masse da educare, fomentare alla “insurrezione che verrà”. Non prepariamo nessun terreno cercando di “unire movimento specifico e popolo, guerriglia e prospettive insurrezionali”. Non cerchiamo ruoli di condottieri o avanguardia, presente o futura. Tanto i condottieri rivoluzionari di oggi, una volta che poggeranno il culo su di uno scanno, diventeranno i carnefici dei ribelli di domani. Per questo odiamo la politica, che con la mediazione incancrenisce il libero fluire dialettico tra pensiero ed azione. Non abbiamo tempo né desiderio di costruire un processo rivoluzionario a lungo termine. Non è il sol dell’avvenire che ci abbaglia ma il fulmine a ciel sereno dell’atto di rivolta scelto, meditato, progettato e soprattutto urgentemente necessario contro l’avanzare sempre più veloce della macchina del dominio.
– Aderiamo in continuità critica alla F.A.I., in critica perché non comprendiamo il rischio di trasformare una libera – nel tempo e nello spazio – rete in piattaforma. Proporre una “piattaforma informale dell’azione anarchica polimorfa” con strutture ed infrastrutture significa ingabbiare una bestia che per sua natura deve restare selvaggia. L’azione è multiforme, sfaccettata e cangiante come la vita, però la multiformità non può diventare un facile slogan che copra, come un banco di nebbia, le carenze dell’azione stessa. Ogni giorno siamo nelle strade, nelle librerie anarchiche, alle cene, ai concerti, negli squat, ma se dovessimo associare tutto questo al reale attacco al potere che sentiamo urgente e necessario staremmo mentendo a noi stessi. Questo significherebbe livellare l’anarchia elevando quello che è, o a questo punto dovrebbe essere, il “quotidiano” anarchico a fine ultimo.
– Non vogliamo supplire con “strutture” o peggio “infrastrutture” alle mancanze pratiche organizzative dei singoli, non è la mera unione a fare la forza, anzi le strutture sclerotizzano l’azione. Crediamo invece sia tuttora valida la vecchia ipotesi di una rete di compagni che, senza conoscersi, siano dialoganti attraverso le azioni, come propose il primo testo che lanciò la progettualità informale: crescita tecnico/teorico/pratica attraverso lo sviluppo delle azioni. “Conciliare organizzazione e dibattito teorico/pratico con l’anonimato di gruppi/singoli è possibile mediante un dialogo diffuso attraverso le azioni, che oltre ad apportare il loro specifico discorso distruttivo veicolano anche altri messaggi (attraverso modalità e mezzi utilizzati, obbiettivo comunicazione), indipendentemente dai danni materiali”.
– Spontaneismo non è sinonimo d’informalità e tantomeno informalità significa disorganizzazione o pressappochismo. Le azioni vengono spontaneamente progettate dall’idea di una o più menti insorte, si consolidano attraverso la critica e l’analisi per risolvere problemi tattici e logistici, per poi sbocciare come fiori velenosi nei campi della società assopita.
– lnformalità non significa incontro con “altri gruppi politici di affinità” per coordinare le lotte, ma l’informalità è l’antidoto alla delega politica. È il metodo che rende qualitativamente migliore i rapporti tra individui, evitando di intessere relazioni “politiche” ai fini di una crescita quantitativa. L’informalità è aperta ma non trasversale.
– Aderiamo in critica e continuità al Fronte Rivoluzionario Internazionale. In critica perché non siamo e non vogliamo diventare una “organizzazione armata” né sentiamo il bisogno di sottolinearlo in relazione al disarmo ed alle critiche riformiste dei più. Siamo invece fieri di essere parte di quel caotico fronte di compagni in guerra alla società, faccia a faccia col nemico, armi in pugno. Sempre tornando al testo da cui nacque la Federazione Anarchica Informale: “Inoltre chi fa parte della Federazione Anarchica Informale ne è militante a tutti gli effetti solo nel momento specifico dell’azione e della sua preparazione, non investe l’intera vita e progettualità dei compagni, ciò permette di mettere definitivamente in soffitta ogni specialismo lottarmatista”.
– Siamo individualisti non collettivisti. È un moto individuale alla base del nostro agire. Creiamo libere ed instabili associazioni di individui per rendere più incisiva l’azione. Le rivendicazioni di lotta collettive portano alla delega, germe della politica, ed al riformismo. Le organizzazioni stabili di sintesi cristallizzano il contenitore in luogo di potenziare i contenuti: forniscono un trampolino di lancio ai politici di professione, un’alternativa ed il paravento del numero (benché esiguo) agli ignavi.

Non sottovalutiamo l’importanza fondamentale della dialettica tra compagni, che siano dentro e fuori le carceri, per questo ringraziamo per gli stimoli offerti ai nostri cervelli ed alle nostre pratiche gli scritti dei compagni in carcere (Nikos Romanos, Alfredo Cospito, Nicola Gai, i compagni incarcerati delle CCF, …) e gli scritti rivendicativi dei compagni che aderiscono alla F.A.I. (CCF cellula di guerriglia urbana, Gruppo Kapibara, Comitato pirotecnico per un anno straordinario, …), che seppur differenti e spesso contraddittori ci hanno aiutato a sciogliere dubbi e spinto a concretizzare il nostro agire.

La grande scommessa di questi tempi è allo stesso tempo folle e necessaria.
Folle che manipoli sparsi di sognatori tentino di combattere il dominio, necessario che lo facciano.

Nucleo Danaus plexippus
FEDERAZIONE ANARCHICA INFORMALE
FRONTE RIVOLUZIONARIO INTERNAZIONALE

Prima settimana di giugno del 2016
Alla prossima

Torino: Da qui non ce ne andiamo!

da macerie

I dodici divieti di dimora arrivati il 25 maggio pesano non solo sulla testa dei compagni direttamente colpiti. Oramai è chiaro che quando la repressione riesce a togliere di mezzo così facilmente chi lotta, a essere minata alla base è la possibilità stessa di portar avanti alcune pratiche – ahinoi a volte persin piccole – indispensabili in qualsiasi percorso che voglia combattere i programmi di governanti e padroni.

Di fronte a questo scenario l’unica alternativa è quella tra stare zitti e subire, o puntare i piedi.

La nostra scelta è chiara: da qui non ce ne andiamo!
Vogliamo che i nostri compagni e amici rimangano qui a vivere e a LOTTARE!

Mercoledì 8 giugno alle ore 21 ci vediamo alla sede di Radio Blackout in via Cecchi 21/A per un’assemblea per lanciare le iniziative in solidarietà ai compagni banditi.

Sabato 18 giugno alle ore 16 in Piazza Castello ci troviamo per partire in corteo contro questi ennesimi dettami tribunalizi.

Qui un contributo andato in onda durante la trasmissione Bello come una prigione che brucia su Radio Blackout.

traduzioni del testo Puntare i piedi in francese & inglese