Category Archives: Carcere-Reclusione

Polonia: Appello alla solidarietà – Tre mesi di carcere per il blocco di un’espulsione

7-May-demo-in-solidarity-with-poet-Łukasz-Bukowski-544x408Ricevuto il 19 maggio via Rozbrat.org:

Il 27 aprile 2016 Lukasz Bukowski, membre della Federazione Anarchica di Poznan, in Polonia, è stato incarcerato per tre mesi, accusato e condannato per violazione dell’integrità fisica di un agente durante il blocco dell’esplusione di una donna disabile e di suo marito, Katrzyna and Ryszard Jencz, da un complesso di appartamenti a Poznan. Lukasz ha rifiutato di pagare la multa, che è stata trasformata in lavori socialmente utili e successivamente in pena detentiva. Si è presentato in una prigione a Poznan dove trascorrerà i prossimi tre mesi. Lukasz vuole attirare l’attenzione sui trasferimenti e le espulsioni brutali che avvengono ancora non solo a Poznan ma in tutta la Polonia. Si è rifiutato di pagare la multa perché crede che il suo gesto di difendere gli inquilini fosse giusto. Vuole attirare l’attenzione anche sull’iniquo e ingiusto trattamento nei confronti degli inquilini e sulla repressione che colpisce tutte le persone che difendono i loro diritti.

L’espulsione di Ryszard e Katarzyna (che è gravemente malata e si trova in carrozzina da anni) è avvenuta il 25 ottobre 2011. Nonostante le gravi condizioni di Katarzyna siano visibili, la corte che ha emesso l’avviso di espulsione non ha assegnato loro una casa popolare (obbligatorio per legge, ma la corte rifiuta spesso di farlo a causa della carenza di case popolari). Quindi la coppia era stata di fatto buttata in strada.

Un ampio spiegamento di forze di polizia è stato mobilizzato e si è presentato davanti l’edificio poche ore prima dell’espulsione, bloccando l’accesso al palazzo e all’appartamento. Una settantina di attivisti hanno cercato di bloccare l’espulsione. Si sono unite anche delle persone che abitano nel quartiere, ma alla fine Katarzyna Jencz è stata trasportata fuori dall’edificio in barella a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. Il notaio ha quindi pignorato l’appartamento.

Durante il blocco sono state fermate tre persone, compreso Lukasz. Afferma che le accuse cui deve fare fronte non sono giustificate e che la sua condanna è una forma di vendetta per la sua resistenza sociale. La polizia ha anche accusato altre due persone di aver tenuto un presidio non autorizzato, ma sono stati entrambi assolti.

Ogni anno le corti polacche emettono tra 30,000 e 40,000 avvisi di espulsione. I notai s’incaricano di circa 8,000 espulsioni; sono spesso accompagnati dalla polizia. Altre persone che hanno ricevuto l’avviso di espulsione lasciano semplicemente il loro appartamento prima dello sfratto. La principale causa deglli sfratti è il debito in aumento a causa degli affitti alti, delle bollette di luce e gas, basso reddito e forme di impiego precarie, così come l’assenza di servizi sociali. Spesso gli inquilini espulsi non ottengono il diritto a una casa popolare. Le autorità non riconoscono l’obbligo costituzionale a fornire una casa popolare alle persone nelle condizioni economiche peggiori, persone malate e disoccupate. Il caso di Katarzyna e Ryszard Jencz è uno dei più spaventosi, in quanto ha mostrato la spietatezza degli sfratti e dei trasferimenti da parte delle autorità cittadine che spesso rappresentano gli interessi di proprietari e imprenditori.

Come movimento riteniamo che Lukasz sia un prigioniero politico, un prigioniero di coscienza, che chiede rispetto per i diritti degli inquilini e chiede che le espulsioni abbiano fine. La sua incarcerazione segna l’inizio di un’altra campagna contro gli sfratti, i trasferimenti illegali e la violazione dei diritti degli inquilini. Insieme a Lukasz chiediamo la fine delle espulsioni e il cambiamento dell’ingiusta politica di alloggi popolari che provoca un gran numero di tragedie umane. Le vittime di questa politica sono spesso le persone più povere. Chiediamo alle autorità di Poznan di fermare i 250 sfratti dalle case popolari che hanno annunciato di effettuare fino a novembre e di garantire a ogni abitante di questa città un posto dove vivere. Mostrate una reale volontà di cambiare la politica dell’alloggio sociale!

Allo stesso tempo facciamo appello a tutte le persone che partecipano al movimento anarchico e per i diritti degli inquilini a dimostrare la loro solidarietà con Lukasz, tutti gli inquilini espulsi e le vittime della violenza della polizia.
Basta con la violazione dei diritti degli inquilini! Stop alla violenza della polizia! Stop agli sfratti!

Scrivete a  Łukasz (parla inglese):
Łukasz Bukowski s. Zbigniewa
Zakład Karny Gorzów Wielkopolski P-2
ul. Podmiejska 17
66-400 Gorzów Wlkp.
Polonia

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Varsavia, Polonia: Tre anarchici in preventiva accusati di tentato attacco esplosivo

3warsaw-544x381Nelle prime ore del 23 maggio 2016, tre anarchic* sono stati arrestati nei pressi di un parcheggio nel quartiere Włochy, a Varsavia, per, sembra, aver piazzato un ordigno esplosivo artigianale sotto l’automobile di un poliziotto, nel tentativo di attaccare il commissariato locale. I/Le tre compagn* – di 17, 31 e 35 anni – si sono rifiutat* di testimoniare e hanno negato tutte le accuse a loro carico. Almeno un* di loro è stato picchiat* durante il fermo.

Lo stesso giorno, la zona occupata di Radykalne Ogrody Działkowe (Giardini Radicali) ha subito un’incursione, è stata ispezionata e ripetutamente ‘visitata’ dagli sbirri che hanno controllato i documenti di tutte le persone presenti e hanno cercato di interrogare i giardinieri. (Il 2 giugno gli sbirri hanno di nuovo ‘visitato’ il ROD.)

Gli arresti hanno provocato la frenesia dei media. I/Le tre anarchic* sono stati descritt* come terrorist*, e fin dal principio sono state pubblicate le loro foto. Si trovano in carcere preventivo, dove resteranno per i tre mesi che li separano dal processo. Rischiano fino a 8 anni di carcere.

I tre squat di Varsavia – Syrena, Przychodnia e ROD – e diversi altri collettivi della comunità anarchica e di giustizia sociale polacchi (leggi qui le firme) hanno diffuso una lettera aperta in solidarietà con i/le tre arrestati – dichiarando, fra le altre cose, che tutto questo accade in un momento in cui le autorità polacche spingono per il varo di una nuova legge anti-terrorismo sostenuta dal partito PiS (Legge e Giustizia) al potere.

Un’altra dichiarazione è stata rilasciata da Łukasz Bukowski, anarchico imprigionato a Poznań, che incita i/le compagn* a essere solidal* con i tre arrestati.

I prigionieri hanno anche il sostegno del portale di contro-informazione Grecja w Ogniu.

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Il 1° giugno, nella città di Poznań è stato appeso uno striscione, accompagnato da queste parole:

A uno dei cavalcavia di Poznań’ abbiamo appeso uno striscione in solidarietà con i/le tre anarchic* incarcerat* a Varsavia.

La nostra solidarietà agli/lle arrestat*. Non siamo d’accordo né con la manipulazione dei media e della polizia, né con l’atteggiamento di parti del milieu, che nel caso di vera repressione isola e critica chi è in carcere, pur dichiarando in ogni corte LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA.

Sosterremo sempre chi viene colpito dalla violenza della polizia e chi ci si oppone fermamente!

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Svizzera: Marco Camenisch, aggiornamento “discesa” – Fine giugno 2016

Dopo il traferimento del novembre 2015 da Bostadel a Saxerriet (Salez) nella sezione “chiusa di transito”, il 10 dicembre 2015 ci fu una “riunione di trasferimento” con la direzione del carcere, i responsabili del DAP Zurigo e il mio legale, in cui furono deliberati e poi ordinati i seguenti “passi”, ora già realizzati:

– Gennaio 2016; trasferimento interno dal “transito” in una “sezione aperta”

– Febbraio 2016; 2 uscite ognuna di 5h accompagnate da personale dell’istituto

– Marzo 2016; 2 uscite ognuna di 5h accompagnate da una “figura di riferimento di propria scelta che si assume la responsabilità”

– Aprile 2016; 2 uscite, 1 di 5h e una di 12h accompagnate da una “figura di riferimento di propria scelta che si assume la responsabilità”

– Maggio 2016; 2 uscite ognuna di 12h accompagnate da una “figura di riferimento di propria scelta che si assume la responsabilità”

– 18 maggio; altra “riunione di coordinamento esecutivo”

In questa riunione fu decisa (con ordine scritto a metà giugno) la concessione di un’uscita di 12h sia per giugno sia per luglio + un permesso di fine settimana di 24h in giugno e uno di 36h in luglio, nonché un permesso di 24h e uno di 36h nel mese di agosto; dopo di che, dopo un’altra “riunione di coordinamento esecutivo” prevista agli inizi di agosto, sarebbe previsto che nel settembre 2016 (circa tre mesi prima del “previsto”…) potrei iniziare un “lavoro esterno” per sei mesi (lavoro fuori, sere/notti dentro, i fine settimana fuori). Il contratto di lavoro richiesto (min. 50%) e un posto in un carceretto nell’area di Zurigo dovrebbero, di quanto ne so, già essere certi.

In seguito potrebbero aggiungersi alcuni mesi di lavoro e di soggiorno (in una casa propria) esterno e, al più tardi agli inizi del 2018, la liberazione condizionale.

Le mie capacità di mantenimento delle relazioni politiche/personali (anzitutto per il lavoro di scrittura) già negli ultimi anni sono state fortamente ridotte anzitutto con i continui traferimenti e le conseguenti riorganizzazioni, anche da zero, di questo lavoro. E ora, in questo lungo passaggio “tra dentro e fuori”, suddette capacità sono ancora più ridotte (e spesso al lumicino…) oppure assorbite in altro modo nella tanto intrigante quanto impervia riorganizzazione, ex-novo, di un resto di esistenza solidale fuori dalle mura in questa società-galera. Sono sforzi che tuttx lx solidali direttamente impegnatx come anche io stesso dobbiamo affrontare con “spazi” a volte anche più ridotti e certamente più incerti che non con il “carcerce-carcere”.

Non si tratta, perciò, in nessun modo di indifferenza e di desolidarizzazione personale e/o politica se ora non sono e in futuro non sarò più in grado di mantenere quel sacco di corrispondenza e lavoro di scrittura come fino a poco tempo fa.

Tuttavia, per gli spazi già un tantino più “liberi”, già con l’imminente periodo di lavoro esterno la situazione potrebbe iniziare a essere più propizia a suddetta riorganizzazione e perciò anche a quella delle comunicazioni.

Con l’ennesimo imminente cambio di indirizzo comunicherò anche l’inizio del suddetto periodo.

Sempre resistendo, sempre contribuendo, sempre solidale,

marco camenisch, 26.06.2016, galera Saxerriet, Salez, CH

+ tedesco

Atene: Blitz della polizia allo squat Kleous 96 a Exarchia – 3 arresti – casa rioccupata

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“Giù le mani dallo squat Kleous 96 – Rilascio immediato dei/lle 3 arrestat*”; striscione in viale Alexandras durante il presidio fuori dal GADA (sede centrale della polizia di Atene) in solidarietà con i/le 3 occupant*

Un edificio privato situato al 96 di via Themistokleous nel quartiere di Exarchia è stato occupato qualche giorno fa.

Il 14 giugno 2016 la polizia ha effettuato un’incursione nel nuovo squat Kleous 96. Tre occupanti sono stat* arrestat* e portat* nella sede centrale della polizia di Atene.

Più tardi nella giornata lo squat è stato rioccupato.

Kleous96-544x543Dichiarazione dello squat KLEOUS 96

via Themistokleous 96, Exarchia | Email: Kleous96@riseup.net

Siamo un gruppo di persone di tutto il mondo con origini e percorsi diversi. Alcuni di noi hanno i documenti, altri no. Ma siamo uniti dalle convinzioni e il desiderio comune di costruire un collettivo basato sul principio di assemblee auto-organizzate e l’autogestione, con lo scopo a lungo termine di ampliare questo sistema di vita e fare parte di un movimento globale che rovescerà questo sistema barbaro e distruttivo. Un sistema che crea confini razzisti per difendere risorse e ricchezze accumulate tramite sciacallaggio e propaganda di guerra.

Abbiamo scelto di occupare un edificio vuoto nel quartiere di Exarchia ad Atene, inoccupato da alcuni anni e che ha bisogno di ristrutturazioni. Insieme abbiamo l’intenzione di riportare questo vecchio edificio alla vita e non solo di viverci ma di aprirlo alla comunità e farne uno spazio sicuro in cui stati nazionali, frontiere e documenti non vengano riconosciuti, e il self-empowerment e l’autosviluppo possano essere raggiunti attraverso l’educazione e la creatività.

Crediamo che la proprietà privata in generale e in particolare il possesso di terreni ed edifici siano un concetto assurdo, specialmente in un momento in cui l’estrema povertà, le misure di austerità, le guerre e le frontiere chiuse colpiscono così tante vite in tutto il mondo e gli esseri umani vengono fatti vivere in condizioni inaccettabili. Scegliamo semplicemente di ignorare le regole e le norme di cui non beneficia la maggior parte della popolazione del pianeta.

Inoltre crediamo che serva uno spazio per il dialogo politico, la pianificazione dell’azione politca e la cooperazione fra i diversi gruppi. Attivisti di tutto il mondo vengono a Exarchia e sono ispirati dalla struttura auto-organizzata e i forti legami di solidarietà, soprattutto quando si tratta di difendere il quartiere contro le aggressioni della polizia. Vogliamo far parte di questa comunità, imparare e acquisire capacità per tornare nei nostri rispettivi paesi di origine e diffondere questo sistema di vita e di organizzazione comunitaria. E vogliamo anche unirci e rafforzare questa comunità ed essere determinanti per spingere ed espandere i limiti di Exarchia.

Anche se ci siamo riuniti grazie agli sforzi reciproci durante l’attuale crisi dei/lle rifugiat* crediamo fortemente che la vera crisi sia il sistema stesso. Quindi non collaboreremo né ci associeremo con nessun partito politico, agenzie governative, OIG od ONG. Siamo qui in Grecia perché crediamo che la maggiore necessità e il momento della mobilitazione di tutti i popoli oppressi siano qui e adesso.

In generale vogliamo lavorare per raggiungere i seguenti obiettivi:
Niente frontiere razziste
Niente nazioni
Liberazione delle donne
Abolizione della proprietà privata ossia possesso dei mezzi di produzione, del capitale, della terra e ridistribuzione delle risorse disponibili.
Giustizia piuttosto che uguaglianza.

Mentre sul posto ci aspettiamo che tutt*, che facciano parte del gruppo o che siano semplicemente dei sostenitori, rispettino le seguenti regole:
Niente droghe
Niente alcool
Niente linguaggio o gesti razzisti, sessisti, omofobi, transfobici o validisti.
La violenza fisica o parole offensive non saranno tollerate.
Niente media né fotografi.

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Prigioni spagnole: Che lo Stato non chiuda le sue grinfie sux ribelli. Su Gabriel Pombo da Silva.

Dopo più di 30 anni trascorsi nelle celle degli stati spagnoli e tedeschi, finalmente sembra si possa vedere una luce alla fine del tunnel per il compagno Gabriel Pombo da Silva.

Estradato dalla Germania secondo un ordine di detenzione europea emessa dal tribunale di Albacete per una condanna di 3 anni e 7 mesi, tramite l’applicazione delle retenzioni ordinarie, ecco che termina di scontare questa condanna. Il 17 maggio, lo stesso tribunale di Albacete ha stabilito un ordine di messa in libertà immediata e nei giorni successivi alcunx compagnx sono andatx fino al carcere per accoglierlo all’uscita. Invano, dato che è ancora ingabbiato.

La direzione del carcere dove si trova (C.P. La Moraleja, Dueñas, provincia di Palencia), e diverse altre istanze giudiziarie, tra le altre quella del tribunale di Girona, hanno inoltrato rapidamente vari procedimenti dubbiosi per impedire la sua liberazione. Questi hanno come obiettivo quello di prolungare la sua detenzione a tempo indeterminato nonostante ci siano vari ricorsi giuridici in corso.
Che lo stato, che fa la legge come gli conviene, sia il primo a calpestarla, è un classico di tutte le epoche, dicano ciò che vogliono i difensori della democrazia. Allo stesso modo non c’è nulla di sorprendente nel fatto che i loro sbirri siano disposti a usare ogni mezzo per schiacciare chi si rifiuta di piegarsi di fronte a loro.

In Spagna, come in altre parti, l’indurimento delle leggi e dei codici penali, le ondate repressive contro x “sovversivx”, la minaccia “terrorista” utilizzata freneticamente sono destinati a far sì che tutto il mondo righi dritto e a fare accettare, costi quel che costi, un sistema basato sullo sfruttamento e il dominio. Mettere e mantenere in galera coloro che, come Gabriel, continuano contro vento e marea a esprimere il proprio rifiuto dell’autorità e dell’oppressione, è a sua volta un modo per sequestrarlx e un chiaro segno diretto a chi, in un modo o nell’altro, si avventa contro quest’ordine sociale.
A intervalli regolari si sollevano voci dalla galera per denunciare le condizioni carcerarie e quanto siano di fatto perpetue, gli introiti dex aguzzinx e, a volte, anche la detenzione di per sé.
Se hanno contribuito a metter fine momentaneamente alle lotte collettive al suo interno, la repressione e le ristrutturazioni carcerarie non ce l’hanno fatta ad annientare tutta la rivolta… e in qualche occasione la rivolta ha incontrato echi al di fuori di quelle mura. È tale diffusione che rompe l’atomizzazione quella di cui hanno paura i potenti, ed è anche contro di essa che lo stato e i suoi cani da guardia portano avanti una guerra sporca basata su pressioni fisiche e psicologiche, oltre che sulle abituali manovre giudiziarie e penitenziarie.

La situazione del compagno anarchico Gabriel Pombo da Silva dimostra chiaramente che a tutt’oggi si trova nel mirino delle istituzioni che vogliono seppellirlo nelle loro celle per ciò che è, per quello che pensa e per ciò che continua a esprimere.
Un modo per rispondere a questa guerra portata avanti contro x non-sottomessx è la solidarietà.Che ognunx la esprima nella forma che considera adeguata.

Libertà per tutte e tutti. Liberazione immediata per Gabriel Pombo da Silva!

Anarchici senza frontiere, 25 maggio 2016

Montreuil, Francia: Attacco a un architetto della dominazione, in solidarietà a Mónica e Francisco

prison-imageNella notte tra l’8 e il 9 marzo 2016, con l’aiuto di cassonetti della spazzatura e di prodotti infiammabili, abbiamo dato fuoco alla facciata dello studio di architetti Archi 5 in rue Voltaire nel centro di Montreuil-sous-Bois.

Sul suo sito Archi 5 si vanta di aver realizzato, o di essere in procinto di farlo, oltre a delle costruzioni banali, la lista dei seguenti progetti macabri:

i centri penitenziari di Bourg en Bresse, Draguignan, Mont de Marsan, Rennes, le prigioni di Condé-sur-Sarthe e Vendin le Veil, il Polo della Polizia giudiziaria di Cergy-Pontoise, il commissariato di Clichy-sous-Bois, il Tribunale civile di Chartres, il centro di detenzione della Polinesia francese a Tahiti.

Dedichiamo quest’azione a tutte le persone che si battono per la libertà e contro ogni autorità, in particolare al/lla compagn* anarchic* Monica Caballero e Francisco Solar che sono tra le grinfie dello Stato spagnolo e che pur rischiando delle pesanti pene di prigione non rinnegano neanche una parola di quello che pensano né di quello che sono.

Fuoco alle prigioni.

Fuoco a chi le costruisce.

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Rennes, Francia: Blocco contro l’aeroporto e il suo mondo, la sua linea ad alta velocità e la sua prigione

jailVenerdì 22 gennaio all’alba, alcune persone hanno deciso di bloccare la strada che attraversa il cantiere della nuova stazione Eurorennes e passa davanti all’entrata principale della prigione femminile.

È stata sparsa della spazzatura, versato dell’olio e il testo che segue è stato incollato sulle mura del carcere e la staccionata del cantiere.

Stamattina blocchiamo questa strada con l’aiuto di un po’ di bidoni della spazzatura rovesciati e di olio versato…

Perché, incastrata tra il cantiere megalomane del quartiere affaristico che è Euro-Rennes, la sua futura TAV e la più grande prigione femminile europea, rappresenta da sola la «città di domani» che viene sognata negli uffici di Rennes Métropole.

Perché non abbiamo gli stessi sogni.
Perché qualche minuto di ingorgo rimangono ridicoli in confronto alle ore, i mesi e gli anni passati nelle gabbie. Che quei pochi minuti possano permettere di sollevare la testa dal proprio quotidiano e rendersene conto.

Perché troviamo divertente immaginare un secondino che non riesce a tornare a casa dopo aver passato la notte a rinchiudere persone, come un dirigente dinamico che perde 120€ di TGV per andare alla riunione aziendale a Parigi.

Perché dall’altro lato della strada, Euro-Rennes butta fuori i poveri per costruire alberghi, uffici, cinema alternativi, loft e bar alla moda.

Perché le immagini create al computer che fioriscono sui pannelli giganti del quartiere danno un’idea precisa della popolazione corteggiata: giovani in completo e cravatta, bianchi, ricchi, che camminano a buon passo sui piazzali lisci.

Perché vogliono che tutta la città somigli a questo, e che ci fa vomitare.

Stamattina blocchiamo la strada.

Perché a pochi chilometri da qui, a Notre Dame des Landes, lo Stato e Vinci vogliono costruire un aeroporto.
Perché hanno deciso di espellere chi vi si oppone oggi come contanto espellere domani, coi loro aerei, chi non ha i documenti giusti.

Perché lo Stato impone ovunque i suoi progetti a colpi di soldi, a colpi di polizia e di propaganda mediatica schiacciando al passaggio come sempre i più poveri e gli indesiderabili.
Perché con lo stato d’urgenza si dota degli strumenti per sfogarsi un po’ più ancora.

Perché in questo momento un sacco di persone si mobilitano contro l’aeroporto e il suo mondo, moltiplicano le azioni, e vogliamo contribuire. Perché è possibile lottare, ovunque e direttamente, in modi diversi, in pochi o in tanti, contro le strutture istituzionali e le società che ci rovinano la vita.

Perché il mondo che costruiscono non è il nostro mondo, e non intendiamo lasciarli fare.

Perché siamo incompatibili, perché i nostri desideri fanno disordine e perché non molleremo!

Perché preferiamo mille volte un quartiere vivo in cui ci si incontra, ci si aiuta e si discute fra vicini in un terreno abbandonato durante una grigliata a una sfilata di trolley che trainano i loro completi sull’asfalto videosorvegliato.

Perché preferiamo mille volte degli spazi in cui si sperimentano modi di vivere, di abitare, di nutrirsi, di lottare e relazionarsi diversamente alla prospettiva di torri di controllo e di vasti hangar eco-labellizzati e i loro portici vigipirate.

Contro l’aeroporto e il suo mondo, la sua TAV e la sua prigione.

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Bruxelles: Appello a solidarietà con i/le 4 accusat* della distruzione del plastico della maxi-prigione

maxi-modelNella sua folle corsa ai profitti, il capitalismo getta sempre più gente nella precarietà e rende il nostro ambiente sempre più invivibile. Di fronte alla miseria seminata a destra e a manca e alla collera che ribolle, lo Stato investe nel mantenimento dell’ordine e costruisce nuove prigioni.
All’ora in cui il popolo è costretto a stringere la cinghia, il governo riesce a trovare i miliardi per stringerla ancora di più costruendo prigioni high-tech dove sperimenta nuove forme di tortura (privazioni sensoriali e di contatto umano).
Per la classe dominante il vantaggio è doppio: i contratti di costruzione gli assicurano benefici succulenti e l’apparato securitario ultra-sviluppato gli permette di mantenere i propri privilegi e far durare questo sistemo oppressivo e distruttore.

Il Masterplan del governo federale prevede la costruzione di 7 nuove prigioni in Belgio. Una di queste, la maxi-prigione, da qualche anno cristallizza tutte le opposizioni. Il governo prevede di costruire quel mastodonte carcerario sul terreno di Keelbeek, a Haren, nella periferia nord di Bruxelles.

Il progetto di maxi-prigione in qualche cifra:
# una capacità di 1200 detenut* (uomini, donne, minorenni e persone psichiatrizzate)
# 19 ettari di terreni agricoli e di natura cementificati
# un partenariato pubblico-privato di 25 anni che costerà allo Stato più di 3 miliardi di euro. Cioè un costo quotidiano di 275 euro minimo per detenut*. Più di 275 euro al giorno dedicati a spezzare un essere umano!
# un luogo lontano dal cuore di Bruxelles, difficilmente accessibile per le famiglie dei/lle detenuti

Dall’annuncio della costruzione della maxi-prigione, le reazioni sono numerose. A Haren, il comitato di quartiere informa gli/le abitanti e si mobilita contro il progetto. Nelle strade di Bruxelles, la maxi-prigione riaccende la rabbia anti-carceraria e dei gruppi ben ispirati si sforzano di porre fine al progetto con una serie di azioni dirette. Ad Anderlecht è stato aperto un locale di lotta contro la maxi-prigione per informarsi, discutere e organizzarsi.

Durante l’estate 2014, il terreno di Keelbeek è stato occupato per impedire che il progetto avanzasse. Così è nata la ZAD (Zone à Défendre) di Haren. Tra le capanne sugli alberi e l’orto, gli/le oppositori/trici vi sperimentano un modo di vita diverso, solidale e auto-gestito. L’occupazione de terreno ha avuto fine nel settembre 2015 in seguito all’espulsione energica degli/lle occupanti eseguita dalla polizia di Bruxelles. Ma ancora oggi, un pugno di irriducibili occupano un terreno vicino a quello di Keelbeek e diverse case abbandonate di Haren.

Quest’agitazione popolare in aumento ostacola i progetti del governo che sguinzaglia la sua muta di cani da guardia per cercare di soffocare la contestazione. Divers* compagn* di lotta subiscono  perquisizioni, pedinamenti, intercettazioni, intimidazioni e tentativi d’infiltrazioni. Ma di fronte alla determinazione e la solidarietà, la repressione si dimostra impotente.

Il 20 maggio 2015 si svolse l’udienza pubblica della commissione di concertazione relativa al progetto di maxi-prigione a Haren. L’opinione della commissione non è nemmeno vincolante, quindi questa farsa di consultazione popolare non inganna nessuno. Lo stesso giorno una quindicina di persone decidono quindi di esprimere la loro opposizione al progetto fuori dal percorso tracciato dal potere e manifestano all’interno dell’Agenzia dell’edilizia. Durante l’azione viene distrutto il plastico della maxi-prigione esposto nella hall d’entrata.

L’Agenzia dell’edilizia, istituzione corrotta fino al collo, è incaricata della gestione del patrimonio immobiliare dello Stato belga e del coordinamento della costruzione delle nuove prigioni. Senza attendere i permessi, l’Agenzia dell’edilizia ha cercato più volte di dare il via ai lavori sul terreno di Keelbeek. Ma ogni volta le macchine di cantiere sono state respinte dagli/lle oppositori/trici.
Mentre il progetto è minacciato da ogni parte, il potere coglie quest’occasione per cercare di indebolire la resistenza e oggi siamo in quattro a ritrovarci sul banco degli/lle accusat* per “distruzione organizzata di beni mobili”. Si tratta del primo processo per un’azione contro la maxi-prigione. Dopo un rinvio, la prima udienza è fissata per il 22 gennaio 2016 al Palazzo di giustizia di Bruxelles.
Per questo tipo d’azione, le pene previste vanno da 1 a 5 anni di carcere e l’Agenzia dell’edilizia pubblica reclama 40.000 euro di danni e interessi.

Lungi dal paralizzarci, questo processo è un’opportunità di riaffermare la nostra posizione anti-autoritaria contro ogni forma di potere, che sia politico, mediatico o giudiziario. Fanno parte del problema, non della soluzione.
E con la vostra complicità, questo processo sarà un’occasione supplementare di buttare qualche sanpietrino nella palude carcerale e mettere qualche bastone nelle ruote.

Continuiamo la lotta contro le prigioni e il mondo che proteggono!

E per affrontare le spese processuali, facciamo appello anche alla vostra solidarietà economica.
Se trovate qualche monetina frugandovi le tasche o facendo girare una cassa di solidarietà durante le vostre riunioni militanti, grazie di farle arrivare da queste parti: BE66 5230 4745 8943 (numero di conto bancario a nome del «sostegno processo plastico»).

Mattone dopo mattone
Muro dopo muro
Distruggiamo tutte le prigioni!

I/Le 4 accusat*

in inglese

Prigioni statunitensi: Dichiarazione di Marius Mason per la giornata d’azione e di solidarietà con i/le prigionier* trans il 22 gennaio 2016

marius

Buon anno, famiglia e amic*! Un enorme grazie per il sostegno e l’attenzione ricevuti tutto l’anno, da parte sia di amic* di lunga data sia di nuov* corrispondent*. Sono riconoscente e commosso dall’incoraggiamento e le risorse che mi vengono inviati da persone che fanno già tanto per aumentare le nostre chance collettive di sopravvivenza. I notiziari [negli Stati Uniti] sono pieni di storie sulle persone che hanno vinto il grande «montepremi in denaro» accumulato dalla Lotteria americana – ma la «vincita» più importante non ha niente a che vedere con i soldi. Scommetto sul fatto che il movimento guadagnerà parecchio quest’anno: ottenendo più potere per la propria comunità e difendendosi di fronte alla brutalità poliziesca e contro le diseguaglianze razziali, conquistando più vittorie ancora per gli animali e in difesa delle specie selvagge, creando dei rapporti sociali basati sul rispetto, la dignità e la compassione per tutt*… indipendentemente dalla loro razza, dal loro orientamento, fede o apparenza di genere.

Vi ringrazio di riunirvi oggi per sostenere quei membri della nostra comunità che lottano così duramente dietro le mura per mantenere intatte le loro coscienze. La nostra autonomia su noi stess*, sui nostri corpi è essenziale perché sia possibile qualsiasi altro tipo di libertà. Tendendo la mano ai/lle prigionier* trans, affermate il loro diritto a definirsi da sé e per sé – e l* difendete dalle voci opprimenti che fingono che non esistono, che dovrebbero lasciare che gli altri l* definiscano. Nell’ambiente d’isolamento della prigione è qualcosa di tossico e intimidante, ed è la forma più crudele di tortura psicologica. Offrendo il vostro aiuto e la vostra solidarietà potreste davvero salvare una vita. Lo so perché nell’ultimo anno e mezzo mi sono battuto per affermarmi in quanto uomo trans, mi sono battuto per ottenere il sollievo di un aiuto medico appropriato alla mia disforia di genere – ed è stato il pensiero tenero e affettuoso della famiglia allargata delle persone che mi sostengono a darmi la forza e il coraggio di continuare. Per favore, unitevi a me per offrire questo aiuto a tante personne che ne hanno bisogno per andare avanti. Non sottovalutate mai il potere salvifico di una lettera, quelle lettere mi hanno permesso di andare avanti… e voglio trasmettere questo regalo, se accettate di aiutarmi.

Vi ringrazio ancora di riunirvi oggi, di unirvi a chi, dentro, ha davvero bisogno di voi, bisogno di voi perché l* vediate come sono veramente, e che lottano per essere vist* in questo modo. Finché le prigioni non spariranno, abbiamo bisogno di lavorare duro per sostenere quell* di noi che sono all’interno – soprattutto chi non è sempre così visibile agli occhi del mondo. Insieme siamo sempre più forti.

Marius Mason

Gennaio 2016

in francese, portoghese, inglese

Québec, Canada : Fuochi d’artificio di Capodanno alla prigione femminile di Joliette

joliette-768x432La sera del 31 dicembre ci siamo recati alla prigione federale femminile di Joliette (l’unica prigione per donne che scontano pene oltre i due anni nel cosiddetto Québec), nela regione di Lanaudière. Avevamo due striscioni con scritto: L'(A)MORE PER LA LIBERTÀ CI RENDE NEMIC* DELL’AUTORITÀ e LA LIBERTÀ È LA NOSTRA ARMA ASSOLUTA. Abbiamo lanciato qualche fuoco d’artificio, siamo riusciti a comunicare con le ragazze detenute e a cantare la nostra solidarietà. Parecchie di loro sono uscite sulle porte delle loro unità (delle casette nel cortile della prigione), o si sono affacciate alle finestre. È stata una première in questa prigione.

Solidarietà con tutt* i/le prigionier* in lotta

Finché non saremo tutt* liber*

DISTRUGGIAMO TUTTE LE PRIGIONI E QUESTO MONDO CHE NE HA BISOGNO

in francese, inglese

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L’amore per la libertà ci rende nemici dell’autorità

Parigi: Capodanno solidale con i/le rinchius*

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Il centro di detenzione di Vincennes in fiamme durante la rivolta del 2008

31 dicembre 2015

Dei fuochi d’artificio e grida di libertà sono stati lanciati la sera di capodanno oltre le mura del centro di detenzione di Vincennes, dell’istituto di pena di Fresnes e di quello femminile di Fleury-Mérogis.

Dei/lle prigionier* hanno risposto con entusiasmo in un gioioso caos dall’interno.

Il giorno dopo, piccolo presidio e fuochi d’artificio davanti all’ospedale psichiatrico in via del generale Lassalle (parigi 19° arrondissement).

Forza coraggio e determinazione

Libertà per tutt*, con o senza documenti

in inglese

Marsiglia, Francia: Capodanno, mezzanotte davanti alle Baumettes

freeallprisoners-768x470Petardi, fuochi d’artificio e solidarietà per i/le prigionier*…

Per questa serata di Capodanno eravamo una trentina a mezzanotte davanti alla prigione delle Baumettes per lanciare petardi, fuochi d’artificio e gridare la nostra solidarietà nei confronti delle persone incarcerate.

Abbiamo chiaramente sentito le ragazze della MAF (Maison d’arrêt pour femmes / Istituto di pena femminile) come anche gli uomini degli edifici che danno sull’esterno.

Libertà per tutt*!

Distruggiamo tutte le prigioni e quest’orribile sistema che le produce!

in inglese

Tolosa, Francia: Fuochi d’artificio solidali per il nuovo anno

prison-1Nella notte di Capodanno dei fuochi d’artificio sono esplosi davanti al centro di detenzione amministrativa di Cornebarrieu, come anche davanti alla prigione di Seysse, in solidarietà con i/le prigionier*.

(autoironia on)
Nel corso di una notte incandescente, degli ordigni pirotecnici sono decollati per aprire una breccia nell’esistente e schiarire per un breve istante il triste cielo degli invisibili.
(autoironia off)

Fuoco a tutte le prigioni.

Morte allo stato.

in inglese

Prigione di Koridallos: Un testo del membro della CCF Panagiotis Argirou all’avvicinarsi della fine del processo Progetto Fenice

phoenixA TUTT* I/LE COMPAGN* I CUI GESTI MI HANNO OFFERTO DEI MOMENTI DI LIBERTÀ

“Solo nei momenti in cui la nostra tensione verso la libertà si incontra con la pratica riusciamo davvero a vivere l’anarchia, qui e ora. Sfortunatamente il sogno che portiamo nei nostri cuori è troppo grande per evitare il rischio di ritrovarci davanti al mostruoso muro dell’autorità eretto in difesa dello stato e del capitale. Quando mettiamo davvero in gioco la nostra vita, ci ritroviamo inevitabilmente ad affrontare la durezza intrinseca alla lotta: morte e prigione.”
Nicola Gai, compagno anarchico prigioniero in Italia, che si è assunto la responsabilità per la partecipazione all’attacco rivendicato dalla Cellula Olga della FAI-FRI (l’uccisione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare)

Poco prima della fine del processo del 4° caso consecutivo contro la Cospirazione delle Cellule di Fuoco, e contro di me in quanto anarchico che si è assunto la responsabilità di aver partecipato alla CCF, vorrei dire alcune cose non alla corte, ma piuttosto a tutt* i/le compagn* le cui azioni hanno dato impulso e sostanza al Progetto Fenice.

Per ovvie ragioni, tutti i membri incarcerati della CCF hanno reso onore ai compagni della Cellula Sole-Baleno (una cellula di collaborazione tra la Cospirazione delle Cellule di Fuoco e le Bande della Coscienza), un gesto che all’inizio ci è costato un’accusa per istigazione [in greco, istigazione morale] a 4 gesti del Progetto Fenice: attacco esplosivo al veicolo personale del direttore della prigione di Koridallos ad Atene, attacco esplosivo al veicolo personale di un capo dei secondini alla prigione di Nafplion, attacco incendiario in un albergo in Indonesia, e l’invio di un pacco-bomba a un ex comandante dell’antiterrorismo ad Atene.

Le autorità competenti si sono rese conto a posteriori che l’accusa di istigazione dell’attacco in Indonesia, rivendicato dall’Unità della Rabbia/Cospirazione Internazionale per la Vendetta/FAI-FRI, non avrebbe mai retto in aula, quindi quella specifica accusa venne abbandonata prima ancora di arrivare al procedimento giudiziario.

Ciò nonostante per quanto riguarda gli altri attacchi sono offeso dall’accusa di istigazione sollevata nei miei confronti, perché come anarchico disprezzo i rapporti gerarchici di ogni tipo; d’altro canto, queste accuse mi aiutano a capire che la dominazione si sente minacciata quando la guerriglia anarchica, anche da una posizione di cattività, cerca di lasciare il segno ed entra in contatto con la lotta fuori dalle mura della prigione salutando le dichiarazioni di ostilità dei/lle compagn*. La dominazione si sente minacciata quando realizza che la condizione di prigionia non è abbastanza per schiacciare l’energia combattiva dei prigionieri anarchici. Già questo è abbastanza per preparare un rinvio a giudizio per istigazione. Ma non è in ogni caso abbastanza per rovinarmi il morale e togliermi la voglia di entrare in contatto con tutt* i/le compagn* che hanno una posizione combattiva.

Quindi in occasione della fine di questo processo, vorrei salutare di nuovo i/le car* compagn* che hanno messo in moto ovunque la Cospirazione dell’Internazionale Nera degli/lle anarchic*, in tutta la Terra, attraverso tutti gli attacchi rivendicati come parte del Progetto Fenice: dal Cile alla Russia, e dalla Germania all’Indonesia.

Così, invece di un’apologia davanti ai giudici, dall’interno della mia cella scelgo di mandare un abbraccio infuocato a tutt* quell* che hanno optato per l’attacco e che hanno armato l’Anarchia con fuoco e polvere da sparo.

Ogni singola attività, ogni singolo gesto mi ha dato forza e ha illuminato il mio cuore con la fiamma dell’insurrezione anarchica.

Dal paese della cattività sento vicino ogni singol* compagn* che dalle trincee dell’attacco cospirativo ha indebolito in ogni modo possibile la normalità sociale.

Lo slancio che si è manifestato col Progetto Fenice ha lasciato un’eredità significativa che, studiandone l’impatto, mi ha fatto rendere conto delle nuove prospettive di lotta che si schiudono all’Anarchia quando supera frontiere e distanze e sceglie di scontrarsi frontalmente con la dominazione sulla base di un’Organizzazione Informale.

È stato uno degli elementi fondamentali che mi hanno spinto a contribuire ancora a una proposta per una nuova posizione nella lotta anarchica attraverso l’appello a un Dicembre Nero, un appello che ho lanciato insieme al compagno anarchico Nikos Romanos.

Credo che le prospettive che si sono aperte grazie al Progetto Fenice e la coordinazione informale dell’azione diretta internazionale possano evolversi in qualcosa di più minaccioso per il Potere se incontrano il resto della gamma delle pratiche anarchiche, componendo un mosaico di azioni anarchiche multiformi mondiali che si ergeranno costantemente contro il Potere.

Così tutto quello che ho da dire alla vostra Giustizia è che moralmente, politicamente e per quanto riguarda i valori mi ritrovo con tutto il mio cuore in ogni attacco anarchico contro la dominazione. Se vi va potete accusarmi di istigazione alla perpetua guerra anarchica contro ogni forma di Potere, come io vi accuso di istigazione di ogni atto di barbarie autoritaria firmato in nome della Giustizia. Niente mi darebbe maggiore soddisfazione che l’ottima notizia che una pallottola è stata piantata nella vostra testa come ricompensa per la vostra vita miserabile.

Lunga vita al Progetto Fenice

Lunga vita al Dicembre Nero

Lunga vita alla Coordinazione Informale dell’Azione Anarchica Multiforme in tutto il mondo.

Panagiotis Argirou
membro della Conspirazione delle Cellule di Fuoco FAI/IRF

[24 dicembre 2015]

Giornata internazionale di azione e solidarietà con i/le prigionier* trans

Il 22 gennaio 2016 si svolgerà la prima giornata annuale per i/le prigionier* trans: una giornata internazionale di azione in solidarietà con i/le prigionier* trans. Questo progetto è stato ideatp da Marius Mason, prigioniero trans anarchico in Texas, USA. Da quel momento, attraverso amici e sostenitori, un collettivo internazionale di persone all’interno e all’esterno delle mura della prigione si sono uniti per realizzare questa giornata. Potete trovare una lista preliminare di prigionier* trans qui.

trans-prisoner-soli-663x1024“In quanto queers, conosciamo il terrore del controllo, del disgusto e dell’isolamento; in un momento o un altro della nostra vita la società ha rifiutato a tutt* noi la possibilità di vivere come vogliamo. Per i/le trans e i/le gay in prigione, questi problemi sono raddoppiati dal confinamento fisico ed emozionale di una gabbia letterale. Per decenni, i/le prim* attivist* queer hanno mostrato solidarietà attiva e sostegno ai loro fratelli e sorelle incarcerati — scrivevano lettere, organizzavano marce e chiedevano non soltanto che fossero trattat* con rispetto e dignità, ma il loro rilascio totale e senza condizioni. I/Le prigionier* gay e trans si organizzavano fra loro e con mondo esterno.

È tempo di ravvivare questa tradizione. Il 22 gennaio unitevi a noi per mettere in luce le difficoltà dei/lle prigionier* trans e queer. In questa giornata, e tutti i giorni, partecipate a progetti che sostengono altr* prigionier* gay e trans, e date un’occhiata alle altre lotte cui partecipa Marius – è una lotta contro la società che ci uccide, in un modo o nell’altro. Vivete la vostra vita con orgoglio, gioia, libertà, ed estendete questi sentimenti agli altri; non lasciate che le mura delle prigioni o della società siano un limite.”

Marius Mason è un detenuto anarchico transgender. Sta scontando 22 anni per atti di eco-sabotaggio.

È incarcerato nella prigione di Carswell a Fort Worth, in Texas, una piccola struttura di alta sicurezza; riceve poche visite, le sue mail vengono controllate, e soffre di un profondo isolamento sociale. Da quando ha fatto il suo coming out, ha intrapreso un processo dolorosamente lento di controlli medici per vedere se gli sarà permesso di avere accesso agli standard di cura WPATH per gli/le transgender (ormoni, chirurgia, e il diritto di cambiare legalmente il nome con un altro di propria scelta appropriato al genere).

Non smetteranno di ferirci finché non li faremo smettere.

Celebrate Marius e restate al suo fianco.

in inglese, tedesco, francese via iaata

[Prigioni greche] Nikos Romanos: “Requiem per un viaggio di non ritorno”

alexandros-grigoropoulosQui di seguito il prigioniero anarchico Nikos Romanos fa un resoconto dei fatti che hanno preceduto l’assassinio di Alexandros Grigoropoulos il 6 dicembre 2008.

Ricevuto il 30 novembre 2015:

Requiem per un viaggio di non ritorno

Oggi parlerò di quello che dovrebbe essere considerata come un’autentica testimonianza dell’anima alla memoria rivoluzionaria. La testimonianza della mia anima a proposito di un incidente che è diventato il detonatore per l’intensificarsi dell’attacco armato ai palazzi d’inverno del Potere; un incidente che ha contribuito in maniera decisiva a creare un punto di non ritorno per chi ha preso le armi e riempito le valigie di sogni e speranza per un mondo di libertà. Anch’io ho preparato quella stessa valigia col mio odio, un po’ di vestiti e qualche souvenir, e ho lasciato per sempre casa mia [nell’aprile del 2010] un giorno prima che la polizia venisse a cercarmi, ammanettarmi e portarmi in tribunale per deporre al processo degli sbirri-assassini. Ho tagliato i ponti con la mia vita passata, e mi sono unito alle fila della lotta anarchica clandestina. Avevo sedici anni, ma ero pienamente consapevole delle mie azioni, e sebbene avessi una statura morale ben maggiore di quei/lle ridicol* smidollat* sedut* in aula, sapevo che il momento di dire tutto quello che andava detto non era ancora arrivato, non era il momento giusto, e non ero realmente pronto a liberarmi di un tale peso storico. Ecco perché ho preferito restare in silenzio e dedicarmi alla guerra contro il Potere, la stessa guerra in cui, sette anni dopo, mi ritrovo prigioniero, pur mantenendo la stessa posizione combattiva. Ora mi libero di questo peso storico, che ho temporaneamente evitato ma cui non ho mai rinunciato di occuparmi.

Il processo [in prima istanza] cui ho rifiutato di assistere, ma anche il processo di appello che seguirà, cerca di mettere fine – nella forma di una ratifica istituzionale – a un aspetto della storia sovversiva, un aspetto che disonora la democrazia rivelando l’odore di morte che trascina con sé. Questo aspetto specifico – parte integrante di una storia che continuerà a esistere finché gli/le oppress* si ergeranno contro i/le loro oppressor* – si è rivelato la sera del 6 dicembre 2008 all’incrocio di via Messolonghiou e via Tzavela, a Exarchia.

Quello che sto per dire non lo dico assolutamente per facilitare il meccanismo giudiziario a emettere un futuro verdetto equo. Non credo nelle leggi né nelle corti, né nelle prigioni che appaiono minacciose a disciplinare chi devia dall’ordine legale, seppellendol* vivi tra cemento e sbarre.
Ho il coraggio di credere nella forza degli essere umani liberi, nella possibilità della loro auto-determinazione in un mondo di subordinazione universale, nella prospettiva della rivoluzione anarchica e la pratica dell’insurrezione anarchica permanente.

Comincerò il mio racconto con la prospettiva di rivolgermi alla storia, restare degno davanti a lei, contribuire alla creazione di un’eredità incontaminata che non macchierà la memoria dei/lle nostr* mort*, e mandare un segnale di guerriglia a chi è interessato a diventare un attore che plasmerà il proprio sviluppo di conseguenza. Con lotta costante, con tutti i mezzi, con la passione per la libertà e odio per chi mantiene il nuovo ordine delle cose, dipinto col sangue di chi ha resistito alla sua onnipotenza.

Il canto del cigno per la mia amicizia con Alexandros inizia…

Alexandros e io ci siamo conosciuti a scuola, e abbiamo cominciato a passare un sacco di tempo insieme, dato che vivevamo relativamente vicini. Era una persona che detestava la rispettabilità e l’ipocrisia dominanti nel nostro ambiente scolastico. Era sempre alla ricerca di un modo per evadere da questa condizione, ed è così che ci siamo trovati. Ci siamo conosciuti meglio bigiando la scuola, per evadere dalla routine della noia scolastica, vagando per ore ed esplorando parti della città che ci erano sconosciute, parlando e discutendo tutti i giorni di tutte le cose che ci lasciavano perplessi. Man mano che il tempo passava, abbiamo continuato a camminare su sentieri di ricerche sempre più vaste e forti interrogativi sul mondo che ci circondava.

Verso i 14 anni ci siamo accorti per la prima volta degli anarchici; ci piaceva guardare in tv i filmati degli scontri fra i dimostranti e la polizia; alla nostra comprensione ancora immatura, che avevamo appena cominciato a formare, sembrava un modo di resistere all’ingiustizia quotidiana delle ineguaglianze sociali. Peraltro per noi che passavamo le giornate nei parchi e nelle piazze non era difficile detestare la polizia – anche istintivamente, potremmo dire. Avevamo visto gli sbirri umiliare dei/lle migranti nel centro di Atene; eravamo stati testimoni di quanto trattassero male tossicodipendenti e senza-tetto. Naturalmente sono cose che chiunque può vedere semplicemente passeggiando nel centro di Atene. La contraddizione che stavamo vivendo veniva fuori quando vedevamo gli sbirri chinarsi e leccare i piedi dei ricchi dove vivevamo [uno dei quartieri più agiati nella parte nord di Atene]. È stato allora che abbiamo davvero capito che razza di vermi ipocriti e vigliacchi fossero tutti quanti.

Così abbiamo deciso di andare insieme a una manifestazione [in centro] per vedere da vicino quello che fino a quel momento avevamo osservato da lontano e per cui avevamo sviluppato un vivo interesse. Ed è quello che abbiamo fatto. Ricordo che la prima marcia cui ci siamo uniti è stata quella del 17 novembre [manifestazione annuale che commemora la rivolta del Politecnico di Atene del 1973] del 2007, dove ci sono stati degli scontri con la polizia cui abbiamo partecipato anche noi. Naturalmente ai tempi eravamo un po’ esitanti, seguivamo e imitavamo semplicemente le persone che affrontavano la polizia. Abbiamo visto da vicino gli sbirri antisommossa della MAT picchiare selvaggiamente delle persone a caso, abbiamo sentito l’asfissia causata dai lacrimogeni, e abbiamo assistito per la prima volta alla repressione poliziesca delle manifestazioni. Finita la marcia siamo andati a Exarchia, siamo rimasti fino a tardi a discutere degli eventi con una sorta di entusiasmo per quello che era appena accaduto; l’entusiasmo che sentono tutte le persone quando cominciano a entrare in contatto con la parte autentica della vita.

Un punto di riferimento importante per entrambi fu la manifestazione antifascista che si è svolta il 2 febbraio 2008. Era il giorno in cui Alba Dorata aveva organizzato un raduno per Imia [commemorazione nazionalista del conflitto del 1996 tra Grecia e Turchia a proposito dell’isolotto di Imia/Kardak nel Mar Egeo], e gli anarchici avevano chiamato a una contro-manifestazione per scontrarsi con i fascisti.

C’eravamo anche noi e abbiamo visto i fascisti avanzare da dietro le linee delle squadre antisommossa per accoltellare i compagni; abbiamo visto come quei porci della polizia coordinavano le loro cariche con i fascisti. Abbiamo visto compagni accoltellati, fascisti attaccati dai compagni con asce e bastoni di legno. E, non dimentichiamolo, quelli che erano in prima linea fra i fascisti ora fanno parte del parlamento greco – sto parlando di Elias Panagiotaros, Yannis Lagos ed Elias Kasidiaris, prima che rinnegassero il loro passato e invocassero legalità e democrazia.

Una volta finiti gli scontri coi fascisti e la polizia, ci siamo barricati all’interno del Rettorato [dell’Università di Atene ai Propilei, in via Panepistimiou] e abbiamo aspettato lì fino a tardi; poi abbiamo lasciato l’edificio tutti insieme in manifestazione. Manifestazione che è stata attaccata dalla polizia non appena siamo arrivati in strada, e ci sono stati fermi, arresti e feriti.

Da quel giorno siamo andati a Exarchia quasi tutti i giorni e abbiamo cominciato a prendere contatto con altri che frequentavano il quartiere. Abbiamo cominciato a leggere riviste e volantini anarchici, a dare un’occhiata ai siti di contro-informazione, frequentare squat come quello di Villa Amalias [ora sgomberato] e di Prapopoulou. Nello stesso periodo abbiamo partecipato a tutte le manifestazioni a proposito delle riforme previdenziali e alle proteste degli studenti universitari contro la famosa Legge Quadro [per l’educazione superiore], motivati unicamente della prospettiva degli scontri e dei disordini nelle strade, cui ci univamo ogni volta più volentieri e più determinati.

E allo stesso tempo, con altr* student*, avevamo creato un collettivo anarchico chiamato «attacco anarchico degli studenti» e abbiamo tenuto delle assemblee sulla scuola e il ruolo dell’educazione in riferimento al funzionamento della macchina sociale.

Mi ricordo anche che, qualche giorno prima del 17 novembre 2008, avevamo partecipato a un attacco contro la Gioventù del PASOK, che quel tempo aveva gli uffici a Exarchia. Lo scontro durò un buon momento, perché i membri del PASP [sezione studentesca del PASOK] avevano assunto un gruppo di buttafuori per proteggersi – esattamente come avevano fatto gli anni precedenti durante le manifestazioni del 17 novembre, in cui i loro sgherri avevano in realtà attaccato i blocchi anarchici. Quindi in sostanza il confronto non era con la Gioventù del PASOK ma con i buttafuori che sorvegliavano i loro uffici. Alla fine siamo riusciti ad arrivare agli uffici, e quelli che non si erano chiusi dentro hanno avuto quello che si meritavano. Di conseguenza, uno studente del PASP che teneva la bandiera [nazionale insanguinata] del Politecnico ha un braccio rotto in tutte le foto che hanno decorato le prime pagine dei quotidiani il giorno dopo.

Un altro incidente che ripesco tra i miei ricordi è un presidio di solidarietà al tribunale di Evelpidon [nel luglio 2008] per gli anarchici allora in carcere [Marios] Tsourapas e [Chrysostomos] Kontorevythakis, processati per un attacco incendiario [di una pattuglia] alla sede della polizia municipale. Finita la seduta, i/le solidari* che avevano assistito all’udienza si sono incamminat* a piedi verso Exarchia. All’altezza del parco Pedion tou Areos, è scoppiata una rissa con due sbirri dell’unità motorizzata Z, e sono stati presi i caschi che avevano lasciato sulle moto. Durante la rissa gli sbirri avevano estratto le pistole e sparato diversi colpi non solo in aria ma anche sulla folla per costringerci a scappare.

Fotogramma successivo nella narrazione è quella maledetta sera del 6 dicembre. Ero seduto con Alexandros e altri ragazzi nella via pedonale di Messolonghiou, come quasi ogni giorno.

Dopo un po’ è arrivato un compagno che ha suggerito di andare in via Charilaou Trikoupi ad aspettare che passasse una pattuglia per gettare le pietre che aveva raccolto. Siamo andati con lui e abbiamo aspettato mentre Alexandros era rimasto un po’ indietro. Poco dopo è passata una pattuglia, con Korkoneas e Saraliotis all’interno.

Allora non sapevo che la pienezza del tempo era venuta per tutti noi; era il momento che avrebbe cambiato tutto. La clessidra della vita è stata girata nel momento in cui una pietra ha colpito la vettura di Korkoneas. Siamo tornati indietro a sederci nella via pedonale con gli altri, mentre Korkoneas e Saraliotis sono passati con la pattuglia da via Zoodochou Pigis per vedere chi li aveva attaccati; a quel punto abbiamo gettato qualche oggetto alla pattuglia; dopo averci gettato un’occhiata, si sono allontanati, hanno parcheggiato la vettura accanto alla squadra antisommossa delle MAT che sorveglia gli uffici del PASOK, e sono tornati a piedi all’incrocio fra Tzavela e Zoodochou Pigis.

Quando abbiamo visto avvicinarsi gli sbirri ci siamo alzati per andar via, perché pensavamo che con loro ci fosse la squadra antisommossa, come capita di solito. In quel momento i due sbirri hanno cominciato a insultarci ed è allora che ci siamo accorti che erano venuti da soli, senza rinforzi. Quindi alcuni di noi sono avanzati verso di loro, e Alexandros, che era davanti, ha lanciato qualche bottiglia di birra che stavamo bevendo. Dopo pochi secondi, Korkoneas ha estratto la pistola e concluso con le pallottole lo scontro che era iniziato solo poco prima.

Una pallottola nel cuore di Alexandros per chiudere il cerchio dell’onnipotenza della macchina statale. Una macchia di sangue nella via pedonale Messolonghiou per aprire il cerchio di ribellione che ha distrutto l’ordine legale e seminato caos e anarchia in tutte le città greche.

Logicamente gli avvocati della difesa hanno cercato, e cercheranno, di sostenere che è stato un caso sfortunato, una pallottola di rimbalzo, un incidente isolato. Dal mio punto di vista, per quanto possa suonare contraddittorio, fa comodo anche a me – ovviamente sul piano giudiziario più che politico. Non credo nell’istituzione del carcere, lo considero uno degli strumenti dell’orrore, democraticamente amministrato in dosi, che la dominazione ha a sua disposizione per assicurarsi una tranquilla riproduzione.
Credo nel diritto rivoluzionario di prendere la legge nelle proprie mani e nello sforzo di tutti di regolare i propri conti da soli, lontano dalla mediazione di sbirri, giudici, leggi, prigioni, la repressione scientificamente pianificata, la bruttezza tecnocratica che macchia la bellezza dell’istinto selvaggio e della libera volontà. Di conseguenza per me gli sbirri-assassini meritano la probabilità caotica della prospettiva che venga fatta vendetta per tutte le anime perdute che cercano la propria salvezza violenta. Questa è l’unica giustizia nel mio sistema di valori.

Inoltre noi non torturiamo le persone come fa sistematicamente la civilizzazione autoritaria contemporanea – la più grande mostruosità nella storia del genere umano, che è persino riuscita a normalizzare la morte e mette le parole e i significati al servizio della propria dominazione attraverso i meccanismi di propaganda dei centri d’informazione globale sempre imparziali.

Perché tutti noi, nemici del Potere, possiamo accettare la prigione o persino la morte come possibile eventualità, ma non abbiamo mai accettato l’esistenza della morte come una nuova storia nella realtà virtuale con cui veniamo bombardati.

La cosa più ridicola è il fatto che i meccanismi di propaganda della dominazione cercano di ritrarre gli omicidi commessi dagli sbirri come incidenti isolati causati da personalità disturbate, come incidenti che accadono sempre a causa di negligenza.

Gli omicidi della polizia non sono né casi isolati, né un fenomeno greco. Sono la manifestazione estrema dell’imposizione democratica sui margini sociali, i poveri diavoli, i delinquenti, i disobbedienti, i migranti. Inoltre, gli omicidi commessi dalla polizia confermano che la guerra di liberazione esiste, ogni volta che prendono di mira i ribelli che prendono le armi e combattono la dominazione con le fiamme della libertà che ardono nei loro cuori.

Questi omicidi sono la logica conseguenza della percezione che gli sbirri hanno del loro ruolo, percezione con cui questi individui vengono indottrinati per far parte della macchina repressiva che protegge il buon funzionamento della macchina sociale.

Le armi da fuoco della polizia non sparano con intenzioni omicide solo in Grecia; uccidono dei 15enni in Turchia perché partecipavano a delle manifestazioni contro il governo, uccidono dei 16enni in Italia perché non si sono fermati a un blocco stradale della polizia, assassina madri e figli in Palestina, assassinano decine di afro-americani negli Stati Uniti per motivi puramente razzisti, uccidono migranti nelle periferie svedesi, uccidono dei giovani nei quartieri più poveri del Regno Unito; uccidono ripetutamente e in serie in tutti gli angoli del pianeta per imporre la pace sociale.

E se gli esempi che ho citato sono conosciuti perché collegati a rivolte su piccola o grande scala in reazione agli omicidi di stato, non smettono per questo di essere una semplice goccia nell’oceano in confronto alla tempesta di giri di vite assassini lanciati dai corpi di sicurezza in difesa della dominazione capitalista.

Se chiudiamo occhi e orecchie al flusso incessante della propaganda dominante, saremo in grado di sentire le migliaia di morti anonime nelle stazioni di polizia, le zone di frontiera marittima e terrestre, i campi di concentramento, le istituzioni psichiatriche e le prigioni, le zone di guerra in Medio Oriente, le fabbriche sfruttatrici che sterminano gli schiavi dei nostri tempi. Chiunque può udire le grida delle persone che vengono torturate nelle celle della polizia, che si suicidano per disperazione in una struttura di reclusione, che vengono affondati dagli sbirri della guardia costiera e annegati nelle gelide acque del Mediterraneo, che mutilano il proprio corpo sulle macchine di produzione delle multinazionali nei paesi del Terzo mondo, che vengono seppelliti sotto le macerie dai bombardamenti aerei condotti alla cieca dagli imperi capitalisti.

Di conseguenza, tutti i discorsi politici che attualmente ruotano attorno al valore della vita umana sono, di fondo, ipocriti e profondamente offensivi.

Da parte nostra, abbiamo un approccio molto diverso su quello che è normalmente accettabile e sul valore della vita umana, in confronto a come questi concetti sono definiti dalla norma dominante.

Non crediamo che sia normale accettare che le persone nelle società occidentali mangino apatici davanti alla TV, guardando operazioni di guerra in cui i territori del terzo mondo sono bombardati alla cieca. Crediamo invece che sia normalmente accettabile trasporre questa guerra all’interno dei centri urbani, provocando un costo politico agli interventi assassini dei superpoteri dominanti.

Non crediamo che sia normalmente accettabile che dei civili vengano bombardati come strategia di guerra degli stati per abbattere il morale dei popoli in resistenza come quello della Palestina. Crediamo invece che sia normalmente accettabile colpire con ogni mezzo quei soldati, più o meno esperti, che vengono impiegati nelle operazioni militare contro i civili.

Non riteniamo che sia normalmente accettabile che tutto questo venga presentato come un intervento umanitario dei superpoteri dominanti per assicurare la pace. Non troviamo che sia normalmente accettabile che l’intero mondo civilizzato pianga lacrime di coccodrillo per i morti in Francia, mentre quegli stessi stati e i loro servizi segreti – che con i loro interventi annegano nel sangue intere popolazioni – hanno chiaramente istruito, armato e finanziato il mostro chiamato Islamofascismo per servire i loro interessi; mostro che, come è già capitato spesso in passato, è diventato autonomo e si rivolta contro i propri benefattori una volta acquisito il potere.

Non pensiamo che sia normalmente accettabile che gli avvoltoi delle lobby finanziarie saccheggino le ricchezze in risorse naturali di paesi destabilizzati in nome della pace e della crescita.
Ma pensiamo che sia normalmente accettabile attaccare con ogni mezzo possibile i padroni, i funzionari di stato, i banchieri, chi detiene posizioni di potere politico ed economico, chi si arma per proteggere la pace sociale assassina, i rappresentanti della magistratura, i dirigenti delle multinazionali, tutte le persone e le infrastrutture che mantengono e riproducono un sistema responsabile per tutta la bruttezza che esiste su questa terra.

Queste sono differenze che non possono essere superate ma che possono soltanto scontrarsi fino alla fine; costituiscono l’evoluzione dell’insurrezione e della controinsurrezione, così come le dialettiche avanzate sviluppate in ognuno dei due campi.

Per quanto ci riguarda, questo crea uno spazio vuoto tra gli ambiti in cui il controllo sociale è organizzato e sbocciano i fiori insanguinati dell’apatia, un vuoto pericoloso che mira a schiacciare l’oppressione organizzata e la violenza del Potere, il fattore imprevedibile, l’errore statistico nei diagrammi dei tecnocrati, l’ospite non invitato sotto forma di nemico interno che si organizza e si arma per colpire i nemici della libertà.

Questa è l’insurrezione anarchica permanente, e la sua filosofia contagia il tessuto autoritario, diffondendo l’anarchia nelle metropoli del capitalismo.Ed è evidente che non si arrende e non batte in ritirata, ma è solo dispiegata altrove per attaccare ripetutamente. Perché rischiare il tutto per tutto non è una frase inoffensiva dipinta su un muro, ma il significato che riassume le vite di quei/lle compagn*, di questi e altri tempi, che sono cadut* combattendo contro il nemico. Ecco perché l’insurrezione anarchica continua continuerà a prendere d’assalto la dominazione finché l’ultimo autoritario non verrà impiccato con le budella dell’ultimo burocrate.

Quindi torniamo al punto in cui le minoranze combattive rovesciano la produzione di massa di conclusioni deterministiche, in cui tutto è possibile, in cui le intrusioni non annunciate nel territorio occupato dal Potere affliggono la sua supremazia militare e politica.

Perché parlare di anarchia non è abbastanza se non ci si assicura della sua sopravvivenza attraverso azioni contro lo stato, il capitale, la società e la sua civilizzazione; perché l’anarchia sarà sempre una guerra senza limiti contro la probabilità dettata dagli “esperti”.

Per me, questo è sempre stato la posta in gioco in questo conflitto; era, è e sarà l’unica fonte solida per l’analisi della storia.

Alexandros è ormai parte integrante di questa storia; non posso dire quello che sarebbe diventato se le cose fossero andate diversamente; “e se invece” non è nient’altro che il demone interiore del ferito. Ma posso dire chi era Alexandros finché non è caduto ucciso dalle pallottole di quello sbirro. Nella sua breve ma avventurosa vita ha vissuto in maniera autentica; era un giovane ribelle, affascinato dall’idea dell’anarchia, come chi occupa in questi gioni le stradine della città, lancia molotov agli sbirri, e incendia le pattuglie; era indisciplinato e testardo; una persona sincera con un animo gentile e altruista in qualunque cosa facesse. Era una persona che viveva intensamente passioni e frustrazioni.

Ha amato ed è stato amato da molti compagni, e sarà sempre un punto di riferimento per molte persone, la maggior parte delle quali sono ora detenute nelle prigioni della democrazia. E può non essere più con noi, ma so che continua a progettare ribellioni su piccola e grande scala con i nostri morti , Mauricio [Morales], Carlo [Giuliani], Sebastián [Oversluij], Michalis [Kaltezas], Lambros [Foundas], Christos [Tsoutsouvis] e dozzine di altre persone meravigliose che sono partite lasciando i loro sogni irrealizzati.

Alla domanda che potrebbe essere giustamente posta – perché tutto questo doveva essere detto proprio ora – la risposta è semplice.

Nel contesto attuale, in cui la velocità del tempo storico è deragliata, in cui i fatti vengono facilmente slegati dalle circostanze che li hanno visti nascere, in cui la realtà viene alterata dalle lenti deformanti di addetti stampa di ogni tipo, in cui la vita di tutti i giorni è plasmata secondo l’immagine che ricade sulle teste della gente dal mondo digitale, mantenere viva la memoria rivoluzionaria, rendere noti tutti i suoi aspetti senza abbandonare niente all’oblio, cosa che può soltanto favorirne l’alterazione, è una necessità.

Con l’apertura di nuovi circoli di esperienze radicali, non c’è un modo migliore di riprendere l’insurrezione anarchica che collegarla con il punto in cui è stata ravvivata. Perché è una supposizione comune che una parte della generazione di anarchici, con i loro piccoli e grandi disaccordi, che si sono armati dopo la rivolta del dicembre 2008, e sono ora rinchiusi nelle celle delle prigioni greche, ha come punto di partenza le notti in cui i ribelli erano dietro le barricate e l’anarchia ha respirato tra i simboli danneggiati del Potere.

Dato che le nostre esperienze sovversive si allontanano dall’ambito dei nostri eventi personali nella routine della nostra prigionia, cerchiamo di creare un punto di contatto e, allo stesso tempo, il punto di partenza di un nuovo viaggio. Un punto di contatto con le nostre origini storice e politiche, un nuovo punto da cui partire in cui i ribelli si incontreranno fra loro, e non prenderanno le strade di tanto in tanto, ma contribuiranno piuttosto alla creazione di una piattaforma informale di coordinamento e azione all’interno dell’anarchia; in cui la strategia chiami alla permanenza della rabbia, in cui la dialettica rivoluzionaria chiami a un impegno appassionato nei confronti della lotta di liberazione.

Perché Dicembre Nero non è la messa in scena di una ripetizione di gesti insurrezionali passati, ma piuttosto un circolo di lotta che unisce il passato al presente, alla ricerca di un futuro in cui la nostra vita di tutti i giorni sarà sommersa di atti di attacco e ribellione contro il Potere.

Perché, nonostante i nostri corpi siano incarcerati tra mura e sbarre, le nostre anime si trovano in ogni parte del pianeta in cui vengono innalzate le bandiere della resistenza per un mondo di libertà. Perché i nostri cuori continuano ostinatamente a battere al ritmo della libertà selvaggia, accanto ai compagni del Movimento Insorto Anarchico in Brasile, che, a loro volta, hanno lanciato l’appello al Dicembre Nero dopo aver appiccato il fuoco a delle filiali di banche, accanto alle cellule della FAI e i gruppi di compagni guerriglieri che vanno all’offensiva, accanto ai combattenti per la libertà che combattono l’Islamofascismo nel territorio del Rojava, accanto ai compagni anarchici che rischiano le loro vite con abnegazione per aiutare alla ricostruzione di Kobanî, accanto ai rivoltosi in Gran Bretagna la cui rabbia si manifesta violentemente, spezzando il controllo sociale soffocante, accanto agli anarchici spagnoli colpiti dalle operazioni anti-anarchiche dello stato spagnolo, nelle strade del Cile, in cui i ribelli si scontrano con gli sbirri e fanno saltare le stazioni di polizia, nelle piazza turche, in cui i nostri compagni hanno pagato con le loro vite il conflitto con lo stato-mafia di Erdoğan, accanto ai compagni in Belgio che appiccano fuochi di distruzione nelle strade di Bruxelles. Nonostante le distanze la nostra lotta è comune, e condividiamo la stessa gioia e gli stessi dolori con tutte le persone che diffondono il veleno della libertà nel tessuto sociale autoritario.
Ed è qui che metto fine a questo racconto.

Questo era Alexandros e questo sono io. Non mi pento di niente e credo ancora che l’unica scelta dignitosa al giorno d’oggi sia quella della lotta sovversiva multiforme per l’anarchia. Per tutte le ragioni del mondo, il confronto tra il mondo della libertà e il mondo dell’asservimento continuerà fino alla fine.

Onore eterno a chi è stat* ucciso nella lotta per la liberazione!

Per un Dicembre Nero!

Per l’offensiva anarchica contro il mondo del Potere!

Solidarietà e forza a tutt* i/le prigionier* anarchic*!

Lunga vita all’Anarchia!

Nikos Romanos

 

PS. Per mettere fine alla presa in giro di questi ultimi giorni a proposito di un emendamento sui permessi educativi, la cui bozza sarebbe stata presumibilmente presentata dalla banda di pagliacci di SYRIZA per “avvantaggiarmi personalmente”, lasciatemi giusto chiarire che per i tre anni in cui mi sono ritrovato in prigione non ho mai messo piede all’esterno, e non sembra probabile che accada, visto che è evidente che non mi sarà concesso alcun permesso da nessun pubblico ministero, che si chiami Nikopoulos o Perimeni. Quindi i trucchi della comunicazione di SYRIZA sono ben studiati per coltivare  un’impressione positiva tra i votanti di sinistra che rimangono loro, senza rischiare, dato che il processo del caso in cui appaio come accusato [cioè in attesa di sentenza; che per le autorità è la “giustificazione speciale” per respingere tutte le richieste di permessi educativi] si concluderà comunque fra un mese; ma l’amministrazione carcerale mi ha fatto chiaramente capire che continuerò a ricevere decisioni negative finché continuerò a rilasciare dei testi e “disturbare” dall’interno – cosa che continuerò a fare, perché non intendo fare alcuna concessione sulle mie posizioni.

in inglese, greco

Bruxelles: Attacchi contro la prigione e il mondo che protegge

harenplanPubblicato il 26 dicembre:

Rispondere coi fatti agli appelli per un Dicembre Nero. Rispondere ai nostri desideri di libertà. Rispondere attaccando quello che permette a questo sistema oppressivo e distruttivo di durare.

Nelle 2 settimane che sono appena trascorse sono almeno 5 camionette della compagnia di costruzioni Eiffage che hanno sentito le gomme svuotarsi dell’aria che le riempiva. Il gesto è semplice, rapido, efficace. Un coltellino nascosto nella manica, un buon colpo sul fianco della gomma ed ecco un veicolo che non sarà puntuale al lavoro. In  questo modo diversi veicoli possono venire immobilizzati in 30 secondi. Sappiamo che a uno dei cinque camioncini è stato sfasciato il retrovisore e la carrozzeria è stata taggata.

Se non capite perché è stato scelto questo bersaglio, informatevi su Eiffage per capire il ruolo che ha questa società nella costruzione di prigioni e delle infrastrutture che permettono al capitalismo di durare.

Un altro gesto ha fatto comparire un gran sorriso sui nostri visi.

Ecco i fatti: approfittando dell’oscurità complice della notte e dell’assenza dei guardiani sul terreno destinato alla maxi prigione, assenza dovuta sicuramente alle “feste” di Natale, delle persone hanno scelto di prendersela con le inferriate che delimitano la zona della maxi prigione (che non si farà). A colpi di tenaglie sono state tagliate e torte un centinaio di grate, aprendo il passaggio verso quel terreno già prigioniero. La maggior parte delle griglie tengono grazie a delle aste bloccate a terra nel cemento (scuotendole forte si può far cedere il cemento ed estrarle dal terreno).
Ma tutta una parte delle griglie tiene soltanto grazie ai piccoli rettangoli che vediamo spesso. Quelle griglie sono tutte cadute, e possono cadere di nuovo all’infinito. E se dovessero venire fissate a terra, possono essere tagliate.

Non permetteremo che questo sistemi duri. Attaccheremo ovunque si presenti l’occasione. Per l’autogestione delle nostre vite. Per tentare di salvare quello che si può ancora salvare. Per la libertà.

Esprimiamo il nostro sostegno alle persone che lottano sulla ZAD di Haren come anche a chi lotta fuori dalla zona. Il nostro sostegno va anche alle personne attaccate dalla giustizia dei/lle potenti. Tutto il nostro sostegno a chi è rinchiuso, fuori come dentro le prigioni. Ai/lle nostr* complici, vi abbracciamo.

in inglese, greco, spagnolo

Prigioni statunitensi: «Dicembre Nero», testo del prigioniero anarchico Sean Swain

Black-December-2015Dicembre Nero sta arrivando, ed era ora. Abbiamo sviscerato le nostre teorie e analizzato la nostra realtà, sappiamo che tipo di futuro vogliamo e quello che dovremo distruggere per ottenerlo. Il tempo per filosofare e discutere è finito e affrontiamo il momento inevitabile del conflitto con le forze del controllo, dell’osservanza e della sottomissione.

Dicembre è davvero il punto di partenza perfetto, almeno qui negli Stati Uniti. È il mese più buio dell’anno, quello con più ore senza luce solare, in cui effettuare i nostri gesti di resistenza e ribellione. In più, col freddo, tutti indossano dei passamontagna. Quindi un* ribelle che sta per colpire un Walmart o una vettura della polizia o la casa di qualche amministratore fascista non spiccherà come accadrebbe se fosse vestito così in luglio o agosto.

Dopo aver letto le proposte per un Dicembre Nero, vorrei parlare a chi è stato, finora, paralizzato dalla paura e dallo scetticismo, che ancora non crede che possiamo intraprendere un’azione radicale e militante contro il nemico comune, che anche la violenza politica di tipo clandestino è condannata all’insuccesso, che è okay “giocare” all’anarchico, ma è avventato agire secondo le proprie convinzioni. Mi rivolgo a questo fatalismo, ma al momento non ho alcun modo di comunicare con il mondo esterno perché l’FBI, probabilmente la NSA, e il complesso industriale delle prigioni, in piena espansione, hanno consacrato una quantità di risorse e di sforzi enormi per stroncare ogni mia singola parola. Quindi, chiaramente, non state leggendo queste righe, e io non posso parlare al vostro fatalismo.
Vedete a quali pagliacci imbranati ci opponiamo?

Portando avanti Dicembre Nero il nostro scopo è di rendere impraticabile e ingestibile questo sistema di oppressione, destabilizzarlo perché crolli sulle proprie tracec sotto il suo peso incredibile. Scoraggiante? Non proprio. Vogliamo soltanto abbattere la swivelizzazione.

Non attacchiamo frontalmente, faccia a faccia, come soldati disciplinati. E non cerchiamo di farlo cadere in un sol colpo, come se ci fosse un bersaglio magico e unico grazie a cui potremmo riuscirci. No – Semplicemente andiamo là dove non fanno la guardia e distruggiamo quello che possiamo e ce ne andiamo. Tiriamo i proverbiali allarmi antincendio dove non ci sono telecamere. Il fatto è che i manager della matrice non possono mettere una telecamera o un poliziotto su tutto e tutti.

L’idea, livello individuale o di un piccolo gruppo, non è di far cadere l’intero sistema da soli. Chi la dura la vince, no? Quindi prendiamo quello che il sistema è essenzialmente disposto a cedere. L’idea per ognuno di noi è che i nostri gesti di ribellione abbiano più peso dei nostri gesti quotidiani di complicità forzata

Quindi, se il nostro contributo quotidiano a questo vasto campo di concentramento attraverso il lavoro forzato e il commercio è “x,” qualunque cosa “x” rappresenti, dobbiamo provocare abbastanza disturbi del processo durante le ore non-diurne, con delle maschere, per arrivare a “x+1.” La nostra unica responsibilità è di avere come risultato finale una perdita per i sistemi più grandi che ci sfruttano e ci asserviscono alla non-libertà.

Quello che suggerisco è che ognuno di  noi non è obbligato a effettuare delle operazioni su grande scala. Se ognuno di noi si impegna a effettuare milioni di piccoli atti di sabotaggio sul lungo termine, azionare il proverbiale allarme antincendio, l’effetto cumulativo su un periodo anche corto sarà abbastanza evidente e davvero gratificante.

A tutti i lettori che non sono paralizzati e sono entusiasti dell’arrivo del Dicembre Nero, vorrei ricordare che le banche hanno pignorato milioni di case ancora vuote che hanno in progetto di rivendere, e si possono facilmente trovare online. Vorrei anche segnalare che l’incendio doloso è il crimine meno risolto negli Stati Uniti, che la benzina costa davvero poco, e che i fiammiferi sono gratuiti.

Vorrei anche far notare che le persone che prendono le decisioni e uccidono il futuro possono essere seguite fino a casa dal lavoro. Quando le persone in cima alla catena alimentare della gerarchia vengono ritenute personalmente responsabili e pagano per i loro crimini è de-moralizzante, improvvisamente ridotti a dormire in una tenda e andare al lavoro in bicicletta mentre tutto quello che possiedono brucia ancora. Fa venire grossi dubbi agli altri dirigenti e chi sale la scala sociale, forse l’ufficio d’angolo con la finestra ha un prezzo troppo alto da pagare.

Giudici, pubblici ministeri, agenti dell’FBI, poliziotti razzisti, dirigenti di ogni tipo – devono tutti tornare a casa in queste buie serate di dicembre. Naturalmente, ci sono siti come blastblog.noblogs.org che hanno già postato l’informazione se preferite un sano piacere per tutta la miglia.

Nonostante le sue proiezioni d’invulnerabilità, il programma di controllo più ampio che dobbiamo fare cadere è davvero un casino che si rivela costantemente troppo dipendente da troppi sistemi in espansione che sono lasciati incustoditi per chilometri (un carico di scarpe buttate da un cavalcavia può impedire alla forza lavoro di entrare in città per ore) e il potere è troppo concentrato nelle mani di pochi (che devono essere protetti dalla maggioranza), ma non ci sono abbastanza guardiani per controllare i guardiani, o controllare i guardiani dei guardiani, e anche se ci fossero, devono tutti tornare a casa.

Stiamo parlando di vulnerabilità. Enormi vulnerabilità. Quindi spezziamo la paralisi e cominciamo a vivere, anche su piccola scala, a passi minuscoli, e costruiamo la nostra resistenza, durante queste buie notti di dicembre, fino a ritrovarci nel bel mezzo di un Gennaio o di un Febbraio Nero, e per allora la polizia pattuglierà le strade nei veicoli  militari che abbiamo visto a Ferguson.

Ottimo. Da qui al Maggio Nero, ne avremo bisogno. Dovremo difendere le convergenze armate che il Comitato Invisibile prevede, e faremo evolvere Occupy in Shockupy.

Comincia col proverbiale allarme antincendio. Soltanto sei libbre di pressione per tirare la leva.

Il futuro ci appartiene.

Comincia ora.

Se partecipate al Dicembre Nero, voi SIETE la resistenza…

SEANSWAIN.ORG | “Promuovere l’Anarchia e la Rivolta contro l’Autorità”

in inglese, francese, greco

Ultimo dell’anno: giorno internazionale di solidarietà dei parenti e degli amici dei detenuti politici

CHIAMATA INTERNAZIONALE DEI PARENTI E DEGLI AMICI DEI DETENUTI POLITICI PER UNA GIORNATA DI AZIONI DI SOLIDARIETÀ

Noi che viviamo l’esperienza della cattura dei nostri figli, dei nostri coniugi, dei nostri fratelli, dei nostri amici.

Noi che abbiamo sentito le massacranti condanne a decine di anni di detenzione del tribunale dell’anti-terrorismo dello stato degli sfruttatori.

Noi che siamo rimasti in piedi con dignità in fianco ai prigionieri – combattenti della libertà, parenti e amici nostri.

È giunta l’ora di alzare la nostra voce. Di mostrare la nostra verità.

Invitiamo e proponiamo un Giorno Internazionale di azioni di solidarietà dei parenti e degli amici dei detenuti politici.

Dalla Grecia, dall’Italia, dalla Spagna fino al Cile ed al Messico e in tutto il mondo.

Urliamo tutti assieme:
I DETENUTI POLITICI – I COMBATTENTI DELLA LIBERTÀ INCARCERATI NON SONO SOLI.

Siamo e continuiamo a essere al loro fianco. Di fronte alla barbarie delle leggi anti-terroriste di governi fascisti e democratici dell’impero della ricchezza, continueremo a resistere.

Proponiamo il 31 Dicembre come giorno di azione internazionale dei parenti dei detenuti politici.

Con iniziative quali manifestazioni-interventi, alle carceri, ai tribunali, ai ministeri e ad ogni centro dell’autorità.

Per la dignità umana e per la LIBERTA’.

Fino alla distruzione di ogni prigione
Continuiamo a resistere.

Parenti-amici dei detenuti e degli incriminati combattenti | Grecia
sygeneis-filoi@espiv.net

in greco, inglese

Grecia: striscione per un Dicembre Nero esposto da anarchici nell’ala A della prigione maschile di Koridallos

a-pteryga

Lo striscione dice: PER L’OFFENSIVA ANARCHICA CONTRO LA MACCHINA SOCIALE – DICEMBRE NERO 2015

Per la rivolta anarchica permanente!
Tutti nelle strade infuocate!

– anarchici dell’ala A del carcere di Koridallos

in spagnolo, inglese, portoghese

Prigioni spagnole: Indirizzo del/lla prigionier* anarchic* Mónica Caballero e Francisco Solar

Il 28 ottober 2015, la giustizia spagnola ha deciso di prolungare di altri due anni il periodo di detenzione preventiva degli anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar. Sono stati arrestati il 13 novembre 2013, accusati di appartenenza a un’organizzazione terroristica, devastazione e cospirazione. Benché il codice penale spagnolo limiti il carcere senza processo a due anni, in realtà lo Stato può imporre un periodo extra di detenzione preventiva di due anni sulla base di  “ragioni speciali”.

Il/La compagn* sono stat* trasferit* in una prigione delle Asturie:

Mónica Caballero Sepúlveda
Francisco Solar Domínguez
C.P Villabona-Asturias
Finca Tabladiello s/n
33422 Villabona-Llanera
(Asturias) España/Spagna

Forza a Mónica e Francisco!

Ne approfittiamo per diffondere l’indirizzo di altri compagni sequestrati dallo stato spagnolo nel corso dell’Operazione Ice. Attenzione ai possibili trasferimenti.

Borja Marquerie Echave
Centro Penitenciario Madrid II
Carretera Meco, 5
28805 Alcalá de Henares, Madrid, España.

Juan Manuel Bustamante Vergara
Centro Penienciario Madrid IV, Navalcarnero.
Ctra. N-V, km. 27.7,
28600 Navalcarnero, Madrid, España.

in inglese, portoghese, spagnolo, greco

Atene: Rinvio a giudizio per il piano di evasione della CCF

25-2Il 16 Novembre 2015 è stato reso noto che un totale di 27 persone sono state rinviate a giudizio per il caso del piano di evasione dalla prigione di Koridallos della Cospirazione delle Cellule di Fuoco. Persone appartenenti al nucleo familiare più stretto dei prigionieri anarchici fanno parte degli accusati; il che vuol dire che Athena Tsakalou (madre dei membri della CCF Christos e Gerasimos Tsakalos) ed Evi Statiri (moglie di Gerasimos Tsakalos) saranno chiamate a giudizio.

Nel mentre, Evi Statiri ha avanzato una richiesta per la revoca di una delle misure cautelari impostele dopo il rilascio. Ha domandato la revoca del divieto di comunicare e incontrare il suo compagno Gerasimos Tsakalos, in prigione, ma la sua richiesta è stata rifiutata all’inizio del mese (3 novembre).

in inglese