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Amburgo: Vernice e pietre a edificio di giustizia penale

26 aprile 2019

In prima serata del 26 aprile ad Amburgo è stato attaccato l’edificio di giustizia penale in piazza Sieveking. Sulla strada è stata eretta una barricata di copertoni in fiamme, la facciata e le finestre danneggiate con vernice e pietre e, per distruggerlo, sotto un traliccio video dato fuoco a dei copertoni.

Attualmente, in tanti posti degli individui combattivi stanno davanti ai tribunali. Solidarietà con lx prigionierx non pentitx e non collaborativx. A coloro delle lotte G20 ad Amburgo, ax anarchicx accusatx che in Belgio stanno davanti ai tribunali per le loro lotte. Ax anarchicx russx che resistono alla tortura, all’aizzamento e alla prigionia. Ax anarchicx in Italia che sputano in faccia alle continue operazioni repressive, all’isolamento, alla sorveglianza e alle pene lunghe.

Se lottare per la libertà è un crimine, allora l’innocenza sarebbe allora il peggiore di tutti. Solidarietà significa continuare a lottare!

Fonte: Indymedia (Tor)

Traduzione dal tedesco mc

Italia: È uscito il numero 8 della rivista “i giorni e le notti”

INDICE:

Editoriale
Quando il fango si mette a ragionare
Ancora sulla mobilitazione reazionaria in corso
Parole senza idee. Riflessioni sul sovranismo
Il nostro bisogno di sicurezza
Mettiamoci del peso

DALLA QUARTA DI COPERTINA:

Da giugno ad oggi la propaganda e la pratica del razzismo di Stato si sono fatte ancora più esplicite. Dal lato sociale – l’unico lato che ci interessa – non si può non registrare un ampio consenso alle politiche anti-immigrati, tutt’uno con gli applausi verso le forze dell’ordine sguinzagliate a sgomberare occupazioni abitative e a sorvegliare le entrate delle scuole. Chi subisce il maglio dello Stato fatica a uscire dall’angolo – un angolo in cui sono confinati tanto lo straniero povero quanto l'”antinazionale”, due figure d’altronde sempre più intercambiabili.

Ci è parso utile soffermarci sia sulle tesi sovraniste sia, riprendendo alcuni spunti del passato, sul rapporto fra tecnologizzazione della vita e razzismo, aspetti che secondo noi vanno pensati insieme.

Nell’analizzare il mondo che ci circonda parliamo sempre, direttamente o indirettamente, di noi, di ciò che vogliamo fare, della vita per cui ci battiamo. Anche il nostro bisogno di sicurezza fa parte del gioco, e non bastano alcune parole magiche – magari una bella poesia sull’ignoto – per uscire dalla tana. Serve leggerezza, ma anche peso (quello della responsabilità, ad esempio).

Il razzismo è sempre una parodia reazionaria della critica rivoluzionaria.
Per separare il grano dal loglio servono idee, e mani risolute.

Spoleto: I tempi stanno cambiando / Dibattito e concerto

Cliccare sur l’immagine per scaricare il PDF

Sabato 17 novembre 2018: I tempi stanno cambiando

Ore 17.00: discussione
Le necessità energetiche dell’attuale sistema economico e il continuo sviluppo tecnologico richiedono e dettano le odierne condizioni di sfruttamento, accentuando il divario tra sfruttati e sfruttatori e generando l’attuale catastrofe ecologica. A quest’ultima il potere intende porvi rimedio attraverso la continua accelerazione dell’innovazione tecnologica, mentre ogni anno – a causa di guerre e catastrofi “naturali” – migliaia di persone sono costrette a lasciare i luoghi in cui sono nate per cercare altrove un posto in cui vivere. Esistono dei precisi legami tra le migrazioni, lo sviluppo tecnologico, l’apparato energetico, la distruzione della terra. Intendiamo riflettere su tali questioni prendendo in considerazione la complessità e le varie facce di queste ultime.

Ore 20.00: cena

Ore 22.00: concerto dei 22.08 (electro-garagekore da Lucca)
A seguire dj set NyMala a\e D.D (digital dub)

Circolaccio Anarchico, viale della Repubblica 1/a, Spoleto (Umbria)
e-mail: circolaccioanarchico[at]inventati[dot]org

Vetriolo – Giornale anarchico – Numero 2 – Autunno 2018

Vetriolo – Giornale anarchico – Numero 2 – Autunno 2018

E’ passato del tempo. Dopo un anno pubblichiamo un numero di Vetriolo, il numero 2. Fino ad ora non abbiamo dato al giornale una periodicità più assidua e nemmeno lo abbiamo voluto. Non che in questo tempo non avessimo avuto qualcosa da dire, anzi. D’altronde non abbiamo mai strenuamente inseguito la possibilità di dare una periodicità molto stretta alla pubblicazione, che per la propria forma (sia con testi di agitazione, d’analisi e di “attualità” più o meno brevi e concisi, sia con articoli teorici più estesi e complicati) non vi si addice. Allo stesso tempo desideriamo fare uscire il giornale in tempi non troppo dilatati. Comunque pensiamo che questo giornale sia uno strumento importante per il movimento anarchico aldilà dei tempi con cui riesce ad uscire. Le pagine di Vetriolo sono sempre state e continueranno ad essere un mezzo destinato alla discussione, al confronto e allo scontro tra anarchici. Questo giornale continuerà a dare spazio e tempo al dialogo e al dibattito tra rivoluzionari, anche a quelli che si trovano ad essere imprigionati. In questo numero vi sono alcuni scritti e articoli di Marco, Anna e Alfredo, imprigionati a seguito degli arresti per l’operazione repressiva “scripta manent” del 6 settembre 2016.

Gli anarchici si sono sempre appropriati di strumenti per alimentare, col dibattito e le azioni, le idee anarchiche e l’anarchismo stesso. Su questo giornale si cercherà di continuare a dare dello spazio e del tempo per il dibattito, la polemica, la riflessione, l’approfondimento, l’analisi. Non ci stancheremo di ripeterlo, si tratta di aspetti che riteniamo ben distanti e differenti dalle chiacchere, dalle sterili opposizioni, dai luoghi comuni e dalle beghe che, a nostro avviso, affliggono alcuni contesti del movimento anarchico. In quest’ottica, questo giornale non sarà mai rappresentativo, soprattutto di una qualche fazione, “tendenza” o linea da seguire o cui attenersi. Non abbiamo pensieri da contemplare, personaggi da ammirare e nemmeno bandiere da sventolare. Abbiamo, invece, la coscienza della netta differenza di determinate convinzioni nostre rispetto ad altre. Abbiamo la consapevolezza che la rinuncia dell’anarchismo significa la rinuncia di ogni possibilità rivoluzionaria e sovvertitrice. Abbiamo la volontà e l’intenzione di mettere al bando ogni gretta superficialità.

Oggi pare che, in tanti, sempre più, ci accontentiamo di assimilare fatti e nozioni facilmente memorizzabili e condivisibili. Le beneamate cose oggettive, immediate. Nulla di così complicato, e ben poco su cui poter riflettere. C’è chi esalta una vera e propria ignoranza, rigettando “la teoria” come qualche cosa di inopportuno, di noioso, di secondario. Perfino come qualcosa di autoritario. Difatti, non a caso, può capitare di sentirsi dire di “voler fregare” e ingannare qualcuno solo esponendo ed esprimendo le proprie idee. Ignoranza rivoluzionaria? Certo che no. Queste miserie sono tipiche di chi non riesce a percepire come complementari il pensiero e l’azione. Desideriamo che questo giornale non venga “fruito” passivamente, che il pensiero non resti cristallizato tra le righe e le colonne di una pubblicazione, ma che possa animare i dibattiti esistenti tra anarchici, contribuendo alla chiarificazione di intenti e prospettive, dando spazio ai vari aspetti della lotta antiautoritaria contro il potere. Proprio per questo invitiamo i compagni interessati a farsi carico della diffusione del giornale nei propri luoghi e in maniera più ampia possibile, e invitiamo anche a fare pervenire riflessioni e critiche.

Sappiamo che si tratta di un progetto ambizioso. Questo giornale raccoglie dei pensieri, ma non li raccoglie come un semplice contenitore. Ha la pretesa di volere esplorare svariati “fili” di lettura, di analisi e di riflessione che, di volta in volta, vengono approfonditi e sviscerati. Per cui, per ogni numero, non ci limitiamo a raccogliere dei testi, degli articoli, a metterli in fila e a comporli nel giornale. Inoltre una buona parte dei testi sono destinati e ideati specificatamente per questa pubblicazione, hanno un preciso significato in questo progetto. Ogni volta torniamo ad analizzare delle questioni, dei pensieri e delle idee che riteniamo importanti, necessarie o impellenti, e con queste intendiamo anche procedere nella comprensione della realtà che ci circonda. Abbiamo questa ostinazione, questa sorta di ottusità cui non vogliamo rinunciare. E voler comprendere non è, necessariamente, sinonimo di volere essere comprensibili per chiunque.

In particolare in questo numero abbiamo “scoperto” una spontanea “cospirazione” fra i principali articoli redazionali verso il tema dell’interpretazione da dare alla rivoluzione tecnologica in corso. Ne ha parlato Alfredo Cospito nella sua intervista, di cui abbiamo pubblicato la prima parte e che finiremo di divulgare nei prossimi mesi; l’abbiamo affrontata dal punto di vista filosofico dello “statuto teorico” da (non) dare al concetto di Natura, criticando i fraintendimenti metafisici all’interno dei movimenti ambientalisti; l’abbiamo ripreso anche da un punto di vista storico, sull’articolo dedicato alla nascita dello Stato, individuando nella transizione tra la cosiddetta Età del Bronzo e l’Età del Ferro il momento storico nel quale le società autoritarie implementano la loro struttura militare e la divisione del lavoro ad essa necessaria. Ma non ci siamo fermati alla teoria, abbiamo “osato” interpretazioni a nostro avviso fondamentali per comprendere l’attualità. Come nel numero precedente avevamo osservato la crisi sociale che le nuove tecnologie avrebbe recato alle classi più povere dell’umanità (a partire dal tema occupazionale, vero e proprio tabù per la riflessione anarchica degli ultimi anni), questa volta ci siamo spinti ancora oltre: abbiamo ipotizzato che le nuove tecnologie siano direttamente correlate con la cosiddetta “crisi della globalizzazione” (perché sfruttare un bambino in Vietnam, quando i padroni potranno “stamparsi” le scarpe direttamente con le stampanti 3D?) e che fenomeni come la Brexit, Trump, Orban, Salvini, ecc., siano il prodotto di questa tendenza storica verso un nuovo nazionalismo robotico.

Insomma analisi teoriche generali per afferrare gli strumenti idonei per l’attacco al mondo reale. Perché, rovesciando lo slogan che fu dei no global, “un altro mondo è impossibile, è questo che dobbiamo combattere”. Dunque si fa un gran parlare di elasticità, flessibilità, capacità di essere comprensibili dagli altri, felicità nell’adeguarsi ai tempi che corrono (ma dove vanno se corrono?). Spesso riferendosi all’elasticità si sottende l’arte del compromesso, e alla comprensibilità l’arte della mediazione. E per molti ciò significa essere flessibili, il che vuol dire anche divenire duttili, malleabili, manipolabili e allo stesso tempo incredibilmente rigidi. Perché questo mondo, in un certo senso, ci ha abituati ad essere rigidi, di una rigidità che porta ad avere i paraocchi e le catene ben piantate nella testa. Ma perché elasticità e flessibilità devono sempre, per forza, essere sinonimi di compromesso e mediazione con una realtà che ci disgusta? Pensiamo che si possa andare oltre. La nostra è l’elasticità della fionda, una flessibilità tesa a colpire più forte. Proprio per questo riflettiamo, analizziamo e studiamo lo Stato, il capitale, la scienza, la tecnologia, l’economia, le miserie della politica, le sorti del movimento rivoluzionario. Non certo per diletto, non certo per trovare un pertugio per un futuro collocamento.

All’interno:
Elastici come una fionda
2007 – 2017. Dieci anni, fra rivolte e riflussi
Convergenze parallele. Un contributo di Marco dal carcere di Alessandria
Dal fronte popolare al fronte civile
Monocultura 24 ore
Tutta la verità…
Considerazioni sulle gabbie della democrazia
L’insostenibile pesantezza dell’essere scientifico
I sogni di prigionia e la prigionia dei sogni
Infiniti occhi
Stupratore e padrone
Contro l’anarchismo di Stato
La nascita dello Stato
Quale internazionale? Intervista e dialogo con Alfredo Cospito dal carcere di Ferrara. Prima parte
I Nuovi Mostri: l’anarchismo “sociale ma non classista”
Una storia sinistra. Seconda parte (1943 – 1962)
La pacchia è finita

Una copia: 2,00 euro. Per la distribuzione, a partire da almeno cinque copie: 1,50 a copia. Spese di spedizione: 1,30 (fino a 2 kg). Spese di spedizione in Europa. 5,00 euro approssimativamente. Gratis per le persone prigioniere.

Per richieste di copie, per contatti, riflessioni e critiche, e per spedire materiale potenzialmente interessante per la redazione del giornale fare riferimento alla e-mail: vetriolo[at]autistici.org

in inglese

[Italia]: È disponibile il numero 9 di FENRIR

È disponibile il numero 9 di FENRIR, pubblicazione anarchica ecologista
di supporto ai/le prigionierx, azione diretta, aggiornamenti e analisi
sulle lotte anarchiche e di liberazione animale, umana e della terra in
tutto il mondo. 80 pagine A4

In questo numero:

– Editoriale
– Se non ora, quando?
– Big data e società tecno-capitalista
– L’autismo degli insorti. Scritto di Alfredo Cospito
– Autopsia della rivoluzione
– Ideologia della scienza
– Appunti sulla derealizzazione
– Conversazioni tra anarchicx
– Intervista a Gabriel Pombo da Silva
– Un suggerimento
– Nisan Farber e gli anarchici di Bialystok
– Notizie dal necromondo
– Aggiornamenti sui/le prigionierx e sulla repressione di Stato
– Lettere dal carcere
– Letture consigliate

Il costo è di 3 euro a copia, oppure di 2 euro per ordini di 5 o più
copie. Il costo della spedizione con “piego di libri” ordinario è di
1,50 euro.

Per ricevere una o più copie scrivici: fenrir@riseup.net

Aiutaci a distribuire Fenrir, se hai una distro o vuoi un po’ di
copie, contattaci!

Bergamo: Iniziativa in occasione del Pride

In occasione del Bergamo Pride svoltosi il 19 Maggio in città, abbiamo voluto portare una voce contro la mercificazione dei corpi, la vendita di ovuli, l’utero in affitto e la procreazione medicalmente assistita per affermare con forza che i corpi sono indisponibili.

Ben consapevoli delle posizioni della sinistra bergamasca e di NUDM su GPA, e non solo, crediamo sia importante rompere questo silenzio assordante.
Lo smembramento clinico della donna, l’espropriazione e la mutilazione della dimensione procreativa sono per noi tasselli sostanziali contro cui lottare in un’ottica di liberazione totale. Siamo nemiche di un sistema che ci vorrebbe catalogare secondo razza, cultura, caratteri biologici e svendere al miglior offerente.

Le Angiosperme Anarchiche
Per contatti e approfondimenti: www.resistenzealnanomondo.org

Angiosperme – dal greco “seme protetto” – sono piante terrestri o acquatiche caratterizzate dall’avere gli ovuli racchiusi nell’ovario, costituito da foglie fertili arrotolate.
Noi, Donne, lottiamo contro lo smembramento della donna, la mercificazione dei corpi e della dimensione procreativa che questo sistema vorrebbe corrompere e svendere al miglior offerente.

In allegato:
– le fotografie del cartellone che una di noi aveva appeso addosso
– il volantino distribuito: fronte con un fumetto che abbiamo realizzato per l’occasione e retro con un testo

Diffondete!

Trentino: sull’incendio dei mezzi militari a Roveré della Luna

La notte tra il 26 e il 27 maggio, a Roveré della Luna, al confine tra Trentino e Alto-Adige, sono stati incendiati dei mezzi militari all’interno della caserma-poligono del 2° Reggimento Genio Guastatori. Ingenti i danni: sono serviti 30 uomini per domare le fiamme. La notizia si potrebbe chiudere qui: parla da sola. Tuttavia vogliamo esprimerci su quanto scritto dai giornali, dai politici locali e da parte della Questura di Trento.

Rivendicazioni?
È da un po’ di tempo che i giornali locali definiscono “rivendicazioni” le notizie che escono su siti o fogli di movimento, i quali raccontano quello che accade in Italia e altrove. Queste trovate ci sembra che servano allo Stato per creare un determinato tipo di clima di fronte a certe azioni. Chi commenta delle azioni o riporta dei fatti allora può entrare nella lista degli indagati. Otto mezzi militari bruciati sono un fatto.

Ancora sulla violenza
Come sempre, anche quest’azione viene commentata con la frase di rito: «per fortuna nessuno si è fatto male». Dopo i sabotaggi alle linee ferroviarie durante l’adunata degli Alpini, politici, disobbedienti del C.S. Bruno (vedi il loro testo Schizofrenia), Questura e giornali hanno definito quelle azioni pericolose per la popolazione, quando invece i tecnici di RFI avevano dichiarato fin da subito che quel tipo di sabotaggio non avrebbe potuto mettere in pericolo in nessun modo l’incolumità dei passeggeri. Se decine di azioni non hanno coinvolto delle persone forse non è un caso. Ma se un militare si fosse fatto male sabato notte? Cosa direbbero i signori giornalisti? Un militare sceglie da che parte stare nel momento in cui indossa per la prima volta una divisa, a differenza delle centinaia di migliaia di civili uccisi dalle guerre in tutto il mondo che non possono scegliere se vivere o morire; noi, le nostre lacrime e la nostra rabbia, le riserviamo per loro. Otto mezzi militari bruciati sono otto mezzi che non serviranno più alla violenza indiscriminata dello Stato.

Mezzi civili?
I media definiscono i mezzi bruciati “ad uso civile”. Sembra che siano andati bruciati una betoniera, alcuni autocarri, una pala-meccanica e due mezzi “Leopard”. Basta andare a vedere la lista dei mezzi militari in dotazione all’esercito per verificare che gli unici che si chiamano Leopard sono dei veri e propri carri armati dotati di cannoni, mitraglie ed altri sistemi d’arma. Di fabbricazione tedesca, sono stati utilizzati, per esempio, dallo Stato turco nell’invasione di Afrin ad inizio 2018. I carri armati hanno solo uno scopo: uccidere. Nelle oltre venti operazioni in cui è impiegato l’esercito italiano si scava, si demolisce, si costruisce ciò che serve agli interventi militari. Questa non è forse guerra?
Inoltre, alcuni articoli di giornale risalenti al 2014 parlano di un’interrogazione al Consiglio Provinciale per la riduzione delle esercitazioni interne alla caserma, e quelle non sono esattamente esercitazioni “civili” di tiro al piattello. «Nello specifico – dice l’articolo – si tratta di raffiche di mitra, bombe a mano e spari di fucili: rumori forti che portano con loro, oltre all’oggettivo inquinamento acustico, un forte disagio». Ma quello che “portano con loro” è molto di più; questa, dunque, non è forse guerra?

Terrorismo
Dopo l’attacco anonimo di Roveré la Procura di Trento ha aperto un fascicolo per “condotte con finalità di terrorismo”. Il fatto che qualcuno abbia incendiato ciò che produce terrore, può essere “terrorismo”? Sarà che oltre che antiquati siamo anche ripetitivi, ma per noi i veri terroristi sono i padroni e lo Stato. In un presente in cui l’orrore ci colpisce al cuore con l’immagine dei palestinesi assassinati, non stupitevi se ci rallegriamo di fronte ad azioni come questa.

Lo Stato italiano ha 120 carri armati Leopard? Bene, due non funzionano più. Come si scrive nella Germania dell’azione diretta e dell’internazionalismo, «un mezzo militare incendiato = qualcuno che non muore in Afghanistan, in Iraq, in Libano, in Libia…».
Parole semplici. Per intelligenze e cuori senza elmetto.

31/05/2018
romperelerighe

[Italia]: Processo Scripta Manent – Presenza solidale in aula il 14 giugno

Chiunque dimentica i prigionieri della guerra sociale, ha dimenticato la guerra stessa!
(Parigi, 2016)

Lo Stato colpisce e continuerà a colpire gli anarchici e i rivoluzionari fintanto che questi saranno degni del loro nome.

Il processo Scripta Manent, cominciato nel giugno del 2017, riguarda 40 anni della storia del movimento anarchico, di cui siamo parte, e sta proseguendo con un ritmo serrato.

Il cardine del teorema accusatorio di questa inchiesta si basa sulla differenziazione fra anarchici “buoni” e “cattivi” e su una interpretazione strumentale, da parte dell’apparato repressivo, del dibattito interno al movimento anarchico.

Tra gli intenti di questo processo vi è anche il tentativo di annichilire la tensione verso pratiche radicali di attacco senza mediazioni contro lo Stato e il Capitale. Pratiche che stanno alla base di ogni percorso rivoluzionario e d’insurrezione.

Non rimarremo in silenzio di fronte a questo ennesimo tentativo di mettere al bando la volontà di sovvertire l’ordine costituito.

Non riconosciamo l’ormai nota strategia repressiva di differenziazione, quindi vogliamo ribadire la nostra complicità ai compagni e alle compagne prigioniere e agli indagati dell’Operazione Scripta Manent ed esprimere il nostro sostegno alle pratiche di cui sono accusati, che sono patrimonio del movimento rivoluzionario.

Presenza solidale in aula

Giovedì 14 giugno dalle ore 9,00

Aula bunker del carcere Le Vallette di Torino

[Italia] Così è… se vi pare – Scritto della compagna anarchica Anna Beniamino

Riflessioni ed aggiornamenti su di un processo

Non ci sono grosse riflessioni da fare su di un episodio repressivo, in fondo si tratta del semplice e ciclico presentarsi di azione e reazione – e neppure su quanto giochi sporco la repressione – altro fatto ben noto, al limite qualche nota a margine sullo svilupparsi delle sue tecniche e strategie.

Questo cercherò di fare, a più di un anno dagli arresti, a processo iniziato, aperta una breccia nella campana di vetro censoria e scoperte le carte giudiziarie, nella complessità della loro miseria, dopo lo scarno resoconto sullo scorso numero di Croce Nera e gli ulteriori sviluppi a cavallo della chiusura delle indagini e dell’udienza preliminare.

Prima di qualsiasi valutazione però, mi preme ribadire, semplicemente, l’orgoglio nell’anarchia e negli anarchici che mi hanno permesso di nutrirmi di solidarietà fatta azione, scritti, rabbia rimbalzata oltre i cancelli e da carcere a carcere, mostrando ancora una volta quanto la tensione anarchica sia viva, attuale e capace di irridere le categorie e saltare gli steccati che la repressione vorrebbe imporre, scrollandosi di dosso la zavorra di paure e del mito del consenso.

Ho sempre pensato che l’anarchia sia una cosa seria, se praticata da donne e uomini dotati di ragione ed istinto, di qualcosa che – quando viene chiuso nelle gabbie e nelle strettoie del dominio – gli si ritorce contro e si fa forza delle debolezze che vorrebbero istillare. Siamo qui per questo, in una partita a dadi senza fine tra l’autorità e la sua negazione.

Ho sempre pensato pure che l’anarchia abbia l’indubbio privilegio di poter poggiare su di un potente retroterra filosofico, storico e culturale, commisto ad un atavico istinto alla negazione: elementi che ancor oggi si miscelano spontaneamente in efficaci ricette distruttive.

“L’anarchia, quando vuole, essa è potente”, per citare il compagno anarchico Panagiotis Argyrou in un suo comunicato solidale, di quest’estate, agli arrestati al G20 di Amburgo.

L’idea anarchica continua ad esser un problema per l’autorità rendendo palese, alle menti libere, la concretezza insita nella sua negazione.

Non voglio creare equivoci però, non esistono meri processi alle idee: quando la repressione colpisce avviene sempre in seguito a fatti, azioni ben precise che vanno ad intaccare la quiescenza sociale diffusa e l’assuefazione al controllo tipiche di questi anni.

Azione e reazione: si istituiscono processi agli anarchici per quello che gli anarchici sono, nemici dello stato.

La repressione – e la conseguente codificazione ed applicazione del codice penale – cambiano forma e si adattano a seconda delle contingenze e del grado di pericolosità dello scontro in atto: possono muoversi con ferocia vendicativa, facendo tabula rasa di tutto quanto si para loro davanti, con blando paternalismo o con tutta una serie di gradazioni intermedie. A volte sono i refrattari stessi a dare il ritmo all’azione, a volte subiscono, e reagiscono – ai contraccolpi repressivi. Spesso si lamentano di muoversi quando stretti alle corde, piuttosto che attaccare per primi. Bisogna però aver coscienza che patire i colpi, non significa esserne “vittime”.

Sarà che per troppo tempo quello di vittima della repressione è stato un vecchio ruolo, di comodo per alcuni, nel teatro della democrazia, una falsa e sgradevole etichetta che ha prodotto pietismo, non coscienza combattiva.

Su questo passaggio sta l’importanza di questi tempi: sulla nuova o rinnovata coscienza di esser parte contundente, apportatori di germi sovversivi se si vuole, non solo negli ambiti ristretti di movimento ma nel porsi, sociali od antisociali che ci si senta, quali fieri portatori di una serrata critica all’era del dominio tecnologico, del controllo e dell’omologazione globali.

Denudare il re e le sue vergogne, ieri ed oggi, è stato e continuerà ad esser oggetto della repressione, con vecchi e nuovi arnesi. Le ridicole categorie del codice penale – apologie, istigazioni, associazioni – mirano a colpire il tessuto connettivo tra parola ed azione, la solidarietà.

Non possiamo permetterci di stupirci di questo, più di un secolo fa c’erano le associazioni di malfattori, la regia autorità faceva chiudere i giornali e perseguitava i sovversivi e le loro riunioni, sorvegliava i locali malfamati in cui si riunivano. Oggi si monitorano pure web e comunicazione digitale.

Differentemente dai tempi passati però, il controllo si è fatto pervasivo grazie all’avvento dei nuovi orpelli tecnologici, a cui speso si accompagna una minor consapevolezza e fiducia nelle proprie potenzialità e possibilità di opporvisi.

Modelli e tecniche repressive vengono riproposti ed ammodernati (a volte neppure più di tanto), somministrati al bisogno: ora, tra l’altro, utilizzati per arginare, o tentare di farlo, un’innegabile effervescenza degli ambienti anarchici.

Prender atto di questo non significa né immobilizzarsi come animaletti impauriti sorpresi dai fari di un tir in corsa né gettarsi – mani e piedi legati – nelle fauci del mostro, convinti della sua ineluttabile voracità. Un cambio di prospettiva piuttosto: aspirare, ora e sempre, ad esser un boccone indigesto, senza cadere nell’equivoco di un’onniscienza ed onnipotenza del dominio, dove spesso non c’è una strategia globale ma un intreccio informe di interessi carrieristici in contrasto, direttive impartite e funzionari variamente zelanti.

Non va dimenticato il fattore umano, anche nella forma più deteriorata che può emergere da un compilatore di carte di questura, che rubando e deformando pezzi di vita nostra, ci fornisce un’ampia panoramica della miseria della sua essenza.

Iniziando dalla fine: dall’associazione all’istigazione e viceversa
Con l’avviso di chiusura indagini dell’Aprile 2017 – per gli arrestati ed indagati a piede libero del Settembre 2016 – è stato aggiunto, oltre ai reati già contestati, per 12 dei 17 imputati iniziali, il 414 c.p. (istigazione a delinquere) con finalità di terrorismo come ideatori e/o diffusori di Croce Nera, giornale e blog, facendo esplicito riferimento ad alcuni editoriali ed articoli dal n° 0 al n° 3. Segno dei tempi, per quanto riguarda il reato di istigazione è indicata pure l’aggravante per “aver commesso il fatto attraverso strumenti informatici e telematici”.

Inoltre il 2 Giugno 2017, con suggestiva tempistica rispetto all’udienza preliminare del 5 Giugno, la catena di Sant’Antonio della repressione ha tirato dentro al carrozzone di S.M. Altri 7 compagni, a piede libero per 270 bis e 414 c.p. perché redattori (e non) di Croce Nera e del blog di RadioAzione e Anarhjia, oltre ad accusare ulteriormente 2 dei 7 succitati, per 280 c.p., per il rinvenimento, durante le perquisizioni del Settembre 2016, assieme ad altro materiale pubblicato su Croce Nera, di copia della rivendicazione dell’attacco al tribunale di Civitavecchia del Gennaio 2016, a firma del Comitato pirotecnico per un anno straordinario – FAI/FRI. Nell’udienza preliminare sono stati unificati i due filoni d’indagine, rinviando tutti a giudizio, senza cambiar nulla delle varie imputazioni. In pratica, dopo un anno di ossessivo controllo censorio (attraverso blocchi e sequestri sistematici della corrispondenza degli arrestati, che è confluita direttamente nei faldoni del pm, aggiunti agli atti all’udienza preliminare) e monitoraggio della solidarietà, il pm e la questura sono riusciti a partorire un provvedimento punitivo, “in direttissima”, per alcuni di quanti hanno continuato a mantenere contatti con loro e continuato l’attività editoriale.

L’utilizzo affiancato di 270 bis e 414 c.p. diventa paradigmatico delle loro strategie, se si ragiona su quanto successo con la sentenza Shadow a Perugia e l’utilizzo che in questo processo se ne vorrebbe fare.

Senza dimenticare l’intensificarsi, in questi anni, del 414 c.p. usato anche “in purezza”, come direbbero gli enologi, senza tenerlo come sponda nelle accuse associative, per colpire qualsiasi scritto che “difenda” l’agire anarchico, malleabile coperchio con cui cercar di soffocare le fiamme di parole ed azioni solidali.

C’è da sottolineare, d’altro canto, che i mezzucci da questurino non hanno intimidito nessuno.

Carta riciclabile…
…La struttura dell’indagine
Sarà che gli scritti rimangono ma, con Scripta Manent, la procura e la Digos torinesi non hanno voluto buttar via proprio niente. Hanno riesumato dal cimitero degli elefanti delle archiviazioni e dei processi già fatti, rimasticandoli e risputandoli, circa 20 anni di monitoraggio e repressione:

Processo ORAI (pm Marini, ROS, Roma) del 1995;

Indagine sull’attentato a Palazzo Marino a Milano nel 1997 a firma Azione Rivoluzionaria Anarchica;

Indagine su Solidarietà Internazionale (pm Dambruoso, Digos, Milano) archiviata nel 2000;

Operazione Croce Nera (pm Plazzi, ROS, Bologna) che nel 2005 aveva portato agli arresti dell’allora redazione di Croce Nera, poi risoltasi in breve tempo, in una sentenza di non luogo a procedere;

Indagine su plico incendiario a questore di Lecce del 2005 a firma Narodnaja Volja/FAI;

Indagine sull’attentato alla caserma allievi C.C. Di Fossano e plichi incendiari a firma FAI/RAT del 2006 (pm Tatangelo, ROS, Torino) archiviata nel 2008;

Indagine sui plichi incendiari ed attentato alla Crocetta a firma FAI/RAT del 2007, archiviata nel 2009 (pm Tatangelo, Digos, Torino);

Operazione Shadow (pm Comodi, Digos, Torino) iniziata nel 2009 per 270 bis, 280 c.p.; risoltasi nel 2016 con condanne per 414 c.p. per il periodico KNO3 e 2 condanne per furto d’auto e tentato sabotaggio a linea ferroviaria;

Operazione Ardire (pm Comodi, ROS, Perugia) iniziata nel 2010, che porta a 8 custodie cautelari nel 2012, poi confluita integralmente in Scripta Manent dopo passaggi di competenza territoriale prima a Milano, poi a Torino;

Indagini Kontro, Replay, Sisters, Tortuga (pm Manotti, ROS, Genova) su attentati a caserme C.C. di Genova, RIS di Parma del 2005 e altri attacchi;

Indagine Evoluzione, Evoluzione II (pm Musto, Milita, ROS, Napoli) Iniziata nel 2012 sull’attacco ad Adinolfi “evolvendosi” poi in monitoraggio su RadioAzione e RadioAzione Croazia;

Indagine Moto (pm Franz, Piacente, ROS, Genova) che nel 2012 ha portato agli arresti di Nicola Gai e Alfredo Cospito;

Indagine su pacco-bomba ad Equitalia (pm Cennicola, Polino, Digos, Roma) del 2011, riaperta nel 2014;

Indagine si attentato al tribunale di Civitavecchia e molotov ai C.C. di Civitavecchia del 2016 (pm Cennicola, ROS, Roma).

Questo lungo elenco è fatto spulciando l’indice – e dimenticando sicuramente qualcosa – senza citare tutta un’altra serie di monitoraggi e informative travasate da un’inchiesta all’altra, da una questura all’altra, spesso contesi a suon di competenze territoriali attraverso le scappatoie permesse dalla formulazione del reato associativo.

La strategia sottesa a tutto questo è abbastanza evidente, la stessa mole di carte per quanto contraddittoria diventa suggestiva. Si consideri che vengono quasi interamente riversati in Scripta Manent gli atti dei procedimenti succitati, che aggiunti alle elucubrazioni del duo Sparagna/Digos torinese diventano 206 e più faldoni di atti giudiziari.

Schedatura e scrematura: centinaia di nomi e curriculum vitae, di episodi di sovversione quotidiana, schedati, sezionati e ricomposti ad hoc. Alle traiettorie esistenziali, ai frammenti di discussioni e ai giornali pubblicati si sovrappongono interpretazioni discordi a seconda dell’occhiuto controllore di turno, acrobazie attributive spazio-temporali, neo-lombrosiani studi comportamentali. Non è la prima volta che accade, così come è ben collaudato il tentativo del setaccio tra “buoni e cattivi”, l’utilizzo della stampa anarchica come “clandestina” e prodromica all’”associazione”.

Spesso capita, e son la prima a farlo, di dar dell’ironia su grossolanità ed incongruenze palesi delle carte giudiziarie, dimenticandosi però che c’è una consapevole arroganza del potere in questo.

Al di là della pescata grossa o piccola che faccia, l’apparato repressivo è ben consapevole della manovrabilità che le sue operazioni anti-terrorismo permettono. Sorvegliare e punire… monitoraggio approfondito su contatti, reazioni, tentativi di pressione sulla “tenuta” e ampiezza solidale, lunghe carcerazioni preventive.

Ritengo però miopi e sbagliate le analisi che vorrebbero vedere la repressione contro determinati settori di movimento come un laboratorio dove in vitro si sperimentano tecniche repressive che verranno poi allargate a vasti strati sociali. In questo c’è una certa paternalistica, per quanto ingenua, presunzione oltre al tentativo di cercar consenso, attraverso il cemento della repressione, nel dissenso tiepido di questi anni.

Quando invece, l’utilizzo del bastone e della carota è molto più articolato e subdolo.

Il potere non ha bisogno di testare in vitro la repressione sugli anarchici, semplicemente applica sugli anarchici un frammento della violenza dispiegata in modo molto più feroce altrove: quando lo stato non si fa problemi ad addestrare bande armate di mercenari per difendere i propri confini ed interessi, ad affogare quotidianamente migliaia di esseri umani, di utilizzare gli allontanamenti coatti dal proprio territorio ogni settimana per meri reati d’opinione (basta un semplice click sulla pagina del primo idiota, integralista religioso del 21° secolo per ritrovarsi imbarcati sul primo volo).

LA repressione somministra, per ora, punizioni ben diversificate ed è ben consapevole di dove può allargarsi in maniera indiscriminata, con la più ampia ed asservita copertura mediatica. Senza nulla togliere al fatto che anche in ambiti di movimento le pene “esemplari” non mancano.

Spesso risulta che i compagni siano più cautelati e consapevoli nell’affrontare la repressione. Non è casuale che arrivino da queste parti le attenzioni maggiori all’evoluzione delle tecniche di schedatura, controllo, monitoraggio massivo nonché a quelle di manipolazione del consenso.

Psico-antropologia da questura
In un quadro di accuse dove tutto si muove si deduzioni/illazioni a cercar di far da collante interviene in dosi massicce una sorta di studio comportamentale. La consapevolezza – ed il sottrarsi – all’occhiuto ed onnipresente controllo poliziesco diventano essi stessi suggestivi.

Esistono prassi ormai consolidate negli ambienti di movimento, anzi ormai una prassi sociale diffusa per i più disparati motivi: parlare in maniera evasiva per telefono od utilizzarlo in maniera limitata, non compulsiva come vorrebbe la guida del cittadino-consumatore perfetto; porre attenzione a pedinamenti; eliminare microspie e telecamere da casa, auto, luoghi di lavoro; porre attenzione al controllo telematico, per far qualche esempio.

Conosciamo da anni pure le opportunistiche interpretazioni sbirresche delle frequentazioni con amici e compagni e nelle iniziative di movimento: ad insindacabile giudizio del guardone di turno e/o miopia calcolata, a seconda della necessità, si è troppo o troppo poco presenti. Conosciamo pure la passione questurina per scambiare qualsiasi iniziativa, viaggio o gita fuori porta come “incontro tra sodali” (l’eccesso di zelo dei birri piemontesi è arrivato a nutriti video-reportage al mare, in Liguria sugli scogli a Ferragosto, con tanto di nuotate alla boa come “incontri riservati”).

Ora, in un perfetto incrocio tra psico-polizia e commedia all’italiana diventa suggestiva l’assenza: assenza fisica, assenza di telefonate e contatti. Questo non è ancorato, nella tesi accusatoria ad un particolare evento od azione ma vale di per sé il sottrarsi al controllo, o meglio il non essere monitorati passo a passo, e non è ben chiaro se ciò avvenga per volontà dei controllati o per incapacità manifesta dei controllori.

Troppa ironia? Forse sì, visto che la realtà è fatta di un controllo ossessivo ed inquietante che non si tira indietro di fronte a nulla: perquisizioni estemporanee travestite da controlli sul malfunzionamento dei microfoni occultati in casa, controlli e radiografie delle spedizioni postali prelevando direttamente la corrispondenza da buche delle lettere e uffici di smistamento postale: duplicati delle chiavi per entrare nei luoghi di lavoro in assenza degli indagati, telecamere nascoste in luoghi pubblici in quanto “presunti obiettivi”.

Questi sono solo alcuni esempi di un’applicazione piuttosto capillare del controllo, oltre a quelli tradizionali: telefoni intercettati per anni, microspie in casa e sul lavoro, gps in auto, telecamere sugli ingressi di casa, cantina e luoghi di lavoro, controllo incrociato di tabulati telefonici e positioning dei cellulari, pedinamenti con foto e videoriprese, intercettazione traffico mail e ascolto ambientale tramite i computer.

Poi, sempre nella suggestione tecno-logica e pseudoscientifica del nuovo millennio, un fiorire di statistiche, diagrammi, percentuali, incroci di dati tra i più curiosi: quante volte gli imputati si sono incontrati nel corso degli anni (…anche a casa loro, tra parenti e conviventi, nonché ai loro stessi processi) e quante volte si sono incontrati… i rispettivi telefoni; in quali giorni della settimana arrivano più plichi incendiari; quali centri urbani siano interessati da più attentati; quali parole preferiscano utilizzare gli anarchici… ma lì si sconfina dallo studio sociologico statistico e comportamentale, ad un altro caposaldo da tribunale…

La suggestione di una perizia
In questo processo balza agli occhi evidente una tecnica sartoriale per attribuire i reati specifici ai singoli imputati. Per dar corpo alle supposizioni accusatorie viene fatto un utilizzo massiccio di perizie grafiche, linguistico-stilistiche per attribuire ad un paio di imputati la scrittura di alcuni testi rivendicativi.

Detta così sembrerebbe una cosa seria (e lo è in quanto funge da pretesto per la custodia cautelare), addentrandosi nella lettura di una moderna perizia che utilizza sia la tecno-logica che la mente umana si vede però quanto i metodi utilizzati siano discutibili e malleabili ed i risultati aleatori.

Da un lato è evidente la scelta di procedere ignorando scientemente i risultati contraddittori rispetto alle tesi da sostenere, per cui i confronti con esiti negativi vengono ignorati e si setacciano i testi cercandone di adattabili al bisogno. Termini di uso comune o propri del linguaggio politico-poetico anarchico diventano caratterizzanti tanto che in questo parossismo di abbinamenti abbondano le attribuzioni… cioè ne escono fuori delle più disparate, che pure travalicano le accuse ed imputazioni stesse.

Il meccanismo repressivo è ben consapevole dell’inconsistenza di determinati confronti e perizie – e lo ammette pure tra le righe – però è parimenti consapevole che l’utilizzo del DNA e di altre perizie tecnico-scientifiche è stato venduto all’opinione pubblica come tecnologia certa ed inoppugnabile e così si cerca di utilizzarlo anche in tribunale. In realtà la casistica di errori manipolazioni ed approssimazioni è notevole (ed ormai pure la giurisprudenza è costretta ad ammetterlo, dopo i primi anni di utilizzo “acritico” di qualsiasi reperto biologico). Ne abbiamo traccia anche di recente, in giro per il mondo, in processi che hanno riguardato compagni.

Da questo compulsivo raccattamento di materiali e confronti incrociati si ricavano però alcuni dati sulla loro raccolta e utilizzo sistematici.

Il DAP si offre come serbatoio, oltre che di foto segnaletiche ed impronte, anche di altre tracce di carcerazioni passate, fornendo schede personali e reperti grafici di tutti gli anarchici transitati per le patrie galere, cavando fuori dai propri archivi addirittura corrispondenze, istanze, domandine, etc. Se un arresto o una perquisizione non ci sono stati si arriva addirittura all’anagrafe o altri archivi cittadini.

Svariate banche-dati del DNA sono in uso da più di 10 anni, non solo con i prelievi fatti durante perquisizioni, ma conservando campioni e facendo confronti incrociati di reperti in possesso ai vari archivi.

Questi sono solo alcuni aspetti, da ampliare e su cui ragionare. Rimane il discorso che, in un quadro dove i procedimenti repressivi sono vasi comunicanti, l’assenza è accusatoria, la solidarietà è un’aggravante, se Scripta Manent cercava di colpire alcuni anarchici, ha invece contribuito a far fiorire solidarietà e consapevolezza e questo – a conti fatti – nonostante la ristrettezza del mio attuale orizzonte, non può che continuare a farmi sorridere.

Anna

Roma, Gennaio 2018

in portoghese

Italia – Aggiornamenti udienze Operazione Scripta Manent

Testo scritto da Anna e Marco circa l’andamento del processo in cui sono imputati per l’operazione Scripta Manent.

Nelle udienze di gennaio e febbraio sono continuati a scorrere i testimoni dell’accusa (in origine il PM Sparagna ne ha citati una settantina) principalmente digos torinesi, polizia, carabinieri, artificieri, testimoni, relatori della scientifica di Roma e del Ris di Parma, tutti in relazione ai reati specifici contestati. Inoltre sono stati chiamati a deporre alcuni redattori, od ex redattori, di Radio Blackout di Torino sul ricevimento di alcune rivendicazioni ed un occupante dell’Asilo in relazione ai rapporti di conoscenza e corrispondenza tenuta con gli imputati.

Nelle udienze del 7 e 8 marzo hanno fornito le loro relazioni quelli che dovrebbero essere i pilastri dell’impianto accusatorio, ovvero i prestatori dell’opera “d’ingegno” che va a puntellare il tutto: i periti grafici, l’esperto d’analisi linguistico/stilistica, ed un digossino torinese addetto a dare il quadro generale dell’accusa.
Il duo di grafologhe Rosanna Ruggeri e Paola Sangiorgi, periti/consulenti del PM ed esercitanti il mestiere privatamente, non presso Scientifica, Ris o quant’altro, ha relazionato durante l’udienza del 7 marzo, sulla perizia effettuata nel 2014 confrontando testi normografati e indirizzi vergati a mano dei plichi incendiari/esplosivi a Torino Cronaca, Coema Edilità ed all’allora sindaco Chiamparino del luglio 2006 e delle relative rivendicazioni con i campioni di mano scritture di tre degli imputati (appunti prelevati durante perquisizioni, lettere dal carcere, modulistica varia).
Il duo ha manifestato la certezza che le scritture effettuate a normografo non sono attribuibili. Per quanto riguarda i confronti sulle mano scritture ha cercato di mettere in rilievo le somiglianze o i tratti grafici peculiari tra singoli caratteri scelti tra i vari campioni di scrittura: l’esito sarebbe una probabile somiglianza con alcuni campioni di due degli imputati.
Il duo ha impiegato un paio d’ore, più che a motivare la “probabilità”, a difendere la serietà delle prestazioni offerte e del metodo utilizzato che appunto… non consente attribuzioni su base certa ma appunto ad un discorso probabilistico.

Oltre a questo la difesa, facendo riferimento alla loro ignoranza di analisi precedentemente effettuate, ha fatto notare che gli stessi reperti (le etichette manoscritte dei pacchi del 2006 e le relative rivendicazioni) sono state oggetto di perizia nel corso di indagini effettuate all’epoca dei fatti, in particolare nella relazione del Ris di Parma del luglio 2006 era stato appurato che si trattava di scritture ricavate da ricalco, quindi non attribuibili.
Il perito linguistico/stilistico consulente del PM, Michele Cortelazzo, tenutario di cattedra all’Università di Padova ha relazionato sulla perizia fatta nel 2014 in cui ha confrontato testi di articoli pubblicati da tre degli imputati e diversi testi di rivendicazioni a firma di diversi gruppi FAI. La perizia ammette che il linguaggio utilizzato fa parte dell’“universo discorsivo dei movimenti antagonisti”. Crea però degli abbinamenti fra testi degli articoli ed alcune rivendicazioni in base al metodo “qualitativo” e a quello “quantitativo”.
L’analisi quantitativa, viene spiegato, è effettuata tramite un software che crea degli abbinamenti in base a termini trovati setacciando porzioni di testo.
In particolare vengono indicati alcuni “tratti caratteristici” quali l’utilizzo di termini, non frasi, quali “palestra”, “anonimo”, dittologie (abbinamenti di due termini) contenenti “forza” e/o “gioia”, “di turno”, “più o meno” e via dicendo.
Senza ricorrere alla sinergia tra un software e un cattedratico, pare che questi termini facciano parte del linguaggio comune, non solo di movimento.

Esposte le incertezze peritali è stata la volta della lunga relazione, durata più di un’udienza e terminata il 15 marzo di quello che sembra lo scheletro dell’inchiesta. Il tuttologo della Digos torinese tal Luciano Quattrocchi ha esordito magnificando le proprie doti di investigatore su operazioni su aree non anarchiche, per poi esporre la sua personale applicazione dello schema accusatorio su suggerimento del PM Sparagna e del suo nuovo strumento d’analisi, il binomio esclusione/inclusione (si suppone dal novero dei buoni e dei cattivi…) per contestualizzare l’inserimento di frasi estrapolate da giornali, scritti, commenti e documenti pubblicati negli ultimi 20 anni, discussioni e conoscenze dirette fra compagni, eventi repressivi passati (vengono in questo caso ripresi integralmente, senza spostare una virgola, intercettazioni ambientali, ricostruzione indagine sui fatti del quartiere Crocetta, a Torino, archiviate nel 2009) ed indagini riaperte ad hoc.
Sotto la lente degli indagatori passa un po’ di tutto: da Emile Henry a Horst Fantazzini e Baleno, dai documenti di Azione Rivoluzionaria per cui uno degli attuali imputati è stato processato più di trenta anni fa e su cui altri imputati stavano preparando una memoria storica (parte di un libro più ampio sulle pratiche di lotta anarchica, negli scorsi anni) a quelli inerenti al dibattito durante il processo Marini (un documento letto in tribunale, in gabbia, per la morte di Baleno nel 1998, discussioni sulla necessità di dare voce alle varie posizioni su metodi organizzativi, comunicati dal carcere).
È passato poi all’analisi di CroceNera, vecchia e nuova, fino ad arrivare agli articoli pubblicati sull’ultimo numero, proprio su Scripta Manent e l’analisi della corrispondenza, sotto censura, degli arrestati.

Con l’udienza del 12 aprile, su richiesta dell’accusa, è stata assegnata ad una perita la traduzione dallo spagnolo della vecchia corrispondenza finita agli atti, di alcuni imputati. Si è poi passati al contro-esame del digossino torinese da parte della difesa.
Nel corso del contro-esame uno dei compagni imputati è intervenuto ripercorrendo il proprio vissuto dal dicembre ‘69, all’esperienza in Azione Rivoluzionaria, alla latitanza, il carcere, fino ad oggi. Nelle prossime udienze del 18 aprile e 3 maggio, dovrebbero comparire i Ros di Perugia e di Napoli per riferire sulle rispettive indagini, poi confluite in questo procedimento: le cosiddette operazioni Ardire, Evoluzione I e II.

Trentino: A proposito di ritrovamenti

Sono mesi in cui i segni lasciati dagli spioni del potere sembrano essere tutt’altro che rari. Come avvenuto in alcune altre città durante il rumoroso periodo natalizio, anche in Trentino abbiamo scoperto chi si nascondeva dietro gli strani avvisi di due macchine di compagni. Un paio di mesi fa abbiamo trovato microfoni e gps installati sulle automobili.

Ma un secondo ritrovamentro, decisamente più inquietante, ci ha lasciati un poco più colpiti. Qualche settimana più tardi, infatti, abbiamo trovato una microtelecamera nella cucina-sala di un’abitazione.

Il tutto era stato posizionato in un angolo della stanza, poi coperto con della malta lasciando solo un buco microscopico per la telecamera.

Roma: Incendio ad auto in solidarietà ad anarchici

Ad agosto roma è vuota e fa caldo, presto ci si annoia a fumare e bere birrette in piazzetta. per rompere con una quotidianità reiterata e arrabbiati per i troppi prigionieri della guerra sociale, una sera abbiamo deciso di andare in giro a fare danni.
Presto abbiamo incontrato una macchina del corpo diplomatico, a cui abbiamo dato fuoco con gioia. È facile, basta una scatola di diavolina!

Con quest’azione abbiamo voluto mandare un saluto solidale a tutti i prigionieri anarchici in carcere, in particolare a paska e ghespe e a riccardo rinchiuso nelle carceri di Amburgo.

Comitiva Allegri Incendiari

[Italia]: Processo in cassazione per articolo sul mensile “Invece”

Giovedì 19 ottobre c’è stata la cassazione a Roma per il processo al compagno accusato di istigazione alla
violenza per un articolo apparso sul mensile anarchico “Invece” nel maggio del 2012.

L’articolo riguarda un libro scritto da Pierpaolo Sinconi, capitano dei carabinieri. Egli ha partecipato alle missioni di guerra in Bosnia Erzegovina, Kosovo ed Iraq. Ha insegnato presso centri di formazione per il peacekeeping in Africa, America, Asia ed Europa. Fa parte del gruppo di esperti in peacekeeping e peacebuilding dei paesi del “G8”. E dal 2006 insegna Diritto Internazionale e Diritto Internazionale Umanitario presso il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units di Vicenza.

Il reato contestato è “istigazione alla violenza”.
Nonostante l’articolo fosse firmato, i Ros di Roma e Trento hanno svolto indagini per individuare chi fosse l’autore, da lì le perquisizioni nel settembre 2013.

La sentenza è stata confermata a un anno e tre mesi di reclusione, inoltre il PM ha dichiarato il ricorso in cassazione inammissibile quindi il compagno riceverà anche una multa.
La condanna essendo sotto i tre anni non avrà l’arresto immediato, si hanno ora 30 giorni per depositare gli incartamenti necessari per la richiesta delle possibili pene alternative.

CONTRO CHI VIVE DI GUERRA LA VERNICE È IL MINIMO!

Anarchici ed anarchiche di Trento e Rovereto

Torino: Lettera di Beppe dal carcere

Lettera scritta il 4 ottobre ricevuta il 9

Ciao a tutte e tutti.
Sono stato arrestato il 4 agosto con la misura cautelare di custodia nel carcere “Lorusso e Cotugno” di Torino insieme ad altr* 4 compagn* e due compagne con la misura cautelare di divieto di dimora dal comune di Torino e provincia per esserci frapposte all’ennesima retata nel nostro quartiere, ma già molto abbiamo detto al riguardo e non mi dilungherò oltre.

Dopo due settimane in carcere, il Tribunale della Libertà ha modificato la misura cautelare per i/le cinque arrestate alla custodia cautelare presso i domicili da noi presentati. Per quel che mi riguarda ho deciso di andare da una compagna presso il comune di Roma. Lì i controlli si sono susseguiti di giorno in giorno fino al 22 settembre; giornata nella quale, alle sette del mattino circa si sono presentati alla mia porta vari poliziotti in borghese e due volanti per notificarmi un aggravamento di pena, richiesto dai carabinieri preposti al mio controllo della caserma di La Storta per una presunta evasione effettuata in daa 31 agosto. Da quel momento (22/9) sono quindi stato tradotto al carcere di Regina Coeli.

Non cercherò certo qui, tra queste righe, di difendermi da tale accusa, ma quantomeno ne approfitterò per salutare e abbracciare col cuore le mie sorelle e i miei fratelli, compagne e compagni. Ripetendo a me stesso che, nonostante la repressione, le angherie e i soprusi ci saremo sempre l’un per l’altra. Che non smetteremo di lottare. Che ci ritroveremo ancora sulle barricate, sorridenti, determinate e a testa alta. Che per quanto possano temporaneamente o meno togliere di mezzo una/o di noi, altre ed altri saranno li a colmare il vuoto. Che non ci sarà pace né tregua per chi ci opprime e reprime.

Con rabbia e amore, vostro compagno
Beppe

——————————————————————–
Beppe è stato trasferito il 13 al carcere delle Vallette a Torino, per scrivergli:

Giuseppe de Salvatore
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno,
Via Maria Adelaide Aglietta, 35,
10149 Torino

[NdR: Beppe è stato accusato, con altr* compagni e compagne anarchic*, di resistenza aggravata e danneggiamenti; le accuse si riferiscono al tentativo di opporsi a una retata di polizia in un parco della zona Barriera di Torino dell’aprile 2017, quando ci fu una carica contro compagn* che cercavano di ostacolare con cori e slogan i controlli nei confronti di chi si trovava nell’area, tra cui immigrati e persone senza casa. ]

È uscito il quinto numero del giornale ecologista radicale «L’Urlo della terra»

In questo numero:

Monsanto-Bayer  matrimonio criminale
Ecologismo e transumanismo connessioni contro natura
Dove trans-xeno-femminismo, queer e antispecismo incontrano la tecnoscienza
Il cyborg: una metafora che si incarna, un dispositivo di potere e la fine di ogni liberazione
Vaccini: armi di distruzione di massa
G7 agricoltura: affari, controllo e dominio
Come sbancarsi la vita  la fondazione Mach in Trentino
Non una semplice isola
Loro hanno paura di noi perché noi non abbiamo paura di loro
La riproduzione artificiale dell’umano di Alexis Escudero – Ortica edizioni, 2016
Salti nella notte…
Disarticolare il mondo dell’autorità

EDITORIALE:
In tanti anni che lavoriamo su questioni come l’ecologismo, le nocività e la tecnologia, abbiamo sempre pensato che il punto di partenza, preliminare ad ogni percorso di lotta, fosse quello di chiarire, tra le varie posizioni critiche, chi questo sistema di sfruttamento lo vuole combattere e chi invece lo rafforza alimentandolo, costruendogli possibili scappatoie.

Parlando di nocività, per esempio, il lavoro svolto da gran parte dell’ambientalismo e da certo ecologismo è il caso sicuramente  più emblematico e significativo su come il sistema non solo abbia recuperato delle istanze, ma su come sia riuscito a intervenire e trasformare la realtà in nome di queste. Negli anni si è aggiunto anche l’animalismo e gran parte dell’antipecismo.

Abbiamo però dato per scontato che certi ambienti più sensibili con idee radicali verso le trasformazioni di questo mondo fossero perlomeno più fermi nel considerare e riconoscere certi processi come manifestazioni del potere. La scienza può forse essere considerata neutrale in questi tempi? Eppure in tante/i hanno posto dei seri dubbi sulla non neutralità.

In vari mesi di presentazioni del giornale, ma anche dei nostri progetti legati alla critica delle tecno-scienze, non avremmo  pensato di uscirne così sconfortate/i. Sconforto perchè è come se tutto un lavoro passato non fosse stato compreso fino in fondo. Ci siamo interrogate/i sul perchè di una simile situazione. Forse è per il modo con cui è stata criticata la tecnologia e un certo progresso in certi contesti senza andare a fondo nel problema, pensiamo al nucleare: basta soffermarsi solo sull’aspetto radioattivo delle scorie o su come questa tecnologia sia calata dall’alto? Per il primo aspetto potranno propinarci una “soluzione” per lo stoccaggio delle scorie e per il secondo aspetto potranno far diventare il nucleare una “partecipazione”: non potendone uscire bisogna imparare a conviverci e a cogestirlo insieme alle compagnie energetiche…

Aspetti parziali che non tengono conto della complessità di una nocività radioattiva, sociale, ecologica…

La critica alla tecnologia fatta solo ed esclusivamente perché questa è una manifestazione del potere, se può in un primo momento sembrare positiva, ha dei limiti perché di fatto ha portato a un allentamento del pensiero, a tanti slogan e luoghi comuni acritici.

Nel confronto, spesso anche scontro acceso, tra le varie posizioni, pensavamo di trovare convinte/i tecnofile/i solo tra i soliti ambienti di sinistra, fiduciosi nel progresso sempre e comunque, anche se nucleare o nanotecnologico. O in certi ambienti polverosi fermi con analisi ottocentesche che, anche se nel mentre siamo arrivate/i alla cibernetica e alle figlie in provetta, loro cercano ancora la borghesia… Invece abbiamo scoperto ambienti libertari difensori del transumanesimo, arrivando addirittura a distinguerne uno di destra e uno libertario-anarchico, tanto da ipotizzare di impossessarsi dei Big Data (i pseudo dibattiti sul transumanismo pubblicati su “Umanità Nova”).

Abbiamo visto dei contesti femministi, anche libertari, sostenere le tesi dello xenofemminismo e la riproduzione artificiale dell’umano, usando come motivazione tutti gli stereotipi degli ambienti accademici pro-scienza, arrivando a giustificare i più controversi processi della tecno-scienza, distruggendo così in un colpo solo anni di lotte di donne reali e non ancora metafore cyborg in attesa dell’ennesimo decostruzionismo.

Anche alcuni contesti antispecisti, quelli più impegnati nell’approfondimento teorico, sono caduti nel sogno transumanista di una tecnologia liberatrice.

In tutto questo ovviamente la natura non esiste più. Cancellato finalmente il selvatico, dentro e fuori di noi, si scopre che l’empatia tanto decantata nei volantini patinati era esclusivamente destinata agli animali creati dall’uomo nelle selezioni per l’allevamento o per la vivisezione…

Sicuramente abbiamo scoperto che l’intossicazione del sistema, con i suoi mezzi di dissuasione e propaganda di massa, non risparmia nessun contesto, nemmeno quelli critici. Forse allora sarà da questa critica che sarà necessario ripartire, ma dovremmo prima capire che direzione sta prendendo: se verso le braccia cyborg del dominio o verso una landa selvaggia dove la liberazione è ancora possibile.

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[Italia]: In cassazione si conclude la vicenda processuale contro Silvia, Billy e Costa

Dopo cinque anni di udienze si è concluso in questi giorni a Roma il processo in cassazione contro Silvia, Billy e Costa accusati dalla Procura della repubblica di Torino di trasporto e ricettazione di esplosivi tra l’Italia e la Svizzera con finalità di terrorismo.

Dal momento in cui Silvia, Billy e Costa avevano terminato di scontare le pene inflitte nel processo in Svizzera, la Procura di Torino, nelle vesti del Procuratore Arnaldi Di Balme, ha cercato di imbastire un processo prima per associazione sovversiva (coinvolgendo anche altre persone facenti parte della Coalizione contro le nocività) e successivamente, con più appelli, ha cercato di dimostrare che un pezzo del tentativo del sabotaggio in Svizzera fosse stato preparato in Italia, perlomeno nel recupero e trasporto dei materiali necessari.

La cassazione ha invece confermato la precedente sentenza di improcedibilità secondo il principio “Ne bis in idem”, ovvero non poter giudicare una persona più volte per lo stesso reato, appellandosi dunque ad un principio di difetto di giurisdizione.

Per chi volesse approfondire rimandiamo alla lettura della pubblicazione “Solidarietà e complicità”: raccolta di testi intorno al tentativo di sabotaggio del centro IBM sulle nanotecnologie in Svizzera e sulla solidarietà espressa da realtà di movimento anche a livello internazionale.

in portoghese

[Torino, Italia] Appello alla solidarietà internazionale per il 16 novembre – giudizio “Scripta Manent”

Il 16 novembre, alle ore 10.00, davanti all’aula bunker a Torino, si terrà la prima udienza del processo “Scripta Manent”, che avrà un lungo percorso di giudizio, e che vede imputati/e 22 compagni/e anarchici/che, di cui sette attualmente in carcere.

L’apparato repressivo dello stato accusa parte del movimento anarchico di attaccarlo con pratiche di: azione diretta distruttiva contro le sue strutture e i suoi uomini, realizzazione e diffusione di stampa anarchica e sostegno ai prigionieri ed alle prigioniere rivoluzionarie.

Il teorema del P.M. Sparagna è quello per cui le posizioni delle compagne e dei compagni indagati sono isolate e lontane dal contesto anarchico.

Il suo è un chiaro tentativo di parcellizzare e rinchiudere l’anarchismo entro determinati recinti, giudiziari ed interpretativi.

Scardiniamo il tentativo di isolare questi compagni e queste compagne e sosteniamo che le pratiche e le posizioni di cui sono accusati/e sono patrimonio di tutti gli anarchici e rivoluzionari, e riaffermiamo la nostra vicinanza e solidarietà agli imputati e alle imputate.

Facciamo un appello a partecipare al presidio di giovedì 16 novembre alle ore 10.00 di fronte all’aula bunker del carcere “Le Vallette” di Torino e rilanciamo, per quel giorno, una chiamata alla solidarietà internazionale con tutti gli anarchici, i ribelli e i rivoluzionari prigionieri; nei luoghi e secondo le modalità che ognuno/a ritiene più opportune.

in spagnolo, inglese, portoghese, tedesco

[Italia]: È disponibile il numero 8 di FENRIR

È disponibile il numero 8 di FENRIR, pubblicazione anarchica ecologista di supporto ai/le prigionierx, azione diretta, aggiornamenti e analisi sulle lotte anarchiche e di liberazione animale, umana e della terra in tutto il mondo. 84 pagine A4

In questo numero:

– Editoriale
– Se non ora, quando?
– Per un Giugno Pericoloso
– Scia di attacchi alle infrastrutture energetiche e dialogo tra
anarchicx
– Su anonimato, rivendicazione e riproducibilità delle azioni
– Un naufragio in corso?
– La scienza al servizio della repressione
– L’individuo nella società tecnologica. La schiavitù dell’automazione
– Nell’era digitale
– A cosa serve l’energia?
– Canti di festa da terre lontane
– Il sangue nel microchip
– Guerra per la sopravvivenza in Africa
– Cyborg anti-tecnologia?
– Notizie dal necromondo
– Insurrezione contro il destino
– Aggiornamenti sui/le prigionierx e sulla repressione di Stato
– Lettere dal carcere
– Letture consigliate

Il costo è di 3 euro a copia, oppure di 2 euro per ordini di 5 o più copie. Il costo della spedizione con “piego di libri” ordinario è di 1,30 euro.

Per ricevere una o più copie scrivici: fenrir@riseup.net

Aiutaci a distribuire “Fenrir”, se hai una distro o vuoi un po’ di
copie, contattaci!

[Italia]: È uscito Vetriolo – numero 1 – autunno ‘17

Infine abbiamo pubblicato il numero 1 del giornale anarchico Vetriolo. In concomitanza abbiamo anche ristampato il numero 0, per coloro che recentemente ce ne hanno chiesto copie, siccome esaurito da tempo. Dopo svariati mesi di censura è arrivato il contributo che il compagno anarchico Alfredo Cospito scrisse nell’inverno scorso per l’uscita del precedente numero; lettera che venne bloccata e sequestrata per ordine del giudice inquisitore Sparagna, mandante dell’operazione “scripta manent”.

In questo nuovo numero c’è spazio per approfondimenti su questioni aperte nel precedente, in particolare sulla questione delle città, sul frontismo e l’internazionalismo, sulla storia del movimento degli sfruttati, e il proseguo del tentativo di analisi ed elaborazione di una teoria anarchica dello Stato. Inoltre, abbiamo analizzato anche altre questioni: una riflessione etica sul concetto di coerenza; un’altra sulla sopravvivenza negli spazi urbani e sulle modificazioni che in questi avvengono; un articolo di analisi della tecnologia e, in particolare, della robotica, sia da un punto di vista ecologico che da quello delle conseguenze sociali e anti-sociali. Uno spazio importante lo dedichiamo al tema della “guerra”. Con il nostro tono spesso aspro e con articoli polemici, auspichiamo sempre al confronto e alla crescita del movimento anarchico rivoluzionario.

All’interno:

– La finestra sul porcile
– Contro la guerra, contro la pace
– Tempi maduri
– Azione e reazione
– In nome della coerenza
– L’unica amministrazione possibile
– Tradire il fare
– Il dominio tecnologico tra ideologia e realtà
– L’ora di ricreazione
– Un contributo a proposito di frontismo e internazionalismo
– Lo Stato non è un’app
– Una storia sinistra
– Scritto di Alfredo Cospito dal carcere di Ferrara

Per copie del giornale o contatti rivolgersi alla mail: vetriolo@autistici.org
Una copia: 2 euro. Per i distributori, dalle cinque copie in poi: 1,50. Spese di spedizione: 1,30. Spese di spedizione in Europa: 3,50. Gratis per le persone prigioniere.

[G20 Amburgo]: Indirizzo di un compagno arrestato. AGGIORNAMENTO

Venerdì 7 luglio un compagno genovese, Riccardo, è stato arrestato ad Amburgo durante la rivolta contro il G20.

Riccardo ha già incontrato i legali, sta bene ed il suo morale è alto. L’udienza preliminare si terrà entro 15 giorni, nei quali diffonderemo gli aggiornamenti che perverranno.

Per chi volesse scrivergli o inviare letture l’indirizzo completo (nome cognome data di nascita ed indirizzo del penitenziario dove è detenuto) è:

RICCARDO LUPANO
09/06/1985
JVA BILLWERDER
DWEERLANDWEG 100
22113 HAMBURG
GERMANY

Aggiornamento del 18 luglio:

Si è tenuta oggi, 18 luglio, l’udienza di convalida dell’arresto che ha confermato la custodia cautelare in carcere per Riccardo, così come per gli altri arrestati. Entro 15 giorni da oggi si terrà un’udienza di appello rispetto a quella del 18 dove si ridiscuterà la permanenza o meno in carcere, in attesa di giudizio. Le imputazioni non sono ancora state stabilite. L’indirizzo a cui scrivergli rimane quello sopracitato.

[Italia] Comunicato del compagno Juan

Ricevuto il 5 giugno:

Hola compagni!

Alla fine mi è scattato il mandato di cattura di un anno di carcere a seguito di una condanna per false generalità del 2012 (più o meno) in val Clarea, in uno dei tanti controlli dei cacciatori di Sardegna e digos. Ho altri svariati processi che stanno per arrivare (interruzione di un fermo per un TSO a Bologna nel lontano 2007, il processone NO TAV per i fatti del 3 luglio 2011…), che aggiungeranno un po’ di anni al mio curriculum vitae.

All’inizio non volevo scrivere niente di pubblico, volevo lasciare tutto sotto “silenzio”, quel silenzio in cui non si sa cosa dire e cosa fare…

Ma a pensarci bene è meglio che non sia così!

Ho deciso che voglio continuare ad essere “libero” e fino a che potrò sfuggire, buono!

Poi “qualunque cosa emerga portala sul tuo sentiero”, positiva o negativa che sia proverò a viverla nel modo più intenso che potrò.

Non starò fermo, non è nella mia natura adattarmi alla società, ho meditato tanto su ciò: non è nel mio essere e continuerò ad uscire (con i miei limiti) con le mie riflessioni e critiche sgrammaticate, continuerò a contribuire alla lotta con la mia personale concezione dell’anarchismo, continuerò a lottare in ogni situazione che troverò adatta alle mie condizioni.

Io sto bene, nonostante i tanti cambiamenti in tutti gli aspetti della vita, è duro lasciare i tuoi affetti, ma sono determinato, la solitudine quando non sei allenato si nota, ma solitudine non è essere soli e ne sono consapevole; quando mi affiora un pensiero di un amico o amica, quando leggo un libro, quando si affrontano le difficoltà di ogni giorno, quando affiora la tristezza, quando guardo l’Himalaya o il mare della Groenlandia o quando cammino nel deserto di casa…

Una grande amica mi disse “ridi del nuovo che incontrerai per strada” E’ stata profetica perché spesso quando contemplo le piccole grandi cose della vita, mi scopro senza accorgermi col sorriso! Allora respiro, respiro e respiro…

Mando un saluto a Monica con la quale mi scrivevo in carcere, sono contento per la vostra scarcerazione; ai compagni in Spagna che hanno deciso di rifiutare le misure cautelari con la campagna “gomito a gomito”, mi unisco a voi!

Ad Alfredo in sciopero della fame;

agli ultimi arrestati a Torino;

a Scripta Manent, forza!

A tutti gli amici e compagni che non ho potuto salutare.

A cresta alta. Per l’anarchia. Juan

in spagnolo

Torino: La nostra rabbia non è un festival – Comunicato su pride e festival

Questa notte delle scritte sono apparse a Torino. È la nostra rabbia a riempire i muri dell’autocelebrazione del Lovers Film Festival e del Piemonte Pride 2017.

Gli organizzatori di questi eventi hanno intessuto alleanze politiche con chi governa questa città, svendendo la carica sovversiva dei corpi froci al migliore offerente.

Stanotte delle scritte sono apparse davanti al Cinema Massimo (location del film festival), in piazza palazzo di città, sede del comune, partner istituzionale di entrambe le iniziative, e sui muri del deposito della GTT, sponsor del Piemonte Pride 2017, di Corso Trapani.

“Queering the borders” è il claim del Lovers Film Festival. “A corpo libero” lo slogan del pride. “Diritti oltre il confine” si chiamava lo spazio del Coordinamento Torino Pride al Salone del libro di quest’anno. La strumentalizzazione in chiave pubblicitaria dei corpi razzializzati è talmente evidente che si palesa agli occhi di tutt*. Eppure pare che bisogni sottolinearlo nuovamente e fermamente. È per questo che sulle mura sono apparse scritte quali “i confini non sono un claim: fuoco ai cie”.

Venerdì 16 giugno, oggi, stasera, il Coordinamento Torino Pride organizzerà un evento al Lovers Film Festival sulla situazione dell’omofobia e dell’attivismo LGBT in Russia e Cecenia. Eccolo il loro “sofisticato” giochino xenofobo. Essi si ergono, a braccetto con le istituzioni che governano questa città, a paladini dei diritti umani, “sofferenti” promotori della lotta all’omofobia nel mondo. Eppure il loro silenzio rispetto alle dinamiche violente e discriminatorie che si palesano nella nostra città è altrettanto rumoroso quanto le parole che spendono nel costruire gli spettri simbolici dell’omofobia in coloro che etichettano come incivili: una volta la Russia, una volta la religione musulmana, il continente africano o “il caso della Cecenia”. Facile meccanismo xenofobo che permette ai “nostri fedeli paladini dei diritti umani” di autoproclamarsi civilizzati, e segnare così una distanza da una supposta alterità omofoba, guarda caso sempre non italiana. Non ci stupisce che questi “paladini dei diritti umani” non abbiano mai avuto una presa di posizione reale e situata per le persone trans* rinchiuse in carcere e nei cie/cpr. Non ci sembra che abbiano speso una parola nel problematizzare l’intersezione della violenza del genere e dei confini, della violenza della norma eterosessuale e quella dei sistemi carcerari. Non ci sembra che nessuno abbia problematizzato il proprio privilegio e decostruito il sistema neoliberale nel quale sguazza beato chiedendo più diritti per sé e dimenticando la violenza di stato sui corpi non normati, non bianchi, non italiani, non hipster ai festival, non servi del governo cittadino pentastellato…

E se voi giovani rampolli della Torino artistica gay da pubblicità aveste per caso pensato che per tenere a bada la nostra rabbia bastasse rifiutare i fondi offerti dall’ambasciata israeliana, sappiate che non ci avete raggirati, non a noi. Non entreremo mai nella vostra dinamica. Infatti non c’è bisogno di andare in Israele per vedere il Pinkwashing [NdR Strategia volta a nascondere o occultare gli abusi e le violenze delle istituzioni e delle aziende, dando una visione delle stesse come attente ai diritti lgbt, quindi “buone”]. Esso è qui e agisce attraverso voi, organizzatori del Lovers Film Festival e del Piemonte Pride 2017. È attraverso di voi che l’amministrazione pentastellata della città tenta di ripulire la propria immagine, oscurando il suo reale agire, ed ergendosi a “promotori dei diritti umani”. Non ci stupisce quindi la strategia di non farsi più finanziare dall’ambasciata israeliana, dopo le forti critiche ricevute dal festival negli ultimi tempi.
Non ci stupisce nemmeno vedere i manifesti “pubblicitari” del festival e del pride pieni zeppi di linguaggi e sigle che puntano a una apparente inclusione delle soggettività “altre”, non aderenti all’usuale discorso normativo lgbt. Ribadiamo qui, se non fosse chiaro, che questo goffo tentativo assimilazionista rivela tutta la sua fallacità nel momento stesso in cui ogni radicalità dei discorsi froci non mainstream viene appiattita a mero slogan pubblicitario e svuotata di ogni contenuto.

Noi non siamo qui a rivendicare etichette, ma pratiche. Non siamo qui a rivendicare nomi e categorie, ma idee e rabbia. Non siamo qui a servirvi sul vassoio d’argento l’ennesima sigla alla moda, siamo qui a distruggere ogni vostro angolo di marketing.

È per questo che dinanzi al Cinema Massimo è apparsa una scritta che vi ricorda che “la nostra rabbia non è un festival” e sui muri della GTT, sponsor del pride: “la nostra rabbia non si compra”.

Chiara Appendino aprirà il corteo del Pride di quest’anno. La stessa persona che poche settimane fa si è complimentata con il pm Rinaudo per gli arresti all’Asilo occupato. Rinaudo: pm in prima fila per i processi contro i No Tav. Noi frocie arrabbiate rimaniamo in solidarietà con gli arrestati e con chi lotta. Sempre contro chi svende la carica sovversiva dei nostri corpi froci al migliore offerente.

Piazza palazzo di città, dinanzi al comune, si sveglierà sta mattina ricoperta dalla scritta “rabbia frocia”, che vi ricordi che i nostri corpi non sono strumenti utilizzabili per le vostre politiche.

CONTRO LA VOSTRA RETORICA DEI CORPI LIBERI, DEI DIRITTI UMANI E DEL QUEERING THE BORDERS… PORTIAMO LA NOSTRA RABBIA IN STRADA!

RABBIA FROCIA